IL DOVERE DI CERCARE LA GIOIA

...Naturalmente io mi rendo conto che molte sofferenze che si svolgono nell’ attualità sono ancorate al proprio vissuto, al proprio passato, alla propria croce individuale; in un certo senso è così, e quindi recuperare o sovrapporre come chiodo scaccia chiodo. Non tutto si può recuperare del proprio passato: se una persona ha chiesto al proprio passato cose che non ha avuto, non può cancellarle e non può nemmeno recuperarle: può compensarle, con una serie di atti paralleli che contemplino anche la riparazione, per così dire. Non sempre è possibile perché, oltre alla personalità, voi avete anche una carica caratteriale, e sono due cose diverse: ci sono esperienze che in qualche modo si sono inchiodate nel vostro cervello, per schiodarle bisogna creare altri punti paralleli, altri ancoraggi che non cancellano, perché nulla si cancella della registrazione della vita; non cancellano ma sostituiscono, mettono a tacere il passato costruendo nuovi percorsi. Non bisogna mai rivolgersi al passato se non per osservarsi: ogni momento di vita può essere un ricominciare con altro modello, con alternativa, con altre occasioni: guai a ritornare sempre a recitare il proprio passato, come se esso fosse responsabile di tutto. Certo che lo è, ma che importa, bisogna chiudere una scena ed aprirne un altra; l’altra che si apre può completamente mettere nel buio la scena precedente, perché viene sostituita. Oltretutto si svolge nell’attualità, e nell’attualità non c’è soltanto la sofferenza del passato, ma può esserci anche il piacere del presente: invece non esiste il piacere del passato se non come ricordo e come memoria piuttosto vaga e confusa. Le persone ricordano i propri dolori, non ricordano i propri piaceri. I dolori sono rivissuti emozionalmente, i piaceri sono ricordati soltanto come un evento quasi estraneo: non si ricorda il proprio piacere, ma si fa rivivere quasi sempre il proprio dolore passato; questa è una cosa su cui riflettere, perché il dolore del passato fa ripiombare nel dolore del presente; il piacere del passato non fa ripiombare in un piacere presente, anzi, siccome è un piacere passato lo si sente con il dolore della perdita, essendo stato un piacere, quindi alla fin fine voi riuscite solo a manifestare sofferenza e dolore. Allora il piacere ve lo dovete riconquistare nel presente, creando nuove opzioni, mettendo frontiere verso il passato, creando nuovi percorsi, nuovi progetti, nuove avventure della vita. Questo dinamismo non cancella le memorie ovviamente, quindi nessuno si senta di tradire il proprio passato; ma il non tradire è la memoria del piacere, mentre sarebbe molto opportuno invece tradire il passato di dolore, perché tradendo il passato di dolore andate verso la gioia, il piacere attuale. La vita mentale è come un gioco dove si devono muovere le pedine, e bisogna avere un po’ di abilità: qui creare le difese, qui non ci penso più, qui apro nuove strade, qui passo altre frontiere; un gioco in cui l’abilità consiste nel cercare di vivere possibilmente quello che ancora non si è mai vissuto, in maniera che le opzioni siano nuove, non siano ancorate a vecchi modelli, forzandosi, correggendosi, lottando. Ma questo correggersi, lottare etc., deve diventare il piacere di una ricerca del nuovo, non il ricordo soltanto malevolo e sofferente di qualcosa che ormai non c’è più e su cui nessuno può avere azioni. Il vostro passato lo potete dimenticare, apparentemente, ma se lo ricordate continuamente attraverso eventi presenti, non uscite dalla trappola. Dalla trappola si esce smontando la trappola, in maniera che crollino le sbarre; forse si entra in altre trappole, chissà, perché la vita è una serie di trappole: ma ci sono trappole che sono più ampie, nelle quali vi muovete più comodamente, vi sono trappole che sono ben arredate, vi sono trappole che hanno delle porte di uscita e non sono completamente trappole, vi sono trappole che si possono smontare e crearne altre. In ogni caso il vostro dovere è sempre quello non di cercare la sofferenza, ma di cercare la gioia, perché la gioia offre tutta una serie di esperienze che normalmente sono precluse, da quando le religioni hanno eletto a fondamento della vita il passaggio attraverso la sofferenza, l’unica cosa che riscatti e porti avanti. Non è affatto vero, la sofferenza non è l’unica cosa. È utile se porta a conoscere, ma insieme alla sofferenza c’è anche la felicità, breve, lunga, non ha importanza, non si cercano le felicità eterne, si cercano le felicità contingenti, attuali, perché il dolore così come la felicità sono reazioni umane e terrene, non riguardano lo Spirito. Lo Spirito è un’altra cosa, e poiché voi oggi vivete, o siete felici con il corpo, con la mente, con la coscienza, sentendo e presentendo il dovere di consegnare all’anima qualcosa di buono e qualcosa di utile, l’unico modo è essere attivi e propositivi e non lasciarsi andare a se stessi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *