Uno degli elementi fondamentali della cultura umana, che ha fatto versare fiumi d’inchiostro, è quello del cosiddetto “male”, e della sua contrapposizione con il “Bene”; un tema molto caro alle religioni che ne hanno fatto uno dei loro argomenti fondamentali, proprio perché su di esso è fondato in larga parte il loro potere di mediazione. La “lotta al male” in questo senso è uno pseudo-problema che la Conoscenza affronta da una visuale completamente diversa da quella convenzionale: vale a dire dello sviluppo evolutivo dello Spirito a contatto della materia del corpo e delle sue pulsioni istintuali. Certe volte riguardo ai grandi temi basterebbe solo cambiare il punto di vista e le soluzioni si presenterebbero semplici e logiche; ma l’uomo, le filosofie, le teologie ecc. sono muri massicci, duri e ostinati…
Nel precedente “Incontri” sul tema del Karma il cosiddetto “male” ha un ruolo chiaramente fondamentale, nel senso che il Karma “negativo” è in larga parte costituito proprio dalle azioni del “male”; quale elemento estremistico, squilibrato e abnorme, visto come atto di inevoluzione spirituale che si pone in atto nell’ambito umano.
Certamente nessuno Spirito che venga a incarnarsi in Terra parte con concetti di questo genere; certamente lo Spirito non vorrebbe uccidere, rubare, ingannare ecc. È la stessa condizione umana l’elemento che travisa completamente il comportamento dello Spirito incarnato, manca cioè la condizione evolutiva corrispondente di tipo mentale e psicologico. In altri termini lo Spirito incarnato non è in grado di “controllare” il corpo nelle sue componenti fondamentali: istintuali e psichiche, e conseguentemente comportamentali. La materia – intesa come corpo -, in effetti, ha un potere di condizionamento enorme sui segnali spirituali verso la sfera psichica, al punto che – al limite – riesce anche a ignorarli completamente.
I fattori egotici e psichici sono sovrastanti sulla massa umana la cui condizione evolutiva è medio-bassa. Il “santo”, il cui Spirito è molto evoluto, certamente non commetterà più azioni di violenza, inganno, furto, omicidio eccetera. Ma sulla Terra si incarnano spiriti che sono in larga parte all’inizio del loro ciclo evolutivo e sono perciò incapaci di controllare il corpo e la sua componente psichica, egotica, istintuale. In altri termini la massa umana non è fatta di santi, di spiriti evoluti.
L’espressione potrebbe far sorridere, ma la realtà dell’essere umano non è fatta dallo Spirito, come tale, ma di quanto esso riesce a esprimere attraverso il corpo, il pensiero, le azioni. Il livello dell’umanità è dato dalla totalità degli uomini, e in questo senso la Terra non diventerà mai il “Regno di Dio” utopico, fantasioso e assurdo di certe concezioni religiose o settarie. E’ una concezione illogica e incoerente che privilegia il materiale sullo spirituale sino a voler trascinare con sé la stessa Divinità, in una visione totalmente distorcente di ciò che è Dio e di ciò che è Spirito. A ben vedere siamo di fronte a una vera e propria forma di bestemmia concettuale, in cui buonafede e ignoranza non sono attenuanti.
Si conferma, quindi, il concetto fondamentale – già riproposto – che la Terra è una scuola, una palestra di esperienza spirituale; e in questo senso la capacità di controllo del corpo e degli elementi egotici e istintuali acquista un valore basilare. Sono fattori che le religioni hanno ben compreso e codificato nei millenni con i concetti del «non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a te stesso», oppure di «amare gli altri come sé stessi», oppure ancora con il concetto più avanzato di «amare gli altri “più” di sé stessi».
Allora esiste solo una direzione e una sola Realtà: quella del cosiddetto “Bene” come applicazione di principi universali, i quali, in un ambiente relativo come la Terra, di fatto non si mantengono puri, si potrebbe dire – con termini impropri – ma si degradano e si travisano: sicché il “male” è una condizione di scarsa o di nessuna applicazione e conoscenza di questi principi, i quali in sé non conoscono il “male” e non lo contengono come tale. Il “male” è una conseguenza spuria del processo evolutivo in ambito materiale perché non esiste già più a livello spirituale. Il “male”, allora, è una sorta di aspetto del Bene, il suo livello più basso e inevoluto.
Si potrebbe fare l’obiezione – scaturita dalle religioni per motivi di potere – che esisterebbero legioni demoniache e spiriti luciferini di vario genere e nome; ma anche questo è un concetto che va rivisto in altre ottiche e da altri punti di vista, e di cui parleremo in altre occasioni, ricordando che il principio rimane sempre lo stesso: cioè quello univoco del “Bene” come sviluppo evolutivo.
Con ciò si supera anche l’irrisolto problema che Dio non può aver creato il “male” in sé, il quale è solo una condizione che si pone in essere in una condizione inevoluta e che lo Spirito riequilibrerà attraverso l’azione e condizione karmica. In effetti quello che noi consideriamo “male” è solo una condizione umana, ristretta alla materia: se per assurdo la Terra fosse abitata dai cosiddetti “santi” questa condizione non esisterebbe, superata appunto dall’evoluzione individuale. Noi addebitiamo a Dio elementi dell’umano e del relativo che non possono esserGli addebitati in alcuna maniera. Quello del “male” è solo uno dei tanti giochi, e pseudo-problemi, creati dall’uomo, privi di consistenza universale, la sola che ha un valore di realtà effettiva.
Il “male” si ferma all’uomo, alla materia, non tocca lo Spirito. È questa una situazione che gli uomini, in larga parte, non vorrebbero accettare né sentire, proprio in forza dell’importanza totalmente errata che danno alla loro stessa condizione umana e alla morte, in forza della loro identificazione e immedesimazione col corpo.
Anche in questo caso i Maestri hanno tentato di dare la giusta via di comprensione, ma la “spiegazione” è qualcosa che suona come “inumana” e irrispettosa della condizione egotica e presuntuosa dell’uomo: nella “Bhagavad Gita” si legge: «II saggio non si lamenta né per i vivi né per i morti (2. Il)»’; e stiamo parlando del testo dell’Induismo che predica la bhakti, la devozione suprema alla Divinità.
E non disse forse Cristo ad un discepolo una frase ancor più annichilente: «lascia i morti seppellire i loro morti» (Matteo 8, 22); e ancora: «È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla» (Giov. 6, 63). E si potrebbe continuare con San Francesco, Buddha, e altri. Ma il Principio non cambierebbe e le parole, se possibile, diventerebbero ancor più sconvolgenti.
Al prossimo incontro con ogni augurio di armonia interiore.