LE DUE FASI DEL “MESSAGGIO” (DALLE BASI MISTICHE ALL’ADEGUAMENTO OPERATIVO NELL’AMBITO DELLE ESIGENZE CONTEMPORANEE). (13.1.1988)
D. – Mi è sembrato che l’impostazione dei tuoi interventi via via e soprattutto negli ultimi quindici anni, si è adeguata sul piano so-prattutto della razionalità e della freddezza, a quella che è un po’ l’anima del tempo, il livello culturale, la tendenza attuale.
É come se, volutamente, fosse stato posto in sotto’ ordine l’aspetto “mistico” perché forse era necessario parlare in termini più attuali e dare una versione contemporanea della dottrina, adatta alle menti.
A. – “Ti do sostanzialmente ragione, perché in effetti è così. Ma c’è una spiegazione, per altro neppure tanto difficile da intuire, come forse poi si è intuito. Intanto una premessa, cioè: – Tutto il nostro messaggio, tutto il nostro discorso andrebbe letto progressiva-mente. Mi rendo conto che questo non si verifica di fatto, e che specialmente tutti coloro che non assistono di persona alle sedute e ricevono messaggi attraverso le varie forme tecniche, ricevono anche messaggi frammentari, non continui, è come quando si legge una pagina di un testo senza il contesto.
Ma perché poi da parte nostra c’è stato questo orientamento? Noi teniamo nel massimo conto la situazione storica che ha posto l’uomo al centro della scienza, di tutto ciò che è consequenziale alla scienza, e che via via adopera e adopererà sempre più il linguaggio della scienza. Il che significa che, nonostante si possa rinunciare a parte della cultura scientifica per quello che riguarda, ad esempio il materialismo, ciònonostante, l’uomo si abitua sempre più ad una forma mentale di metodologia scientifica. Questa è stata la causa generale della crisi interiore dell’uomo, quest’uomo che comunque ha chiesto risposte sempre più precise in termini non più mistici; risposte precise che non ha ricevuto, dalle religioni, le quali sono esattamente il contrario della mentalità scientifica, perché tutto presuppongono esclusivamente sulla fede e sulle rivelazioni.
Ora, un messaggio essenzialmente centrato sulla rivelazione, quindi sulla fede, sarebbe stato la ripetizione di quanto per altro è stato fatto molto bene da altri maestri che sono venuti, orientali od occidentali, di religioni di origine europea o asiatica. In realtà c’era bisogno di un tipo di razionalismo che accettasse certi presupposti della metodica scientifica, ricollegando il più possibile certe istanze profonde di tipo mistico, e al mondo della scienza.
Non poteva essere mantenuto un linguaggio ed una cultura di ti-po mistico, perché non avrebbero dato quei risultati e anche quelle chiarificazioni sui problemi dell’interiorità dell’uomo.
Il nostro messaggio si diversifica da quelli consueti della mistica e della religiosità, perché non contiene presupposti fideistici, salvo il fatto della nostra identità, della nostra presenza. Ma lo sviluppo di un ragionamento, quindi di una metodologia nell’affrontare il problema, escluderebbe di fatto anche la nostra identità, se non vi si facesse per ragioni convenzionali continuo riferimento; cioè si tratta di un tipo di impostazione che regge indipendentemente dalla nostra presenza. Quindi diciamo che il messaggio complessivamente finisce col dividersi in due parti, nel senso che c’è stata una prima parte più legata al misticismo, e alla spiritualità, ma la spiritualità ha i suoi tempi e i suoi spazi finiti.
Per quanto vi riguarda, al di là di certe conoscenze, a voi non è dato andare, ed avremmo trascinato il nostro discorso intorno ad un non meglio identificabile spirito, che sarebbe finito indubbiamente con l’apparire sempre più distanziato da quelle che sono le domande fondamentali che il vostro uomo contemporaneo si rivolge, all’interno di una cultura che, nei suoi momenti scientifici più avanzati, pone in dubbio l’esistenza dello Spirito via via che scopre correlazioni sempre più precise tra idee e soma, tra comportamento ed attività del cervello.
Allora non potevano essere poste in un canto queste fondamen-tali istanze, per continuare nel logoro e stanco discorso dello spirito, fatto in una terra in cui lo Spirito non è affatto padrone, e dove anzi appare sempre più sottomesso.
Ecco il senso della svolta che si è voluto dare, e si annoda, si in-centra proprio in questo punto essenziale: il mondo non è più fatto per un tipo di spirito o di spiritualismo rivelatorio. Quando dico il mondo è chiaro che non intendo tutto il mondo ma l’atteggiamento culturale. È possibile però arrivare alla stessa visione di quel mondo, se si riesce ad oltrepassare tutto lo spessore della cultura materialistica o positivistica, che da una parte spinge verso una estrema negazione, dall’altra offre “a mio avviso” varchi sufficientemente interessanti per arrivare in maniera più probante, direi più qualificante allo Spirito.
Noi ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale; dichiariamo l’importanza di una cultura imposta dal di dentro, (cioè nata sulla strada dell’uomo), e non dall’esterno, cioè nata come aiuto di Dio; proprio noi che siamo l’espressione più macroscopica di questa contraddizione. Mi rendo conto di tutto questo, ma, d’altra parte, nella storia del mondo tutti in fondo sono stati in qualche misura aiutati. La presenza dello Spirito sulla Terra è fors’anche dimostrabile attraverso questi episodi che, lungo la storia, mostrano queste paradossali contraddizioni; voi anche in quanto uomini vivete la stessa situazione paradossale: di avere cioè una scienza che nega l’esistenza dello Spirito e di funzioni spirituali all’interno delle strutture nervose del cervello, proprio utilizzando quelle strutture che sta negando. È chiaro che ogni volta che l’essere umano si rivolge alla propria interiorità spirituale, vive questa lacerazione e questa contraddizione.
Ora, questa lacerazione costituisce una grandiosa esperienza per l’uomo che attivamente cerca di capire se stesso, perché in essa combaciano i termini e gli interessi sia dello Spirito che della materia organizzata qual’è il corpo mentale dell’uomo. Quindi la via della ricerca è la via essenziale, indipendentemente dal risultato, e più è lacerata, più è contaminata dai dubbi, dalle oppressioni, dalle delusioni, più essa incide come marchio sulla personalità, riconfermandosi quello che ho sempre detto, cioè il valore della vita interna attiva e non passiva, la funzione dello Spirito quale ricercatore nel corpo e sulla terra, ricercatore di conoscenza, che è sempre spirituale. perché alla fine, al centro di questo problema, l’uomo cammina con la sua ricerca dello Spirito, e che la chiami in un modo o nell’altro non è importante, quando la ricerca è finalizzata alla conoscenza di se stesso.
Queste sono le cose importanti per la vita dello Spirito; perciò, è la luce di queste annotazioni e di tante altre che potrei fare che va spiegato il perché ci sia stato a un certo punto, non direi un cambiamento, ma una integrazione che sempre più si è avvicinata alla seconda impostazione.
Ecco perché, dicevo all’inizio, il messaggio va letto nella sua progressività e deve portare ad una serana visione dell’esistenza dello Spirito. Questa visione deve essere poi ripresa e verificata al-l’interno di tutte le coesistenze sociali, culturali, antropologiche della Terra, affinché emergano le costanti, emergano i fatti significativi, che prima avevamo spiegato semplicemente come presenza dello Spirito e che invece cominciano a porsi all’interno di certe distinzioni, anche di certe negazioni, comunque di certe riflessioni”.
D. – Certamente l’ ultima parte del tuo discorso supera netta-mente l’ idea di dicotomia che si era un po’ annunciata all’ inizio. Però rimane il fatto che la questione è piuttosto complessa, ha varie facce; nel senso che noi siamo d’accordo (e non potrebbe essere diversamente) su questa svolta, su questo adeguamento ma, appunto è una tattica scelta in modo ben preciso, per poter dare risposte migliori all’ uomo attuale, uomo che, poi, non è neanche la massa, ma un certo tipo di uomo colto, trainante….
A. – “Diciamo pure che è un metodo, un disegno, (più che una tattica) che è stato applicato. Infatti, il metodo contiene una cosa assai utile per voi, e cioè che i due periodi possono anche essere ribaltati. Voglio dire che si può partire da una parte per arrivare all’altra; è un metodo che ha costruito un disegno a segmenti che sono intercambiabili, secondo le necessità; diciamo anche secondo il vostro punto di vista, egoisticamente, secondo le opportunità”. D. – Diciamo che l’ultima fase non contraddice la prima…
A. – “Non si contraddicono mai, non si contraddicono affatto, di-ciamo che si sono adoperate all’interno di questo metodo strategie diverse ma che non si contraddicono, e non potrebbe essere diversamente”.
D. – Allora si dovrebbe aggiungere un’altra cosa: che la prima fase (l’aspetto mistico rivelatorio) ha una sua validità, che però non può essere spiegata all’ uomo secondo la sua logica.
A. – “Per lo meno non a tutti gli uomini”.
D. – Non certo alla maggioranza.
A. – “Non alla maggioranza. Anche qui farei altre distinzioni, perché la maggioranza degli uomini, precisiamo anche questo, non è affatto culturalizzata. Voglio dire che gli può andar bene un certo tipo di discorso, cioè il primo. Indubbiamente il secondo si svolge ad una maggiore attenzione culturale verso il problema, quindi a che è in possesso di maggiori strumenti, più raffinati ed anche critici per affrontare questa tematica”.
D. – Tu, esattamente nell’ultima seduta dell’anno scorso, dicesti che questo messaggio andava riconvertito per una fascia culturale media. Mi farebbe piacere chiarire un poco i termini di questa fascia culturale media.
A. – “Qualsiasi discorso (e non soltanto il nostro, ovviamente) può avere vari livelli di approfondimento, e qui si pone soltanto un problema di scelta, cioè a quale categoria umana si vuol fare arrivare un messaggio. In un certo senso è chiaro che il discorso può essere ricostruito più volte e per vari livelli, ma, naturalmente, sarebbe una operazione troppo complessa, per lo meno molto lunga se non complessa; quindi, probabilmente, la prima fase va bene per tutti. Ma quando si dice “per tutti” si intende tutti quelli che sentono il bisogno di affrontare questi problemi o di affrontare quello della propria vita spirituale, perché il “tutti” è molto relativo.
Voglio dire che voi avete milioni di cristiani battezzati, ma di questi solo pochissimi hanno letto il Vangelo, tanto per intenderci, e questo sarebbe già un segno di disinteresse. perché che un cristiano non abbia letto il Vangelo è semplicemente vergognoso, e mi dispiace se c’è qualcuno fra voi che magari non l’ha letto ed io ho usato questo termine vergognoso. Ma è così, indubbiamente, e non c’è nessuno che possa contraddire quello che sto dicendo.
Gli uomini si disinteressano proprio della lettura, dello studio, del porsi domande, dell’interrogarsi sulla propria esistenza. Vivono come se fossero stati tratti dal niente e come se questa vita fosse loro dovuta per diritto, senza chiedersi: “ma perché sono nato io, proprio io?” Ciascuno crede di avere tutte le risposte solo perché qualche volta è andato in chiesa ed ha sentito qualche predica da un pulpito, oppure perché si ritiene talmente intelligente e superiore da non aver bisogno di ascoltare la parola di altri che, invece, hanno affrontato il problema, l’hanno studiato per vocazione, si sono dati alla conoscenza. Naturalmente alludo anche alla classe sacerdotale, la quale potrà avere tutti i torti storici che ha una religione, ma che certamente non può essere tacciata di ignoranza.
Soltanto la presunzione dell’uomo adopera questi linguaggi, la realtà è ben altra; gli ignoranti sono quelli che non affrontano mai il problema della propria vita e della propria esistenza, dei doveri verso la vita, almeno in termini conoscitivi, cercando di capire perché mai sono al mondo e non altri al loro posto.
Fatta questa premessa, appare conseguenziale che alla tua do-manda, (giusta, per altro), io non so dare un’adeguata risposta. Quando mi dici: “A quale livello di uomini dobbiamo rivolgere questo messaggio?” devo doverosamente soltanto rispondere che esso è traducibile a più livelli; ma se mi poni il problema di una scelta non so che dirti, perché se optiamo per una scelta media, (ti ho risposto già prima), così come gli uomini non hanno letto il Vangelo, così non leggeranno neppure il nostro messaggio.
Ad un livello alto, o medio alto? In questo caso è più probabile trovare persone sufficientemente interessate a colloquiare con le nostre tesi. Ad un livello molto alto? A questo livello siete voi che non siete qualificati a farlo, questo discorso, perché non avete certi strumenti, e, comunque, per procurarveli occorrerebbe una grande fatica, pur avendone la possibilità, la capacità.
Quindi, a voler stare al gioco delle parti, (anche questo è impor-tante sottolinearlo), bisogna che ciascuno verifichi dentro di sé le possibilità che ha in rapporto alla possibile attenzione degli altri verso la “dottrina” o quello che ne verrà fuori o come si trasformerà la cosa. Quindi, diciamo che io propenderei per un livello medio-alto, lasciando naturalmente alla libertà o all’interesse degli altri di occuparsene, di esserne toccati (anche come parte relativamente più bassa, se vogliamo, che poi è quella che già avete, tutto sommato). Ma, ecco perché si tratta sempre di un lavoro che dovrebbe essere fatto a più livelli, per lo meno a due”.
D. – Sempre rimanendo su questo tema, quali parti hai dovuto tralasciare, nel senso che non hai potuto, semmai avessi voluto….
A. – “Ti dirò subito una delle parti…”
D. – Quella sulla teoria dei coni rovesciati, quel discorso mate-matizzabile, etc… Forse perché non eravamo in grado…
A. – “Indubbiamente saremmo rimasti in una situazione eccessi-vamente specialistica che non avrebbe dato probabilmente molti risultati, continuando così. Devo aggiungere che vi sarebbero ancora altre parti da immettere nel metodo di conoscenza, e sono quelle che riguardano la fantasia, la creatività, il paradossale, il gioco del paradosso.
La cultura spirituale, (ma anche quella umana, in genere la cono-scenza), non è fatta soltanto di ordine, come noi ve l’abbiamo esposto. Cioè, tutto sommato c’è un ordine crescente, un ventaglio di riferimenti, una serie di caselle alle quali potete sempre riferirvi e, con sufficiente tranquillità e precisione, percorrere tutta la gamma del problema dello Spirito nei confronti del corpo e del corpo nei confronti dello Spirito.
Cioè, avete un ventaglio di referenti precisi, diciamo ordinati, benché siano venuti fuori a volte in maniera disordinata, ma sono ricomponibili, perché ogni parte non contraddice l’altra, ognuna va a incastrarsi nell’altra. A parte questo, però, c’è anche un altro metodo per arrivare alle verità, ed è quello di tipo paradossale, cioè quello di collaudare su se stessi una serie di progetti avanzati, mirati alla conoscenza, per trarre una serie di conoscenze che costituiscono quasi sempre degli autentici passi in avanti, oltre le conoscenze intermedie.
E un po’ il provare ed il riprovare con notevoli cadute, ovvia-mente con le accelerazioni e i ritorni. Tutti sistemi conoscitivi che naturalmente esigerebbero delle istruzioni individuali, l’essere se-guiti individualmente, l’accettare e sopportare gli sbagli, le verifi-che sbagliate, e quindi le cadute nel corso delle proprie storie personali. Naturalmente, molti di questi metodi non sono applicabili completamente all’uomo, alla psicologia dell’uomo, perché l’uomo vuole andare avanti, sì, col promuovere nuove esperienze, ma quasi sempre in un regime di tranquillità, di non pericolosità. L’uomo, cioè, non è disposto a rischiare abbastanza; se rischio deve esserci deve essere rischio calcolato, ben protetto e possibilmente il minore possibile; ecco perché in genere non è che valga molto una dottrina, qualunque essa sia.
Vale invece l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di quella dottrina, quello che riesce a fare, a vivere ed accettare nei confronti di quella dottrina. Io dico che una qualsiasi dottrina vale ed ha una funzione positiva, quando l’uomo che l’accetta, che dunque le crede e che, soprattutto, la fa propria, riesce a superare momenti difficili della propria vita restando in piedi o sapendosi rialzare. Allora vuoi dire che la presa di coscienza di quelle conoscenze, di quelle dottrine, è stata valida e il merito va al soggetto che ha saputo bene elaborarla dentro. Pur nel travaglio, si capisce, delle sofferenze, delle depressioni, dei dubbi di tipo umano, e alla fine, secondo il classico vecchio esempio, è riuscito a mantenersi a galla perché ha imparato a nuotare.
Questo è il principio di qualsiasi dottrina. Se una dottrina non riesce ad ottenere questo, se non riesce a far sì che un uomo la per-cepisca in siffatto modo, vuol dire che tale dottrina contiene una serie di sbagli logici, oppure che non è sufficientemente elaborata perché non ha indotto altrettante elaborazioni nel sistema psicologico dei soggetti che ad essa si sono dedicati.
Questa è la funzione, se vogliamo dire, oltre che catartica, anche “terapeutica” di una dottrina, quando è applicata all’uomo, perché l’uomo è un soggetto tutto particolare. È perfettamente inutile dire all’uomo: tu devi aver fede perché la fede ti salva; tu devi aver fede perché con la fede stai meglio.
La fede è una cosa che uno o ce l’ha o non ce l’ha, ed è inutile dire: tu con la fede devi modificare l’atteggiamento psichico tuo interno, perché è soltanto la modifica di queste strutture interne che ti porta a non annegare se succede qualcosa; se non si modificano queste strutture, la conoscenza è esteriore. Fai perché Dio ti guarda, o perché Dio non ti guarda, o perché se credi Dio ti salva! Queste sono, a mio avviso, soltanto delle sciocchezze retoriche dette agli uomini in un clima di generale ignoranza e impotenza.
Bisogna arrivare a modificare l’uomo nei confronti della fede o della verità, o, nei confronti di Dio; non si può dire: “Voi Dio lo dovete amare!” Mi sapete dire come fate ad amare una cosa che non conoscete, non vedete, non udite, che non vi parla, che è insomma per voi un’autentico mistero?
Come è possibile amare una cosa del genere? Si tratta soltanto di una retorica culturale che pretende dall’uomo psichico cose che la psiche non può fare, perché l’amore è un’emozione che nasce sol-tanto in funzione e in vista di un oggetto, cioè di una relazione og-gettuale, che deve essere ben precisa. Infatti voi amate soltanto le cose che conoscete, che vedete, quelle che entrano nella vostra vita di relazione; le altre no. Infatti, la nostra dicotomia è cominciata nel momento in cui abbiamo detto che per voi il concetto di fraternità è una utopia, la fraternità non esiste, perché per ciascuno di voi esiste soltanto il piccolo mondo intimo che vi circonda, fuori di questo c’è soltanto retorica e non è vero niente. È così, basta riflettere per sapere che è così.
Intanto, voi, anche nel vostro piccolo mondo non riuscite ad amare, non riuscite a dare, siete dei gelosi custodi della vostra inti-mità più ristretta; voi amate al mondo soltanto quattro o cinque persone, non ne sapete amare di più. Già quando avete dei figli voi li amate più delle vostre madri e dei vostri padri, già i vostri genitori passano in secondo ordine ed è inutile che vi illudiate, genitori presenti, i figli sono il primario oggetto di amore.
Le proprie madri ed i propri padri sono già fuori di questa orbita, perché è la psicologia dell’uomo che è così; i vostri sono amori di-scendenti e non ascendenti, voi amate soltanto in discesa, non in salita. Appena avete dei figli il vosto amore si sposta in discesa e quello che era in salita, cioè verso i genitori, comincia a perdere d’importanza.
Il realismo impone la verifica dei sentimenti ad un livello preciso, perché queste constatazioni servono a darvi il senso delle vostre identità; nella retorica voi perdete identità, nella precisione della conoscenza di voi stessi acquistate coscienza della vostra identità. Le cose stanno così perché lo Spirito, è un essere solitario e autonomo. Quello che vi sto dicendo è a garanzia vostra, è a conferma che lo Spirito non è un essere che annegherà nel tutto perché proviene dal mare del tutto; esso è un essere personale, individuale, ben preciso, che non può essere confuso nella retorica dell’Universo.
Questo è il primo messaggio che noi abbiamo cercato di dare e che contraddice tutta la retorica culturale di questa specie di “bagno di fraternità” mai esistito nella storia dell’uomo; vi siete sempre uccisi fra di voi da che esiste il mondo, poi venite fuori con le retoriche e con i desideri di fraternità. I desideri si realizzano quando ci sono le premesse, e sulla Terra non ci sono le premesse di questi amori “fraterni”. Certo, resta nel messaggio il desiderio; certo, resta nella norma morale il desiderio, qui nessuno vi sta prescrivendo di non amare il prossimo, vi stiamo semplicemente dicendo che è un’utopia, che non lo potete fare così com’è l’essere umano mentale, e non lo potete fare neppure come esseri spirituali, perché come ho detto prima: “lo Spirito è un essere individuale” ed è dentro se stesso che egli ha tutto l’universo. Fuori della Terra non c’è l’amore di tipo umano, ci sono altre cose; i sentimenti che voi avete sono soltanto il bisogno di possesso che avete delle cose, degli oggetti, come delle persone, ma in tutto questo l’amore dei poeti non c’è.
Ora, io non è che speri che tutto questo sia stato capito, anzi, io sono convinto che anche in questa sede questo non è stato capito completamente; le vostre vite non sono conseguenziali a queste premesse. Voi, dopo una mezz’ora che si è spenta l’eco della mia voce, ritornate alle vostre solite concezioni, al vostro modo di vivere, come se le cose vi fossero entrate da un orecchio ed uscite dall’altro. In realtà molti non fanno uno sforzo di attenzione e di comprensione, e molti non sono disposti a cambiarsi dentro sino al punto da ammettere certe cose; in realtà a voi piace essere un po’ retorici, credere un po’ a certe fiabe, ecco perché alligna la magia o il misticismo, come si diceva.
In realtà, a voi piace essere un po’ fanciulli e illudervi che le cose stiano diversamente; può darsi che questo faccia anche bene ma siamo però ben certi che non si tratta della verità. È anche da sottolineare che si può anche non credere alla verità, e credere a ciò che non è vero, ma bisogna saperlo”.
D. – Ma c’ è un fatto che, forse, può essere interpretato diversa-mente: quando parli d’amore il nostro pensiero va immediatamente a concentrarsi sul fare del bene, cercare di accontentare le altre persone, mentre a volte dovrebbe essere tutto il contrario; bisogna anche frustrare, come tu frusti i nostri condizionamenti.
Così una persona che ne ama un’altra, la farebbe soffrire ragionando secondo la logica che tu ci hai dato, perché deve decondizionarla, cioè deve toglierle qualcosa.
A. – “Io mi rendo conto che i vostri rapporti sono quasi tutti falsi-ficati, dalle forme, dalle convenzioni; sono falsificati dal desiderio di pacificità, dal desiderio di assuefarsi a certe regole, dal desiderio di tranquillità. Dico che, naturalmente, non è che viviate bene nel senso spirituale, forse vivete bene nel senso sociale, nel senso umano. Ecco che io tenendo conto che c’è uno Spirito devo spostare il livello, e spostandolo finisco col sovvertire le vostre regole sociali.
Voi concepite l’amore, in termini di possesso, quindi già si sba-glia all’origine del discorso; concependolo così, dal punto di vista mio il discorso finisce quì, perché essendo sbagliata la premessa (amore come possesso) è inutile andare avanti.
Voglio dire: tenetevi poi tutte le conseguenze di questo possesso; l ‘amore come libertà, come desiderio, come piacere di stare insieme, senza che in questo stare insieme ci sia possesso, è per voi difficilissimo, finanche capirlo, figuriamoci accettarlo; ma è così, io non posso farvi un discorso anomalo partendo dalla premessa che l’amore è possesso perché l’amore è esattamente il contrario del possesso, è il dare senza prendere: questo è l’amore; è fare piacere senza che esso sia ricambiato, e viverle queste premesse, concretamente. Allora, se non ci sono queste premesse, per me non state parlando di amore, state parlando di una deformazione mentale rispetto ai sentimenti, ovvero di sentimenti malformati a causa di una cultura che doveva svincolarsi dal bios, ma che dal bios in realtà si è svincolata a metà.
Queste cose sono un po’ crude e contemporaneamente crudeli, me ne rendo conto; perché in tutto questo voi agite tra l’altro in buona fede, anzi in buonissima fede, non ne avreste neppure colpa, (anche se un po’ ce l’avete), perché siete eredi del mondo. Un po’ ce l’avete, aggiungo subito, per quella parte di autoscelta critica che nel corso dello sviluppo avreste dovuto fare e che invece non avete fatto, e che non fate nemmeno da adulti. Ed ecco che noi parliamo affrontando i problemi in nuce, così come sono nella loro cruda verità; ne dobbiamo parlare criticandoli, perché è quello che abbiamo scelto di fare; di parlare dei problemi nella loro nudità.
Ora, se tutto questo funziona nei momenti della difficoltà, vuol dire che si è riusciti a fare qualcosa; mi rendo conto che vivere se-condo i nostri insegnamenti è molto difficile, ma chi ha mai detto che la via della verità è una via facile? Chi ha mai detto che per capire il principio dello Spirito o il principio divino vi sia una strada facile? Solo che voi avete trovato la più facile delle strade sulla Terra: quella di mettervi in ginocchio a recitare le preghiere, a fare le penitenze ed i fioretti.
Capire come funzionano i fondamentali principi dell’Universo è difficile; ma la strada della verità è questa, le altre sono strade di adattamento.
Sicuramente l’uomo senza un minimo di adattamento non può neppure vivere sulla Terra, perché dovrebbe essere in perenne lotta con tutti, e la sua vita diverrebbe penosa, difficile e forse impossibile, me ne rendo conto. Ciò di cui io vorrei vi rendeste conto è che non avete nemmeno cercato un tipo di cultura mediata tra i due estremi, quindi una educazione anche di tipo formale che garantisse alle vostre personalità di vivere molto più liberamente una vita che, invece, vivete da schiavi, tutti; schiavi delle regole, delle occasioni, del mondo, schiavi delle famiglie, dei genitori, dei figli. È una schiavitù che incatena tutti quanti, per cui c’è veramente da chiedersi: ma questo Spirito quand’è che è veramente libero, quand’è che veramente può fare ciò per cui è venuto sulla Terra?
D. – Sulla parola amore ci sarebbe da modificare completamente tutto.
D. – Prima si parlava di diffusione delle dottrine in termini di medio, alto, etc… Però c’è anche l’altro modo di diffondere la dot-trina, comportandosi cioè in un certo modo; ma per comportarsi secondo questa dottrina bisognerebbe essere soli, senza famiglia, oppure in una comunità, buttando tutto alle spalle.
A. – “Io mi rendo conto di queste difficoltà, infatti, non è che io faccia delle accuse specifiche, faccio un po’ di discorso storico più ampio. Come ben sapete, alle fine lo Spirito accetta anche questo, cioè accetta le convenzioni, perché per incarnarsi non può fare altro che accettarle.
Dico che, però, lo Spirito si trova prigioniero in un corpo e non riesce mai a manifestarsi come vorrebbe e come potrebbe; e, che questa prigionia non ha una validità universale, perché la vita del-l’uomo è breve ed è comunque una prigionia che non consente atti-vità spirituali e una serie di verifiche.
Potrei dirti che una serie di verifiche lo Spirito finirà col farle al-trove, in un’altra vita, in un’altra dimensione, perché la Terra da questo punto di vista è un’occasione mancata”.
D. – Condivido quello che hai detto sull’amore, ma come si spie-ga che Cristo abbia parlato di una cosa che sapeva benissimo essere una utopia, il fatto di amarsi l’un l’ altro?
A. – “Ma questa è una utopia che deve essere vissuta come utopia,
che rappresenta uno scopo lontano, un miraggio, se vogliamo; ma anche, comunque, un qualcosa di non irrealizzabile, intendiamoci”.
D. – Ma è realizzabile da Spiriti elevatissimi.
A. – “È comunque un punto che è acceso lì, è la fiaccola, quello che dovrebbe realizzarsi; certo, non si verificherà allo stato puro come l’intendiamo, ma è una mèta…”
D. – Mi rendo conto che le persone alle quali voglio più bene al mondo sono i figli. Però ci sono individui che non hanno cura dei figli; amare vuol dire anche prendersi cura; allora quelli sono mi-gliori spiritualmente?...
A. – “No, non è questo il discorso; io parlavo della possessività dell’amore per cui quando si sente una relazione affettiva, quando si sente e quando c’è, deve essere espletata, deve essere data; cioè, bisogna amare. Senza l’amore l’essere si inaridisce, perché l’amore, per quanto poi deviato sia, per quanto mal formato e mal strutturato, è una estrinsecazione, è un uscire fuori da se stessi, è un perdere l’isolamento e tendere al principio generale di fratellanza, se vogliamo, che benchè utopistico è una delle tensioni dello Spirito. Quindi, in questo senso bisogna amare; l’amore però non è da intendersi come possesso egoistico.
Tutto quello di cui abbiamo detto deve fluire naturalmente den-tro di voi; nessuno chiede a voi comportamenti diversi dalle proprie convinzioni e dalle proprie resistenze, ed anche dalla propria situazione di vita. Nessuno vi chiede di sperimentare in un modo tale da procurarvi poi una serie di guai; voglio dire che i cambiamenti devono essere spontanei, naturali, e possibilmente bisogna far sì che anche coloro che partecipano alle vostre vite siano coinvolti dal discorso, dal ragionamento.
Da soli non è possibile realizzare in maniera completa il proprio progetto interiore; voglio dire che prima o poi gli altri entrano nella scena delle vostra vita; allora lo stare soli sarebbe anche un fatto paradossale e provvisorio dal quale comunque partire per circondarsi di una moltitudine di persone; almenché non si faccia la vita dell’eremita, allora il solo è veramente solo, come isolamento sociale. Ma questo, abbiamo visto altre volte, non è molto conveniente, se non per periodi molto brevi della propria esistenza”.
D. – Infatti io parlavo di creare una comunità senza presenze fa-miliari.
D. – In effetti, quasi tutti i maestri antichi hanno formato delle comunità.
A. – “Lo so, hanno formato comunità, però creandosi delle regole anch’essi e sono caduti prigionieri di quelle stesse regole; quindi siamo sempre al discorso precedente: in realtà l’uomo senza un minimo di regole non può vivere, e quanto più aumenta il numero degli uomini tanto più queste regole devono essere ostative, limitative. Quindi, la presenza delle leggi è una presenza necessaria, quanto più si affolla una società, per il fatto che gli esseri spirituali che vengono sono di diversa qualità, di diversa evoluzione; e, dunque, una coabitazione è spesso impossibile.
Le leggi servono a regolamentare e a salvaguardare la vita e le libertà di tutti in un certo senso; ma, ciò facendo, si entra nel con-cetto di regola, di legge, nel concetto di “trappola” in cui lo Spirito si ritrova e dalla quale non riesce ad uscire, limitando alquanto le sue scelte e i suoi programmi spirituali. Questa poi, è la conseguenza di tutto ciò; su questi argomenti c’è ampia materia per dibattere, discutere e riflettere, soprattutto”.