1) L’esistenza soggettiva e cosciente di ciascuno di noi — cioè di quell’insieme di percezioni e di idee profonde che costituiscono il nostro sentirci soggetti pensanti e di sapere, in ogni momento, che c’è la continuità di tale autocoscienza —non può essere messa in dubbio.
L’affermazione, quindi, che la soggettività rappresenta la realtà dell’uomo, non ha bisogno di essere dimostrata perché costituisce la base intorno a cui si costruisce e muove l’Io ogni volta che si riconosce come identità nel mondo che risponde a se stesso e all’ambiente, o quando ricerca le proprie origini e sviluppa creatività o anche, semplicemente, quando si interroga sulla giustezza di questa frase che state leggendo in questo momento.
Tuttavia, poiché da questa considerazione si risale al ben più complesso problema del rapporto anima-mente-corpo, vogliamo delimitare il campo, per cui questa monografia vuole soffermarsi sull’interiorità come stato o necessità dell’essere e non sulla complessità del problema filosofico e scientifico che ancora è irrisolto sia per i filosofi sia per gli scienziati. Per gli ulteriori approfondimenti rimanderei ai testi specialistici, perché sul problema fisico-metafisico e monismo-dualismo non c’è una discussione aperta, ma una vera battaglia senza esclusione di colpi.
2) Non c’è alcun dubbio che la nostra complessità interiore abbia più aspetti e che in prevalenza siamo, sia a livello conscio e soprattutto inconscio, l’espressione nel nostro Super Io (proprio in senso freudiano): vale a dire l’insieme delle prescrizioni, tabù e obblighi trasmessici dalla famiglia e dalla società di appartenenza. In altri termini il nostro Io è continuamente controllato dalla volontà e dalle regole degli altri, ragion per cui siamo letteralmente in trappola: questa trappola è ciò che la tradizione definisce la ragione o razionalità sociale. Potrebbe qualcuno dubitare che con questa razionalità non si va lontano ma, al contrario, si resta terra terra?
Quasi tutti i nostri atti e pensieri vengono vagliati e censurati dalle norme che costituiscono la nostra coscienza morale, ma attenti: la coscienza morale è, in pratica, il complesso ideologico che ci impedisce di essere noi stessi, ci riduce a robot e ci obbliga a pensare e comportarci come reclama la società di appartenenza.
La coscienza morale, detto ancora più chiaramente, non ha nulla da spartire né con la voce di Dio né con quella dello Spirito e nemmeno, come ci dicevano una volta, con quella dell’angelo custode: la coscienza morale è, in pratica, la voce del mondo mediata dal padre e della madre.
3) Ma noi del CIP ipotizziamo l’esistenza di uno Spirito autonomo e quindi lavoriamo esplicitamente sul dualismo. Come è ormai noto, il paradigma scientifico-metafisico che portiamo avanti nei seminari della nostra «Scuola Superiore di Parapsicologia Umanistica», considera lo Spirito (o Anima) una struttura energetica in relazione con la mente attraverso la via inconscia. Dalla filosofia del nostro lavoro sorge, conseguenzialmente, la domanda: perché mai quest’Anima dovrebbe obbedire alle ideologie della mente e agli obblighi sociali quando la mente è il risultato non di una interazione spirituale, ma di quella cervello-ambiente?
Ma nel contempo il problema è quello di isolare e dare voce a quest’Anima e ciò induce alle riflessioni intorno ad un progetto di ricerca che privilegi il dualismo Mente-Anima. Se non ci fondassimo su questo dualismo perché mai dovremmo perdere tempo a cercare le nostra radici? Anziché impegnarci (e soffrire) nella ricerca e nella vita quotidiana, non sarebbe più saggio andarcene in barca e pescare?
4) La presenza dell’Anima, lo ricordiamo, viene fondata sulla constatazione che non abbiamo alcuna spiegazione sufficiente di funzioni importantissime, quali la creatività, l’interiorità, la libertà, l’intuitività ecc. E neppure sappiamo cosa accade negli stati di alto misticismo, nelle regressioni ipnotiche, nelle pratiche sciamaniche, nella trance superiore, nella creatività delle autentiche forme artistiche, nei sogni premonitori e nella stessa genesi del linguaggio. Si tratta di attività che riportano al paradigma dell’Anima in maniera fondata perché si evidenziano funzioni mentali che sembrano del tutto autonome rispetto al principio di causazione che tanta parte ha avuto nella formazione del pensiero scientifico.
Tra l’altro dev’essere sottolineato con grande forza che la fisiopatologia del cervello non considera i contenuti della mente, ma solo le correlazioni fra eventi bioelettrici e chimici, per cui in termini qualitativi, per il materialismo causazionale, non ci sarebbe differenza fra un cervello che esegue i giochi delle parole incrociate e un cervello che, operativamente, sta producendo una poesia e neppure fra uno schizofrenico che parla con Dio e le visioni di Santa Teresa d’Avila.
Ci sembra che i due esempi mostrino molto chiaramente la differenza fra le due culture umanistiche e scientifiche, e, naturalmente, spiegano anche perché siamo per un sano, sensato e realistico dualismo.
5) Quindi c’è una contrapposizione. Da una parte le norme sociali, religiose e di costume (trasmesseci dai genitori) e quelle concernenti i diritti-doveri di tipo pubblico (a cui ci obbliga l’appartenenza ad uno Stato e ad una cultura) e dall’altro Il bisogno dell’Anima (la vera natura interiore) di essere se stessa. Lo Spirito (o Anima) è un essere libero e a-temporale le cui categorie sono universali se, come ci viene insegnato, lo Spirito è, strutturalmente, di natura divina. Il corpo, in conseguenza di tale premessa, è quindi una trappola mentale e fisica in grado di rendere ulteriormente schiavo di sé ogni processo mentale anche inconscio poiché è un sistema naturale costruito, al pari di un programma di computer, sulle istruzioni e codici della società.
Si determina, quindi, uno scambio interattivo costante e continuato che aliena il soggetto interiore impedendogli (di fatto o attraverso il meccanismo del complesso di colpa) di vivere una libera e creativa soggettività e di manifestare i primari caratteri spirituali.
Ogni libertà (che vuoi dire uscita dal giogo del corpo) viene quindi pagata a caro prezzo, ma è doveroso coltivare il culto della libertà e del cambiamento per liberarci dall’alienazione.
Tuttavia la libertà non è un presupposto da salotto. È, piuttosto, una meta da perseguire scoprendo la propria natura interiore la quale è assai più saggia ed eticamente costruita che non la estemporanea libertà da manifestare come licenza per giocatori del sabato sera: il ritrovamento delle matrici sottintende un lavoro quotidiano che costituisce un vero viaggio esistenziale.
Per capire in che modo bisogna rispondere al desiderio dí cambiamento e di conoscenza interiore bisogna poi rispondere alla domanda: qual è la coscienza morale di un essere spirituale, dal momento che le leggi di Dio e quelle degli uomini non possono coincidere per una più che evidente incompatibilità?
6) L’Anima è eticamente nella legge quando persegue modelli di conoscenza e di esperienza della realtà, non quando obbedisce alle regole della vita materiale degli uomini. Infatti, chi sono mai questi uomini per stabilire le regole di vita di un essere spirituale?
Naturalmente ognuno tragga le conseguenze che vuole e che può. Ma è questo non tanto e non solo l’insegnamento del nostro Maestro, quanto una risposta assolutamente logica, se si accetta la premessa che l’Anima esiste.
7) Dunque il modello di vita deve continuamente rapportarsi a quello del cambiamento; e cambiamento significa uscire dalla trappola del corpo e dai suoi condizionamenti per dare voce all’Anima straniera e farle vivere il mondo in maniera partecipativa e non passiva.
Oltretutto perché vivere da stupidi robot e tenere maschere che oscurano il linguaggio interiore?
Dobbiamo imparare l’ascolto di altre voci: e accettare il presupposto che la vita non è il viversi, ma il proporsi!
8) Questo è un libro di suggerimenti e non un libro dell’estasi del genere di Martin Buber, tanto per capirci, e neppure di tecniche (ve ne sono a centinaia in circolazione) o, tranne pochi accenni necessari, di fenomenologia del genere husserliano dell’epochè o addirittura di contemplazione.
È , invece, — nella seconda parte — una riproduzione (e anche molto parziale) di tutto ciò che l’incomparabile Maestro Andrea ci ha dato sull’argomento (specialmente dal 1980 a oggi) nella inusitata forma del rapporto paranormale. C’è anche una prima parte fatta di appunti e di letture, alcune delle quali introducono e accompagnano l’inizio del viaggio affascinante. Qualsiasi cosa leggiate, comunque, rientra nel discorso del discoprimento e del cambiamento: discorso che rappresenta il leit motiv della nostra «Scuola Superiore di Parapsicologia Umanistica». Corrado Piancastelli