16) – ANCORA SUL CONCETTO DI KARMA.
(La comunicazione nel testo originale appare autonoma, non compare cioè una domanda specifica riguardo al tema trattato. – Nota del curatore.))
Il karma è una legge in base alla quale sulla Terra si possono, in certe circostanze, fare esperienze che, in qualche modo, riequilibrino esperienze negative effettuate in una vita precedente. Una specie di legge del contrappeso: cioè, un individuo che è stato molto ricco in un’altra vita, potrebbe essere molto povero in questa, un uomo felice che non ha sofferto affatto e che ha usato male questa esperienza benevola, potrà fare una esperienza dolorosa. Fino al punto estremo in cui un uomo che uccide può darsi che venga ucciso in un’altra vita.
Noi dobbiamo considerare l’insieme delle vite sulla Terra come un progetto di lavoro, che subisce delle modifiche man mano che si sviluppa. Cioè, non esiste un progetto ben chiaro da suddividere in un certo numero di esistenze, esiste un inizio che poi si sviluppa secondo regole consuete, perché, più o meno, le anime finiscono col trovarsi in esperienze simili, dato che la Terra è quella che è, e l’evoluzione che si può svolgere su di essa è quella che è. E allora accade che un’anima sulla Terra abbia compiuto una serie di azioni non perfette, costellate di errori di tipo morale, errori autentici che, secondo una legge generale, dovrebbero espiare, dovrebbero pagare, in realtà questi due termini non esistono per la legge, diciamo piuttosto che lo Spirito, il quale in Terra ha compiuto certi errori, cerca di emendarsi. Cerca di emendarsi e di correggersi attraverso una serie di esperienze successive che, nel mentre tendono alla cancellazione di quella “colpa”, in realtà tendono a ripristinare un ordine, cioè a dare allo Spirito un’esperienza autentica che, nel momento in cui viene assunta, diventa correttiva anche delle esperienze precedenti negative. E allora può accadere che un essere il quale abbia compiuto l’azione di uccidere un uomo, è probabile che senta la necessità di una prossima vita, di morire ucciso. Ma questa non è una regola generale, perché non c’è una legge che gli prescrive questo, ma semplicemente può avvenire perché egli intenderà trovarsi nella situazione fenomenologica di colui che ha ucciso per verificare fino a qual punto l’esperienza di cui è stato causa era un’esperienza negativa, dolorosa per altri, che ha interrotto l’esperienza di altri. È una scelta che lo Spirito fa per propria vocazione e che si verifica soltanto quando, tra una vita e l’altra, non si sono messe in opera quella serie di opportune attività spirituali che potrebbero cancellare l’esperienza negativa.
In realtà, le esperienze non si fanno tutte sulla Terra, ma una gran parte si fa fuori della Terra, sicché può accadere che uno Spirito, il quale abbia compiuto esperienze negative, riesca attraverso la sua vita spirituale a capire da solo questa esperienza negativa e a raddrizzarsi senza la necessita di dover fare un’esperienza più o meno analoga o di essere nella necessità di sceglierla, nella futura vita. Quindi non vi è nulla di definitivo e tutto è affidato al lavoro interno che lo Spirito fa in sé per emendarsi, per edificarsi, per acquisire conoscenze indispensabili. La legge non è ineluttabile. Può diventare ineluttabile solo in qualche caso, cioè a dire in quei casi, appunto, in cui lo Spirito, non esercitando alcuna libertà o scelta di esperienze nell’altra vita, finisce col trovarsi ancorato a una successiva esistenza e a dover necessariamente fare certe esperienze.