Colloquio 1

 

«PERCHÉ DIO NON PUO’ NON ESISTERE ?»

«…La domanda vuole anche essere intesa, «perché esiste Dio?». Al dì là del gioco di parole essa tende a chiedere la ragione dell’esistenza di Dio.

Intanto, si dovrebbe parallelamente osservare ciò che dicono gli avversari della divinità. Ad esempio, la domanda parallela: perché Dio deve esistere? E, in realta, tutto il materialismo tende a dire che l’universo è autosufficiente e che lo scoprimento molteplice di tante leggi universali sposta la divinità e la relega in una zona sempre più lontana.

Questa affermazione molto generica, che era valida fino a qualche tempo fa, oggi è diventata insufficiente, perché proprio attraverso lo scoprimento di tante leggi, la divinità diventa l’elemento di sintesi che sembra indispensabile a spiegare la stessa molteplicità delle leggi. Ma il discorso su Dio non è un discorso che si possa organizzare scientificamente, perché la scienza si occupa di ciò è controllabile e di ciò che è visibile, o di ciò che è supponibile per via indiretta. Il problema di Dio, invece, investe contemporaneamente quello dell’anima, e siamo in un campo dove ogni discorso è possibile solo a patto di un riconoscimento delle più alte funzioni intellettive dell’essere umano. Cioè a dire, riconoscendo nell’essere umano delle alte capacità intellettive, di sintesi, di organizzazione, si può articolare un discorso su Dio perché contemporaneamente, si articola un discorso dell’essere umano proprio in quell’area che poi andiamo a chiamare «spirituale». È possibile questo riconoscimento? Si può ammettere che veramente nell’essere umano confluiscono due forze, di cui una, superiore, non è certamente di natura materiale, o perlomeno non appartiene a quel complesso di leggi materiali che vanno sotto il nome di leggi fisiche?

Questa ammissione, che non è poi molto difficile a farsi nemmeno da parte dei materialisti e dei positivisti, non significherebbe granché eppure sarebbe già un gran passo. Perché nel momento in cui si ammette l’esistenza, non già di un altro mondo come l’intende la religione o lo spiritualismo, ma quella di un mondo non strettamente fisico, questo tipo di mondo si separa subito da quello materiale, e si configura come una esistenza che va oltre la materia, come mondo «para-materiale», a lato cioé della materia.

Ogni discorso su Dio porta dunque implicitamente con sè il discorso sullo spirito. Ho detto più volle che le due realtà sono inseparabili. A volte mi chiedono: potrebbe esistere Dio e non esistere affatto lo spirito? Oppure, il che è ancor meglio, potrebbe esistere lo spirito e non esistere affatto Dio?. Lo spirito non sarebbe altro, in questo caso, che una manifestazione extra-materiale, rientrante comunque nell’ambito di tutte quelle leggi universali (panteismo) che di per sé non avrebbero bisogno di un Dio e che sarebbero artefici di se stesse, e garantirebbero, queste leggi, le presenze di questi esseri che chiamiamo spiriti. E dissi di no. Dissi che non è possibile fare questa concessione. Non è possibile farla perché quando si accetta un mondo che non è legato alle leggi fisiche della materia, bisogna necessariamente ac-cettarne le conseguenze. Badate che io non accetto, sul piano filosofico, che si possa parlare di universale includendo la Terra, ma escludendo Dio e lo spirito. Dicendo la Terra intendo l’uomo; e dunque io non posso accettare discorsi come quello per cui lo spirito potrebbe essere una manifestazione di carattere universale, proveniente da una serie di leggi di per sé sufficienti e che escluderebbero la presenza di Dio o la presenza di un mondo di carattere eterno, universale, perché la presenza dello spirito «quid non materiale», come forza universale escluderebbe gli altri concetti.

Non si può accettare la presenza di un «quid» sconosciuto nel corpo umano, e poi escludere da lutto questo il principio che gli sarebbe più congeniale, e cioè la definibilità in senso spirituale di questo «quid» che agirebbe nell’uomo. Ora, sulla presenza di un «quid» che agisce nell’uomo sembra che non ci siano grandi discussioni da fare.

E’ soltanto sulle interpretazioni che vi sono differenze, perché tutti accettano e tutti ammettono le alte facoltà dell’essere umano, rispetto alle leggi biologiche ed alle leggi fisiche, in generale. Dunque la presenza di questa alta possibilità dell’essere umano pone senz’altro la candidatura della presenza di questo «quid» che comunque c’è. Semplicemente che, volendo far derivare questo «quid» chiamato spirito, da forze universali. non meglio identificale, si commette un grave errore di base perché si deve accettare la separazione dalla materia pro-priamente detta, e se si accetta questa separazione (nel senso che il «quid» non è espressione della materialità propriamente detta), bisogna accettare l’esistenza di due zone di interferenza: una materiale ed una non materiale. La compresenza di queste due forze delinea subito e senz’altro un altro tipo di vita, un altro tipo di mondo, soggetto a diverse leggi, comunque non inerenti quelle materiali e non interferenti con esse. Sicché il discorso dell’universale qui non ha più ragion d’essere, perhé una volta estrapolato dalla materia il suo «quid» essenziale, e cioè a dire questo spirito o quest’alta facoltà umana, questa subito ricade sotto il controllo di leggi diverse, che si configurano come leggi non materiali che non si possono arbitrariamente inglobare nelle leggi universali, perché appunto tale inglobamento sarebbe illegittimo; ed in ogni caso non vi sarebbe nessuna posibilità di accettare nemmeno sul piano logico una siffana inerenza fra materia e spirito.

Ora è evidente che Dio deve venir fuori necessariamente da questo discorso, perché se noi ammettiamo nell’Universo due zone o aree di realtà diversificate bisogna pure che esse siano regolate in maniera differente. O le due zone sono in conflitto. Ma allora vorrebbe dire che c’è una forza che tende a prevalere sull’altra, benché la mancanza di equilibrio avrebbe già originato un caos universale di portata eterna.

Se ciò non accade vuoi dire che vi sono altre ragioni, altri equilibri a monte, che presidiano questa situazione.

Ma io vorrei dire ancora di più. Vorrei dire che, a coloro i quali parlano di materialità e di materia in assoluto, sfugge un dato fondamentale, e cioè che la materia non è altro che una risultante, un effetto. E’ un risultato che può essere provocato e osservato solo a condizione che se ne riconoscano le leggi e i principi che lo determinano. Orbene, che io sappia, quando si parla di leggi e di principi si parla già di fatti immateriali, di forze pure.

Vedete, per convenzione (e questo è un discorso che potrebbe apparire utopistico, ma lo è fino ad un certo punto), si usava dire una volta che la materia era tutto ciò veniva a contatto con i sensi dell’uomo e che quella era la sola realtà. Poi si è visto che la materia propriamente detta, una pietra, un albero, la pelle, l’uomo, sono soltanto una energia; a questo punto, alcuni spiritualisti hanno creduto di ravvisare in questo un sostegno alle proprie teorie, e forse non hanno avuto torto. L’energia tuttavia di per sé è organizzata secondo leggi le quali non sono l’energia stessa, ma sono un’altra cosa. Si può dire che la legge funziona attraverso l’energia e che l’energia esprime se stessa in virtù della legge: ma che essa stessa possa esser legge è inesatto.

La legge non è l’energia, ma la,forza che determina l’energia.

E senza voler andare oltre, e cioè verso i principi delle leggi stesse, ne deriva chiaramente che siamo in un mondo dove non si può più parlare di materia, ma dove si deve parlare, e gia in assoluto, di leggi che sono astratte e che appaiono concrete semplicemente perché si manifestano attraverso una energia definita come materia. Ma perché non dovrebbero esistere anche leggi che regolano le più alte manifestazioni della coscienza umana, quando tutte le altre manifestazioni naturali sono regolate da leggi, molte delle quali le avete scoperte? Perché proprio qui, nell’alta coscienza dell’uomo, nell’alta manifestazione del genio e dell’intelletto umano, non dovrebbero essere riconosciute leggi fuori della manifestazione materiale?

L’uomo, con un procedimento a ritroso, scopre una legge intrinseca al fatto fisico; per esempio indaga sulla malattia perché la malattia gli offre al microscopio batteri e virus, e studiando questi è possibile determinare come agiscono, come si moltiplicano, e quindi come si possono distruggere; risale così a principii e leggi, attraverso la vita materiale. E poiché qui, nelle alle manifestazioni della sfera umana, si tratta di fatti non palpabili che riguarelono sfere di coscienza e di intelletto che esorbitano dalle manifestazioni psichiche pure e semplici, perché mai si dovrebbe negare l’esistenza di queste leggi, proprio là dove queste manifestazioni ne indicano la presenza? E poiché l’alta manifestazione umana, l’intelligenza, la coscienza, le vie più alte del genere umano, sono vie estemporanee non regolabili e non regolate, (sicché voi dite che esse rasentano l’utopia o la libertà massima,) ciò lascia immaginare che esse non provengono dalla regolarità della materia.

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Nota: Si badi bene che qui non si tenta di dimostrare Dio attraverso le leggi materiali, ma di prospcttare la presenza di due esistenze parallele, in modo che nessuna derivi dall’altra benché siano anche strutturate, quando occorre, in modo causazionale. Si tratta di un principio frmdatnentale che, tra l’altro, esclude qualsiasi tentazione panteistica

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Bene, queste leggi devono avere diritto di cittadinanza, non fosse altro che per accettazione convenzionale. E poiché non si muovono secondo le regole umane, esse ne seguono altre di cui potete semplicemente dire che non se sapete niente, ma che non sono evidentemente da negarsi.

Non è possibile a questo punto disconoscere la molteplicità delle manifestazioni umane. Miliardi e Miliardi di uomini pensano, miliardi e miliardi di uomini, durante il corso della civiltà umana, hanno prodotto ingegno, intelletto, coscienza, hanno avuto libere manifestazioni del pensiero con le più alte possibilità. Non è possibile a questo punto non riconoscere la forza che le ha generate. Non è possibile non riconoscerla perché, se è pur vero che dal punto di vista materiale potete assegnare una origine alla materia e dire che forse tutto è venuto fuori ad esempio, da un fulmine globulare, sicché per condensazioni successive si sono stratificate certe sostanze, per cui si sono determinate automaticamente le leggi per equilibri insorti casualmente, ecc. ecc., purtuttavia questo discorso funziona soltanto per quanto riguarda l’origine dell’Universo dal punto di vista materialistico. Si può allora capire bene un uguale discorso applicato all’altra faccia dell’Universo che dovrebbe essere stata prodotta da un altro tipo di fulmine globulare, che sarebbe appunto il Signore, colui al quale diamo il nome di Dio. Mi sembra che le due ipotesi, perlomeno, valgano e pesino nello stesso modo.

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Insomma si vuoi mettere in evidenza che, come nell’universo fisico concepiamo una eausazione, rinviando ogni fenomeno ad una struttura o causa originaria di tipo materiale, per analogia dobbiamo ammettere che le funzioni cosiddette spirituali rimanderebbero ad una causa di tipo non materiale: cioè Dio.

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Cioè non vedrei alcuna di differenza speculativa fra le due cose. E poiché naturalmente nel campo fisico, voi avanzate tante ipotesi sull’origine dell’Universo, ma riferendovi ad un Universo di tipo materiale, astronomico, stellare, bisognerà dunque che assegniate anche una origine a quell’altro Universo in cui esistono queste forze pensanti che sono ciò che voi chiamate il «quid» immateriale dell’essere umano. Dunque, riportandomi alla domanda iniziale.. Dio può non esistere? —diremo che Dio deve necessariamente esistere da un punto di vista, direi, quasi tecnico o scientifico, se vogliamo assegnare un’origine anche a questa Forza, a questo principio che, avrebbe determinato il «quid» immateriale dell’uomo. L’intelligenza dell’uomo, tuttavia, ha prodotto cose meravigliose, dai grandi artisti ai grandi scienziati, dai grandi inventori ai grandi scopritori, dai grandi poeti ai grandi letterati, e chi più ne ha più ne metta. Cose altissime, tanto alte che questa intelligenza è riuscita a determinare certe leggi universali, a capire come funziona il sistema solare, a crearsi una filosofia, una matematica, una scienza con la quale moltiplicare la natura, riprodurla, sostituirsi ad essa.

Tutte queste cose l’uomo le ha fatte, nessuno può negarlo. E allora, a questo punto, potrebbe anche convenirci, in senso speculativo, di seguire questa sorta di discorso: bisognerà allora ammettere che questa forza universale, la quale è stata capace, in senso fisico, di realizzare l’esplosione che ha prodotto l’Universo, poiché ha prodotto, anche il genio di Raffaello, oppure il genio di Orazio, o di Omero, è anche una forza intelligente.

Nulla viene prodotto in natura se non preesistono le leggi atte a tale produzione nulla è possibile produrre che non sia già preesistente. Voi potete inventare, ma inventando non fate altro che usare le cose che già esistono in natura, le trasformate soltanto; attraverso mille trasformazioni potete ottenere dei prodotti nuovi rispetto a quelli normalmente in natura, ma che sono soltanto la trasformazione di prodotti naturali.

Ora se questa materia produce anche questo, cioè se è capace di produrre una forza, che poi riconosceremo nell’intelligenza di un grande poeta, per esempio, allora bisognerà che in natura questa forza esista e che dunque sia stata data da quell’esplosione che si è prodotta nella notte dei tempi. In questo modo ritorniamo un’altra volta all’idea di Dio. Cioè, dobbiamo necessariamente ammettere una forza originaria, naturale, anche se questa forza potrebbe comunque non aver creato spiriti indipendenti, per cui non esisterebbe la sopravvivenza. Sicché ci troveremmo, ora, a dover ammettere l’esistenza di un Dio, ma non quella di uno spirito; e ci troveremmo nella paradossale situazione di essere noi questa forza materiale prodotta da quella lontana esplosione: cioè noi, voi ed io che stiamo parlando. E ci troveremmo a parlare dì una cosa o di un soggetto da cui saremmo noi stessi esclusi; sicché noi che parliamo e discutiamo non saremmo niente. E come potremmo, non essendo niente, formulare siffatti ragionamenti, quando siffatti ragionamenti presuppongono una identità, la ricostruzione di un patrimonio ideale: in altri termini, una individuazione dei concetti? Questa individuazione dei concetti e di raggruppamento delle idee rappresenterebbero altrettante unità. Ma come faremmo, noi, a rappresentarci in unità distinte, (nel momento in cui noi ci manifestiamo o quando voi nascete o parlate,) se per un principio universale, le identità sarebbero da escludersi?

Siamo dunque costretti a rifare il ragionamento e a dire: dal mo-mento che queste Unità esistono, (poiché noi siamo unità che parlano) e poiché abbiamo detto che nulla esiste se non preesistono le leggi atte a formularlo ed a manifestarlo, se noi in questo momento stiamo parlando vuol dire che esiste una legge la quale presiede alla nostra unità.

E questo non sarebbe un sofisma, naturalmente, sarebbe niente al-

tro che la conseguenza logica di una ipotesi di lavoro da cui scaturisce che, comunque impostate il ragionamento, ritornate sempre all’idea di Dio perché non potete escludere, dal ragionamento, alcune cose essenziali che riassumo e cioè: l’alta intelligenza dell’uomo, il suo carattere individuale.

La personalità potrebbe entrare e non entrare nel discorso, ma i

cardini sono indubbiamente due: l’identità, quindi l’individuazione, e l’alta intelligenza di questa individuazione che si manifesta nel corso della storia umana. Questi due cardini essenziali sono un punto di partenza difficilmente distruggibile»

Una obiezione potrebbe essere questa: il punto focale di tutto que-

sto discorso è la valutazione dell’opera dell’uomo in quanto opera intelligente e geniale. Ora conte possiamo essere sicuri di questa valutazione se noi stessi siamo in causa? Una valutazione che viene dalla parte in causa ha un valore relativo…

«C’è una contro-obiezione: il genere umano è stratificato; cioè a dire vi è stata una gamma di manifestazioni ormai storicamente catalogabili.

In fondo la storia dice che sono esistiti certi personaggi, che sono

accaduti certi fatti, per cui voi ora potete. dire: l’uomo può essere un pazzo, un’idiota, un uomo normale, un uomo mediocre, un uomo colto, un uomo sciocco; oppure può essere un genio, uno scienziato, un sommo artista, un santo.

Cioè esistono delle classifiche e quindi, in realtà, sebbene sembriate essere la parte in causa chc non dovrebbe giudicare, potete però benissimo farlo.

Non si capisce perché ciò non possa accadere.. D’altra parte è chiaro che per quanto riguarda il discorso che fate come uomini siete parte in causa; ma questo è un vantaggio cd e una controprova. Perché ancora una volta è una posizione individualistica nei confronti della collettività e della storia, perché ‘tu’ pensi e ragioni, e perché ‘tu’ ti poni di fronte a questi fatti. A mio avviso il giudizio è perfettamente legittimo, pure essendo un giudizio che viene dall’uomo, perché non si può negare che sulla Terra siano accaduti certi fatti e che vi siano stati certi personaggi».

* * *

«Quando si afferma l’esistenza di Dio, anche se la premessa non è

dimostrata, io devo accettarla perchè Dio veramente esiste: io so che esiste. Ma sul piano scientifico (per piano scientifico intendo la filosofia, in questo momento) vi sono stati errori e lacune di metodo. Ancora oggi, dopo tanti e tanti millenni di esistenza dell’uomo, ancora ci si arrovella: esiste veramente questo Dio’! Esiste veramente l’anima?

Eppure voi lo sapete benissimo: grandi filosofi, grandi menti hanno consumato la loro vita intorno a questo problema e non sono riusciti a risolverlo, perché sono partiti da basi non dimostrate e quindi le loro restano delle bellissime costruzioni, utili solo alla mente ed alla speculazione teorica.

Per quale ragione Dio o la sua legge hanno fatto in modo che lo

spirito, vivendo la terra, non ricoolusse assolutamente nulla di una sua esistenza anteriore e di Dio? Mi pare che in fondo tutto si riduca a questo.

Non si ricorda neppure di essere spiriti pur essendolo. Spiriti più o

meno sopraffatti dalla materia, più o meno appesantiti dal cervello, ma in sostanza spiriti. Ma perchè? Non perchè’ Dio abbia espressamente prescritto questo o fatto in modo che. si dimenticasse tutto, ma perché la dimenticanza in realtà non c’è. Chiarisco meglio. Nel momento che si viene in Terra come uomini si passa da un inondo immateriale ad un mondo materiale, tanto per intenderci. Ma ricordatelo, siete sempre voi! Non si tratta di un’altra persona: è questo il punto da discutere. In realtà quando si parla di queste cose, si pensa allo spirito come ad un’altro soggetto, come ad un’altra cosa. Nel momento in cui poni la domanda tu pensi al tuo spirito come se fosse una diversità, e non hai la percezione che sia la stessa cosa di te che fai la domanda:

cioè sei tu uno spirito, perchè tu ti identifichi come essere materiale e non riesci a convincerti del contrario per una cattiva conoscenza la quale ti fa intendere che l’essere è quello visibile, che si guarda allo specchio. E invece l’essere è quello interno che pensa e si pensa, e si identifica col pensiero.

Questa mancanza di distinzione porta oggi al tipo di domanda che

crea una frattura che in realtà non esiste. E la situazione fenomenologica, psicologica, in cui ti poni nel momento in cui fai la domanda, che è errata. Tu ti poni la domanda: dove vado, da dove vengo? Ma tu, completamente tu, con il tuo interno, con la tua coscienza, con i tuoi pensieri, sei lo spirito! Uno spirito che vive l’esistenza umana ma ha dimenticato se stesso perché oggi riesce ad identificarsi soltanto con la propria materia corporea».

IO E IL MAESTRO

HO CHIESTO UNA VOLTA AL MIO MAESTRO SE POTEVO FARGLI UNA DOMANDA VERA, SUL DIO VERO.

POSSO FARTI, MAESTRO, QUESTO TIPO DI DOMANDA?

DISSE IL MAESTRO: “PUOI FARLA“.

ED IO FURBESCAMENTE: “TE L’HO GIA’ FATTA“.

E LUI, COSI’ COME FECE IL RE MILINDA COL SAGGIO NAGASENA, DISSE: «ED IO HO RISPOSTO SERIAMENTE ALLA TUA DOMANDA VERA».

ED IO: MAESTRO E COSA HAI DETTO DI DIO, SU DIO?

E LUI: “MA TU COSA MI HAI CHIESTO?

ED IO: “IO ANCORA NON HO CHIESTO NIENTE”.

E IL MAESTRO: “E NEPPURE IO HO RISPOSTO NIENTE”.

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