L’ESSERE SPIRITUALE NEL SUO RAPPORTO CON DIO
«Lo spirito, non si deve dimenticarlo, è di natura divina; non può rinunziare alla verità che è dentro di lui. Può ignorarla per molto tempo, ma non per sempre perchè è egli stesso di natura divina, e già questo e un grande richiamo che non può lasciare a lungo inascoltato. È un richiamo che gli viene per una via naturale. In fondo, quando egli cerca di amare Dio, non si accorge che è l’amore verso se stesso che si riflette in Dio. Lo spirito prima di tutto ama se stesso: questa è una verità apparentemente amara o egoistica. Ama prima di tutto se stesso, perché nel momento in cui acquista coscienza e può dire«io sono», «io penso», questa affermazione egli sa che è valida soltanto in quanto esiste come soggetto, l’io senza del quale egli nulla sarebbe mai.
Questo amore verso se stesso direi che non è neppure amore. E se dovessi chiedervi se amate voi stessi vi metterei in serio imbarazzo.
Voi non lo sapete, in realtà, se vi amate: se amate le vostre braccia, le vostre mani, ecc….A voi può sembrare assurdo tutto questo, non ha molto senso rispondere a questa domanda, però è una domanda seria. In realtà voi non lo sapete; per esempio non amate il vostro cuore perché non lo vedete o, per lo stesso motivo il vostro sangue o i piedi! Forse cercate di capire; bene, lo spirito fa lo stesso. Prima di tutto egli vuole se stesso, afferma se stesso, non intende altro che se stesso: ma quando comincia a vivere sulla Terra, questa visione del «se stesso» diventa un fatto negativo. Perchè? Perché vivendo in una maniera totalmente istintiva ed egoista, finirà col fare le più grossolane sciocchezze, diventando cioé un uomo arido, egoista, puntiglioso, che pensa soltanto a sé. Ma come spirito, quando comincia a investigare, quando comincia a chiedersi le ragioni della propria vita e della propria struttura, quando comincia a capire che Dio lo ha emanato e quindi egli è della stessa Sua natura comincerà a fare uso delle esperienze con una prima valutazione morale anche se minima.
E comincerà allora non più a giudicare soltanto se stesso, ma anche la realtà che gli è intorno: e questo è il primo incontro con Dio.
Inizia così il rapporto verso questa Forza anonima. Contemporaneamente, dal contatto con altri e con la realtà si accorge, che la sua vita è regolata da leggi e che molte di queste lui stesso le evoca col suo atteggiamento; nasce, così, una valutazione morale.
Amore verso Dio
Quando sarà passato tanto e tanto tempo, lo spirito finirà col capire che tutte le leggi sono fatte per lui, almeno nel senso che tutte sono a suo vantaggio. Tutte le leggi sono a vantaggio dello spirito, così come sono a vantaggio di tutto l’universo; non esiste una sola legge che sia contro l’universo e contro lo spirito.
Per quanto riguarda lo spirito che vive in quest’universo, egli con l’evoluzione migliora continuamente e si raffina, e diventa più intelligente, acquistando più coscienza. Egli si muove in una serie di leggi che sono sempre a suo vantaggio; per quanto possano aversi degli svantaggi provvisori dall’esperienza stessa dell’universo, l’importante è che lo spirito comprenda che anche le cosiddette cadute, le esperienze pesanti, sono sempre a vantaggio suo.
Egli instaura allora, col Creatore (che intanto avrà riconosciuto come tale) un rapporto che non sarà di amore in senso letterale e in senso terreno, ma un rapporto di continuo riferimento. Cioè egli sentirà insostituibile la presenza di Dio, sentirà che senza Dio null’altra cosa è possibile.
Riconoscerà che la sua vita è dipesa soltanto da un atto di Dio e che continuerà sempre, perché Dio è un essere perfetto. Sentirà la presenza di Dio come cosa indispensabile e insostituibile in senso assoluto. Questo è l’amore che lo spirito ha verso Dio.
Voi non potete pensare che l’amore verso Dio non sia altro che un delirio amoroso, cioè che lo spirito sia innamorato, nel senso romantico della parola. Il rapporto verso Dio è qualcosa di più alto e perfetto; e per poter essere ‘perfetto deve essere necessariamente articolato in maniera fredda. Ma non nel senso di «cinico»; freddezza qui vuol dire soltanto estrema precisione, estrema necessità, estremo rigore, estrema logica, estrema perfezione. In questo senso è «freddo»: non ha, cioè, nulla di simile a quello umano.
E cosa è mai questo amore? Quando diciamo «amore spirituale», vi rendete conto che non diciamo niente? Diciamo soltanto la parola spirituale. Ma cosa significa spirituale? Avete mai riflettuto su questa parola? Amore spirituale vuol dire amore non sensuale, amore non psichico, amore non cerebrale. E allora che cosa è mai questo «amore spirituale» se non è nessuna di queste cose?
E’ dunque un’altro tipo di amore? E vediamolo, qual’è!
E’ questo: è un amore estremamente rigoroso, quindi estremamente giusto, un amore «santo» che è santo proprio perché è soltanto giusto.
Quando si dice quell’uomo è santo» che cosa si intende? Perché è giusto, perché è preciso, perché è onesto, perché è un galantuomo. Ma cosa si intende dire con queste cose? La santità è dunque queste cose: precisione, rigore, coerenza, logica.
Gli amori romantici non appartengono allo spirito. Lo spirito ha un diverso tipo di riferimento con il Padre, lo riconosce e ne ammette la insostituibilità, ha con lui un rapporto continuo e condiziona la sua vita a questa perfezione ed a questa legge; perché ne riconosce la giustizia. Lo spirito non subisce il capriccio o la giustizia di Dio, così come non ne subisce la misericordia. Dio non è misericordioso perché non ha bisogno di esserlo. É questo il punto.
Le leggi di Dio sono sempre a favore della creazione: e per cos’altro dovrebbe Egli essere misericordioso se ha già dato tutto? Dio non ha più niente da dare, perché ha da sempre trasferito tut-to nella creazione; non può essere misericordioso, perché tutto ciò che ha fatto è gia perfetto e non può essere corretto da nessun atto di misericordia, propria a causa della perfezione assoluta che è in-sita nelle cose. La misericordia equivale sempre ad una correzione di qualcosa di ingiusto o di sbagliato. La pietà è un sentimento che non può albergare in Dio. Dio non può avere pietà. E di che cosa dovrebbe avere pietà? Se gli esseri da lui creati sono perfetti nella loro struttura perché provengono da Lui, e sono fatti eterni perché non morranno mai, e procederanno per sempre in una vita di intelligenza e di aderenza alla legge, perchè dovrebbe avere pietà e misericordia?
Quando lo spirito si trova in difficoltà basta che egli si metta a scrutare intorno a sè o dentro di sé e trova la soluzione, perché essa è lì, Dio gliela ha data, Dio ha già dato tutto.
Non si può considerare il rapporto con Dio in base a quello che si ha come uomini. Il rapporto che l’uomo ha con Dio è un rapporto inesistente. Certo ci sono tutti i mille guai giornalieri, e Dio sembra lontano, non interviene.
Dio non interviene a capriccio. Durante la guerra sono morti a milioni i bambini, i vecchi, gente inerme, mentre Dio cosa stava a fare? perché non è intcrvcnuto, perché non ha salvato quei bambini, quei vecchi, quei ragazzi, quelle donne?
Perché li ha lasciati morire così, che Dio è mai questo, senza pietà, senza misericordia, senza amore verso i suoi figli?
Questo è il discorso dell’uomo. Ed è un discorso legittimo, logico dal punto di vista personale e sociale.
Anch’io chiederei conto a Dio della morte dei miei figli, per esempio, è logico che sia così, perché quello umano non è un rapporto con l’infinito, ma col finito.
Questo rapporto vive tra il tempo in cui si è viventi e quello presumibile della morte. Non interessa niente di un’altra vita e di una legge ma di vivere sulla Terra in modo piacevole. Anche questa è una richiesta legittima; però, poiché voi vi muovete in un’orbita puramente relativa e finita è un discorso che in un certo senso non avete il diritto di fare, oppure, facendolo, dovete eliminare Dio dalla vostra discussione, Egli non può più entrarci. Non potete consentire, nè ammettere che Dio — essere infinito ed eterno — possa entrare in un discorso di tipo finito. Risolvetelo fra di voi: il problema è esclusivamente vostro, e non vi potete coinvolgere Dio. La morte dei figli non dipende da Dio, né dipende da Dio il fatto fate le guerre. Che c’entra Dio se fate le guerre e vi uccidete fra di voi? Se voi inventate armi che ucci-dono a milioni gli individui, cosa c’entra Dio?
Sì, la gente muore, ma questo è il destino dell’uomo, tutte le cose nascono e muoiono, ed a questo voi potete anche ribellarvi, ma è una ribellione inutile, naturalmente. Però, poiché non avete capito niente dei problemi spirituali e li rifiutate, perché nel momento in cui poi credete di averne bisogno, vi lamentate che Dio abbia fatto il mondo in un certo senso? Cioè, mentre rifiutate Dio, perché rifiutate la morte, poi vorreste che invece egli evitasse la morte, e quindi lo fate rientrare nella questione.
Questo è in realtà un ragionamento di comodo. O avete il coraggio di escludere completamente Dio dalla vostra vita, oppure, se Dio lo volete includere, dovete allora anche capire e accettare altre cose. Dio c’è e dovete accettarlo in base ad una legge morale che preveda la vita e la morte. Oppure Dio non c’è,: e allora basta, non dovete giustificare e chiedere ragione di niente a nessuno. In tutti e due i casi si tratta di ipotesi o soluzioni provvisorie: lo spirito, realmente, questi problemi non se li pone più, essi a quel livello sono inesistenti.
Lo spirito ha un diverso rapporto con Dio, riconosce la sua potenza e la sua esistenza; sa che questo Dio è estremamente giusto ed essendo giusto in assoluto non può che aver fatto leggi di assoluta giustizia. Ora, tutto questo voi potete anche chiamarlo amore se il termine vi piace, ma dirò questo: quando io ho avuto la certezza che Dio c’era, e quando veramente ho capito che tutta la legge, l’insieme dei principi, è stato fatto anche a mio vantaggio, esclusivamente a vantaggio della vita, ho stabilito con Dio un rapporto di sicurezza.
Dio è un elemento a cui mi riferisco continuamente, constante-mente. Nel risalire lungo l’evoluzione, nell’approfondire la conoscenza universale, nel continuare l’arricchimento della mia personalità, io ho ora un solo obbiettivo: partecipare, con la conoscenza che ho dell’universo ad una migliore conoscenza della struttura di Dio, io non voglio conoscere soltanto l’universo, ma voglio conoscere l’universo perché voglio conoscere meglio Dio. Se questo è amore io non lo so. So però con sicurezza che a questa idea non posso rinunziare, e che non potrei più vivere senza avere sempre presente in me, assolutamente precisa, l’idea di Dio che voglio conoscere sempre di più per capire sempre meglio la perfezione della struttura, dell’idea che c’è dentro. Tuttavia, per noi, ciò non è amore, proprio perchè non ha niente di sentimentale. Per voi, l’amore è un sentimento romantico che strugge, che non fa dormire; cioè è un fenomeno passionale…, per noi è una unione che prescinde dalla necessità e dai bisogni».
È lo spirito che ama la manifestazione di Dio dentro se, in definitiva.
«Devo esprimermi un’altra volta con termini un po’ romantici per dire che, ìn un certo senso, questo è un segno dell’«altruismo» di Dio. Cioè Dio richiede soprattutto che si ricerchi in se stessi, più che rivolgere continuamente la propria idea a Lui: per questo ci ha fatti autonomi. Insomma Dio non cerca amore, per usare questo termine, ma lo spirito non può fare a meno di darglielo.
In fondo, Dio attua un principio che dovrebbe attuarsi in Terra fra genitori e figli. Cioè, gli uomini dovrebbero fare dei figli e renderli del tutto indipendenti da se stessi, semplicemente come esseri che sono stati fatti e i cui doveri dovrebbero cessare ad un certo punto dell’adolescenza. Invece si verifica che nascono dei rapporti e che quello che è un fatto semplicemente naturale diventa un fatto di carattere psichico, spirituale, familiare, eccetera. La nascita in se stessa è un fatto del tutto naturale, che però finisce col trasformarsi perché si creano dei rapporti non più fisici, ma di altro ordine, appunto psichico, ecc. Voglio dire che da un punto di vista naturale dovrebbe essere così, mentre dal punto di vista affettivo non è possibile che lo sia in modo così stereotipato.
Il figlio può ad un certo punto credere di poter rinunziare alla madre o al padre, ma in realtà egli non può rinunziarci, mai. Così è, in fondo, il rapporto fra lo spirito e Dio: lo spirito può anche credersi in-dipendente, ma ciò non durerà a lungo, nel senso che il richiamo di Dio sarà sempre continuo e fortissimo».
Massimario
«Dio è l’essere del tuo essere»
(«La nube della non conoscenza»)
(XIV sec.)
«Dio È l’infinito nell’infinito»
Giordano B R U N o