CRISI SOCIALE. LE RESPONSABILITÀ. DIO.

D.: La prima domanda è: come si può trattare l’argomento “Dio” sotto ulteriori punti di vista. L’altra riguarda una situazione che mi ha fatto riflettere: così come oggi noi giudichiamo la tratta degli schiavi che avveniva anche fino a solo cent’anni fa, come si giudicherà tra trecento anni le categorie degli imprenditori e degli industriali attuali, considerati come sfruttatori del lavoro altrui ? Ci sarà un eguale abisso, una evoluzione tale da portare addirittura anche questa categoria di persone (oggi più o meno accettata), al livello di quella dei mercanti di schiavi?

A. : Posso rispondere alla domanda che trovo alquanto originale, devo dire, così com’è impostata, e mi complimento per aver messo a fuoco questo aspetto.

Il problema che viene sollevato è vecchio quanto il mondo. E giustificato, oppure no? Le responsabilità se esistono, così come sono esistite in passato, non sono dell’uomo, ma sono quelle di un sistema; voglio dire che anche fra gli apostoli sorse Giuda, ma bisognava pure che esistesse qualcuno che in ogni caso potesse condannare a morte il Cristo, dunque bisognava che esistessero i Giuda e i Pilato, che esistessero le leggi di Roma, che insomma esistessero le circostanze per poter determinare certi eventi storici.

Certo la vostra società è organizzata male, bisogna riconoscerlo; esiste una società forse migliore a cui ispirarsi come modello? Esiste una maniera per evitare che degli uomini debbano sottostare ad altri uomini e che questi fatalmente debbano assumersi il ruolo di boia, di persecutori, di padroni vessatori?

La verità è che nel vostro momento storico attuale, e, per essere più esatti, da che esiste la società sino al momento storico attuale, gli uomini non sono stati capaci di provvedere da soli ai propri bisogni. Questa, miei cari fratelli – siate voi di qualsiasi ideologia filosofica o politica – è una verità di cui dovete prendere atto, anche contro la vostra ragione o i vostri sentimenti; gli uomini non sono capaci di essere autonomi. Diciamo che la società come insieme di uomini non può consentire che ciascuno sia autonomo, perché è il concetto stesso di società che lo vieta.

Cento, mille o un milione di uomini, se stanno insieme, vivono e lavorano insieme, necessitano di qualcuno che sorvegli e coordini l’insieme; questo insieme potrà essere coordinato da un uomo singolo in virtù del proprio denaro, ed ecco la figura del capitalista, del ricco, del padrone, come suol dirsi, oppure potrà essere governato dallo Stato che prende il posto del singolo, ma lo Stato esercita lo stesso potere con le sue leggi, il suo danaro.

Fino a quando esisterà un lavoro dipendente da un singolo o da uno stato, esisterà il medesimo rapporto, sicché non stiamo tanto a sottilizzare se colui che comanda si chiami padrone o Stato, se fa la legge, dicendo io voglio così, oppure se fa la legge in senso istituzionale dicendo: questo è il codice e chi disobbedisce è punito. Perché la sostanza non cambia, fratelli miei, siamo cioè di fronte a un rapporto tra masse e leggi volute da uno stato o da un singolo, un rapporto che non si può alterare e che a mio criterio, badate bene, non si altererà mai. Che cosa invece si può modificare? Si può modificare il rapporto tra le masse e il singolo.

Devo dire qui una cosa alla quale, per principio, sono contrario ma che purtroppo nasce dalla esperienza del mondo. È cioè più facile trovare un singolo uomo, giusto, buono e tollerante, che trovare uno Stato giusto, buono e tollerante, perché il potere può essere affidato al sentimento, nel caso del singolo; quando è invece affidato alle leggi è fuori del sentimento e chi sbaglia paga davvero e non può ricevere alcuna comprensione e pietà.

Però, a questo punto, affrontare il rischio di un rapporto tra singolo e masse, è altrettanto pericoloso, perché gli uomini quando hanno il potere fatalmente possono diventare perfidi, perché il potere è come una droga che crea allucinazioni, alterazioni.

Io credo però che la domanda va considerata ancora più a fondo, e aggiungo che se il rapporto tra masse e colui che detiene il potere è un rapporto articolato secondo una reciprocità di funzioni, e se tutto ciò è codificato e protetto dalla legge, bene, colui che impersona la figura dell’industriale, come si diceva, non è altro che una persona che coordina l’insieme e non ha colpe. Il singolo, cioè, non risponde di nulla e non ne può rispondere.

Qualcuno può dirmi che c’è una sproporzione tra il guadagno del singolo e quello di coloro che lavorano, ed è questa sproporzione che crea un potere maggiore. Io credo che nel vostro mondo attuale sia anzitutto giusto che chi dà di più guadagni di più, questo è pacifico, e credo che nessun sistema potrà cambiare questa situazione, perché risponde ad una precisa logica; chi è più capace deve guadagnare di più, se lavora di più, salvo che tutti abbiano il diritto di mangiare e di provvedere alla propria sussistenza; ma questo porterebbe più lontano.

In ogni caso, io non credo che la situazione del mondo del lavoro, sulla Terra, sia oggi di totale succubismo nei confronti del potere, non lo credo affatto. Probabilmente avete le vostre crisi, probabilmente avete dei guai, come la mancanza di lavoro, il disordine per una cattiva distribuzione del danaro, dei capitali, dei posti di lavoro, tutte cose che si possono evidentemente sanare, ma non credo che oggi sussista una vera e propria schiavitù.

Semmai esiste una schiavitù di un altro tipo ed è che, essendo minori i posti di lavoro nel confronti della domanda, la schiavitù si instaura automaticamente, e cioè chi ha un lavoro se lo tiene anche a costo di prendersi le bastonate perché non ha alternative. In questo c’è immoralità, è chiaro, ma è una immoralità che non può essere ricondotta soltanto ai singoli che producono lavoro, ma dev’essere ricondotta a una crisi generale, a una cattiva distribuzione delle forze vive sulla Terra e ritorniamo al discorso delle frontiere convenzionali che non possono andare bene, perché ogni Stato si è ristretto in uno spazio esiguo, e opera per proprio conto, come un universo, senza tener conto degli altri universi.

È chiaro che a questo punto della crisi l’unica salvezza sarebbe un governo mondiale, uno Stato mondiale che ripianasse e ridistribuisse i beni della Terra secondo vedute completamente diverse. Ma questa è ancora pura utopia, si capisce, eppure la strada non può essere che questa. Ciascuno Stato dovrebbe preoccuparsi di specializzarsi in pochi settori, senza entrare in concorrenza con gli altri. Questo dovrebbe portare all’ abolizione dell’iniziativa privata, ed è un problema di tipo politico che probabilmente potrà anche risolversi. Chissà fra quanto tempo, ma certo è un problema da tener presente, ora che la Terra comincia ad avere dei contraccolpi, dato che si comincia a pensare che allo stato attuale non è più sufficiente ad alimentare e a dar lavoro a tutti i suoi abitanti.

Ciò è dovuto ad una serie interminabile di errori effettuati dagli uomini e per gli uomini dai loro rappresentanti negli Stati. Oggi lo schiavo di una volta non c’è più, me c’è probabilmente un altro tipo di schiavitù ed è quindi sparita la figura tipica del persecutore, cioè non è più colui che materialmente alza la frusta, ma c’è colui il quale dice: non ho lavoro per tutti.

Ma questo lo dice anche lo Stato, non c’è bisogno di dare la croce addosso ai singoli, perché anche lo Stato può trovarsi in questa difficoltà.

Naturalmente le responsabilità personali persistono sempre; colui che regge un potere e lo esercita con malizia, con cattiveria, per illecito arricchimento; colui che può dare di più e preferisce dare di meno per arricchirsi è responsabile come qualsiasi altra persona.

É la responsabilità di chiunque di voi che ha il ventre pieno, vede un morto di fame e non gli dà neppure una fetta di pane. A questo punto esiste una responsabilità morale che dev’essere estesa a tutti gli esseri umani, perché chiunque di voi che guadagna più del necessario, e se lo tiene tutto in tasca è responsabile quanto un “industriale”, perché non vedo per quale ragione dovrebbe essere diversa la situazione, semplicemente perché qualcuno è additato socialmente come “industriale” e un altro è additato semplicemente come una persona che guadagna.

Qui non è questione di meriti o di demeriti, quanto di un fatto morale, di un arricchimento che diventa illecito nel momento preciso in cui c’è un altro che potrebbe ricevere un miglioramento della sua situazione e non lo riceve.

Ciascuno sulla Terra lavora ed ha bisogno del suo guadagno per poter vivere, ma c’è chi lavora di più e chi lavora di meno. Spesso il lavorare di meno dipende da pigrizia e da cattiva volontà, e il lavorare di più da desiderio e amore per il lavoro. chiaro che noi partiamo dunque da una situazione modello, mentre le ingiustizie, nell’ambito di ciascun gruppo, fanno parte di una reale azione perversa di cui è responsabile chi la provoca e chi la tollera.

In una situazione normale le cose dovrebbero invece procedere bene. Ma tra tre o quattro secoli come sarà giudicata l’attuale classe che detiene il potere economico, ciascuno per la sua parte e per la sua quantità ? Perché le classi che stanno al potere vengono sempre giudicate male, come la storia insegna, da coloro che vengono dopo ?

Possiamo dire che alcune epoche sono state migliori rispetto alle precedenti, ma nessuna epoca è stata superlativa e buona: e come potrebbe essere così, se sussistono ancora tante miserie, tante ingiustizie, tante disparità sociali, economiche? Se c’è tanta gente che ancora vive sulle spalle degli altri, ed è sempre stato così, come potrebbe essere giudicate buona, dunque, quest’epoca, se essa non ha fatto altro che riproporre le situazioni antiche?

C’è però un miglioramento rispetto al passato, ed è che le classi subalterne oggi possono vantare dei diritti, possono parlare, possono protestare, possono confrontarsi con le classi al potere e influenzare certe politiche economiche e sociali.

Cioè esse cominciano a partecipare alla cosa pubblica e questo è un segno positivo dell’epoca. Ora, colui il quale si sottrae a questo colloquio nella gestione della cosa pubblica o in quella dei rapporti fra le masse che lavorano e coloro che gestiscono il potere, coloro che si oppongono a ciò e riaffermano il loro carattere padronale, sono in colpa, è chiaro. Perché certamente questa emancipazione delle masse è stata una conquista del vostro secolo, emancipazione che però in un certo senso è un eufemismo per indicare una evoluzione che in pratica non esiste, o non esiste nella misura in cui ci aspetteremmo che esistesse.

Perché l’emancipazione delle masse ripropone il problema della libertà, ed io, come dissi altre volte, sono alquanto perplesso su questa famosa libertà che, intendiamoci bene, è l’obiettivo da raggiungere e non l’obiettivo da cui partire.

Qui, secondo me, avete un po’ confuso tutto: per voi la libertà ha rappresentato nel vostro secolo una conquista da cui partire: “vogliamo essere liberi”, ma liberi da che cosa? Liberi di pensare come volete? Liberi di agire come volete?

Ma la libertà di pensare gli uomini l’hanno sempre avuta, mentre non hanno avuto la libertà di agire in conseguenza del loro pensiero. Questa libertà non può essere un attributo da conferire all’inizio, a priori, come principio, ma essa è un bene che si conquista, e, si badi bene, non attraverso la rivoluzione, ma attraverso l’autoeducazione, la maturazione, l’ autoevoluzione.

La libertà è la conseguenza di una evoluzione non quella di un principio sancito di un pezzo di carta: è un obiettivo, sì, ma non politico, bensì morale. Che poi l’obiettivo morale si congiunga e vada parallelamente a quello politico, su questo possiamo essere d’accordo, ma ecco che quando si raggiunge la libertà politica ci dovrebbe essere la prudenza di instaurare subito un clima di “rieducazione”, affinché alla libertà politica segua quella della coscienza, come sua maturazione. Questa seconda fase, ovviamente, non viene di solito attuata dagli uomini, i quali si credono tutti dei piccoli dei, tra i quali nessuno ammetterà mai di essere incapace di gestire la propria libertà. Tutto ciò diventa la crisi del vostro tempo, la crisi della libertà. Voi mirate a questa libertà, quindi ritenete che anche sui posti di lavoro libertà significhi protestare ad ogni momento.

Certo, è giusto anche protestare, si capisce, ma tutti coloro che protestano, e usano quindi tale libertà, hanno la coscienza di fare il proprio dovere? Sono tutti quanti capaci di gestire la propria persona nella vita pubblica, nella famiglia, sul posto di lavoro? Fanno interamente il proprio dovere e meritano ciò che chiedono?

É un problema morale. Voglio dire che la “gradualità” dovrebbe essere il segno distintivo dell’evoluzione, ma voi l’avete fatta saltare completamente, essa non esiste più, esiste soltanto il diritto alla libertà e quindi la forza di poter ottenere ciò che pare e piace, non in nome di un dovere compiuto, ma di un ipotetico dovere da compiere, o dell’ipotetico diritto di accrescere il beneficio personale indipendentemente dai meriti e dalle capacità.

E neppure questo è giusto. É vero che esistono coloro che sfruttano la situazione del mondo, è vero che costoro devono diventare meno sfruttatori (così come molti lo sono diventati per forza di cose, per coscienza o per maturazione personale), è vero che esistono situazioni abnormi, sulla vostra Terra, che alimentano la miseria, ma non dovete affatto illudervi che, cambiando le cose, possiate fare il vostro comodo e quindi mangiare lavorando poco, producendo poco e circondandovi semplicemente di beni e di benessere.

Secondo me, uno dei segni della vostra epoca è una certa rilassatezza nella voglia di lavorare. Sembra che la civiltà stia lentamente addormentando gli uomini e questo è un segno di decadimento, naturalmente. Il decadimento nasce in genere da una aumentata circolazione – vera o fittizia che sia – del denaro: è sempre stato così.

La storia insegna che ai momenti di maggiore fulgore economico, quando il popolo, almeno all’ottanta per cento, sta abbastanza bene, o meglio di prima, seguono periodi di rilassamento; forse perché l’uomo, come essere fisico e mentale, è anche un animale, e l’animale, voi lo sapete bene, se non viene messo sotto il basto dopo un po’ non è più capace di correre. Prendete un cavallo da corsa e fatelo stare immobile: diventerà un qualsiasi brocco, perché è fatale che sia così. Come l’atleta che non si allena e finisce di essere atleta.

Voi cercate di lavorare sempre di meno, invece dovreste lavorare sempre di più; intanto, meno volete lavorare, più volete guadagnare. Allora non potete assegnare le colpe. Vedete, le colpe sono di tutti, di tutti voi che, quando andate a lavorare, cercate di fare il meno possibile, cercate di tirarvi indietro, di evitare certe responsabilità, chiamando in causa diritti, doveri e altre cose del genere.

In conclusione io voglio dire che la vostra epoca non sarà giudicata bene, ma s’inganna chi crede che la colpa verrà data soltanto agli “industriali”, perché la colpa verrà data a tutti. Esistono tante di quelle colpe, ancora maggiori, che l ‘elenco sarebbe lunghissimo.

Voi non avete provveduto ai bisogni più elementari della vostra civiltà, come le scuole, gli insegnamenti capaci di educare i vostri figli, di educare gli uomini perché possano diventare dei buoni cittadini; come gli ospedali, come un autentica solidarietà anche economica per potervi aiutare a vicenda in caso di bisogno.

Siete sempre lì pronti sul piede di guerra per battervi fra di voi, per fare rivoluzioni, ecc. Di fronte all’aspetto enormemente positivo del progresso, avete delle gravissime carenze nell’organizzazione dei beni che avete conquistato col progresso tecnologico, ed ecco che, per queste cose che non avete fatto e avreste potuto fare, molti si dichiareranno responsabili quando verranno da “questa parte”, e saranno gli anelli di una catena generale di cui sembrerà difficile trovare il bandolo, cioè trovare i veri responsabili, perché la responsabilità è di tutti e questa non è una frase retorica, è di tutti, per cui alla fine nessuno pagherà, nessuno può pagare, perché ciascuno viene ad essere un anello di una suggestione generale, per cui agisce in conseguenza degli altri.

Ecco che, allora, per porre fine a queste cose, vi sono le svolte delle civiltà che cambiano la situazione, ma tali svolte non sono calme – ve lo assicuro – perché si rimetterà in discussione il problema di quella famosa libertà di cui parlavamo poco fa, e, francamente, da crisi così complesse in cui siete incappati da soli, beninteso, da soli dovrete uscirne…

E’ una matassa ingarbugliata, e sapete come si fa a sbrogliarla? Per esempio, i pescatori che gettano la rete o le loro lenze, quando queste si imbrogliano, hanno una sola soluzione: tagliarle, perché non c’è altro da fare.

Ora io non credo che dobbiate preoccuparvi molto. Tutto sommato, chi ha una educazione spirituale di che cosa può preoccuparsi? Coloro che compiono il proprio dovere non hanno mai di che preoccuparsi, devono preoccuparsi coloro che invece non compiono il loro dovere, coloro che hanno imbrogliato la matassa e sono quelli che credono di poterla sbrogliare da soli.

Il giudizio che verrà dalla storia potrà essere un giudizio severo per alcune questioni, ma di voi si dirà questo: che avendo costruito una grande civiltà non siete stati poi capaci di salvaguardarla, ma il merito di questa civiltà sarà anche vostro, intendiamoci, perché io posso avervi maltrattato per quanto riguarda gli aspetti negativi, ma ci sono anche quelli positivi.

Ed anche qui sarebbe difficile trovarne i beneficiari. Chi ha veramente costruito la civiltà? I singoli, quelli che hanno prodotto la tecnologia? No, neanche qui ci saranno dei beneficiari diretti, perché si è trattato di un processo evolutivo della storia, per cui anche coloro che hanno contribuito tangibilmente (a parte i casi singoli) sono stati le pedine su di una scacchiera, e si sono trovati, loro malgrado, a portare avanti dei miglioramenti nella tecnologia della civiltà, senza sapere esattamente qual era la direzione che i miglioramenti avrebbero preso.

Ecco perché nessuno ha colpe o meriti, e, ancora una volta, almenché non ci siano delle responsabilità personali, nessuno deve preoccuparsi. Da “questa parte” il giudizio non si fa sulla storia, ma si fa sui singoli: ciascuno di voi risponderà in proprio di ciò che personalmente ha fatto o che, per sua colpa, è stato fatto o non é stato fatto; e se ognuno di voi avrà fatto il proprio dovere e si sarà sforzato per migliorare situazioni abnormi, bene, il giudizio sarà positivo come essere spirituale.

La storia non viene mai giudicata, perché non ci sono responsabili. Qui il discorso ritorna ad un punto lontano. Ogni essere umano ha una evoluzione da svolgere, e in quest’arco risponde di sé, nell’ambito dei propri limiti, e dunque, tutto quello che accade in Terra non serve sempre per il cielo, serve per i singoli e per gli Spiriti, ma per questi, una volta lasciata, la Terra diventa un luogo estraneo e non interessa quindi più ciò che ha lasciato e ciò che accadrà.

Finché siete in Terra vi legate a questo mondo in maniera tale da responsabilizzarvi anche sul piano psicologico, sul piano della vostra personalità umana, e questo è giusto, questo lo capisco perfettamente, ma andare oltre è un po’ dare alla materia ciò che la materia non ha, cioè un senso spirituale che non le appartiene, ma che appartiene allo Spirito.

Ecco che, dunque, conviene preoccuparsi del proprio Spirito, e così, colui il quale detiene il potere, si preoccupi di esercitarlo con giustizia, con amore, senza sentirsi mai il padrone delle cose, ma un collaboratore delle cose, uno che lavora insieme agli altri. Se poi, con malizia, egli sfrutta questi altri e sa in coscienza di sfruttarli, allora ciò è male ed è un male comune e normale, non è un male che va al di là del singolo atto, questo voglio dire, perché ciascuno opera il male in ragione delle circostanze.

Quanti di voi, nelle stesse circostanze, farebbero la stessa cosa di quello che può fare, ad esempio, ecco, un industriale, il quale potrebbe dare, supponiamo, qualche soldo in più, o non so quale altro tipo di moneta, ad un operaio e non glielo dà, perché sa che l’operaio non se ne accorge, non ci fa caso in quel momento. Quanti di voi cercano di approfittare di ogni situazione per proprio tornaconto? Sul piano economico, psicologico, sociale comune? Non è necessario essere un industriale per commettere questo reato morale, perché capita in tutti i momenti, anche ai più progrediti spiritualisti, ai quali se capita una piccola occasione non se la lasciano scappare.

Volete forse negare che questo avviene? Non ve la lasciate scappare neanche nelle cose più minute; subito vi buttate per prendere, per accalappiare, per dare magari una piccola spinta, poi ve ne pentite, ma la spinta l’avete data. Oppure, quando vi pagano per il vostro lavoro e sapete di non averlo meritato interamente, perché probabilmente c’è un’altra persona che lavora più di voi e guadagna meno di voi; questo non è approfittare della società e delle leggi? Voi dite: “ma noi stiamo a posto perché così sono le leggi“, e vi guardate bene dal protestare. Allora perché, poi, quando portate avanti i vostri movimenti politici, le vostre brave rivoluzioni, dite che i responsabili sono soltanto gli approfittatori, mentre lo siete anche voi che avete approfittato ugualmente, guadagnando illecitamente, immeritatamente, sapendo che altri più meritatamente avrebbero dovuto essere pagati meglio di voi ?

Questa è la verità cruda, dolorosa, se volete, per cui quando fate le rivoluzioni dovreste prima farvi un esame di coscienza, e chiedervi quanta parte dell’ingiustizia che è nel mondo è dovuta anche a voi.

Ma voi credete di avere l’alibi delle leggi a vostro favore, e vi credete sempre nella legalità, e basta questa per essere in pace con gli uomini e con Dio. Vedete come è difficile giudicare, com’è difficile condannare. È facile chiamare ladri gli altri, difficile è chiamare ladro se stesso. Vedete, le misure spirituali si pongono così se vogliamo essere onesti, si pongono così, e non c’è altro metodo se vogliamo ritornare a una purezza di giustizia.

I rapporti vanno ricondotti a queste norme che sono elementari. Coloro i quali potrebbero modificare queste leggi e non le modificano sono altrettanti responsabili? Certo, ma non più di voi, questo sia chiaro, a parte i casi particolari. Perché essi a loro volta, prima di tutto sono il vostro prodotto, sono uomini come voi, emanati dai vostri gruppi familiari, dalle vostre case, dalle vostre città.

Oppure vengono dalla luna questi uomini? No, vengono da voi, sono della vostra estrazione, si trovano al potere e sono pressati da che cosa? Dagli stessi vostri interessi ed essendo anche voi tacitamente approfittatori, fate in maniera che le leggi che vi favoriscono non vengano modificate; il gioco è li, e questo è il giro dei rapporti psicologici.

Ed è chiaro che coloro che approfittano acquistano un potere psicologico, un potere reale col quale è più difficile modificare la situazione di coloro che il potere psicologico non ce l’hanno. Il crucifige è facile, è facile mettere in croce Cristo, non ci vuol niente: due assi e quattro chiodi e il gioco è fatto, ma la questione non sta lì.

Il mondo cerca sempre di crearsi una croce e un Cristo da inchiodare, e ogni periodo storico ha avuto i suoi bravi martiri, poi sono venuti i rivoluzionari e li hanno messi a morte, ci sono stati spargimenti di sangue, ma non è cambiato granché, tutto è ritornato quasi come prima. Le ingiustizie “occulte” come io le chiamerei, perché sono queste le più difficili da sanare, restano occulte e il malessere cresce.

Quindi, fra tre o quattro secoli la società attuale verrà giudicata così, certamente. Si cercherà di trovare dei responsabili, come dire, più personalizzati, perché sempre è stato così, perché la colpa è sempre di coloro che stanno al potere, non è mai del popolo; forse perché la storia non la scrive il popolo, ma la scrivono le classi che stanno al potere.

La colpa non è mai del popolo, il popolo subisce, il popolo soffre, il popolo in realtà non è capace di autogovernarsi e se tenta di farlo lo può fare attraverso le rivoluzioni. Ma cosa succede? Esso fa le rivoluzioni e chi mette un’altra volta al potere? Coloro che sanno starci, coloro che probabilmente ci sarebbero arrivati lo stesso, al potere.

Certo se si vuol fare la questione dell’aristocrazia e della borghesia, della borghesia e del popolo allora certamente, storicamente si può dire che al potere quando c’era l’aristocrazia c’era una classe privilegiata che non era emanazione del popolo. E questo è giusto, d’accordo, perciò via gli aristocratici. Ripeto che questo è stato giusto; fate allora in modo che al potere ci sia l’espressione del popolo, ma questa è una frase talmente assurda ed utopistica che dovrebbe semplicemente farvi sorridere. “Espressione del popolo” significa soltanto che il popolo vota i suoi rappresentanti, ma quali rappresentanti? Quelli che hanno la vocazione al potere e al dominio della cosa pubblica, intendiamoci bene. E vorrei soltanto che mi si facessero degli esempi di povera gente, saggia, ma povera, capace di gestire la cosa pubblica.

Così non vi accorgete che vi prendete in giro da soli e che in nome di ideologie astratte fate il giuoco dí coloro che vogliono il potere. Il potere, così, non sarà mai sano, perché parte già dal desiderio e dall’istanza di dominare, di prendere in giro.

Ma non potete evitarlo, sarà così comunque, non potete sottrarvi all’umanità, siete fatti così, come esseri umani, non è colpa di nessuno, né di quelli che vi dominano né dei dominati. Semplicemente, non siete maturi per niente, questa e la verità, e questo sta dimostrando la vostra storia attuale. Siete più maturi di prima, certamente, ma non ancora maturi abbastanza. Vi siete conquistati certe libertà, e questo era giusto, ma non avevate la preparazione per poter gestire tale libertà e, infatti, non siete capaci di gestirla e state combinando una montagna di guai.

Su questo argomento ci sarebbe tanto da dire, ma devo fermarmi.

Di fronte a questo dramma, che poi più che un dramma è una “commedia”, Dio cosa sta a fare? È possibile – chiede qualcuno -che Dio non intervenga, che questo Dio di cui abbiamo parlato sempre con larghi attributi di potenza, di infinità, questo Dio assoluto, enorme, che sta sopra a tutte le cose non muova un dito per aiutare l’uomo?

Perché non è un problema di salvezza. Cosa si dovrebbe salvare? C’è uno Spirito e lo Spirito è salvo per definizione. Salvare allora il corpo, la società, aiutarla a far sì che questo Spirito possa vivere meglio: io subito dirò allora, tra parentesi, che lo Spirito vive meglio laddove c’è agitazione. Quanto più le cose sono imbrogliate, tanto più lo Spirito – come spirito – vive meglio, perché svolge un ruolo più importante, è a contatto con esperienze molteplici; è questo che in fondo interessa allo Spirito.

Può esserne coinvolto malamente qualche Spirito più sprovveduto (inevoluto), siamo d’accordo, ma nel complesso, tutto va bene per lo Spirito. Perché dunque Dio dovrebbe intervenire ? L’uomo svolge il suo compito sulla Terra, come fanno i ragazzi i quali giocano a fare i soldati, a nascondersi, a correre, ad inseguirsi. Nelle debite proporzioni la società fa le stesse cose: ci coinvolge coi sentimenti, si capisce, perché è un po’ più di un semplice giuoco, ma non tanto di più.

Dio, questo Essere, sembra quasi sparito dalla Terra. Anzitutto è sparito nella vostra coscienza, diciamolo pure, perché chi pensa più a Dio ? Le Religioni hanno fatto in modo da farvelo dimenticare, questo Dio, soprattutto col loro tipo di teologia, di predicazione, poi, perché la Chiesa e le religioni tutte sono state incapaci di fronteggiare la crisi, creando un nuovo modello spirituale da sostituire al vecchio Dio pagano che per tanti secoli si era espresso attraverso i santi e le figure tipiche della santità.

È chiaro, quindi, che di fronte al problema di un’attualizzazione della vita e della forza tecnologica, questo Dio molto falso si è trovato completamente sguarnito. Al momento, dunque, parlare di Dio nella vostra società è un compito difficile, è un programma da portarsi avanti con estrema cautela e soprattutto con enorme abilità; cosa di cui assolutamente non può essere capace la religione organizzata, la quale punta sui suoi miti, sui suoi dogmi. Miti e dogmi possono risvegliare aree nostalgiche nella mente, ma non più tanto di così. L’uomo almeno una cosa l’ha acquistata: una maggiore scaltrezza ed un rifiuto istintivo del mito, perché il mito è stato avulso, estirpato dall’essere umano e soppiantato dal mezzo tecnologico.

Non vedete che i bambini che nascono ora arrivano a cinque, sei anni e istintivamente non credono più nella religione, in Dio, in tutte le altre cose, senza che nessuno glielo abbia insegnato. Ma questo ci porterebbe ad un altro discorso: dell’influenza, appunto, sulla specie, ecc…. Ma voglio dire che un mutamento c’è stato, indubbiamente, solo che Dio non è veramente scomparso nell’uomo. La questione è che, essendosi smitizzata la sovrastruttura di questo mito si è veramente capito il vuoto. La religione si era basata su di un Dio di cui non aveva dimostrato niente; se lo era semplicemente inventato, ed ecco che smitizzata la sovrastruttura, sotto non c’è rimasto niente.

Quindi, per quanto riguarda Dio c’è un discorso tutto da rifare, focalizzato sull’uomo di oggi, e non è un discorso facile, perché ci troviamo di fronte a degli uomini smembrati, smantellati; degli uomini i quali non credono in niente perché non sanno più in che cosa credere. Credevano nella scienza e si accorgono, con i guai che avete combinato, che anche quello della scienza è un pseudo mito, quindi anche esso sta crollando, perché non è capace di soddisfare più la pace e i bisogni del mondo. Ed ecco che l’uomo resta veramente senza niente.

C’è un lavoro immenso da fare, da compiere; c’è però un riscontro positivo a fronte di tutta questa situazione ed è che i nuovi esseri umani stanno portando un segno più chiaro della propria spiritualità, a livello istintivo, la quale si manifesta sì in una maniera piuttosto scombinata, ma essa esiste. Perché, vedete, tanto più liberate l’uomo dalle sovrastrutture, tanto più viene fuori l’istinto, però viene fuori anche lo Spirito. I fenomeni sono contemporanei.

Badate bene che questo è importante: vengono fuori gli istinti, ma viene fuori anche lo Spirito perché, lo abbiamo sempre detto, l’impedimento maggiore per lo Spirito è la sovrastruttura; se la distruggiamo troviamo gli istinti primari, troviamo l’inconscio, ma troviamo anche lo Spirito.

Ecco quindi che contro gli svantaggi c’è un vantaggio: la riconquista di una sorta di verginità di base sulla quale si può lavorare proficuamente. Questa è una indicazione di lavoro di cui tener conto.

Dio, stavolta l’abbiamo tradotto in termini un po’ più materiali: questo Dio sta nell’uomo, certamente, e questo non è un discorso da pulpito. Qui, veramente, l’abbiamo ridotto a un dato scientifico reperibile: questo Dio che comincia ad apparire nella spiritualità di fondo, che si manifesta forse in una sorta di nuova lealtà, di nuova sincerità, di spregiudicatezza, elementi questi che una volta erano considerati negativi e che possono essere incanalati in forma positiva.

Il fatto è che la sovrastruttura era negativa, la sovrastruttura portava alla falsità: l’educazione formale, il rispetto formale, la bella esteriorità, erano tutta una falsa convenzione. Certo, far emergere l’istinto o una spiritualità istintiva vi fa diventare grezzi, da un certo punto di vista, ma qui vorrei dire una cosa che non deve suonare offesa per nessuno.

Cristo era forse un uomo dai bei modi? Era forse un uomo gentile, pieno di forma, di sussiego, dalla voce dolce, dalla parola accattivante in senso psicologico? Era insomma un uomo diplomatico, che ci sapeva fare? Certo che no. Il ritratto che di Cristo vi restituisce il Vangelo in fondo che cosa vi dice: che egli era un uomo anche violento, sgarbato, un uomo che se incontrava un peccatore lo chiamava peccatore, un uomo il quale respingeva l’astuzia degli altri e nel farlo era brutale. Egli era insomma un uomo del quale era meglio stare lontani se si aveva qualcosa sulla coscienza; quindi un uomo socialmente sgradevole, intendiamoci, eppure era Cristo e nessuno dubita della sua grandezza, perché la grandezza dello Spirito non ha niente a che vedere con la forma della sovrastruttura.

Tanti grandi esseri spirituali in Terra hanno assunto delle forme sgradevoli, perché la verità è sempre brutale, questo è il punto, la verità è sgradevole. Non sono stato forse anche io sgradevole poco fa nel dire che ognuno di voi ha le sue responsabilità, che ognuno di voi è un piccolo sfruttatore, che cerca di fare i suoi comodi sulla Terra?

La verità non fa piacere alle sovrastrutture delle mente perché esse sono false, sono educate per la finzione e non per la lealtà e la sincerità. Allora non possiamo anche dire che, in questa situazione così disagevole nel mondo, sembra che Dio stia rientrando da un’altra parte e stia lentamente riprendendo il possesso delle sue anime, ovvero che le anime si stiano riconquistando una sorta di libertà interiore e che questa libertà è l’inizio di un nuovo tipo di spiritualità nel mondo, quindi di un nuovo aspetto della legge di Dio.

Questa è le mia opinione ed è la risposta alla domanda. Questa è presenza di Dio, non in una maniera retorica, ma ragionata, vera, autentica, riscontrabile, controllabile. Ma per poter affermare questi principi il vostro compito ora è di dimostrare falsi i miti, false le sovrastrutture mentali che vi hanno guidato sino ad oggi. Solo facendo così voi affermate l’altra faccia della medaglia, quel la sgradevolezza iniziale, che è però un segno di presenza dello Spirito.

Lo Spirito quando si afferma scarta la materia, la travolge, la calpesta, la tratta male. Io non ho mai visto un grande Spirito venire in Terra e trattare bene la materia. Lo Spirito, quando veramente si afferma, lacera la materia, contrasta con le sue forme, perché egli è insofferente alla materia, e se è insofferente ne addita gli aspetti più violenti: può anche sbagliare in questo, ma lo Spirito è sempre sgradevole a livello umano.

Ecco perché, come sappiamo bene, lo Spirito crea certi accomodamenti, perché trova già una mente predisposta all’accomodamento, ma quando non lo trova – perché altri valori hanno distrutto la psiche o la stanno inquinando – ecco che lo Spirito appare così sgradevole e spiacevole…

D. : Se il Cristo avesse avuto anche pazienza non avrebbe fatto una cosa ancora più grande?

A. : Quale cosa più grande?

D.: Dire la verità, però cercare di dirla in maniera da far capire che faceva del bene...

D. : Cioè in maniera più diplomatica ?

A. : Sarebbe cambiato qualche cosa? No. Dico, sarebbe cambiato qualcosa nel suo insegnamento ?

D.: No, è chiaro.

A.: Sarebbe diventato forse più grande rispetto alla grandezza che ha? No, allora perché avrebbe dovuto fare, come dire, il “comodista” e fare il….

D.: La stessa cosa la si può dire in infinite forme, e si può anche cercare di vedere le sovrastrutture degli altri con com-passione…

A. : Dunque esse ci sono, vedi…

D. Ci vorrebbe la forza del Cristo, ma anche la pazienza di Francesco...

A. : Francesco d’Assisi non era uno “stinco di santo”, per dirla con una battuta.

Comunque, vedi, ciascuno si afferma con la personalità che ha, ma chi sente di avere una missione e una vocazione precisa non può fare troppe sottili distinzioni. Il tempo che il Cristo aveva a disposizione era breve, intendiamoci, troppo breve, poi per il rispetto di chi ? Vedi, qua siamo sempre allo stesso punto, che cose avrebbe dovuto rispettare: la forma e la materia ?

D.: Se avesse avuto anche una parola buona…

A. : Ma le parole buone le ha avute, come sarebbe questo?… Vedi, Cristo aveva una virtù, cioè era capace di prendere a calci i potenti, ma non se la prendeva con la povera gente. È ciò che non siete capaci di fare voi uomini, perché voi blandite i potenti e prendete a calci la povera gente, cioè esattamente il contrario. Il sermone della montagna è un po’ la dimostrazione di ciò.

(dalla CDA 5 del 2003 )

 

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