IL GIUDIZIO REALE

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D. – Hai  parlato una volta di « merito », hai detto per esempio: che cosa avete fatto per meritarlo?

Ma chi dovrebbe giudicare se uno sia degno o meno di un certo fatto?

A.«Vedi, non è questione di esserne degno, qui nessuno è degno o indegno. È lo spirito stesso che giudica se stesso. Lo spirito si autogiudica; ma, guardate, questa è una cosa possibile anche a voi. Solo che voi siete talmente pieni di difetti, siete talmente persuasi di essere nel giusto e gli altri nel torto, di vedere voi la verità e non gli altri, di avere voi ragione e gli altri torto; siete così persuasi di tutto ciò che non riuscite mai a trarre un giusto giudizio sulle vostre azioni.

    Intanto, per voi è giusto ciò che vi apporta un bene o un vantaggio, e se non ve lo apporta, ma lo apporta ad un altro, dite che è ingiusto. Cioè, voi valutate in base ad un numero, alla vostra persona, e non considerate che il bene resta bene anche se invece di toccare a voi tocca ad un altro. È questo il punto: che voi lo vorreste soltanto per voi per poterlo giudicare bene. E qui c’è un errore, indubbiamente. C’è un errore gravissimo dal punto di vista della conoscenza universale: il bene resta bene a chiunque vada, il saper riconoscere, accettare e amare il bene che tocca agli altri è una virtù piuttosto sconosciuta in Terra.

    Voi difficilmente gioite quando gli altri sono felici e voi soffrite. Cioè, voi non riuscite a trarre gioia dalla gioia degli altri, e dite: perché a quella persona sì e a me no?

    Ecco il vostro giudizio. Una valutazione egoistica che sul piano umano io posso capire, naturalmente, perché ogni essere umano cerca la propria felicità; è un po’ un egoismo giustificato, però non è logico, non è giusto, sul piano universale le cose non stanno così. Ecco dunque che già lo spirito ha dei sentimenti diversi. Lo spirito gioisce della gioia: la gioia degli altri fa gioire sé stessi.

    Ma da che cosa vi deriva tutto questo, questa pena, questo egoismo sostanziale?

    Perché non siete affatto fratelli come affermate di essere. Perché, vedete, quando si tratta di un vostro figlio, di una persona che amate molto, se questa persona è felice anche se non siete voi, riuscite ad essere felici; una mamma gode nel vedere il figlio che è felice anche se lei soffre per altre ragioni, la felicità del figlio si trasferisce su di lei. Perché tra madre e figlio c’è fraternità oltre che maternità, cioè c’è unione, ma con gli estranei no, gli estranei veramente non li sentite vostri fratelli e questa è una cosa grave dal punto di vista universale, perché voi venite in Terra proprio per questo, per approfondire la materia e contemporaneamente i rapporti fra essere ed essere. Cioè, qui ci troviamo veramente di fronte alle esperienze fondamentali della vita. O credete di venire in Terra per fare il bello e il cattivo tempo, e perdere tempo con le vostre quisquilie?

    Certo che no. Voi non venite in Terra per questo, eppure tutta la vostra vita sembra essere piena soltanto di questo, cioè voi siete dei formalisti, voi cercate la felicità momentanea, un matrimonio fatto bene, i figli sposati bene, certe soddisfazioni di ordine sociale, certe ricchezze, certi beni: questo per voi è la felicità, e non è vero, voi non siete venuti in Terra per essere felici! Questa è la questione più importante che nessuno di voi riesce a capire; voi non siete venuti in Terra per essere felici, e neppure per essere infelici, non è questo comunque il fine della vita. Voi venite in Terra per apprendere qualcosa, qualcosa di veramente valido, di profondo e, prima di tutto, la misura di voi stessi in rapporto agli altri, il riconoscimento di voi anche nella materia come esseri spirituali. È, cioè, affermare la forza dello spirito nella materia, ma non in una maniera formale. Vedrete che Dio non vi chiederà conto di tutti gli errori, o dei vostri vizi o delle vostre banalità umane, Dio non terrà conto di questo, Dio bada alla sostanza della vostra vita, a ciò che veramente avete fatto, ma non perché dovevate farlo ma perché facendo una certa attività, perché facendo certe cose, voi da queste cose traete esperienza, conoscenza. Ecco dunque l’importanza di non considerare la vostra vita come quella di un essere al centro, con un universo che gli ruota intorno. No! Voi ruotate insieme agli altri, e con gli altri dovete stabilire un rapporto di equilibrio che non sia formale ma sostanziale ».

D. – Hai detto che Dio non terrà conto di ciò, ma c’è forse un momento in cui Dio tiene conto dell’azione dell’uomo?

A. – « Intendi, quando parlo di Dio parlo sempre della sua legge che si manifesta attraverso l’autogiudizio. Cioè, in pratica, Dio ha stabilito come legge che lo spirito si giudichi da sé, quindi esso si giudica da sé, ma, in fondo, si giudica in base alla volontà di Dio che gli ha consentito questo ».

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