Per quanto riguarda il karma c’è da dire che l’effetto di esperienze precedenti può incidere in misura notevole. Tuttavia sulla Terra non si viene soltanto per espiare colpe commesse in altre vite, ma soprattutto per sviluppare nuove esperienze. Questo è uno degli elementi più significativi ed innovativi dell’insegnamento dell’Entità Andrea. Il termine stesso di karma non mi piace molto — dice Andrea — probabilmente ciò deriva dall’uso logorante della parola presso le filosofie orientali, dove per karma si intende proprio un “debito”» (CDA 2/1986 pag. 53). In questo cosiddetto karma, che sarebbe più corretto definire come quel coacervo di pulsioni spirituali da realizzare in Terra, l’Entità Andrea. afferma che «dobbiamo includervi anche il programma dello Spirito che, non necessariamente, dipende da una situazione debitoria, ma che invece è proiettato in massima parte verso l’acquisizione del futuro, del nuovo, delle esperienze da fare, che diventano «debitorie» solo rispetto all’impegno assunto dallo Spirito. Allora, direi che dobbiamo intendere per karma il complesso degli impegni presi dallo Spirito, nel quale indubbiamente entra anche il bisogno di sanare situazioni conflittuali spirituali di vite passate (o di situazioni passate anche nel campo spirituale) che comportano atti di verifica, di controllo, di raddrizzamento. In questi atti è compreso anche il riesame della situazione debitoria, con la riverifica di situazioni trascorse che non furono risolte secondo i principi generali dell’universo e dello Spirito. Perciò il significato eminentemente restrittivo della parola karma va, a mio avviso, ridisegnato, allargato e visto all’interno di quell’ampio movimento strutturato dallo Spirito che rappresenta il programma in rapporto al principio di evoluzione. Visto così, tutto ciò che è programmato e prefissato dallo Spirito diventa una situazione che non è dunque soltanto di tipo passivo, nel senso negativo del dover subire il karma» (CDA 2/1986 pagg. 53-54). Comunque, è lo Spirito «che è in grado di giudicare se stesso e che emana la «sentenza» (cioè il suo programma) per risanare una situazione di deficit spirituale. E in questa visione più ampia, più elastica ed allargata che il Karma assume la sua reale funzione, perché promuove e stimola l’intera struttura dello Spirito» (CDA 2/1986 pag. 54). Da questa illuminante impostazione del problema deriva che, «anche le esperienze del karma si possono ridurre o abolire, il fatto è che non lo sapete e quindi non lo fate mai» (RDX pag. 347). Può accadere che l’uomo neutralizzi subito il karma e, se ciò accade, in quel momento il karma cessa la sua influenza.
Perciò, dice Andrea «voi fate sempre conto di aver finito il vostro karma, affrontate la vita come nuova e vi troverete anche meglio perché, nell’affrontare certe esperienze nuove, coinvolgerete il vostro Spirito in una serie di nuovi interessi dai quali può essere escluso un eventuale effetto karmico stabilito, perché lo Spirito, unitamente allo Spirito-guida può valutare il nuovo interesse spirituale che viene a configurarsi» (RDX pag. 347). In tal modo si attua un comportamento intelligente che consiste «in un dirottare, in un forzare volontariamente l’esperienza, imporsi un nuovo cammino, scegliersi una nuova strada, reagire in una maniera diversa e nuova a certi eventi della vita. Ricordatevi, lo Spirito vostro come il mio, come quello di tutti, è un Essere libero e non c’è nessuno che ci obbliga a fare qualcosa, nemmeno a soffrire!» (RDX pag. 348) Quindi gli errori li pagheremo sempre, ma la maniera dipende da noi e siamo noi che con il nostro atteggiamento possiamo estinguere il karma, assolvendolo per altra via. Possiamo per esempio, scegliere di venire in Terra e subire lo stesso male che abbiamo fatto oppure fare il bene e con quel bene assolvere ugualmente e meglio a quanto ci è richiesto di sperimentare e di conoscere attraverso il karma. «Ecco un dirottamento di esperienza» dice Andrea, che richiama il fatto che questa possibilità rappresenta «una delle tante valvole libere che ci lascia l’infinita bontà di Dio per evitarci un dolore» (RDX pagg. 347-348), Bisogna anche aggiungere che vi sono azioni e manifestazioni del corpo che non sono volute e promosse dallo Spirito e che sfuggono completamente al suo controllo; e in questi casi, quando cioè lo Spirito non può veramente far nulla, non ne è responsabile. Infatti egli svolge un giudizio sulle azioni che veramente hanno potuto determinare certe esperienze, certi significati e dì queste egli risponde. Egli non risponde delle banalità della sua vita, della sua giornata terrena, dagli atti non significativi. Risponde soltanto delle azioni veramente impegnate. Se lo Spirito scelse per grosse linee un suo programma, come quello di capire l’importanza del dolore, scegliendosi semmai una vita di sofferenze ovvero di comprendere il significato della solidarietà umana ed il significato della carità, e se riesce ad impadronirsi spiritualmente di questi concetti, allora nel momento in cui ha veramente assimilato queste esperienze, in Terra non ci resta più.