L’EDUCAZIONE DEL BAMBINO (FREUD E JUNG).

L’EDUCAZIONE DEL BAMBINO (FREUD E JUNG).

(La comunicazione nel testo originale appare autonoma, non compare cioè una domanda specifica al riguardo del tema trattato. – Nota del curatore.)

A. – Il bambino, indubbiamente deve vivere con i genitori fino a una certa età, poi, lentamente bisogna allentare questo rapporto e farne subentrare un altro, in maniera che i due rapporti si incrocino. Il secondo è quello di tipo sociale che è dato dalla scuola. Quando noi diciamo che il bambino deve sentire il calore di una famiglia e quindi dell’educatore, cioè a dire dei genitori, non intendiamo una vicinanza strettamente fisica tra bambino e genitore. Importante non è che il bambino viva sempre con i genitori, ma che, vivendo così soltanto alcune ore, egli continuerà ad avere quel rapporto con i genitori anche restando fuori dell’ambiente familiare. Cioè a dire, la famiglia deve essere tale per cui il bambino se ne senta sempre protetto anche quando non è materialmente in casa. Questo è il punto.

La famiglia-tipo non obbligherà il bambino a una convivenza forzata, ma farà in modo che il bambino lo senta anche se si trova a scuola, per esempio. Bisogna che egli desideri questa famiglia e che senta che quando ritornerà, troverà l’amore, la pace, la concordia, la protezione di cui ha bisogno.

In quanto a isolare i bambini di una certa età in una scuola, io non avrei nessuna difficoltà, naturalmente a condizione che il bambino non sia sottoposto anzitempo a degli sforzi. Ma qui il discorso mi pare sia piuttosto banale, perché è chiaro che tutto deve procedere per gradi. L’importanza della famiglia è enorme; quasi tutte le turbe psichiche dell’adulto nascono nella famiglia, cioè nascono da una famiglia che non ha saputo dare ordine alla mente del bambino. quindi la sua importanza è enorme dal punto di vista pedagogico e psicologico.

Il bambino deve stare con i genitori, indubbiamente, ma se ne deve anche allontanare, e abbastanza presto, per evitare che nascano certi legami piuttosto morbosi, per cui il bambino non sappia poi inserirsi agevolmente nella società perché porta con sé queste figure materne e paterne che purtroppo, poi, data la situazione del mondo, finiscono con l’essere più deleterie che positive. È non è nemmeno la quantità delle ore passate in casa che conta, quanto la qualità.

A ogni modo, metà della giornata passata a scuola e metà passata in famiglia sono perfettamente tollerabili dal punto di vista psichico. Come in molte cose tutto dipende dal tipo di famiglia che si ha. Un bambino che, per esempio, vive solo, bisogna che vada anzitempo a scuola, bisogna cioè che egli viva subito in mezzo ad altri bambini. Un bambino che abbia molti fratelli non ha questa esigenza. La famiglia non serve al bambino, direi che avviene quasi il contrario: è il bambino che serve alla famiglia. Ma, intendiamoci, questo non vuol dire che la famiglia non serva a niente, voglio dire che dal punto di vista psicologico essa ha una funzione importante, ma una funzione altrettanto importante ha la presenza di coetanei. Il bambino riceve dai coetanei quasi la stessa spinta per la sua maturità di quella che riceve vivendo in casa. È chiaro che avendo un tipo di padre o di madre nevrotici bisogna che egli si allontani al più presto dalla famiglia. Non c’è una regola, indubbiamente, quindi ogni caso va osservato secondo tante circostanze. Il gioco, poi è essenziale sempre, anche per l’adulto e fino alla morte, e si capisce che varierà a seconda degli interessi e dell’età. Vorrei però aggiungere che tutto ciò che stiamo dicendo è importante per un sano sviluppo dell’essere umano, naturalmente, ma finisce col servire poco per quanto riguarda il successo nella vita. Ciò serve soltanto per una buona salute mentale e anche spirituale. Per quanto riguarda il successo e il maggiore o minore sviluppo dell’intelligenza, io non credo che tutte queste cose possano servire. Nel passato, infatti, l’attività educativa era tipicamente vessatoria, cioè, repressiva e naturalmente il mondo è stato pervaso da nevrosi, ma ha ugualmente dato i suoi martiri, i suoi scienziati e i suoi geni. Quindi, quello che può essere il successo individuale nella vita risente indubbiamente di una certa influenza del carattere, ma l’intelligenza o altre manifestazioni non riescono ad avere una sostanziale svolta in funzione di tutte queste attività. Naturalmente bisogna anche dire che un uomo mentalmente sano è anche più felice. Indubbiamente un miglioramento dell’educazione serve anche a dare una maggiore felicità all’uomo.

D. – Quale tipo di educazione stimola di più l’intelligenza?

A. – Sembra un paradosso, ma è quella repressiva. Perché fa scattare delle difese, acuisce l’intelligenza, soprattutto alimenta la ribellione, porta alla nascita di un bagaglio di idee rivoluzionarie, di tentativi d’evasione; tutto questo aumenta il potere individuale. È strano, ma è così. Anzi non è strano, se vogliamo. Un uomo il quale si sviluppa con troppi comodi, con troppi agi, con troppe blandizie, è un uomo che non ha molta possibilità e molta capacità di affermare la propria personalità. Può apparire discutibile, questo, lo capisco, però se riflettete vedrete che è così, in fondo.

D. – Alla luce delle tue considerazioni, tra la teoria di Freud e quella di Jung, qual è quella che più si avvicina alla verità?

A. – Ecco, io non direi che ciascuno di costoro che hai indicato abbia completamente ragione. Indubbiamente, ci sono in essi delle grandi verità. Peraltro, alcune di queste verità furono già intuite da tempi remotissimi, anche se soltanto con l’avvento della psicoanalisi si sono gettate alcune basi abbastanza probanti. Io ritengo anzitutto che l’individuo, per potersi sviluppare in maniera sana, deve eliminare l’ipocrisia e vivere secondo un modello che purtroppo non coincide con quello della società attuale. La “nevrosi sociale” sta proprio in questo. L’individuo ha, sì, questi istinti, ma essi non riescono mai a manifestarsi, sono inespressi perché un’educazione formale e repressiva li blocca addirittura nei primi anni di vita. L’educazione che voi ricevete è di “non fare” più che “di fare”: tanto meno fate, tanto più educatori e genitori sono contenti. Il “non fare” è il non usare la libertà individuale di muoversi secondo certi istinti e certe idee personali.

D’altra parte è anche vero che esiste una società costituita per cui esistono certe leggi che, in pratica, garantiscono non la libertà di tutti ma, direi, la repressione di tutti. Perché è vero, a norma dl diritto la libertà è un esercizio che ciascuno può svolgere in maniera da non vietare altri di usare la stessa libertà. Questo è scritto nel diritto, nella sua definizione. Naturalmente, questo significa in altri termini che nessuno è libero. Influenze varie, influenze religiose hanno creato per voi una società tipicamente ipocrita, quella società che trovò anche il Cristo, e che egli cercò di fustigare come poteva, perché non poteva andare oltre certi compiti e certi limiti. Io credo, dunque, che non sia nessuno in particolare ad avere ragione, ma che ciascuno ha dato il suo contributo. Tutta la parte che riguarda la teoria delle nevrosi di Freud è indubbiamente esatta, ma fino a un certo punto. Ciò che dice Jung, con l’immissione di una problematica addirittura spirituale nel contesto della personalità psicologica, è certamente interessante, anche se egli non parla di Spirito, ma di una specie di summa dei pensieri umani, per cui in ciascun essere umano non vi sarebbe altro che una parte di pensieri di tutta l’umanità, comunque introducendo un principio metafisico in quella che era la psicologia di Freud, tipicamente scientista (È un riferimento all”inconscio collettivo” di Jung. – Nota GdS.).

D. Una specie di pozzo cosmico…

A. – Non c’è bisogno di pensare a nessun pozzo cosmico, perché, in realtà, la storia vi influenza da quando ve la insegnano a scuola. Cioè, voi non la trovate tutta già precostituita nel vostro inconscio, in realtà l’apprendete. Voi, però, ne riportate inconsciamente anche una parte. Ogni essere umano, è l’espressione di tutta la storia passata, accoglie in sé tutta la storia dell’umanità. Questo è senz’altro vero, però i segni, direi, sono molto deboli in questa manifestazione e per rendersene conto non bisogna andare nelle grandi città, ma nei paesi, nei villaggi, nelle campagne dove l’essere umano, talvolta abbandonato a se stesso, somiglia molto all’essere primordiale, all’essere che viveva all’età della pietra. Quindi non è soltanto una questione di riporto storico che potrebbe avvenire per via ereditaria secondo la legge genetica (Facciamo presente al lettore che in altre comunicazioni – non presenti in questi testi – il Maestro Andrea afferma che la via genetica non è solo strettamente biologica ma è invece primariamente influenzata da tutta una somma di altri elementi, non ricadenti sotto la visione scientifica, o comunque non ancora accettati e riconosciuti dalla scienza. – Nota del curatore.), ma vi è un’influenza sull’essere umano di natura ambientale, di natura educativa, familiare, sociale, politica, economica ecc. Tutte queste cose rendono l’uomo quello che è. Anche colui che non legge di storia, vive in un ambiente storico, e si muove in un certo modo. L’umanità è afflitta da nevrosi, l’essere umano, è un essere tipicamente nevrotico, tipicamente alienato, sì, certamente, e non c’è poi bisogno di Freud per capire ciò, però egli ha il grande merito di averlo precisato. Ma l’origine o la causa, così com’è spiegata da Freud, è sbagliata. Perché Freud tenta di risolvere la questione della nevrosi mediante uno spostamento. Un individuo nevrotico è un individuo indubbiamente complessato, vi sono certe idee a livello inconscio che si agitano e bloccano certi istinti; Freud dice che bisogna deviare certi istinti, per esempio sublimandoli (questo lo riprenderà anche Jung) o trasferendoli; per esempio trasferendo l’interesse su altre cose (questo si fa per via inconscia). Bene, non si può essere d’accordo su questo genere d’interpretazione, inquantoché lo spostamento d’un nucleo nevrotico da una zona all’altra degli interessi nell’ambito della personalità, non risolve affatto la nevrosi nel senso caratteriale, cioè dell’individuo come portato storico, così com’è. Perché i vari ceppi delle nevrosi corrispondono a vari istinti che sono bloccati. Blocco degli istinti che avviene in parte per un riporto d’ordine genetico e in parte per un tipo di società e di educazione che impone un certo modo di convivenza (Questo è in linea con le più recenti “aperture” delle scuole psicologiche, che trattano il rapporto tra individuo e società in termini “umanistici” – Cfr, la psicologia esistenziale. – Nota GdS.).

Questo non significa, naturalmente, che abbiate ragione voi che vivete oggi e che non avessimo ragione noi che siamo vissuti prima, oppure che abbiano torto i vostri padri e abbiate ragione voi. Probabilmente voi vi creerete degli altri tipi di nevrosi, in futuro. Cioè, l’essere umano fin quando soggiace a una società, deve naturalmente (e magari si potrà anche dire “purtroppo”) soggiacere a certe leggi; sono leggi di convivenza, e non si possono eliminare tutte. Io sono d’accordo nell’eliminare certe regole, sono d’accordo nel dire che all’individuo dev’essere restituita una libertà abbastanza vasta per potersi muovere sulla Terra come gli pare, tuttavia bisogna anche convenire che vi sono anche altri esseri umani e che, indubbiamente, con la nostra libertà non si può fare del male agli altri usandola impropriamente, ma bisogna che questa libertà sia usata sempre in modo che non arrechi loro danno.

Ma come può, dunque, capovolgersi questo concetto? Giacché per poter rispettare la libertà degli altri la perdete praticamente tutti. Come si può fare? 

Vedete, si fa perdere la libertà agli altri quando essi la pensano diversamente su determinate cose, ma se tutti quanti spostano i termini del lecito o dell’illecito, cioè a dire se in una società si inglobano nuovi valori e nuove libertà, e tutti i viventi ammettono questi mutamenti, la libertà resta salva per tutti, Il fatto è che sulla Terra esiste sempre il conflitto tra vecchio e nuovo mondo. Cioè, tra una tradizione storica e una tradizione umanistica, una tradizione religiosa e una ventata rivoluzionaria che cerca di capovolgere quella tradizione. In realtà, le modifiche sociali o le modifiche spirituali e morali avvengono. L’uomo di oggi, per quanto sia cristallizzato in una tradizione storica, per quanto immoto, in realtà non è lo stesso uomo del ‘600.

Tuttavia, nella storia e nel tempo si opera un’evoluzione lenta, molto lenta. Io credo però che non si possano modificare certi principi se non dando uno scrollone, in certe situazioni. Questo io l’ho sempre creduto, per la verità, che poi tutto ciò debba avvenire in perfetta concordia e in pace è una cosa che si può desiderare, anche se si sa che non sarà possibile.

Alla mia epoca, e cioè in un momento in cui iniziava per l’umanità l’era scientifica, e cioè entrava nella cultura il metodo sperimentale (Cioè nel XVII secolo. – Nota del Curatore), esso fu allora la più grossa rivoluzione. Era una rivoluzione che investiva veramente quello in cui l’umanità aveva sempre creduto, perché portava a verificare in maniera scientifica tutta una serie di presunte verità su cui l’umanità si era adagiata per secoli. Poneva soprattutto in gravissima crisi il mondo religioso, il mondo del Vecchio Testamento. (Il Maestro Andrea si riferisce chiaramente all’opera di Galileo Galilei, e in particolare alla disputa galileiana sulla conferma del sistema eliocentrico copernicano che lo portò davanti al tribunale dell’Inquisizione, poiché in contrapposizione al sistema tolemaico, propugnato dalla Chiesa cattolica su basi appunto vetero testamentarie. – Nota del curatore.). Quindi fu una rivoluzione autentica, molto più grossa di quella che si è apportata alla vostra civiltà con l’avvento dell’era atomica. Perché l’era atomica è avvenuta dopo la scoperta dell’energia elettrica, dopo la pila; cioè lo spostamento di ordine psicologico non è tanto grave o pesante. L’uomo è passato sì dalla lampada a petrolio alla lampada elettrica; è stato tutto quasi come un gioco che si è accolto come una novità, come una cosa simpatica, ma non vi è stata una grande scossa. E qui il discorso sarebbe molto lungo…

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