LO SPIRITO E LA CONOSCENZA DELLA VERITÀ COME RISVEGLIO DELLA « LEGGE » DENTRO DI SE

spirito

D. – Vorremmo continuare la discussione sulle modalità con le quali voi conoscete la verità, sul modo con cui ve ne rendete conto, in altri termini come venite a contatto con la verità e che garanzie avete che veramente si tratti della verità.

A. – Innanzitutto anche a voi capita qualcosa del genere. Cioè voi, la vostra conoscenza, per esempio quella storica, la basate su testi che furono scritti in varie epoche e che per tale ragione sono testimonianza di per sé di quelle epoche. In altri  termini voi ponete un rapporto di fiducia nei confronti della storia e non avete alcuna ragione di dubitare. E infatti la storia come cronistoria non sbaglia, tranne casi sporadici; quella che può essere errata è l’interpretazione storica. Cioè i fatti sono testimoniati in modo particolare se ad essi si accompagnano testimonianze esterne alla cronistoria, come monumenti, papiri, carteggi ecc. In tal modo voi avete la sicurezza di certi fatti, pur non avendo vissuto in quelle epoche. Ora, da noi il procedimento, per analogia, è quasi lo stesso. Se voi avete i monumenti o avete delle scritture su papiri, su pietre o su lastre, noi abbiamo esseri umani che furono e che oggi sono spiriti, i quali con la loro stessa presenza testimoniano, avallano certe cose.

    Anzitutto la realtà fondamentale dell’universo è la vita ed io dissi una volta che ciò è la sicurezza, è la certezza dell’esistenza della vita, è la sicurezza che io sono veramente io e non — supponiamo — un frammento di anima, solo un frammento che sopravvive. Questa è infatti una delle ipotesi: per esempio, che sopravviva così qualcosa di mentale, un brandello vero e proprio che poi si estinguerà del tutto. Questi dubbi vengono ad alcuni spiriti che lasciano il corpo. Lo Spirito, specialmente se la sua evoluzione e la sua conoscenza sono mediocri, non ha subito la certezza della propria eternità. Lo Spirito può coltivare l’idea di essere appunto un frammento sopravvissuto e non un’intera personalità, una individualità autentica. Poi, superate tante altre condizioni, perché si arriva alla certezza?

    Perché altri esseri come noi vivono secondo un principio che è eterno. Perché l’analisi che noi possiamo fare della struttura spirituale ci dà la sicurezza che è una struttura non finita, e da varie considerazioni si arriva dunque alla certezza della esistenza della vita come fenomeno autonomo e non legato a leggi finite.

    Va da sé che esseri così strutturati, e che ci sono, per così dire, metaforicamente di fronte con un bagaglio di esperienze, vanno osservati, vanno studiati, vanno ascoltati. Questo studio di esseri similari ci porta tutta una serie di considerazioni. La verità di certe realtà, la possibilità di formulare certe leggi in base ad alcune realtà e la sicurezza che ne deriva, provengono dallo studio della realtà stessa e dalla maniera come questa realtà opera e si muove. Se noi osserviamo il fenomeno dell’incarnazione di uno spirito, apparentemente ci troviamo di fronte ad un fatto che sembra semplicemente «tecnico»: lo spirito abbandona la zona, universale direi, si struttura in un certo modo, si unisce all’anima, si avvicina ad un corpo vivente e vive con questo corpo un certo numero di anni. Tutto ciò risponde ad un fatto puramente tecnico che in uno spirito sprovveduto non solleverebbe alcun quesito perché il fatto è relativamente semplice pur nella sua complessità tecnica, meccanica. Ma ecco che uno spirito evoluto, o più evoluto, di fronte a questo fenomeno si chiede una quantità di cose: perché s’incarna?

    E deve allora verificare, in quanto da ciò scaturisce per lui la considerazione inevitabile che l’incarnazione non può essere retta dal caso, ma che deve sussistere una legge che la regola. Prima di comprendere pienamente la legge (perché, vedete, la legge non è qualcosa che sia scritto su una nuvola o in qualche altro spirito) lo spirito se la costituisce, se la formula dentro di sé in base ad una serie di deduzioni, di considerazioni e di azioni intelligenti. Dunque lo spirito andrà a controllare la struttura di quello spirito che sta per incarnarsi, l’esaminerà comparativamente con altri spiriti, studierà il tipo di evoluzione e di esperienza di quello spirito, le ragioni che lo portano ad incarnarsi, le probabilità che ritorni diverso e arricchito, e perché arricchito. Comparativamente egli osserverà altri spiriti: può osservarne dieci, venti, cinquantamila, milioni, può portare la sua indagine su miliardi di spiriti, il che gli è relativamente facile considerando i quasi quattro miliardi di abitanti della Terra [il numero è riferito al tempo della seduta Ndc.]. Dunque il controllo è molto facile e da questo egli desume una cosa fondamentale, cioè che di tutti i miliardi di spiriti che si incarnano in Terra non uno ne torna sminuito, ma che tutti, sia pure in misura minima, ne tornano arricchiti. Cioè, essi tornano «maggiori» di quanto non fossero prima d’incarnarsi e, in ogni caso, qualunque tipo di vita essi abbiano svolto, questa vita, «quel» tipo di vita diventa un’esperienza. Perché?

    Perché è qualcosa che resta. E perché e come resta?

    Egli va dunque a controllare altri miliardi di spiriti che sono venuti in Terra e osserverà che certe esperienze acquisite da anni, centinaia o migliaia di anni prima sono rimaste dentro lo spirito. Egli ha dunque il diritto — se porta questa analisi in uno spazio di tempo terrestre paragonabile ad un migliaio di anni — di desumere che esiste una esperienza che serve a tutti gli spiriti e che essa – a qualunque livello – arricchisce lo spirito, e poiché questo fenomeno si ripete costante, e poiché il valore di questa esperienza risulta al controllo direttamente proporzionata all’energia impiegata, alla qualità di energia impiegata e alle varie modalità legate allo sfruttamento dell’esperienza stessa, egli ne consegue che l’esperienza è dunque l’elemento fondamentale di un processo che si chiama «evoluzione». Ora a me pare (e potrei continuare per ore in questo tipo di analisi conseguenziale) che esistano tutti gli elementi perché lo spirito possa raggiungere delle certezze e desumere delle leggi. Tanto più che, considerando ancora gli sviluppi di questo discorso, egli si troverà di fronte ad un fatto abbastanza evidente e cioè che qualunque siano le conseguenze della vita umana — e dunque dell’esperienza in sé — lo spirito si arricchisce, e poiché nessuno spirito regredisce mai ed egli osserverà che le colpe o i complessi di colpa scaturiti da azioni illegali, rispetto ad un concetto universale non sono eterni, posta in quel momento come a priori la esistenza di Dio, egli ne conseguirà che questo Dio deve essere infinitamente buono e che Egli ha comunque stabilita una legge. Poiché egli vedrà anche che senza questa meccanica dell’esperienza lo spirito non progredisce di un passo, e che dunque l’esperienza e la conoscenza che ne deriva sono fondamentali per l’evoluzione, egli acquisterà un concetto dinamico dell’esperienza, dell’evoluzione e della stessa vita spirituale. Egli comincerà quindi a essere certo di una parte del funzionamento della vita universale. E la legge che ne conseguirà apparirà già bella e pronta: cioè che esiste un’esperienza ed un’incarnazione, che le esperienze sono elementi fondamentali, che devono essere fatte in un certo modo ecc. Tutto ciò chi lo ha voluto?

    Se così è, tutto ciò è stato voluto da Dio, e queste sono già praticamente le leggi che regolano l’universo (o alcune delle leggi). Ora, a parte questo controllo direi così minuto, nello spirito esiste un’altra possibilità che nasce dalla sua esperienza, praticamente la possibilità percettiva di poter valutare la bontà o meno della tesi che provvisoriamente egli stesso sta sostenendo. Cioè egli ha la possibilità di una verifica «istintiva», intuitiva, e questa sarà anche una delle vie dello spirito, una delle possibilità di ulteriore controllo. Perché tutto questo?

    Come nasce dallo spirito questa intuizione?

    Che la verità è tale?

   A parte questa analisi che permette allo spirito di arrivare ad una conclusione che potrebbe essere appunto quella logica, una logica nasce anche da un’altra serie di controlli, su di un piano più teorico e non tipicamente pratico come quello che ho elencato, con una serie di deduzioni logiche in conseguenza delle quali si arriva ad un esito che è anch’esso estremamente lucido e logico. Dunque, a parte queste altre considerazioni, lo spirito, dicevo, ha una possibilità di controllo «istintivo»; di ciò però egli non ha sicurezza, aggiungerò subito. Però è così, è vero. Perché lo spirito come struttura è fatto di sostanza divina, cioè egli ha questo strano potere di rigettare, di rifiutare «istintivamente» (con un senso di fastidio, per intenderci, anche se non è proprio così), comunque di apprezzare la verità o meno di un determinato principio, perché questo principio bisogna che faccia eco dentro di lui. Cioè, bisogna che la conoscenza che egli acquista vada ad incasellarsi in lui e che metta in luce una qualità dello spirito che corrisponda all’esperienza assimilata. Mi spiego con altre parole più semplici, e qui veniamo al discorso dell’altra volta sulla semplicità o meno di certe enunciazioni. Lo spirito è di sostanza divina e abbiamo detto altre volte che, tuttavia, questa sostanza divina è, come dire, reale da un punto di vista di struttura, ma potenziale da un punto di vista qualitativo. Cioè le qualità di Dio non esistono nello spirito se non potenzialmente, questo significa che la conoscenza non viene dall’esterno, ma che viene per stimolo esterno e si risveglia «dentro».

    La verità non è un elemento quantitativo dell’universo, ma è semplicemente una realtà anonima, se vogliamo, che diventa «qualità» soltanto a contatto con una forza intelligente che la qualifica. Dunque è necessaria la presenza di una forza intelligente, in questo caso lo spirito, il quale interpreta l’universo, gli dà un nome, praticamente chiarisce la legge e la definisce, non perché la legge sia definibile, ma semplicemente perché lo spirito vivendo in questo universo ha l’esigenza di classificarlo. Ma poiché la legge non è qualcosa che entra nello spirito (perché non è un elemento quantitativo che penetri praticamente, che abbia una sua forma, una sua geometria) non essendo altro che un processo di deduzione dello spirito, essa legge come conoscenza esiste già nello spirito, ma perché appaia, perché diventi un fatto pensabile, è necessario che le altre attività dello spirito si esercitino in questo universo affinché, attraverso il rapporto tra struttura dello spirito e realtà universale, si stabilisca un’unione, una compenetrazione che permetta la qualificazione o la «reminiscenza» — cioè a dire il risveglio, in termini molto banali — delle qualità potenziali che sono nello spirito. E quali sono queste forze dello spirito che agiscono?

    Sono le forze che Dio ha dato allo spirito affinché le esperienze vengano assunte in maniera responsabile: l’intelligenza, la volontà e tutte le altre doti che scaturiscono da questi due elementi; cioè dalla finalità stessa dello spirito, dalla sua tendenza dinamica alla evoluzione, che scaturiscono dalla qualità stessa della sua struttura. Di uno spirito che, essendo potenzialmente infinito, tende all’infinito, perché è la sua struttura che tende all’infinito per un processo «automatico». Direi quasi che, in questo, Dio non ha posto alcuna legge possibile, cioè il fatto che lo spirito sia eterno non dipende neppure dalla volontà di Dio, ma dipende da una scaturigine naturale: lo spirito essendo di struttura divina non può fare a meno di essere eterno, né Dio, creando un alcunché, può evitargli di essere eterno, proprio perché scaturisce da una sua sostanza che è così fatta. Ora non so se questo, sia pure parzialmente, risponde alla tua domanda.

D. – Sì, risponde alla domanda. Però ci sono sempre delle perplessità di ordine logico che trovano proprio una loro giustificazione nel fatto che siamo uomini, che ragioniamo da uomini e che difficilmente riusciamo a distinguere la mente dallo spirito. Tu mi parli dello spirito con una sua capacità di auto-risoluzione, di autocritica ecc., e quindi praticamente con una intelligenza vera e propria che noi interpretiamo in termini terreni come simile alla nostra intelligenza, dal che si rileva che…

A. – Un momento, vorrei correggere leggermente quello che hai detto, prima che tu prosegua. Indubbiamente gli uomini possono interpretare diversamente certi fatti secondo la loro intelligenza, conoscenza, sensibilità, educazione ecc., però alcuni fatti puramente obiettivi vengono assunti nel medesimo modo da tutti gli esseri umani; un albero sarà albero per tutti, l’uomo con due braccia sarà un uomo con due braccia per tutti…

D. – Ma questi non sono fatti oggettivi, sono la interpretazione in chiave spirituale di fatti oggettivi, di fatti concreti. Anche dal fatto oggettivo che la Terra sia cosi com’è, l’universo cosi com’è, ognuno può trarre una sua idea, una sua opinione ed una sua conclusione. Ognuno si può fare comunque un’idea personale anche attraverso quell’eco che sembra confermare intuitivamente una verità che…

A. – Tu pensi che questa eco sia un po’ la soggettività dell’individuo.

D. – Sì.

A. – Non è così.

D. – Non è così, d’accordo. Però nella storia dello spiritismo vi sono stati individui che, deceduti, hanno avuto addirittura la sensazione di continuare a vivere, senza avere avvertito il trapasso, portando con sé certe vanità…

A. – Vedi, il ragionamento che facevo poc’anzi bisogna intenderlo da un certo livello in poi dello spirito…

D. – Ma noi dobbiamo pensare che queste scorie possono anche produrre delle concezioni particolari…

A. – Quello che dici si verifica effettivamente. Quando io parlo di spiriti i quali sono, come dire, in pace, vuol dire che effettivamente essi non hanno più «debiti» nei confronti della Terra…

D. – Ma quali sono in equilibrio?

    Tutti sono spiriti e non possiamo stabilire che si diventa spiriti nel momento in cui non si hanno debiti verso la Terra. Gli spiriti hanno sempre dei debiti e quindi è in relazione ai debiti e a tutte le scorie, esperienze ecc., che si stabilisce soggettivamente il sistema di messa a fuoco della realtà esterna.

A. – Vi sono spiriti i quali avendo superato le esperienze umane cercano di approfondire certe verità universali perché la loro attenzione non è più rivolta verso la Terra, ma è rivolta verso l’approfondimento di certe conoscenze. D’altra parte, anche durante i vari processi umani lo spirito penetra sempre la realtà universale e cerca, sia pure a modo suo, di interpretarla in qualche modo, sbagliandosi, correggendosi e via di seguito. Però, ad un certo punto lo spirito acquista una maggiore saggezza, egli può dunque controllare con più autenticità certe verità universali. Tanto per cominciare, la prima verità universale della sopravvivenza diventa un fatto acquisito immediatamente. Si capisce, avrà dei dubbi, però comunque non è un problema che reggerà a lungo, questo del dubbio, è chiaro. D’altra parte io stesso vi farò ascoltare entità che hanno di questi dubbi e queste conversazioni piuttosto interessanti (che possono anche ingarbugliare di più le vostre idee) confermeranno tuttavia proprio quello che stiamo dicendo. Senz’altro i dubbi vi saranno, però — ripeto — una entità che si avvicina ad una evoluzione particolarmente qualificata valuta diversamente ciò che gli è intorno, l’universo ecc., ed è in grado di poter dire alcune cose con sufficiente precisione, specialmente quando esse riguardano certe strutture fondamentali dell’universo, perché ciò dipende dalla sua evoluzione. Questo però, come dissi l’altra volta, non significa che la verità fino ad allora posseduta sia sbagliata. Quando dico «verità non assoluta» intendo una verità che si può arricchire o che si può approfondire, senza smentire mai la fase precedente. Ora. si capisce che, ragionando con il vostro cervello voi vediate certe relatività, certe provvisorietà umane, e si parla pure di uomini di grande intelligenza che interpretano certi fatti a modo loro. Io però vorrei portare l’esempio di uomini molto intelligenti che siano dei matematici, inquantoché ci si trova così di fronte a dei numeri, a dei simboli precisi per cui i calcoli — lo si voglia o meno — nello svolgere il problema secondo tutti i teoremi possibili, portano ad un risultato che deve essere sempre lo stesso, e se qualcuno non arriva a quel risultato vuoi dire che ha sbagliato. Ora, vedete, lo spirito esamina l’universo, lo perlustra (anzitutto bisogna riconoscere che si tratta di spirito intelligente) e valuta gli elementi universali cercando di riportarli anzitutto alla loro semplicità numerica. L’universo non viene guardato globalmente, ma viene analizzato, frazionato; lo spirito tenta sempre di riportarsi alle idee semplici e tenta dunque di considerare queste idee semplici come dei problemi matematici dai quali non si può sfuggire. Ora, molti spiriti (e per molti qui s’intende un numero impossibile a citarsi) da quando è stata creata la Terra, per esempio, hanno svolto più o meno queste analisi, hanno voluto chiedersi: ma in fondo dove siamo?

Cosa è questo mondo?

Come è fatto?

C’è o non c’è questo Dio?

Ad un certo punto analizzando l’universo così, grandi anime giungono alla medesima conclusione, facendone scaturire gli stessi principi e le stesse leggi. E questi sono sempre controllabili perché la cosa, direi, molto bella che accade qui, diversamente che da voi, è che l’universo è sempre aperto. Cioè questo controllo può farlo qualunque spirito perché questa possibilità è di tutti e, riportata ad una funzione matematica, essa porta ad un risultato difficilmente sbagliato. Vedete, le esperienze di cui dicevo prima si possono trasformare secondo un ragionamento matematico il che ci porta ad una conclusione della quale io non credo si possa dubitare. Si può comunque dire questo: che uno stesso principio è osservabile da varie facce e che ciascuna rivela aspetti inconsueti, ma la faccia di un cristallo, di un poliedro, non nega quella opposta, oppure quella laterale, ma è semplicemente un’altra faccia. Ora anche per la verità è la stessa cosa. Una verità non smentisce l’altra; è una parte della «grande verità». Vedete, quando uno spirito vi parla per interpretazione soggettiva può sbagliare. Ora voi dite: tu parli per interpretazione soggettiva o meno?

    Io vi posso dire no per alcune cose, come dissi l’altra volta, sì per altre. Per altre no, semplicemente perché alcuni dei nostri ragionamenti li possiamo spingere al massimo dell’approfondimento e il risultato sarà sempre lo stesso. Vedete, se molti uomini intelligenti: geni, filosofi, maestri giungono a conclusioni diverse, è perché due sono le possibilità e cioè che anzitutto si può essere partiti da premesse non sufficientemente dimostrate. Una premessa dimostrata matematicamente non è suscettibile di essere ribaltata. E questo non è che sia un assioma, questo è un fatto matematico inconfutabile. Una premessa matematica non è suscettibile di avere un’altra soluzione. La soluzione, se la dimostrazione è esatta, non può che essere una.

D. – Non mi sembra vero…

A. – Dipende…

D. – Perché una premessa matematica seguendo un certo iter porta ad un certo risultato, però non è…

D. – Ho l’impressione che ci sia un malinteso. Sono d’accordo con L. nel dire che da una premessa può scaturire una falsa soluzione, ma quello che intendeva dire Andrea. è un’altra cosa e cioè che comunque non sarà mai una soluzione che confuterà la premessa. Questo è il punto.

D. – Andrea. diceva che ad una premessa praticamente segue evidentemente una soluzione e soltanto una, e su questo non sono d’accordo…

D. – Nel senso che non potrà mai essere confutata, qualunque soluzione essa sia…

A. – Mi pare che abbiamo ragione tutti e due. E’ logico anche quello che dici. Si possono seguire vie che giungono ad altre soluzioni, che però siano perfettamente in equilibrio e non confutabili fra di loro. Ma questo accade, anzi direi che è così. Dev’essere così. Questa, semmai, è proprio la dimostrazione che la premessa iniziale era esatta. Ora si giunge a delle conclusioni diverse quando vi è un errore nel calcolo o nella premessa o se la premessa non è dimostrata sufficientemente. E’ quello che poi praticamente accade alla conoscenza umana; se si giunge a soluzioni differenti è perché vi sono degli errori o perché i procedimenti non sono tutti matematici, ed allora ciascuno scantona per conto suo, o anche perché le soluzioni sono apparentemente diverse e quindi si tratta di pseudo errori.

D. – Evidentemente questo è un atteggiamento mentale, di interpretazione, perché secondo me certe verità di carattere cosmico possono essere riportate molto relativamente a fatti matematici. Il tuo è quindi un ragionamento esemplificativo, ma in sé piuttosto insufficiente.

A. – Devo dire che è piuttosto difficile trasferire certe problematiche cosmiche secondo il linguaggio e i metodi umani.

(comunicazioni del maestro Andrea)

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