IL PROGETTO INDIVIDUALE E SOCIALE DELLO SPIRITO

progettoindividuale

    (Da: Leggere un Maestro – Breve sintesi della dottrina dell’Entità A, a cura di Carlo Adriani, Maria Calì e Corrado Piancastelli, Monografia CIP, Napoli, 1993, pagg. 83 – 85)

    Se un consiglio si dovesse dare all’uomo, Andrea suggerisce che si dovrebbe dire: «Analizza te stesso; sei venuto in Terra per vivere come essere spirituale la tua vita, e non la vita della collettività. Se ti trovi in una collettività, devi accettarla perché non puoi farne a meno, ma la tua vita è una esistenza singola, non mescolarla a quella degli altri, perché chi annulla la propria vocazione, (o autonomia Ndr.) o il programma che è nello Spirito, è un essere che si è suicidato, avendo ucciso le motivazioni per cui è venuto in Terra. Finché siete in tempo, raddrizzate la vostra esistenza. Non direi neppure di fare questo in funzione di un’altra vita, perché l’infelicità e l’insoddisfazione che potete avere riguardano la vostra vita di uomini, ora» (DDX pagg. 34-35). «Quando dovete fare una cosa, oppure dovete scegliere, decidere o progettare un periodo della vostra vita, ebbene, non fatelo a livello semplicemente istintivo, ma fatelo a livello meditativo, cercando di capire perché lo fate, a che serve, e in quale maniera la cosa, il gesto o l’azione possono migliorare la vostra maturità ed aggiungere esperienza ad esperienza… E’ così facendo che l’azione travalica la coscienza e va nell’inconscio ed ha la possibilità, quando il problema è congeniale ad esso, di passare dall’inconscio allo Spirito… Fate conto che dentro di voi ci sia una persona che deve sentire le cose che dovete fare e che questa persona sia un po’ sorda, che non »senta», bene: ed allora voi le spiegate di che cosa si tratta e così facendo, in realtà lo state spiegando al vostro Spirito» (DDX pagg. 38-39). »Non c’è niente di più spiacevole, angoscioso, doloroso, di quello che si prova quando si guarda la propria vita trascorsa e ci si accorge di averla sprecata. Dunque, fate una vita più attenta, meditate. Voi non dovete pensare continuamente a Dio o all’altra vita. Modificate prima voi stessi, così se avrete tempo penserete a Dio. Chi pensa a Dio si troverà ancor meglio, ma chi non ha l’idea di Dio e non sente di pensarci, non può sforzarsi a fare una cosa che non sente, ed in ogni caso avrete il tempo di pensarci dopo. Quando sarete Spiriti penserete all’Aldilà, ora che siete in Terra, pensate alla Terra. La saggezza non è altro che una sommatoria di esperienze» (DDX pagg. 42-44). Importante, per il progresso spirituale, è che l’uomo ritrovi il senso della collaborazione fraterna e che [‘esistenza dell’uomo sia improntata alle riflessioni dei valori umani. Valori umani che sono nel campo della psicologia, delle arti, della stessa teologia, nei rapporti della famiglia, della società, dello Stato e tra Stato e Stato: tolleranza, comprensione ed amore. In questo periodo di transizione che attraversa la vostra civiltà, a voi sfugge parzialmente il senso di questa grande confusione e crisi, ma ciò è una conferma della libertà dello Spirito. Dunque, anche in questo ed attraverso di questo, si può scorgere il segno della spiritualità. La spiritualità la ritroviamo anche nelle cose non buone ed imperfette che l’uomo produce, perché si rivelano autonome e si distanziano sempre più dalla materia, che non è autonoma. I grandi esempi della spiritualità sono la dimostrazione di questo: le figure del Cristo, di Francesco d’Assisi, di Maometto o Confucio ecc…, sono tutte figure rivoluzionarie» Ma se rimane giusto il fatto di dover dare dei modelli alti all’uomo, occorre nello stesso tempo presente «di non allontanarsi dalla realtà della vita e dì capire le esigenze biologiche dell’uomo medio, della gente media. Questo non si può ignorare e questo è stato un nostro grande errore del passato». Ed allora è venuto il tempo di dire all’uomo: «Tu puoi usare il tuo corpo come ti pare e piace, perché è un’esperienza utile e per questo sei venuto sulla Terra, però devi riconoscere le tue esperienze, devi capirle. L’esperienza della materia deve trasformarsi in un fatto mentale, spirituale, devi capire perché fai ciò che fai, perché lo devi fare e come devi inquadrarlo nella tua personalità spirituale» (CDA 5/1989 pag. 209). Tutto ciò «diventa allora accettabile, perché non si chiede all’uomo una rinuncia, ma soltanto la comprensione di un’esperienza e questo l’uomo può farlo, mentre la rinuncia è certo più difficile» (CDA 5/1989 pag. 209). Questo modo di operare non esclude che proprio attraverso l’interrogazione e la comprensione dei motivi che stanno alla base delle proprie azioni e dei propri comportamenti si possa giungere al consapevole rifiuto di un’azione dannosa e, quindi, al suo superamento, in quanto «l’aver fatto agire la volontà, l’aver usato la persuasione, l’essersi sacrificato, l’aver prodotto una volontà autoindotta rende più valida l’esperienza dannosa evitata, che l’esperienza compiuta. In tal modo, l’esperienza compiuta può anche essere intesa come replicazione di debo-lezza; mentre l’esperienza evitata, in quanto esperienza negativa o pesante, è invece indice di forza» (RDX pag. 259).

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