SULL’IMPOSSIBILITÀ DEL RAPPORTO DIRETTO CON DIO.

Questo non avverrà mai. (momento in cui Dio sia manifesto o sia perfettamente palese. N.D.C) Naturalmente lo Spirito evolvendosi avrà una idea, una percezione di Dio che sarà grande, grandissima, ma non ci sarà mai un rapporto diretto come quello che si può intendere terrestremente dell’io dello Spirito che si contrappone o visualizza un esterno di cui possa dire tu sei Dio. Questo rapporto direi privilegiato dell’io-tu non ci sarà mai, lo Spirito non sarà mai posto di fronte a Dio, non potrà mai trovarsi nella condizione di essere posto o di porsi di fronte a Dio, perché lo Spirito è potenzialmente infinito.

Quel giorno lo Spirito dovrebbe cessare il processo evolutivo, dovrebbe essere giunto ad un punto oltre il quale non potrebbe più andare, e quel giorno significherebbe la fine dell’evoluzione per lui, e poiché questo non è possibile concepirlo, ecco che non ci sarà mai questo incontro io-tu con Dio.

Questo è poi un desiderio di tipo molto umano, molto comprensibile e anche logico da un punto di vista umano, tutti vorrebbero essere posti davanti a Dio o trovarsi nella situazione come suol dirsi religiosamente ai piedi di Dio; capisco benissimo tutto questo ma si tratta soltanto anche qui di cambiare le parole.

Voi dovreste sempre stare ai piedi di Dio, se vogliamo dirla tutta, ma soltanto in un modo diverso, nel senso di riconoscere che grazie a questo meccanismo voi vi trovate automaticamente ad essere creati, che avete la capacità di poter osservare l’Universo e la vostra vita, di esservi trasformati da una materia informe o da una pura energia in esseri intelligenti. Certamente anche qui c’è un po’ un gioco di specchi con Dio.

Voi potreste dirmi: sì ma se noi non fossimo stati creati, se non ci fossimo trovati nella situazione di dover oggi dire che esistiamo, se non fosse accaduto tutto questo noi non lo avremmo saputo mai e dunque non si capisce perché dovremmo se non ringraziare qualcuno, riconoscere qualcuno.

Dico che sicuramente il termine ringraziamento è un termine sbagliato, ma il riconoscimento no, perché l’esistenza non vi era dovuta, così come non vi era dovuta la non esistenza. Certo, se non fossimo esistiti noi non lo avremmo mai saputo, ma poiché siamo esistiti, poiché esistiamo, il ragionamento al negativo non lo possiamo più fare, perché in realtà noi non possiamo mai porci nella situazione della non esistenza, quindi il ragionamento della non esistenza è uno pseudo-ragionamento, perché noi dal momento che esistiamo, attenzione, possiamo soltanto fare ragionamenti fondati sul fatto che esistiamo: non possiamo ipotizzare il fatto che non esistiamo, perché questo discorso della non esistenza sarebbe un discorso paranoico e non avrebbe neppure un senso matematico, perché dovremmo procedere con una serialità matematica tutta al negativo.

La non esistenza ci porterebbe a dei negativi, mentre invece noi non possiamo opporre un negativo alla nostra esistenza, soprattutto perché non siamo un numero, ma siamo una forza intelligente, in evoluzione, dotata di certe caratteristiche etc., e dunque possiamo fondare l’esistenza sulla nostra realtà.

Questa nostra realtà avrebbe potuto anche non esistere, benissimo, però esiste di fatto, e poiché esiste noi dobbiamo riconoscere che essa è tale grazie ad una procedura universale che ci consente oggi di interpretare il mondo oltre che noi stessi e di poterci dare un senso qualitativo e di poter offrire a noi stessi una riflessione feconda dal punto di vista metafisico, ontologico, etico, etc.

Allora tutto questo ci rende dei soggetti che devono considerare l’aspetto della loro realtà, non partendo da una ipotetica irrealtà, ma soltanto fondando il discorso su ciò che siamo e non soltanto su ciò che avremmo potuto essere, anzi che avremmo potuto non essere, perché il discorso che avremmo potuto non essere non è un discorso che abbia una base logica, e per lo meno una base logica l’ha soltanto nella formulazione della proposizione: “avremmo potuto non essere”, punto e basta, perché oltre non potremmo andare.

(CDA 2-3  del 2007)

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