L’ILLUMINAZIONE

L’ILLUMINAZIONE

…percepire l’altro mondo, cioè percepire un mondo che non è umano è una operazione difficilissima, perché per quanta buona volontà possiate metterci, per quanta cultura possiate possedere, per capire ciò di cui stiamo parlando bisogna avere quella sensibilità particolare a cui si aggiunge una particolare attitudine del sistema cognitivo e culturale, una volontà di superare il proprio schema e di abbandonarsi, vale a dire ricevere l’illuminazione.

Perché si usa il termine illuminazione? Cosa vuol dire illuminazione? Illuminazione viene da luce, da qualcosa che illumina, ma ciò che illumina cade dall’alto, vale a dire cade addosso al soggetto che ne resta illuminato, il soggetto è lì, la luce lo investe, e investendolo è qualcosa che viene dal di fuori ed entra. Perché possa entrare il soggetto deve essere predisposto a che l’illuminazione giunga, ma l’illuminazione è qualcosa che afferra il soggetto, lo investe con la sua luce, con il calore della sua luce, lo riscalda, lo porta ad un livello entro il quale tutte le tracce umane si addormentano, si neutralizzano; il soggetto è là addormentato come materia, addormentato come linguaggio, addormentato come cultura, pur tuttavia il corpo, la cultura, i sistemi mentali devono essere predisposti affinché avvenga questo miracolo della luce che squarcia la tenebra, e qui la tenebra è la coscienza che non sa vedere oltre se stessa, e in questo rapporto si genera la conoscenza trascendentale, l’esperienza trascendentale, la visione trascendentale.

Questo meccanismo è prodotto e riprodotto ormai meccanicamente dall’arte, dall’artista: parliamo della grande vera arte, o della grande vera filosofia, o insomma grande vera di tutte le cose, perché se non c’è questo, nulla può essere superato in qualsiasi campo della vita mentale, culturale, spirituale dell’uomo, e quindi trascendersi significa essere sempre predisposti all’ascolto, alla meraviglia della luce che prende il soggetto, lo irrora, lo penetra.

Questo può anche non essere dell’arte, a volte, come nel mistico: il misticismo non implica che il mistico sia un artista: in questo caso soltanto il soggetto riceve questa illuminazione; nell’artista, nell’arte, ma anche nella scienza a volte, o anche in altre situazioni del mondo, è anche in grado di riprodurlo affinché resti una traccia, affinché questa cosa chiamata luce vada a fissarsi sul foglio, sulla tela, o addirittura a volte nel microscopio, quando gli eventi passano nel bel mezzo della lente ma solo il colpo d’ala del genio folgorato dall’intuizione lo coglie, lo sa leggere, lo sa vedere.

Ecco perché esercitarsi all’abbandono, esercitarsi al darsi, imparare a cedere, che significa in questo caso concedere, concedendosi quindi all’inverosimile che diventa verosimile, concedendosi allo stupore che diventa captazione di altre verità, facendo tutto questo è possibile accedere a quella misura che poi gli uomini hanno chiamato ad esempio religione, misticismo, sacro, e insomma le cose che l’uomo non sapendo come altro definirle poi alla fine le ha imbrigliate in sistemi che poi non sono andati secondo le regole di questa illuminazione. Questo è tutto il discorso.

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