Gli attributi dello spirito
Gli spiriti, individualizzati, dotati di personalità, di intelligenza e volontà.
A: Dunque, lo spirito si pone in alternativa con la creazione anonima.
E si pone in alternativa, inquantochè il suo fondamentale attributo è il carattere di individualità, cosa a voi già nota, del resto.
La presenza dello spirito nell’universo è una presenza individuale, individuata.
Lo spirito cioè si differisce dalla creazione, proprio, non soltanto da un punto di vista formale, direi dialettico, ma vi si differisce proprio perchè possiede un carattere peculiare che lo distingue tangibilmente. Lo spirito ha cioè un’individualità, è un numero; ma l’individualità, come suo carattere fondamentale, non potrebbe essere compreso appieno, non avrebbe valore alcuno, se non si accompagnasse ad esso un attributo altrettanto fondamentale, e cioè a dire la personalità. Non basta che una cosa sia individuale, un numero, ma bisogna, inquantochè cosa viva, che abbia una personalità.
La creazione di Dio dunque nei riguardi dello spirito è una condizione che tiene presente queste due funzioni importantissime per caratterizzare questo ente, questa realtà chiamata spirito: individualità e personalità.
Nè sarebbe altrimenti concepibile nell’universo, la presenza dello spirito, che individualità e personalità lo redono effettivamente autonomo, lo distinguono dalla materia o dalla creazione anonima, e danno quindi un significato e un fine allo spirito stesso.
Ora, diventa del tutto ovvio direi, elementare, che unitamente alla personalità, noi si riscontri nello spirito tutta una serie di attributi.
Infatti, personalità cosa significa, cosa vuol dire. Personalità è dunque la possibilità, è la capacità, di manifestare un quantum che abbia una sua qualità, è cioè a dire necessario che la personalità si manifesti con una certa pienezza, con una certa indipendenza; il che pone subito l’attribuzione di intelligenza che è legata alla personalità.
Personalità è dunque lo spirito, ente costituito da una propria individualità e dalla personalità.
Questa distinzione a questo punto diventa puramente dialettica, inquantochè la esistenza della personalità implica necessariamente già direi la presenza a priori di una individualità, non essendo concepibile una personalità senza l’individualità. Ordunque, la personalità si caratterizza, si manifesta in modo specifico per la presenza di questi attributi: l’intelligenza, abbiamo detto.
E l’intelligenza non basta, lo sapete che è necessario che questa intelligenza possieda una certa dinamica, una certa possibilità di proiezione; e che tale possibilità sia intesa in maniera razionale dal tutto, dall’ente, dall’io spirituale; cioè a dire è necessaria la presenza della volontà.
Non come carattere da potersi usare in determinate circostanze, ma come vera e propria spinta dinamica direi, come vera e propria forza di proiezione dell’intelligenza.
Ora,lo stesso esame, la stessa definizione […] di trasformazione dell’idea percepita in idea appercepita. Cioè a dire la possibilità di trasformazione delle idee in maniera che vengano a diventare patrimonio completo di se stessi.
Ora in che cosa si differisce lo spirito dunque, cioè questo ente complesso, questa realtà complessa, dall’universo propriamente detto?
Proprio appunto dal possedere questi caratteri, dal possedere questi attributi in una maniera individuata.
In maniera tale cioè, che il complesso armonico di uno spirito, cioè di una di queste realtà, non sia identificabile con altri complessi armonici, quindi con altri spiriti, quindi non si produca giammai una sommatoria.
Perchè gli spiriti non si ricongiungeranno a Dio.
Emanazione, non creazione.
Eternità dello spirito.
E…voi notate un fatto, perlomeno nell’ambito di certe correnti si usa dire: ma, può darsi che un giorno tutti gli spiriti ritornino in Dio.
Molte volte avete sentito quest’affermazione. La sentite anche da un punto di vista religioso.
Ora, non proprio, direi, detta in questo modo, ma l’immedesimazione dello spirito: per esempio, presso gli orientali, con questa sorta di Nirvana, questo annegamento nel cosmo.
E poi, in un certo qual modo, dal punto di vista della teologia cattolica, allorquando si parla di uno spirito che raggiunge il Paradiso; cioè, il Paradiso qui sta a significare questa presenza divina.
Ora, per alcuni ancora, si è andati oltre, cioè a dire la possibilità che lo spirito si immerga e risparisca in Dio.
Ora: qual’è la differenza che si pone fra questo modo di concepire la dinamica dello spirito e quello che ho detto poc’anzi?
Il carattere di individualità dello spirito nega la possibilità che lo spirito possa essere distrutto.
Perchè.
Bisogna pensare che il trasferimento delle attribuzioni da Dio allo spirito avviene su un piano infinito.
Questo lo dico specialmente per i nuovi, ma anche per i vecchi, non è male ripetersi.
Il trasferimento avviene su un piano infinito.
Cioè a dire: noi poniamo come fatto indiscutibile la presenza di Dio, perlomeno lo poniamo in questo tipo di discussione.
Che poi Dio sia da mettersi in discussione, in un altro tipo di discorso, in un’altra domanda, non compete questo momento discorsivo. In questo momento noi discutiamo dello spirito, quindi presumiamo uno spirito che l’abbia fatto Dio.
Ora dunque, noi poniamo Dio in maniera certa nel creato.
Ed allora noi riconosciamo a Dio alcuni elementi caratteristici, fondamentali.
Cioè, noi diciamo: Dio è infinito, Dio è eterno, Dio è assoluto, e via di seguito.
Il che significa che tutti gli elementi costituenti Dio sono infiniti, eterni ed assoluti.
Per la proprietà caratteristica che hanno questi attributi di non essere considerabili in un finito.
Per il solo fatto di essere in un Dio che abbiamo definito infinito, tutti gli elementi costituenti la divinità stessa assumono il carattere infinito.
Quindi: l’intelligenza di Dio è infinita, la volontà di Dio è infinita. Non so, la giustizia di Dio è infinito, la misericordia di Dio è infinito, e chi più ne ha più ne metta!
Voglio dire che ciascuno degli elementi isolabili, estrapolabili da Dio sono elementi infiniti.
Infinito: noi sappiamo- in un linguaggio piuttosto elementare – che non ha inizio, che non ha fine.
Sebbene qualcuno non sia d’accordo su questa definizione, io ci sono d’accordo.
Infinito, non ha inizio, e non ha fine.
Ora…un’altro elemento importante in Dio è il fatto di non esserci un “a priori”.
Cioè a dire, Dio non ha avuto inizio, e non ha avuto fine.
Inquantochè se egli avesse avuto inizio, e quindi dovrà avere una fine un giorno, tutto il nostro discorso diventa inutile.
Cioè, Dio sarebbe un essere finito.
Ma come tale, sorgerebbero tante altre difficoltà di discorso, quale: l’origine di Dio; la possibilità o l’impossibilità che dal niente venga un tutto, o venga una sia pure semplice idea dal niente, e via di seguito. Quindi noi poniamo come atto direi iniziale del nostro discorso il fatto che Dio sia eterno, cioè non avrà fine.
Ma, quest’affermazione porta con sè tutta una serie di conseguenze.
Intanto la prima è quella di qualificare per la seconda volta gli attributi di Dio: che non solo sono infiniti, ma sono anche eterni.
Quindi: la giustizia di Dio è infinita ed eterna, l’intelligenza di Dio è infinita ed eterna, la misericordia di Dio è infinita ed eterna, proprio per il fatto che si tratta di elementi peculiari, essenziali, che non hanno un “a priori” e un “a posteriori”.
Cioè a dire, sono elementi che non hanno avuto inizio e non hanno fine, e per tale ragione si estendono come loro proprietà direi quasi fisica, per usare un termine sbagliato, per usare dunque questa terminologia umana, sono tutte caratteristiche che si estendono agli attributi.
Naturalmente, nell’operarsi il trasferimento, tra Dio e lo spirito, gli elementi trasferiti sono gli elementi di Dio: infiniti ed eterni.
Il fatto dunque che Dio non possa creare elementi finiti è un fatto fuori di discussione.
Dio non può creare elementi finiti, perchè Dio stesso è infinito, e l’elemento finito sarebbe una seconda realtà in contraddizione con la sua essenza fondamentale, che è infinita e eterna.
Siccome da un finito non proviene un infinito, da un infinito non proviene un finito.
E se voi in terra lo fate provenire, come ad esempio in matematica, la provienenza è direi puramente convenzionale, ma non è reale.
Tanto è vero che anche nell’analisi del singolo finito ci si trova di fronte a una pura convenzione matematica, ma il numero, come finito, non esiste.
Da questo punto di vista dunque, direi, le manifestazioni di Dio sono infinite, e di questo se ne avvantaggia prima di tutto lo spirito.
Lo spirito dunque, creato da Dio, possiede un’individualità che è infinita ed è eterna.
Perchè.
Perchè l’operazione “creativa” non è mai esistita, di Dio; è esistita un’operazione emanante.
Dio non ha creato, mai, niente: Dio ha emanato.
Ora, il mio discorso farà […] per alcuni, ma io aggiungo un’altra volta questo, per maggior chiarimento dei nuovi.
Dio non può creare, perchè cosa creata è cosa prima inesistente, e non è possibile che vi siano cose inesistenti di fronte a Dio, perchè Dio possiede già tutto dall’eternità.
Possiede già tutto, in quanto Dio è un essere infinito ed eterno.
Cioè a dire, tutte le sue possibilità,le sue forze, per usare questo termine molto umano, sono complete. Completate, non completabili!
Dio è sempre stato lo stesso , ed è, Dio, una forza immodificabile. Dio non si evolve, Dio non si modifica col passare dei secoli.
Perchè se Dio si modificasse questo ci porterebbe la definizione di un Dio che diecimila secoli fa era un Dio inferiore a quello che c’è oggi.
E questo non è possibile. Proprio per la presenza delle sue attribuzioni infinite ed eterne.
Ora se Dio non è modificabile, vuol dire che non può creare una cosa nuova, perchè crearla nuova significa oggi ammettere che Dio non l’aveva creata diecimila secoli fa, e se non l’aveva creata diecimila secoli fa, vuol dire che diecimila secoli fa quel Dio non era: o capace di crearla, la cosa, oppure non esisteva in lui la possibilità di crearla.
Ovverossia, non esisteva in lui l’idea della cosa che poi andava creata diecimila anni, o secoli dopo. Il che non è possibile; cioè a dire, non esiste una operazione con uno svolgimento temporale, in Dio; ma in Dio la presenza assoluta implica che tutte le cose sono sempre state.
Se sono sempre state, Dio non può creare niente che non sia già stato almeno in lui, come idea, come presenza, come parte della sua stessa attività mentale.
Se è così, lo spirito non è creato, ma è emanato: cioè a dire lo spirito è sempre esistito, in Dio.
È esistito, però in potenza, cioè a dire è esistito come elemento, come possibilità, come forza, in lui.
Che poi Dio abbia compiuto un’operazione, cioè a dire abbia resa autonoma una di queste parti di se stesso, l’abbia resa autonoma e le abbia conferito certi caratteri (e non poteva fare diversamente), cioè i caratteri di individualità infinita ed eterna, di personalità infinita ed eterna, questo significa che lo spirito, reso autonomo e conservando i caratteri infinito ed eterno,non potrà essere mai distrutto, nemmeno da Dio stesso, inquantochè la distruzione dello spirito implica la distruzione del principio infinito ed eterno dell’individualità, cioè in altre parole, implica la distruzione del principio di realtà.
Il che non può avvenire, inquantochè, essendo un principio di realtà un principio perfetto, anzi perfettissimo, non può essere distrutto da Dio, inquantochè le cose perfette, essendo infinite ed eterne, sono appunto indistruttibili. Cioè a dire, nascono dalla stessa esistenza di Dio, che si qualifica proprio in virtù di questa sua potenza interiore, che è infinita ed eterna.
Ora dunque. Lo spirito, in siffatte condizioni, non teme niente.
Lo spirito è direi in una botte corazzata, come dire.
Lo spirito non può essere distrutto mai.
Non può mai perdere la sua individualità, la sua personalità, perchè i suoi caratteri sono caratteri divini.
Eccoci dunque all’allegoria biblica (la ricordate!): “l’uomo creato a immagine e simiglianza di Dio”.
L’uomo creato a immagine e simiglianza di Dio: sì, è così…ma non è l’uomo.
L’uomo, qui, assume un valore simbolico: lo spirito, creato a simiglianza di Dio.
Dio, irraggiungibile.
Dio non è solo la somma degli spiriti.
Irraggiungibile, eppure in noi.
L’uomo non è niente, lo spirito è tutto. Lo spirito qui diventa, seppure con un linguaggio un po’ retorico, una favilla di Dio; ma, eccoci a un punto che qualcuno obiettava una volta: ma allora (l’idea panteista, per esempio) tutti gli spiriti, può darsi anche che costituiscano Dio.
E cioè a dire: Dio non esiste, ma che, in fondo, non è altro che una forza ideale, dovuta alla somma degli spiriti.
E allora io, quella volta, ricordo, vi feci l’esempio della lampada.
Gli spiriti sono la luce, che proviene dalla lampada, ma la luce della lampada non è la lampada.
La lampada è un’altra cosa.
Esiste questa identificazione, luce e lampada; esiste questo legame, finchè c’è la lampada, c’è la luce; e infatti, finchè c’è Dio, ci sono gli spiriti, è chiaro.
Se Dio dovesse crollare, se Dio dovesse finire, finiremmo tutti.
Finiremmo tutti non perchè ciascuno di noi non possegga una vita autonoma, ma perchè la nostra autonomia si basa essenzialmente sui caratteri infiniti ed eterni dell’individualità, che sono caratteri trasferiti, in virtù di un principio che esiste in lui, cioè, cessato il principio, cessa l’effetto.
Questo è quasi certo. Dico “quasi” certo, ovviamente, perchè a questo punto, non lo sappiamo, nè voi, nè noi, nè altri. Siamo qui in un campo, ovviamente, probabilistico.
Nessuno parla mai con Dio, nessuno ha mai parlato, e nessuno parlerà mai, con Dio.
E questo avviene in virtù della riduzione, direi, geometrico-matematica dello spirito.
Noi spiriti – noi e voi, ben s’intende, perchè anche voi avete la vostra anima -, noi abbiamo questo carattere infinito ed eterno, ma sono attributi che non si manifestano alla nostra coscienza.
È una forza che è in noi, ma noi non abbiamo affatto la possibilità di misurare l’infinito, per esempio.
Questo invece Dio può farlo. Ma perchè?
Perchè Dio possiede già tutto il percorso dell’infinito, e (sebbene sia assurda la mia affermazione, perchè un percorso dell’infinito limiterebbe l’infinito), tuttavia è chiaro che qui intendo dire che tutto l’infinito è in Dio, perchè Dio è anche oltre e più l’infinito.
Lo spirito ha i caratteri infiniti, ma non è infinito nella possibilità, se non in una direzione che è infinita.
Noi cammineremo sempre, andremo sempre avanti, ci perfezioneremo sempre di più, ma non potremo mai percorrere tutto l’infinito.
Appunto, dato il carattere infinito della realtà, che non è percorribile e completabile.
Questa non è una insufficienza dello spirito, questa è, direi, la separazione tra noi e Dio.
Noi siamo faville di Dio, siamo fatti di una sostanza divina (la nostra qualità, direi, universale), direi materiale, per farci intendere; la nostra qualità essenziale di spiriti; la maniera com’è strutturata la nostra sostanza.
Questa è divina.
Dentro di noi, la sostanza è divina. È di Dio, questa sostanza.
C’è un poco di Dio dentro ciascuno di voi e di noi.
Ed ecco perchè taluni saggi dicono “Dio è dentro il vostro cuore, si tratta semplicemente di saperlo ascoltare”.
Un modo molto semplice ed elementare per comprendere questo grandioso concetto.
Dio è dentro di noi perchè noi siamo fatti di sostanza divina, noi spiriti.
Ma eccoci: mentre Dio può abbracciare tutto l’universo, tutto l’infinito perchè tutto è dominato dalla sua potenza…noi questo non possiamo farlo.
Se potessimo farlo, se potessimo abbracciare l’infinito, noi saremmo simili a Dio.
E questo non è possibile, perchè esiste uno stato di dipendenza fra noi e Dio.
Indipendenza dal punto di vista della nostra qualità, della nostra strutturazione, direi, sostanziale; dipendenza per quanto riguarda uno stato di succubismo nello spirito, e lo spirito nei riguardi delle leggi, della disposizione architettonica dell’universo.
È un universo che noi non possiamo spostare, vi sono leggi che noi non possiamo modificare; sono quelle che sono, e dobbiamo semplicemente seguirle.
Nè d’altra parte risulterà difficile, inquantochè essendo leggi fatte da Dio sono leggi perfette, cioè a dire: non nasce, direi, un disturbo, non nasce un contrasto fra noi e la legge se non allorquando vogliamo deliberatamente deviare la legge- come accade in terra.
Ma, in linea di principio assoluto, non può esistere questo contrasto, essendo la legge perfetta. Ed essendo perfetta, non sta a noi perfezionarla, ma sta a noi, semplicemente, applicarla.
Questo stato di succubismo è uno stato eterno, cioè a dire è una condizione permanente dello spirito.
Inseguire Dio senza raggiungerlo.
Risvegliarlo in noi.
La felicità di ciò che si è raggiunto, il piacere della ricerca.
Ora, la condizione permanente dello spirito non è una condizione di infelicità, come diceva una volta qualcuno.
Cioè a dire: ma, questo spirito in fondo insegue continuamente Dio. Il suo inseguimento non è un’infelicità, non è un’infelicità.
Intatnto non si tratta di un inseguimento a tipo podistico, e non si tratta ovviamente di raggiungere da assetato il pozzo con l’acqua, beninteso.
Si tratta non di un inseguimento nel senso figurale dell’immagine, ma si tratta soltanto di un approfondimento – di certi temi, un arricchimento di verità, un arricchimento di conoscenza e coscienza universale. Questo arricchimento di temi, questo incremento continuo della tematica spirituale e della personalità porta ovviamente a un avvicinamento a Dio, un avvicinamento nel senso di un maggiore approfondimento della conoscenza di Dio.
Questo maggiore approfondimento della conoscenza di Dio ovviamente è una maggiore evoluzione dello spirito. Dio non è inseguibile, anche per il fatto che egli non è lontano, non è qualcosa che sta lontano sopra una montagna, e lo spirito lo insegue, Dio non è più lontano di quanto siate voialtri qui in catena fra di voi, anzi, come dicevo prima, Dio è dentro tra di voi. Non è affatto lontano.
Voi man mano che approfondite la verità, voi svegliate nel vostro spirito nuove prospettive, voi svegliate nuove idee, nuove dimensioni, della qualità che è già dentro di voi, potenziata, potenziante, dentro di voi c’è già questa parte di Dio e siccome ogni piccola parte di Dio rappresenta Dio stesso, proprio per quella proprietà infinita degli elementi costituenti la sostanza divina, voi dentro di voi risvegliate Dio, rimanifestate Dio, fate manifestare Dio. Lo fate manifestare proprio perchè arricchendo voi stessi al limite della coscienza, voi risvegliate voi stessi nel profondo, la vostra struttura di spirito divino. La risvegliate, e risvegliandola, Dio si manifesta dentro di voi, non perchè sia venuto da fuori a parlarvi, a consolarvi: ma perchè è venuto dal di dentro!
Ecco la doppia proprietà divina: essere dentro di voi ed essere fuori di voi.
Ma perchè tutto questo? Per quell’altro attributo che dicevamo di Dio. La sua misericordia, il suo amore infinito.
Dio sapeva indubbiamente – a questo punto entra una supposizione, non una certezza – Dio sapeva di essere irraggiungibile.
Se avesse fatto lo spirito diversamente, avrebbe votato lo spirito ad un eterno inseguimento.
E sapeva dell’impossibilità di fare una cosa relativamente infinita qual’era lo spirito, nei confronti di un’infinitamente infinito qual’era Dio. Ecco dunque la necessità, direi..
Oppure, ha creduto in questa maniera di operare. Cioè a dire, il trasferimento della sua proprietà dentro l’individualità dello spirito.
In siffatta maniera, nessuno “insegue” Dio, nè Dio insegue lo spirito, ma in questo supremo atto di amore verso la creazione, Dio è già dentro lo spirito. Vi è già dentro, ed ha bisogno di manifestarsi solo a condizione che la personalità cosciente dello spirito liberamente sviluppi queste doti fondamentali, questi elementi fondamentali, svegli dentro di sè le idee universali e se le sveglia, queste idee universali sono dentro di lui, e possono essere dentro di lui solamente perchè l’universale è una rappresentazione di Dio presente nello spirito stesso.
In questa maniera, direi, è assicurata allo spirito il continuo conforto della potenza di Dio, il continuo conforto della paternità divina, il continuo connubio fra Dio e lo spirito.
Risulta dunque sempre presente Dio nell’essere umano, per il solo fatto di possedere un’anima.
Il fatto che non si manifesti, o si manifesti in certe condizioni, è dovuto a un criterio molto logico, e cioè a dire, questa individualità, questa personalità, essendo intelligenti, bisogna che acquistino certi valori liberamente, attraverso la propria operazione critica nell’universo.
Operazione critica dello spirito vuol dire evoluzione, vuol dire cammino, vuol dire ricerca, affinchè quello che si conquisti sia quello che veramente si è meritato.
A questo punto ho finito, per quanto, ovviamente si possa finire un argomento del genere.
E a voi la parola.
D: Dio e l’inciviltà. Con tutti gli attributi, l’esistenza di Dio. Perchè lo spirito invece rimane sempre limitato, cioè non riuscirà a suscitare, non a raggiungere, a suscitare Dio appieno in sè, per tutta l’eternità?
A: Ma…lo spirito riesce a questo. Non Dio appieno, ma il Dio appieno significa la possibilità di percorrrere l’infinito completo, e questo non è possibile. Per la definizione e il carattere stesso dell’infinito. Ma che ne sviluppi una grandissima parte, questo sì, ne sviluppa una parte enorme, indubbiamente, questo sì.
D: Ma…perchè gli ha dato questi limiti? Già lo ha emanato (non diciamo creato) lo ha emanato limitato, lo spirito…
A: Ma, vedi, questo…Si, capisco quello che vuoi dire, ma questo, direi, è molto più complesso.
D: Ma in questa sua infinita bontà, in questa infinita misericordia, cosa che poi del resto, un giorno diceste che non è nemmeno esatto insomma, sono attributi, che mandiamo noi…
A: Tu mi dici a questo punto allora, perchè Dio non ha fatto gli spiriti uguali a sè!
D: No, non uguali a sè, ma…perlomeno arrivare a un certo punto, raggiungere un qualcosa, e poi fermarsi. Voi dicevate, che alcuni dicono in un’eterna infelicità. Non diciamo infelicità, ma è una situazione un po’ drammatica quella dello spirito, se deve sempre pensare di non sapere mai abbastanza, di avere ancora qualche cosa da raggiungere.
A: Ma vedi, non è più drammatica. Lo spirito che raggiunge una grande profondità, una grande altezza, di conoscenza spirituale, di idea di Dio, non si pone un problema drammatico di voler sapere ancora di più. Finisce col sapere sempre di più, ma non in una condizione drammatica.
La condizione drammatica sarebbe se egli si dovesse fermare per ultimazione della corsa, direi.
D: Io pensavo che a un certo punto fosse più ansioso questo desiderio, un po’ come accade all’uomo. L’uomo piuttosto ignorante, non si rammarica affatto di non sapere molto, perchè non ha nemmeno un’idea di quello che perde non sapendo
A: Ma vedi, la drammaticità o quest’ansia, sono elementi umani. Lo spirito è svuotato innanzitutto dal sentimento di natura psicologica, e quindi per questa ragione non sarà mai drammatico.
D: Se lo spirito ha lo stimolo a dover sapere di più, a dover indagare di più, avrà anche la percezione, noi diciamo la sensazione, non so come dire, di non sapere abbastanza.
D: La felicità dello spirito non sta nel possedere Dio, ma sta nell’aspirare a possedere Dio.
A: La felicità dello spirito – scusami un attimo – è soprattutto nella coscienza di quello che ha già raggiunto. Questo è un punto fondamentale. Perchè se non fosse così sarebbe sempre infelice lo spirito.
D: Quello di sentirsi in equilibrio con la legge in quel dato momento.
A: Lo spirito si sente man mano felice man mano che raggiunge certe posizioni.
Aspira ad altre, ma queste altre non coinvolgono quelle che già possiede – per usare questo termine felicità, naturalmente, chiamiamola così per intenderci, questa felicità, questo benessere, questa tranquillità, questa purezza
D: Forse è tutta questione di equilibrio, è vero maestro?
A: Ma poi vedete, il vostro ragionamento tien conto molto degli elementi umani – la passionalità, la ricerca, lo sforzo di ricercare, il desiderio, l’idea di non sapere mai abbastanza – non è vero;
lo spirito, quello che sa, sa che lo sa bene, e quello che è dentro di lui, sa che ormai è perfetto.
Quindi, non gli viene quest’idea che può venire a voi (che poi è un modo di dire!) di non sapere niente, e via di seguito: lo spirito non ragiona così
D: Perciò io penso…che si riduca tutto a una questione di equilibrio. Sia per lo spirito, e sia anche per Dio, come voi diceste una volta, quando vi chiesi com’è che Dio può essere infinitamente buono e anche infinitamente giusto. E voi diceste, sono attributi che gli date voi esseri umani, ma Dio si potrebbe dire che è equilibrio. E allora…
A: Si, ma l’equilibrio dello spirito, appunto, poi, contiene questi elementi che a una certa analisi appaiono, come il punto raggiunto, la possibilità e via via…
D: Per una questione di equilibrio lo spirito pensa, io essendo emanato così (non so se terrà conto o non terrà conto delle date) terrà conto che è in equilibrio con la legge. E quindi si sentirà in armonia, insomma. Ma non sarà nè felicità nè infelicità, nè…
A: Naturalmente, per usare questa sorta un po’ di soliloquio – che poi non si verifica, non è che lo spirito si fa questo soliloquio, naturalmente, è logico.
D: Secondo me c’è anche un altro fatto. Come ha detto il maestro – e altre volte l’ha detto in forma diversa – cioè che il dire dello spirito, lo sperimentare, andare avanti – è un ricordare, praticamente, quello che lui già contiene. La coscienza di questa sua potenza, di questa sua conoscenza che ancora appunto deve scoprirsi, già rappresenta un elemento positivo per lo spirito, è costantemente un elemento positivo, che lo spinge, nello stesso tempo, lo rende felice, lo rende soddisfatto, punto per punto. Lui contiene già tutto, lui ha coscienza di questo; e quindi già basta questo per tenerlo soddisfatto.
A: Ma poi la sua felicità, appunto, deriva dal raggiungimento di equilibri sempre maggiori, successivi; cerca degli equilibri successivi, nei quali c’è già la sua felicità.
D: E’ un crescendo di pienezza!
A: Un crescendo di pienezza, si.
Alcune forze necessarie all’emanazione non vengono proiettate.
Forze anonime.
D: Io penso che le alternative siano due, maestro: o creare un ente spirituale uguale a se stesso – il che era assurdo, perchè solo un assoluto può esistere – oppure partire, appunto, farli partire tutti uguali, con certi attributi fondamentali
A: No vedi, a perte questo, io penso che la sorella Adelina faccia questa domanda fondamentale, cioè a dire, in ogni caso, comunque siano le cose, il fatto certo è che tutta la creazione, spiriti compresi, è inferiore a Dio, e che quindi vi sia una limitazione in questo. Dio non ha trasferito tutto, ma si è riservato qualcosa, in più, delle cose che ha creato. È un po’ questa la domanda?
D: Si, è un po’ questa, che contrasta però col fatto che tutte le parti di Dio dovrebbero contenere tutto, e tutto lo spirito.
A: Guarda, per capire perchè è accaduto questo, bisogna pensare -questo non è facile, nè a voi capirlo, nè a me spiegarlo – dunque: che anzitutto l’operazione è stata un’operazione di trasferimento, di emanazione. Questa operazione di trasferimento, di emanazione, si è svolta, quando si è svolta?, non lo sappiamo.
Si è svolta con un rapporto tra qualcosa, Dio, e la cosa che doveva essere trasferita.
E l’operazione di trasferimento è stata dominata da un atto di volontà. Da un volere. Che sia stato bisogno o necessità…
D: …da parte di Dio?
A: Da parte di Dio. Che sia stato un bisogno, una necessità, o sia stato un atto, direi, di amore, non ci interessa, ovviamente, in questo momento, non ci interessa. Ma: è stata un’operazione che, badate bene, quella della creazione (usiamo questo termine per far capire a tutti) è stata un’operazione guidata. Un’operazione che si è svolta in virtù di una legge che non è stata immessa nella creazione, ma è una legge presente in Dio -un principio, una forza che ha permesso, direi, la proiezione, tra Dio, e la cosa che poi si è creata.
D: Forse questa operazione, non un atto di amore…
A: No, è un’altra cosa che voglio dire, non è questo. Ripeto, non ci interessa adesso l’amore, se sia stato amore, disamore o odio, o necessità, non ci interessa. Adesso io guardo proprio un fatto tecnico, come si è svolta l’operazione. Ordunque. Vi è stata una legge, un principio, una forza, che ha prodotto il trasferimento. Cioè a dire, indipendentemente dalla cosa trasferita, vi è stata ua legge che ha provocato il trasferimento, una forza; indubbiamente, una forza che l’ha resa possibile. E dopo, questa forza non poteva essere contenuta nella cosa trasferita, perchè vi era esterna, praticamente. Era esterna alla cosa trasferita. E dunque l’ha provocata, l’ha spinta.
Quindi, vi sono stati elementi di Dio che non potevano essere trasferiti nella cosa fatta, inquantochè erano elementi indispensabili proprio per trasferire la cosa trasferibile. Non so se sia chiaro, questo giuoco di parole, vero.
Quindi Dio ha dovuto necessariamente riservarsi degli attributi o delle forze in più, perchè solo a questa condizione poteva da lui essere trasferita la realtà. Usando cioè delle forze e delle leggi che della realtà non potevano far parte, e che dovevano servire a guidare il processo emanativo della realtà, in altri termini.
Io spero che sia chiaro quello che ho detto. Spero, sia chiaro.
Comunque, se non è chiaro, rimeditateci sopra, perchè è una cosa essenziale.
D: Quindi in effetti da un punto di vista forse paradossale, i previlegiati saremmo noi. Sotto un certo punto di vista. Abbiamo beneficiato di un qualcosa che si è resa necessaria proprio per la nostra esistenza.
A: E’ stata possibile rendersi autonoma mercè il sacrificio – per usare questi termini assurdi, beninteso, assurdi – mercè il sacrificio di alcune altre parti che son dovute rimanere necessariamente in Dio. Sono quelle parti che hanno permesso la creazione.
D: No, son quelle le previlegiate perchè son rimaste in Dio. Noi siamo stati tagliati fuori, secondo me.
A: No, non sono le previlegiate. Non sono le previlegiate, anzitutto appunto perchè non sono personalizzate, è vero, non sono individualizzate, non sono personalizzate.
D: Sono un veicolo, insomma.
A: Non c’è previlegio a essere nell’anonimato. Sarebbe come un po’ se le vostre anime tornassero nel pozzo cosmico perdendo l’individualità.
Il tempo sulla terra e il tempo nell’eternità.
Emanazione, tempo e eternità.
La felicità è possibile a ogni momento dell’evoluzione.
Non esiste cattiveria, ma ignoranza.
D: Altra cosa. Che cosa siamo noi per Dio? Che cosa, intendo, fare che…come ha visto, come ha pensato, come ha voluto, che cos’ha voluto fare, quando ha emanato da sè gli spiriti? Dovrebbe averli emanati sempre, per la verità: da sempre.
A: si, questo è uno dei punti più oscuri.
D: Continua ancora quest’emanazione?
A: Si, e continuerà sempre.
D: Allora, indubbiamente, lo spirito creato nel tempo A è superiore allo spirito creato oggi, nel tempo B.
A: E’ chiaro. Superiore nel senso che, certo, per usare i vostri termini, sa molto di più dello spirito creato nel tempo B.
D: E poichè abbiamo parlato, è vero, di un’eternità. Di un infinito, anzi. Indubbiamente avrebbe dei requisiti sempre in più, rispetto allo spirito B.
D: Non li chiamerei requisiti.
A: Ma comunque…chiamiamoli come vogliamo, sì,d’accordo, i termini non saranno esatti. Comunque, vedi, non c’è un’ingiustizia. Sarebbe come dire allora che è ingiusto che un bambino nasca oggi e un altro tra dieci anni.
[pausa registratore]
D: Però mi pare […] illimitata, diciamo.
A: Supponiamo che sia illimitata; indubbiamente ciascuno di loro – ciascuno essere spirituale – ha la stessa facoltà, la stessa possibilità, di andare avanti e conquistarsi il suo infinito, la sua conoscenza, come gli altri.
Non esiste, insomma, fra gli spiriti, il termine di paragone. Non esiste uno spirito che sia maggiore di un altro; ecco, questo, vorrei dire.
D: Ecco. All’atto dell’emanazione, diciamo, sono tutti uguali.
A; Gli spiriti sono tutti creati uguali. Nessuno è creato più grande di un altro, per esempio.
Quindi non è come vi dice la teologia. Secondo la teologia esistono spiriti previlegiati, e spiriti non previlegiati. E questo non è vero. Questa, sarebbe veramente un’ingiustizia.
Non esistono spiriti previlegiati. Tutti gli spiriti sono uguali.
Nascono tutti con le stesse possibilità – con le stesse forze, la stessa intelligenza – tutto uguale: da questo punto di vista sì.
E poichè non esiste, direi…confronto spirituale, ciascuno spirito inizia la sua strada, indipendentemente dagli altri. Va alla conquista del suo equilibrio – della sua conoscenza, della sua grandezza – indipendentemente dagli altri. Noi non usiamo dire, ad esempio, “quello spirito è inferiore a noi”. Noi diciamo semmai, quando deve porsi un raffronto, è uno spirito che sa meno di noi, per ora.
Ma non ha alcuna importanza che egli sappia di meno o sappia di più, perchè la felicità non deriva dal possedere più equilibri, o più nozioni, ma la felicità viene ogni volta che una semplice conoscenza porta e crea un equilibrio nello spirito, anche un piccolo equilibrio.
Io dicevo una volta, a proposito di spiriti bassi, come li chiamiamo tanto per intenderci.
Perchè molte volte gli equivoci nascono da termini che usiamo per farci capire.
Diciamo: lo spirito cattivo, lo spirito buono, lo spirito basso, lo spirito alto: è chiaro, sono definizioni, non esiste uno spirito cattivo, nel nostro mondo. Non ce n’è uno.
Nessuno spirito è cattivo, vero, come non sono cattivi i bambini, vero, che vi rompono il vaso cinese, per dire. È chiaro, non è cattiveria.
Lo spirito che sbaglia, è uno spirito che non sa; e sbaglia per errore, per ignoranza, non per cattiveria. Poi quest’ignoranza viene vista attraverso una psiche, attraverso un’armonia umana, sociale, e viene concepita come cattiveria.
Ma a parte questi discorsi un po’ diversi.
Anche uno spirito, per dire, basso, per usare questo termine, ha la sua felicità.
Quando passa dall’altra parte e muore, può darsi che sia più felice di uno spirito evoluto.
Può darsi, che sia più felice.
Inquantochè, la felicità non consiste nell’avere una somma di nozioni utili, ma di averne appresa una, nozione, e […].
Così, lo spirito basso, il delinquente, chiamiamolo così, in terra; il quale, nella sua vita di delinquente, per una volta tanto, invece… (oppure, non per una volta tanto) si sforza, durante la vita, a non rubare cento volte, ma a rubare venti volte, quell’uomo è più meritevole di un altro che, reputandosi buono, passa davanti a un disgraziato, e non lo aiuta, e non gli dà il suo contributo di fratello.
Ora, quest’uomo buono, apparentemente non ha fatto niente di male, perchè non esiste un obbligo di fare la carità al prossimo (è chiaro, esiste un dovere, non un obbligo), però la sua azione, essendo uno spirito buono, non è neppure paragonabile, per intensità e per valore, a quella del delinquente, il quale (pur rimanendo un delinquente) si sforza e invece di compiere cento furti ne compie venti.
Quell’atto di coraggio, quella costrizione, quella diminuzione dell’intensità negativa gli vale molto di più di tante altre opere buone che fa certa gente, e che invece opere buone non sono, in realtà.
Ecco quindi la differenza che esiste nella valutazione dell’opera umana che viene compiuta attraverso la giustizia di Dio.
Una valutazione del tutto differente, che non tien conto del buono o del cattivo; tien conto dell’intensità, del valore, dell’intenzione di certe operazioni, e guai se Dio dovesse giudicare gli uomini usando il metro umano delle apparenze umane. In questa maniera, non vi salvereste nessuno, questo ve lo garantisco io.
D: Poi gli spiriti non sono in gara tra di loro.
[…]
Difficoltà dell’uomo ad intendere concetti di temporalità extra materiale
D: Ho una cosa che non mi è chiara.
A: Certo.
D: Quando tu hai detto che gli spiriti sono stati emanati da sempre, con alcuni[], questo “sempre” dobbiamo intendere come un “sempre” infinito?
D: Un’eternità anteriore
D: Se vogliamo definire un certo inizio infinito, tanto per parlare, ecco, per tenere questa obiezione, si, dobbiamo anche ammettere che […]
Alcuni […] hanno lo stesso tempo infinito, quindi sono uguali per quanto riguarda il tempo infinito.
A: Per quanto riguarda l’esistenza dello spirito, lo spirito è eterno quanto Dio, in questo ti dò ragione.
Però, c’è una differenza che si deve far subito: noi non sempre – ecco – non sempre, abbiamo avuto l’individualità che abbiamo. Esistevamo da sempre, ma potenzialmente in Dio, come possibilità.
D: No, credo che il fratello stia dicendo, i primi emanati da quando Dio esiste, insomma sarei…
A: I primi emanati da quando Dio esiste, per usare diciamo questa congiunzione spaziale, sono sempre venuti dopo di Dio, però. Cioè, Prima Dio e poi lo spirito.
Ora, una questione di tempo, qui non si può porre!
Però, dal punto di vista potenziale, lo spirito è esistito contemporaneamente a Dio. Questo sì. Potenzialmente sì, purtroppo è così!
D: Però voi avete già detto che Dio non ha trasferito tutto nello spirito, quindi Dio è sempre diverso e superiore, e…
D: Sentiamo Brunetto, allora?
D: No, perchè, il fratello qui mi diceva: in un secondo momento…possiamo parlare di momenti, quando abbiamo detto che “sempre”…
A: Si, si esatto. L’obiezione è esatta.
Ora, vi è stata questa successione “fuori del tempo”, diciamo; però, la presenza dello spirito, come idea, almeno, non come individualità, è stata contemporanea a Dio. Questo sì.
È esistito Dio…supponiamo un attimo, in cui è iniziato Dio, in quell’attimo è iniziato anche l’idea dello spirito. Questo è chiaro.
Perchè Dio non è un essere che è venuto fuori prima come un bambino e poi si è arricchito ed è diventato Dio adulto, è chiaro!
Quindi, Dio è sempre stato, dal primo attimo – supponendo assurdamente un attimo – e in quel primo attimo c’è stato già tutto, potenzialmente.
Questo è fuori di discussione.
D: Potenzialmente. E invece poi si è sviluppato come emanazione quando? Per intenderci, per capirci.
D: Ma non può essere in un secondo tempo. Voi avete già detto che Dio non può pensare di fare certe cose a cui aveva pensato prima…
A: A questo punto, il nostro ragionamento non può più procedere.
Non può più procedere per una difficoltà vostra adesso, non mia: vostra.
Ma, mia anche relativamente, perchè, purtroppo, devo spiegarmi con dei termini umani che sono finiti, sono definiti. E non posso rendere dei concetti diversi.
Per fare questo ragionamento, a questo limite adesso, fuori del tempo, tu dovresti essere morto, come sono io. Morto sulla terra.
Cioè dovresti essere un’anima libera dal cervello e libera dalla psiche.
Ed allora noi ragioneremmo su un piano dimensionale diverso, e tu potresti intendere questi passaggi, direi; questi passaggi fuori del tempo, queste successioni a-temporali – quindi non temporali – che adesso invece non puoi, non potete, nessuno, seguire.
Per voi la successione indica “tempi”, per me invece non indica tempo, perchè il tempo non esiste.
Ecco e allora la differenza, l’impossibilità, questo limite.
D: Per voi è chiaro il concetto di eternità. E mi pare che sia tutto qui.
D: Come diceva il maestro, il problema di cui parlava davvero Brunetti, esiste tuttora!
Questo è il quesito che volevo porre, ma mi rendo conto che non si può risolvere, con i nostri termini. Cioè, il passaggio dalla potenza all’atto, in Dio non può esistere, perlomeno non sarebbe concepibile, in termini proprio di sviluppo temporale.
D: No, non può essere concepibile.
D: E quindi non possiamo più discuterne! In effetti non c’è un passaggio da potenza ad atto, in Dio. Cioè, è tutto contemporaneo, è tutto realizzante l’infinito, l’avvenuto.
Quindi anche l’emanazione dello spirito, cioè dalla fase indifferenziata a quella individualizzata, non si può capire. Perchè ammette sempre due successioni.
A: Ci sono dei limiti, nella discussione parlata, che possono essere superati dall’intuizione. Indubbiamente, dalla vostra individuale evoluzione.
Così, vi sono cose che voi non potete capire, perchè siete uomini, non perchè non siate intelligenti.
Vi sono anche delle cose che io non posso dirvi.
Che io non posso dirvi o non devo dirvi per il semplice fatto che voi qui siete ognuno diverso dall’altro.
Voi non avete la stessa evoluzione. La verità non è una nozione, che si apprende sul testo scolastico.
La verità è qualcosa che si raggiunge, con l’evoluzione.
Io non posso darvi oltre i vostri limiti, perchè c’è chi sta più indietro, e c’è chi sta più avanti.
Qui non si tratta di conoscenza, si tratta di evoluzione.
A parte le difficoltà implicite nell’argomento stesso: siamo al limite del finito, o al limite di certe nozioni dell’infinito, oltre il quale potremmo uscircene con molte belle parole, ma non con una sostanziale verità.
Tuttavia parte di questo argomento, parte, può essere affrontata indirettamente, quindi l’argomento non è detto che si affronti solo in questo modo, ci sono altri modi per affrontare quest’argomento, ma penso che per questa sera ne abbiate abbastanza.
Tecniche per essere più ricettivi verso la temporalità extra materiale
[…]quello di tentare questa spoliazione.
E direi che in un certo modo, anche questo tipo di sedute dovrebbe servire a questo.
In altri termini, voi dovreste abituarvi – voi da una parte, e noi aiutandovi, dall’altra – a raggiungere una certa essenzialità. Persuadervi, portarvi su un piano di dialogo fuori dal tempo, (…) e quindi somministrarvi di conseguenza certe nozioni.
Ma per somministrarvi certe nozioni è necessaria una certa ricezione, da parte vostra, una certa possibilità ricettiva.
Certo, la difficoltà di manifestare lo spirito nel corpo esiste, ed è una difficoltà grave.
Ma è una difficoltà che nessuno tenta seriamente di eliminare.
Ora, come si elimina? Innanzitutto, con la meditazione, con la riflessione, sviluppando l’intuizione, sviluppando l’intelligenza; tutte queste cose, naturalmente.
E, certo, non tutti vi riescono nè tutti vi riusciranno.
Molte volte, e in prevalenza anzi, dipende dall’evoluzione di ciascuno di voi.
C’è chi non ci riesce mai, per tutta la vita; c’è chi vi riesce invece subito, magari dopo cinque minuti.
Anche qui, ovviamente, non è una questione di merito o di demerito: è una questione di evoluzione.
C’è chi lo farà prima, e c’è chi lo farà dopo; questo, importante, è che lo facciano tutti, a un bel momento.
Ora naturalmente, molti degli aspetti da te prospettati, cioè questa difficoltà vera e propria…sì, sono cose che dobbiamo trattare fra di noi. Ma io spero pian piano, di poter, attraverso queste trattazioni, condurre un po’ tutti a un certo livello, anche se poi capita che facilmente vi si discenda un’altra volta, perchè…questo poi non dipende da me.
Se io potessi avere sempre, per esempio, lo stesso gruppo, magari per parecchi anni, certo arriveremmo a dei discorsi molto complessi, molto evoluti.
Non che non lo siano anche adesso, ma bisogna che teniate conto di questo: che io cerco di parlare a tutti. Cioè a dire, tenendo presente il minimo e il massimo, come metro a voi.
Chi intuisce di più e chi intuisce di meno. Devo tener conto di questa media.
Altrimenti farei un cattivo servigio a molti.
La verità, come tale, bisogna che sia data con una certa misura.
La verità non è, direi, qualcosa che si trova nel piatto e si mangia. No!
La verità è come diceva Cristo: la verità, come le perle, che non bisogna dare davanti ai porci.
Perchè non le divorino.
La verità può far male talvolta, può scompaginare.
Dare alla vita di alcuni di voi un senso di irrealtà, di disordine mentale, di disordine morale.
E questo sarebbe male, cioè, io ne sarei responsabile. Perchè capite: c’è chi di voi che dopo la seduta magari si scrolla le spalle, e accetta o non accetta, non gli interessa granchè.
Ma c’è anche chi invece ne è fortemente suggestionato, o perchè per sua sensibilità, o perchè ha troppa, esagerata fiducia in quello che dico io… ognuno di voi reagisce in un modo, cioè.
Chi mi conosce da più a lungo, chi mi conosce da poco tempo: ognuno naturalmente fa la sua parte, ed è giusto che sia così.
Ma naturalmente io devo preoccuparmi dei più sguarniti, di alcuni cioè – fra voi, di altri che verranno, di altri che sono stati – i quali si possono anche disorientare.
E il disorientamento morale – nei confronti della società, nei confronti della religione, nei confronti di se stessi! – è una responsabilità che è, naturalmente.
Quindi, voi noterete che a certe domande io non rispondo in maniera precisa: non dipende tanto da me, quanto da voi.
Ogniqualvolta vi sono queste domande, dovete pensare che io non parlo in privato ad uno soltanto di voi, cioè a chi fa la domanda, perchè in genere chi fa la domanda è già spiritualmente predisposto alla risposta. Cioè il solo fatto di formulare la domanda indica che egli spiritualmente è giunto all’altezza di quella domanda.
Ma la risposta invece la ascoltano tanti altri, i quali possono non essere affatto giunti a quel limite.
La nostra idea del tempo, collegata all’usura della materia.
E tutto quell’insieme delle dottrine che voi avete in terra, sono convenzionali, sono relative, non hanno nulla di assoluto. È logico che esse servano esclusivamente alla razza umana, e anche attraverso la storia si modificano, via via che si modifica appunto la razza umana, con tutto il suo patrimonio di civiltà, di progresso e di conoscenza.
Quindi, già il corpo della dottrina umana non ha alcun valore assoluto, essendo non soltanto modificabile col trascorrere dei secoli, ma è in realtà modificata già, entro una stessa epoca, a seconda della terra in cui va ad esplicarsi.
Così, il corpo dottrinario – filosofico, economico, politico, religioso – dell’oriente, è diverso dall’occidente.
L’indù ha una visione del mondo diversa dal cristiano.
Quindi, non esiste indubbiamente in terra una verità che possa essere assoluta.
Per poter cercare, però, alcuni canoni che presentino certi caratteri più universali, evidentemente non si può fare altro che ricorrere, umanamente, a certe idee elementari, semplici; cioè a dire, al fondo di ciascuna dottrina, ci sono elementi che sono comuni al fondo di altre dottrine.
Per esempio, l’esistenza stessa della realtà. L’esistenza stessa della realtà l’esistenza stessa della realtà è indubbiamente una di quelle concezioni, di quegli elementi di una dialettica, che si ritrovano senza alcuna difficoltà su tutta terra, e fuori anche della terra.
Sicchè è pensabile, da parte vostra, che si tratti di un principio universale.
Ed infatti, il principio della realtà è un principio universale.
Naturalmente, per potersi impadronire della conoscenza di questa realtà, non è sempre necessaria l’intuizione; cioè a dire, la stessa realtà si presenta con la doppia faccia.
Una parte che ha la possibilità di essere percorribile, sul piano della logica umana, ed un’altra che ha bisogno, magari, dell’intuizione. Ma l’uomo, il concetto di realtà può tranquillamente, direi, psicologicamente impadronirsene, perchè, appunto, non presenta difficoltà.
Ora, direi, continuando su questo passo, noi possiamo trovare altri elementi semplici; ma ovviamente, gli elementi semplici non formano un corpo dottrinario.
Inquantochè si tratta, appunto, di presenze – come la realtà, vero – di presenze che sono un po’ “stampate”, direi, nell’universo; cioè a dire, hanno dei caratteri propri, non presentano un movimento dinamico.
Sono autodefinibili di per sè, mentre tutte le altre cose, cioè a dire i concetti dottrinari, risalgono da questo principio.
r voi realtà direi assolute, dal punto di vista umano.
Il tempo passa perchè voi nascete e morite. Invecchiate. Perchè c’è l’usura, delle cose.
Un’usura la quale è stata catalogata, è stata schedata: sono stati trovati certi elementi che costituiscono il tempo. La vita, impiega novant’anni o trent’anni, ogni anno è costituito da tanti giorni, tante ore, minuti e secondi.
Ed in realtà, a ciascuno di questo elemento che passa – il secondo, il minuto, l’ora, il giorno eccetera – corrisponde una reale usura delle cose.
Sicchè, la vostra idea del tempo non è indubbiamente sbagliata, per quanto si riferisceOra, i concetti dottrinari, la dottrina vera e propria, quella che dà corpo alle religioni, alle filosofie, eccetera, sono convenzionali.
Le difficoltà che vi dicevo l’altra volta, di superare la barriera della convenzione, è una difficoltà che è data soprattutto dall’elemento tempo.
Voi siete abituati a discutere secondo una progressione, secondo uno svolgersi.
Ora, lo svolgimento implica un tempo, come implica uno spazio.
Spazio e tempo sono dunque, per voi, realtà che hanno un peso enorme.
Sono pe alla terra.
Ma la vostra misura del tempo – e voi siete soggetti a questa misura, perchè siete soggetti in usura – non tien conto di una cosa: e cioè che il tempo si applica alla materia.
Applicandosi alla materia ed alle cose legate alla materia, il tempo finisce con l’acquisire il valore stesso della materia, e cioè a dire l’essere relativo. La materia di per sè non ha valore assoluto, cioè a dire la materia non è l’elemento assoluto dell’universo, ma è dell’universo un elemento relativo.
E dunque la caduta, direi, della materia, come principio assoluto, e la sua trasformazione in principio relativo, fa cadere anche l’assolutezza del tempo.
Ora, sembrerebbe che le cose potessero rimanere così; ma l’uomo quale possibilità ha di superare questa barriera della materia? Questa barriera del tempo umano?
Le sue possibilità, dicevo, sono abbastanza scarse.
Cercare di superare i condizionamenti psichici verso il tempo.
Condizionamento della luce diurna . Atemporalità dei sogni.
Condizionamento delle parole in successione: pensare per idee.
Sono abbastanza scarse inquantochè l’unica valida sarebbe, appunto, l’annullamento della materia in sè. In altri termini, la possibilità di porsi su un piano di percezione, di superamento della percezione stessa; la possibilità, insomma, di poter valicare al di là di questo limite interiore, eliminare i condizionamenti materiali, quelli soprattutto legati agli schemi psicofisici.
I condizionamenti che fanno di voi stessi, internamente, soggetti legati a una successione cronologica di tempo.
E dunque, superamento di questa fase, per poter giungere a quello stadio di pura contemplazione, di contemplatività.
D’altra parte, è questa una condizione non solo spirituale, ma, direi, essenzialmente psicologica.
Voi non siete legati al tempo solo perchè invecchiate, ma perchè dentro di voi c’è una corrispondente idea di questa successione, cioè esiste in voi un condizionamento.
Un condizionamento di natura psichica che è un gravame, indubbiamente, per una liberazione di siffatta portata.
E la prova stessa che si tratta soprattutto di un condizionamento psichico voi, come alcuni sanno, la avete durante il sonno.
Durante il sonno si annulla il tempo. Si annulla la barriera del tempo e, a tal punto, che si ingenera effettivamente una confusione.
Voi tutti lo avete provato. Potete svegliarvi durante la notte, ma non sapete più orientarvi, non sapete più quanto tempo è passato.
Il che significa che il passare del tempo, oltre a un condizionamento psicologico puro, implica direi un condizionamento sussidiario, cioè a dire, il vostro condizionamento è legato alla visione.
La visione esteriore, quella a mezzo, direi, dei segnali che transitano dall’esterno all’interno della corteccia cerebrale.
È cioè necessario che la visione avvenga ad occhi aperti, cioè a dire vi sia una percezione, a livello sensitivo; e dunque, questa percezione si trasformi in altrettanta immagine temporale, e successione cronologica.
C’è stata la luce, è subentrato il buio, subentra lo smarrimento.
Voi durante la notte, nello svegliarvi, non potete essere in condizione di sapere esattamente l’ora, per esempio. Quanto tempo avete dormito, quanto vi resta da dormire.
Un’altro esempio altrettanto rapido e lampante è il sogno mattutino.
Voi vi svegliate e sapete esattamente l’orario, supponiamo le sei dell’alba. Poi vi riaddormentate e sognate.
La vostra attività onirica si svolge attraverso una serie di eventi, appunto onirici, interni, il sogno; una serie di eventi che normalmente si dispiegano lungo un arco temporale di notevole ampiezza.
Per esempio voi potete sognare un’intera scena, la quale per essere realmente vissuta, o per essere semplicemente raccontata, può essere riportata per esempio a molte ore, o a qualche ora.
Ebbene, vi capita di svegliarvi e di accorgervi che sono passati cinque o sei minuti.
Cioè a dire, in uno spazio limitatissimo si è svolta dentro di voi un’attività che non aveva la velocità reale dei cinque minuti, ma si svolgeva in un’assoluta lentezza, cioè a dire in una normalità di esposizione.
Eppure è avvenuta la possibilità di una condensazione, di un temporale eccessivamente superiore al temporale effettivamente svoltosi.
Ora, questa dicotomia, questo sfalsamento, direi, è dato proprio dal fatto che è subentrata una proprietà non-tempo in una proprietà temporale.
Il tempo, direi, astronomico, il passaggio dei cinque minuti, non coincide con il tempo del sogno, il tempo onirico.
Ora, poichè il sogno si svolge a un livello inconscio, o subconscio, a seconda dei casi; comunque, ad un livello subconscio, nelle ore mattutine talvolta, a seconda dei casi ripeto ancora, questo prova che esiste una mancanza di tempo all’interno della vostra personalità, ed esiste già a livello subconscio. Sicchè l’elemento temporale dato soprattutto da un legame psicologico, che è sopratttutto della parte psichica cosciente, con la visione esteriore.
Ora, questo ci dice, indubbiamente, che esiste in voi la possibilità di poter giungere a certe proposizioni extratemporali, cioè a dire di poter fruire, di poter godere di una realtà che sia sganciata, quindi non legata al fattore tempo.
Occorrerebbe, in altri termini, che l’uomo riuscisse a eliminare l’elemento cosciente, e riuscisse ad immergersi in questa condizione di non tempo, che è possibile realizzare quando vengono a mancare i rapporti col mondo esterno; cioè a dire i rapporti con una realtà materiale in movimento per successioni cronologiche e temporali.
Mancando questo rapporto, dentro di voi si fa luce la vostra natura, cioè una natura subconscia di natura non più materiale, quindi non più legata alla terra.
Quindi, questa natura non più materiale, dei vostri elementi psichici, lasciamo perdere l’anima in questo momento, i vostri elementi psichici più…più fini direi, più delicati, questi elementi possono dunque portarvi a questa visione extraspaziale, extratemporale.
Ora, è possibile poter ottenere questo, anche senza il sonno, ma naturalmente occorre tutta una preparazione, che l’individuo può farsi e che certamente gli permetterà di penetrare meglio anche quei concetti a cui si alludeva poc’anzi.
Concetti i quali poi possono essere intesi direi fuori del tempo.
Ora perchè voi non potete intendervi ora? Perchè voi, nel parlare, nel dialogare, nel ragionare, siete immersi nel tempo.
Siete immersi nel tempo e nello spazio inquantochè voi pensate per tempi e spazi.
Il vostro stesso pensiero è fatto così, la vostra parola ha bisogno di essere esaurita perchè subentri la parola seguente, e ciò implica già direi una successione.
Ora, la compresenza delle parole, che significa invece compresenza delle idee, può portarvi a tanto.
Voi non dovete più ragionare per parole, ma ragionare per idee, la quali idee tanto più sono scarnificate, cioè a dire sono purificate, liberate dalle scorie, dalle impurità della parola grezza, le idee tanto più diventano compresenti, senza una successione temporale.
È, naturalmente, una questione di esercizio, di possibilità, poi, individuali.
Comunque non so se è questo che si intendeva con la domanda…