REINCARNAZIONE: UNA RICERCA APERTA

Daina Dini

REINCARNAZIONE: UNA RICERCA APERTA

Il tema della reincarnazione è una vera sfida per la mente. Dal punto di vista dell’osservabilità scientifica, si tratta di una ipotesi a tutt’oggi impossibile a verificarsi, per cui non possiamo confrontarci di alcun dato ufficialmente riconosciuto. Da un punto di vista psicologico ed emotivo le nostre reazioni sono ambivàlenti, poiché se da un lato l’idea di un nuovo corpo, di una diversa identità ci turba e sconcerta tanto quanto radicato è in noi l’identificarci con la nostra attualità anagrafica e sociale, dall’altro l’idea del ritorno, dunque di una continuità d’essere anche dopo la morte, ci lusinga d’insperati spiragli. Per cui ci troviamo a correre doppiamente il rischio di mancare d’obiettività nei confronti del problema, innanzitutto perché opponiamo una inevitabile resistenza più o meno inconscia all’idea che la nostra personalità, quell’io quale leggiamo ed esauriamo noi stessi, possa essere sostituita da un’altra diversa dall’attuale e tuttavia appartenerci: e dunque appartenere a «chi», dove poggiare il senso di noi stessi, che valore mai dargli… É un vacillare sin nelle fondamenta. E tuttavia: tornare è sopravvivere, forse non all’infinito, ma almeno a questa presente inevitabile morte che, una volta nati, immancabilmente ci aspetta; tornare è riaccendere la speranza, è lenire il panico, la delusione, l’angoscia, il ricordo troppo doloroso; tornare è finalmente pacificarsi con questa vita, è respiro più ampio, più profondo, è tempo ancora dinanzi a noi. L’anima si innamora dell’idea, teme ma vuole profondamente credere, aiutata da tutta la tremenda spinta animale alla sopravvivenza: il rischio della fede cieca, dell’accettazione irriflessiva, della rinuncia alla razionalità è dietro l’angolo.

L’insegnamento del nostro Maestro ci soccorre a due livelli, generale e particolare. Da un punto di vista generale, qualunque sia l’argomento in causa, va tenuto ben presente l’insegnamento principe tra tutti quelli che Andrea ci ha trasmesso: quello di porsi di fronte a qualunque problema in una condizione — lumino-samente cartesiana — di dubbio, dunque di critica, dunque di irrinunciabile verifica razionale. Andrea ha sempre inteso porsi come voce razionale metttendoci in guardia tanto contro i nostri psicologismi quanto contro il suo inevitabile carisma, cercando di venire a noi in modo tale che nell’ascoltarlo non ci si fermasse all’enorme impatto, all’enorme amore, all’enorme reattività interiore che si scatena, ma che si andasse diritti al senso, ai significati profondi, non suoi quanto non nostri, ma appartenenti al vero, o almeno a quella parte di vero a noi accessibile. Ed andarvi con tutte le armi razionali a nostra disposizione, continuamente incitandoci a migliorarle, ad affinarle, per opporgli critica, per sottoporre le sue parole a verifica, per far sì, insomma, che fossimo noi a raggiungere l’idea per maturazione individuale, e non questa a insediarsi in noi veicolata dalla fede. Per quanto riguarda poi in particolare l’argomento della reincarnazione, Andrea ne parla diffusamente lungo tutto l’arco del suo insegnamento, apportando correttivi fondamentali all’idea che ce ne poteva provenire dalle dottrine orientali, e mostrando come il meccanismo reincarnativo si inserisca con perfetta coerenza nella teoria generale sullo spirito esposta nella sua dottrina. Nei confronti della dottrina dunque converrà porsi su due posizioni: entrare nel suo ambito per verificarne la coerenza interna (operazione che si è cercato di fare in questa monografia), e parallelamente prescindere da essa in sede di analisi formale ed accostare il problema con un procedimento logico-matematico. In tal modo potremo usufruire di un doppio strumento di verifica, i cui risultati potranno potenziarsi o elidersi a vicenda, fornendoci così ulteriori indicazioni. Cercheremo qui brevemente di percorrere insieme la seconda strada, quella cioè di accostarci al problema della reincarnazione prescindendo dalla dottrina di Andrea, per valutare se esistano elementi sufficienti a giustificarne l’esistenza in quanto necessità logica.

Prima di parlare di reincarnazione bisognerà valutare ovviamente il fenomeno dell’incarnazione in quanto manifestazione di un quid evidentemente diversificato.

Possiamo qui formulare due ipotesi: tale fenomeno potrebbe essere veramente relativo ad uno Spirito che, incontrando la materia, si fonde con essa, come ci mostra Andrea, oppure potrebbe trattarsi semplicemente ed esclusivamente di materia che si sublima ed esprime se stessa in questo fenomeno che denomina poi »incarnazione», come oggi generalmente si suppone in ambito scientifico.

Questo duplice aspetto è ovviamente relativo alla discussione sull’esistenza dello spirito, ma a noi in sede di analisi ciò non riguarda; quel che importa è che, qualunque ne sia l’origine o la spiegazione, esiste un fenomeno, una manifestazione individuale del reale nel reale che denominiamo «incarnazione.»

Possiamo dunque definire la reincarnazione come il sussistere di un fattore comune a più incarnazioni traslate nel tempo, un quid di cui non conosciamo la natura.

Constatata l’esistenza del fenomeno incarnativo, ribaltiamo la domanda di partenza; invece cioè di porci il problema della ripetizione dello stesso fenomeno, chiediamoci: può il fenomeno incarnativo esistere in maniera unica e irripetibile? Data l’esistenza del fenomeno incarnativo (riferito ad uno stesso specifico quid, che altrimenti la ripetitività del fenomeno potrebbe osservarsi in senso orizzontale, nel susseguirsi delle diverse incarnazioni per diverse individualità), di qualunque natura esso sia, potrebbe esso verificarsi una sola volta relativamente alla medesima struttura «spirito-corpo» oppure «sublimazione del corpo-corpo»?

Per tentare una risposta procediamo come segue: innanzitutto sappiamo che la materia, nella sostanza, va identificata in una struttura di cariche subatomiche non manifeste, e nella forma va identificata nei fenomeni manifesti generati dall’esprimersi delle leggi nell’ambito sostanziale e quindi formale.

Premettiamo inoltre che l’uomo, trovandosi a speculare la materialità con un cervello che rileva ed elabora per confronto, quando si trova a rilevare un fenomeno ed a deciderne la speculazione, deve necessariamente rivolgersi a fenomeni tra di loro similari, e che un fenomeno che dovesse. manifestarsi una volta sola non potrebbe neppure essere recepito nella sua struttura di fenomeno. L’uomo infatti ne leggerebbe il manifestarsi senza riuscire a cogliere il tessuto fenomenico che lega un evento all’altro nella manifestazione.

Quindi, trovandoci noi a discutere non sul fenomeno ma sul ripetersi di esso, il solo coglierne la problematica dovrebbe essere sufficiente a soddisfare la nostra interrogazione.

Possiamo però spingerci oltre seguendo una strada diversa.

Le leggi sin qui conosciute, in qualunque ambito siano state osservate, non contengono mai tra i parametri esplicativi quello della irripetibilità, anzi questi parametri sono proprio le condizioni sufficienti e necessarie per il manifestarsi ripetitivo dei fenomeni. Potrebbe però esistere una legge, e qui il termine «legge» sarebbe improprio, tanto legata al fenomeno da generarsi come legge, esprimersi nel fenomeno ed esaurirsi in esso, in un’unica manifestazione irripetibile.

L’esistenza di un tale evento non si può escludere per via diretta perché l’uomo non potrebbe — come si è detto prima — coglierlo e quindi neppure negarlo.

Questa ipotesi è tuttavia indagabile per via indiretta; prima di farlo, però, sottolineamo che questa ipotesi, inadatta per sua propria forma al termine «legge», risulta invece essere per-fettamente attinente al termine «caso.»

Ci troviamo a muoverci in un ambito di antichi dibattiti che certamente non saremo noi a dirimere; osserveremo, che se la nostra ipotesi — l’ipotesi di un evento «casuale» — dovesse verificarsi nel reale, ci troveremmo a constatare una divisione del reale in due ambiti profondamente diversi oltre la nostra capacità di percezione: diversi perché strutturati uno da una serie di fenomeni relativi al dinamico ripetersi dell’espressione delle leggi, l’altro relativo ad eventi unici assolutamente liberi ed autonomi nel loro generarsi.

Questo secondo ambito, non avendo per definizione alcuna caratteristica di limitazione o prevedibilità, dovrebbe necessariamente invadere e sussistere, fuso col primo ambito.

Questa ipotesi è ancora possibile, dal momento che si tratterebbe di una parte della nostra realtà a noi negata. Tuttavia dobbiamo chiederci quale legge in un reale siffatto starebbe a regolamentare la non interferenza di un fenomeno, libero per definizione con gli altri a noi noti. In pratica, se tale fosse la situazione, le leggi a noi note risulterebbero vere o verificabili solo a volte, forse spesso, ma non, come di fatto avviene, sempre.

Allora questo secondo ambito o non esiste o è regolamentato da una legge che lo contraddice nella definizione.

Questo secondo ambito, cosi concepito, non può dunque esistere. Ciò ci porta a concludere che qualunque evento percepito o ipotizzato dall’uomo, se esistente nella realtà, avrà sicuramente a ripetersi e che quindi se esiste un fenomeno definito incarnazione per propria intrinseca qualità, sicuramente se ne verificherà il ripetersi.

Daina Dini

• Il termine sanscrito »Karma» significa azione. Però, per estensione significa anche «effetti derivati da un’azione», soprattutto in senso morale e che si manifestano in una vita successiva.

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