REGRESSIONE IPNOTICA E REINCARNAZIONE

Elena Bianco

REGRESSIONE IPNOTICA E REINCARNAZIONE

La regressione ipnotica della memoria è un fenomeno per il quale soggetti posti sotto ipnosi sembrano percorrere a ritroso, su richiesta dello sperimentatore, le tappe della loro vita passata, di cui vengono ricordati e riferiti i vissuti in modo preciso e dettagliato, spesso non scevri della carica emozionale che suo tempo li caratterizzò. Si tratta solitamente di fatti non immediatamente disponibili alla coscienza ordinaria dalla quale vengono nuovamente ed immediatamente esclusi non appena l’alterazione indotta dallo stato ipnotico viene a mancare. Caratteristica peculiare di questo fenomeno è che non il semplice ricordo, con le emozioni correlate, di ciò che fu riemerge dalle profondità della memoria, ma vere a proprie personalità regressive, ossia riaffiorano le personalità relative all’epoca richiamata, esprimendosi e comportandosi in maniera perfettamente adeguata.

La regressione ipnotica dí norma viene usata in psicoanalisi per far emergere, e così poter curare, traumi che per la loro gravità non possono essere recuperati alla coscienza utilizzando le normali tecniche associative. Infatti, inducendo il soggetto ipnotizzato a ritornare passo passo verso i suoi vissuti più remoti è possibile rintracciare il momento in cui si verificò l’evento patogeno che, opportunamente trattato, smetterà finalmente di produrre i suoi effetti nocivi.

Di per sè, quindi, questo fenomeno non ha carattere paranormale, ma lo acquista quando, oltrepassati i limiti della vita attuale, il soggetto si spinge a riafferrare, o almeno così pare, lembi di esistenze ormai concluse ed appartenenti ad un passato che giace cristalizzato in piani temporali assai lontani e non raggiungibili con i normali meccanismi mnestici di recupero. Un passato che sembra dare consistenza alla teoria della reincarnazione secondo la quale il quid intellettivo-pensante, che ogni uomo possiede e che da tutte le altre specie lo distingue, godrebbe di una continuità che travalica i ristretti limiti del qui e dell’ora per affondare da una parte le radici nelle profondità abissali della mente di Dio e per protendersi dall’altra verso un infinito futuro, quid il quale non una sola vita avrebbe a disposizione, ma una pluralità di esistenze da bruciare sull’altare della conoscenza prima di abbandonare definitivamente i piani materiali per andare verso nuove ed ancor più qualificanti esperienze. In passato il primo a studiare in modo sistematico la regressione ipnotica è stato Janet sperimentando con le sensitive Leonie, Rose e Marie, seguito poi da De Rochas con ben 19 soggetti. Se a Janet va il merito di essere stato il primo ad avventurarsi su questa strada, a De Rochas va, invece, quello di aver avuto l’idea di spingere la regressione ipnotica fino alle sue estreme conseguente ottenendo da Joséphine, una ragazza diciottenne da lui sperimentata, il superamento del punto critico, costituito dal momento del concepimento, con conseguente sconfinamento nell’incarnazione precedente all’attuale. Lo studioso credette di aver così provato la veridicità della teoria della reincarnazione, ma i suoi contemporanei gli contestarono che le rievocazioni ottenute con quel sistema non offrivano nessuna garanzia in quanto non vi era alcuna certezza che si trattasse di autentici ricordi e non delle fantasie di una mente che, giunta all’estremo limite del suo itinerario esperenziale, era stata costretta a ricorrere all’immaginario per poter far fronte alle richieste dello sperimentatore.

In epoca più recente le ricerche di De Rochas, a suo tempo non abbastanza apprezzate e perciò abbandonate, sono state riprese da Kelsey, uno psichiatra inglese membro del Collegio Reale di Medicina, il quale non solo ha ritenuto possibile far regredire le personalità esperite ad esistenze anteriori, ma ha anche sostenuto che molte nevrosi attuali derivano da traumi subiti in vite precedenti e che è possibile guarirli riportandoli a livello cosciente. In questo modo molti suoi pazienti avrebbero ritrovato il loro squilibrio psichico.

Emblematico sarebbe il caso, che egli riporta, di un giovane aitante e di aspetto decisamente maschile nei modi e nell’agire, ma convinto di essere effemminato nella forma dei fianchi, il che lo turbava al punto tale da renderlo innaturale nei rapporti con esponenti sia del proprio sesso che di quello opposto. Sottoposto a trattamento ipnotico da Kelsey, coadiuvato dalla moglie Joan, scrittrice e sensitiva, il paziente dapprima aveva descritto scene staccate e statiche in cui una donna bella ed elegante riceveva l’ammirazione in occasioni diverse, quali la Hall di un grande albergo, il ponte di un panfilo di lusso e la tribuna di un ippodromo famoso, poi, giacché la conclusione dei due sperimentatori era stata che doveva trattarsi di fantasie della donna evocata, richiestogli di vedere detta donna quale era nella realtà oggettiva, vi era stata l’identificazione con la figlia di un modesto commerciante di un piccola cittadina universitaria che, innamoratasi di uno studente nobile e ricco, aveva sognato di sposarlo e di vivere con lui una vita mondana molto brillante. Rimasta incinta, e per questo abbandonata dal suo studente, la ragazza si era sottoposta alle inesperte pratiche abortive di una vecchia la quale, nel tentativo di liberarla dal frutto del suo amore impossibile, ne aveva causato la morte.

«Erano state. conclude Kelsey “le circostanze di questa morte, nella paura e nella solitudine, a provocare che un elemento della sua personalità si fosse dissociato e congelato in un presente fuori del tempo; le componenti integrate si reincarnarono dopo due anni, ma in un corpo maschile. Sempre secondo questo studioso il paziente, reso edotto del contenuto di quest’unica seduta, aveva abbandonato la sua idea ossessiva ed era guarito definitivamente. Il caso appena riportato, oltre che per la sua chiarezza esemplificativa, è importante anche per un altro motivo. È partendo da esso che lo studioso inglese, infatti, introduce una variante nella teoria della reincarnazione. Sostiene, cioè, la possibilità che non la personalità integrale debba necessariamente reincarnarsi, ma che anche sue singole componenti dissociate possono entrare a far parte di un altro vivente. Questa tesi però, per quanto suggestiva possa essere, non ha ancora trovato i necessari riscontri in sede di verifica. Tuttavia, sull’esempio di Kelsey, numerosi altri studiosi hanno intrapreso esperimenti e terapie di questo tipo, tanto che oggi si assiste ad una vera e propria fioritura di esperienze sul tema. Purtroppo si deve lamentare, nella stragrande maggioranza dei casi, una approssimazione ed una superficialità che non sono utili nè alla scienza, che si vede sommersa da una quantità di dati contrastanti ed inattendibili, né a coloro che a tali pratiche si sottopongono e che, nella migliore delle ipotesi, si ritrovano sulle spalle un passato fantasioso ed incontrollabile di cui non saper che farsene, nella peggiore, con dei presunti vissuti pregressi che possono inci-dere non poco e non positivamente sulla psiche dell’incauto, esaltandolo o traumatizzandolo a seconda che si tratti di un .ieri» eclatante o drammatico, ma comunque influenzando la sua vita presente. Attualmente uno dei ricercatori più seri e qualificati è certamente Antonino Sodaro, uno studioso che presta la sua opera di medico all’Ospedale di San Pietro a Roma. Sodaro s’interessa da moltissimo tempo di questo campo di ricerca così vasto e cosi delicato per indagare il quale ha messo a punto una procedura semplice ma in grado di garantire, per quanto é possibile date le difficoltà insiste nella materia tratta, un corretto svolgimento degli esperimenti e di conseguenza la loro attendibilità. È, infatti, sua abitudine, in primo luogo, registrare ciascuna seduta ma non farla ascoltare subito dopo agli interessati al fine di non inquinare le prove successive con elementi mnestici costituzionali; in secondo luogo far regredire più volte i soggetti in questione alle epoche storiche in cui si volsero le presunte vite precedenti, sia per verificare che i fatti emersi in prima istanza non subiscano variazioni in seguito sia per raccogliere in merito più dati possibili; in terzo luogo controllare, ove si possa, mediante ricerche ad hoc che gli elementi raccolti nel corso delle spe-rimentazioni abbiano un corrispettivo nella realtà oggettiva. Nonostante la correttezza e la prudenza della procedura adottata e nonostante i numerosi riscontri obiettivi avuti, purtroppo, allo stato dei fatti, non è ancora possibile omologare le risultanze di queste ricerche come prove certe dell’esistenza di vite pregresse a quelle attualmente vissute dai soggetti sperimentali. Questo in quanto, ove non esistono riscontri obiettivi, è sempre possibile richiamare l’immensa duttilità dell’inconscio nell’esprimere fantasie in forma drammatica, mentre, ove invece esistano, è sempre possibile richiamare l’ipotesi della Super-Esp, la quale, benché appaia ancor più osé di quella della reincarnazione poiché lascia presupporre un’onniscienza che dovrebbe appartenere soltanto a Dio, se non è stata ancora confermata non è però stata neanche smentita e perciò bisogna continuare a tenerne conto. Quanto questo campo d’indagine, ancorché affascinante e pieno di possibilità possa apparire, sia delicato ed infido e perciò da trattare con la massima accortenza e serietà, si può meglio capire dalle esperienze fatte abbastanza di recente in America da Whitton e Fischer, l’uno psichiatra e l’altro medico, e da quelle fatte, sempre in America, da Weiss, noto ed affermato psicoanalista. Esse, appunto presentano due caratteristiche peculiari e comuni: entrambe nascono da un «errore» di procedura ed entrambe sconfinano in una zona del «passato» alla quale mai nessuno fino a quel momento aveva avuto accesso nè mai aveva pensato di poterlo avere. Infatti, nonostante la citata tanto estesa attività nell’ambito dell’ipno-regressione, a nessuno era mai venuta in mente l’idea che con lo stesso sistema era possibile recuperare anche ricordi relativi ai periodi di intervita, ossia a quegli spazi di tempo che intercorrono tra un’incarnazione e l’altra. A rendersi conto di questa straordinaria possibilità è stato Whitton, già da tempo interessato alle problematiche inerenti alla regressione ipnotica alle vite precedenti, il quale, proprio nel corso di una seduta di questo tipo, a causa di un ordine non correttamente impartito — «Passate alla vita precedente…» invece che «Passate all’incarnazione precedente…— ha involontariamente dirottato il soggetto sperimentato verso una zona esperenziale fino ad allora sconosciuta a chicchessia. Se, infatti, qualche notizia era in precedenza trapelata in proposito lo si doveva al racconto di persone clinicamente morte e poi recuperate in extremis alla vita grazie al ricorso alle più avanzate tecniche di rianimazione. Si era, però, trattato di contatti assai brevi e di escursioni assai limitate in quel misterioso entroterra della morte in cui si vuole soggiornino i defunti prima di tornare a calpestare il suolo terrestre, mentre adesso, invece, ci si trova di fronte alla possibilità di penetrarvi profondamente e di illuminare abbondantemente un’area da sempre ritenuta inaccessibile all’essere incarnato. Consapevole dell’importanza e della delicatezza della sua scoperta, Witton ha prudentemente tenuto il segreto per tredici anni, durante i quali ha dato l’avvio ad un’indagine di notevole portata che si è avvalsa di trenta soggetti sperimentati contemporaneamente. Una volta raccolta una mole di materiale, a suo avviso sufficientemente valida, si è poi messo in contatto con Fischer, anch’egli da anni interessato alle regressioni ipnotiche, col quale ha messo ulteriormente a punto l’indagine esperita prima di renderla nota, indagine che nel complesso si presenta come una delle più affasci-nanti e gravide di conseguenza sia teoriche che pratiche che mai siano state compiute. Da una parte, infatti, c’è l’aspetto puramente conoscitivo che si trasforma automaticamente in una probabile prova concreta sia della sopravvivenza del quid intelligente e pen-sante alla morte corporea, che all’esistenza del processo rein-carnativo alla base dell’iter evolutivo di ciascun individuo. Dall’altra, invece, c’è quello terapeutico, costituito dalla pos-sibilità d’intervento diretto sui problemi complessivi dell’essere umano, in quanto la regressione agli spazi d’intervita consente il recupero del copione karmico sul quale è impostata la sua intera esistenza. Per l’appunto, a parte una visione generale di questo particolarissimo periodo che ricollegherebbe, colmandone i vuoti, una vita all’altra, dalle testimonianze di coloro che hanno potuto ricordare, o almeno così è parso, uno dei più importanti dati emersi è proprio quello che ne identifica l’utilità nella possibilità concessa al disincarnato di riesaminare, con una lucidità estremamente amplificata dalla sua peculiare condizione (stato di metacoscienza), l’ultima esperienza terrena e programmare, con l’ausilio di un collegio giudicante di saggi a tale incombenza spe-cificamente preposto, quella a venire che, comunque, non può prescindere dal rispetto della legge di causa ed effetto, altrimenti detta karmica, che esige l’osservanza di certi tracciati e, se ve ne sono, il pagamento dei debiti contratti con il resto del creato. L’importanza del recupero del copione karmico è talmente sentita dai due studiosi da spingerli addirittura ad elaborare una tecnica speciale che dovrebbe mettere chiunque lo voglia in condizione di ripercorrere da solo gli impervi sentieri della propria interiorità fino a ritrovare le radici oscure di quella rete di accadimenti che si presenta come il proprio inevitabile destino». Un’iniziativa questa che non può non fare sorgere qualche perplessità, non tanto sulle intenzioni di chi la propone, che si ritiene al di sopra di ogni sospetto, quanto sui risultati cui si può addivenire. Basta, infatti, avere un po’ dí dimestichezza con le discipline psicodinamiche per rendersi conto di quali e quanti problemi può trovarsi ad affrontare, senza neanche rendersene conto, l’incauto che in tale impresa volesse cimentarsi. Il meno che potrebbe capitargli sarebbe di trovarsi a scambiare fantasie inconsce con la propria matrice karmica, con tutte le spiacevoli conseguenze del caso. Lasciando alla discrezione ed al buonsenso l’utilizzazione o meno di questa discutibilissima possibilità, sarà forse opportuno soffermarsi per un attimo sull’indagine in generale. Non c’è dubbio che essa apra un capitolo del tutto nuovo nella storia della ricerca che ancora avvolge la realtà dell’uomo. Grazie alla duplice regressione alle vite precedenti ed agli spazi d’intervita, il passato più problematico e regresso di ciascun individuo potrebbe essere, in teoria, completamente ricostruito e le sue condizioni attuali enormemente migliorate dalle congiunte terapie che ne sono il corollario. Cedere ai facili entusiasmo, però, sarebbe assai poco pru-dente. A parte il fatto che questo tentativo, anche se condotto con tutte le cautele possibili, ha bisogno ancora di ulteriori approfondimenti e conferme per poter essere validato, non bisogna dimenticare che si é avvalso, più o meno come tutte le indagini di questa specie, di un procedimento che cela così tante insidie da poter facilmente indurre in errore anche lo sperimentatore più accorto e preparato (si e visto proprio qui come sia bastata una sola parola inappropriata, «vita, anziché «incarnazione», per aversi una profonda distorsione del programma prestabilito). Già per la regressione ipnotica ordinaria, ed ancor di più per quella alle vite precedenti, che pure sono controllabili in qualche modo perché qualche traccia di un passato umano è comunque reperibile, è stato rilevato come possa essere facile giungere a false conclusioni dal momento che le condizioni psichiche ed i processi fuorvianti — suggestione, disinibizione, simulazione, desiderio di compiacere lo sperimentatore — sono tali e tanti che riuscire ad individuarli e tenerli a bada tutti non è poi cosa tanto semplice. Figurarsi poi quando ci si trova in una condizione in cui manca anche qualsiasi ancorché piccola possibilità di verifica oggettiva. Restano, è vero, i racconti dei soggetti sperimentali che, pur non conoscendosi tra di loro e seguendo modalità di vita e di pensiero completamente diverse, sono perfettamente concordi, ma c’è sempre un contesto sociale comune che può esser accusato d’influenzamento. Sarà, perciò, meglio rimandare a domani, cioè a quando questo tipo di esperienze sarà ormai generalizzato ed offrirà quindi le garanzie di un maggior vaglio, un’adesione incondizionata. Se si vuole, ancor più casuale (benché anch’essa colma di significato, rispetto a quella di Whitton e di Fischer) è l’esperienza fatta da Weiss il quale, diversamente dai suoi due colleghi citati, di regressioni ipnotiche a vite precedenti non se ne era mai occupato. Non se ne era mai occupato almeno fino a quando, per una fortuita combinazione, vi si è trovato completamente coinvolto. Il tutto riguarda un solo soggetto, ma il caso ha tale carattere di eccezionalità da fare storia a sé e da giustificare il riporto di una breve sintesi. Tutto cominciò quando Chaterine, una ragazza ventisettenne affetta da un grave stato depressivo, crisi d’ansia, fobie ed idiosincrasie nei confronti dell’acqua, del buio e della morte, prese contatto con Weiss nella speranza che questi potesse aiutarla a risolvere i suoi problemi. Dópo diciotto mesi d’intensa terapia, durante i quali aveva sperimentato tutti i mezzi messi a sua disposizione dalla scienza e tutte le astuzie psicologiche acquisite con l’esercizio della professione senza che la sua •paziente ne avesse ricavato alcun beneficio, lo psicoanalista si era deciso a ricorrere all’ipnosi per meglio scandagliare le zone più profonde della sua personalità alla ricerca di quegli agenti patogeni che l’analisi tradizionale’ non era riuscita ad individuare. La prima seduta effettuata con questa tecnica impresse una svolta decisiva ed imprevista alla situazione. Chaterine, che era entrata in trance con estrema facilità, al comando di regredire ‘fino all’età da cui derivavano i suoi sintomo’ aveva rivissuto con agghiacciante nitidezza il momento della sua morte avvenuta per annegamento in una vita precedente. Ancora una volta l’utilizzo di una formula priva di particolari riferimenti temporali ha aperto all’indagine psichica canali sconosciuti ed ha lasciato intravvedere realtà sconcertanti ed insospettate.

Nel tempo successivo molti altri spazi di vite passate ed episodi traumatici in esse contenuti sono affiorati gradualmente alla coscienza e con essi frequenti escursioni negli spazi d’intervita, caratterizzati — ed è questa la grossa novità — dalla presenza di entità spirituali di alta evoluzione. in termini di resa gli uni avrebbero consentito di rintracciare le radici prime dei problemi presenti della paziente e di rirnuoverli, con sua conseguente guarigione; gli altri, invece, avrebbero favorito l’acquisizione di principi e concetti che, spiegando esaustivamente i perché fondamentali dell’essere avrebbero aperto nuove dimensioni di pensiero e nuove prospettive di vita agli orizzonti esistenziali del suo terapeuta, ormai diventato convinto assertore della concretezza dell’ipotesi rcincarnativa.

Detto così sembrerebbe proprio di essere di fronte ad una storia di ordinaria regressione a vite passate nonostante il modo inusuale con cui è iniziata. Come già altrove detto oggi sono in molti a cercare questo genere di esperienze, che sono diventate una delle strade alternative privilegiate a quella dello studio della medianità, tanto in voga nel secolo scorso ed ora pressocché desueto, dell’indagine sulla eventuale sopravvivenza della componente cosciente dell’uomo a quella corporea. Tuttavia, benché rientri in una casistica abbondantemente nota, questa storia presenta degli aspetti particolarmente interessanti.

Intanto è nata e si è sviluppata sotto gli occhi di una persona assolutamente al di fuori di questo tipo d’interessi e, perciò, completamente sottratta ai pericoli costituiti dall’«aspettativa» e, per di più, molto ben addentro ai meccanismi psicologici e quindi favorito nel riconoscere e schivare i tranelli che le psiche spesso pone in essere, riuscendo ad orientare lo sperimentatore verso soluzioni che combaciano con la realtà solo in apparenza. Naturalmente ciò non mette al riparo al cento per cento da possibili errori di valutazione (la psiche ed in special modo la sua componente inconscia, conserva ancora intatti molti dei suoi segreti) per cui si possa dire di trovarsi senz’altro in presenza di un fenomeno autentico di regressione a vite passate e che, di conseguenza, la reincarnazione, che ne costituisce allo stesso tempo il presupposto ed il corollario, sia un dato di fatto ormai acclarato: ma certamente induce a qualche dubbio ed a qualche riflessione.

Inoltre la qualità delle vite vissute in quelle epoche passate, che costituiscono il retroterra di quella. presente, quale emerge dagli stralci di esse che di questa storia sono il canovaccio, si pone come dato di particolare rilievo. Uno sguardo globale mostra come esse, salvo qualche insignificante eccezione, siano modeste, banali, addirittura tanto povere da sfociare nell’indigenza. Dove- sono andate a finire allora le vite grandiose, i personaggi altolocati o comunque di fascino e charme a bizzeffe che, secondo manuale, dovrebbero rappresentare la gratificante manifestazione in forma drammatica di inconsci sogni compensatori di esistenze insoddi-sfacenti?

È possibile credere che soltanto sensi di colpa e di auto-punizione siano stati all’origine del fenomeno, tenuto conto che avrebbero dovuto essere formazioni ben massicce per renderlo di così vasta portata e che, comunque, se così fosse stato, l’analisi tradizionale cui Chaterine era stata sottoposta in prima istanza non avrebbero potuto mancare di rilevare almeno in parte?

Ed infine gli spazi d’intervita, che ne costituiscono i momenti salienti per il pregnante contenuto dei messaggi provenienti dalle misteriose presenze che li animano, si discostano dalle fattispecie perché non si limitano ad essere soltanto la riproduzione di esperienze antiche, ma si trasformano in veri e propri canali di comunicazione tra questa ed un’altra presunta dimensione di esistenza. Le voci che attraverso essi fin qui giungono, infatti, se da una parte gettano sprazzi di luce sui vissuti pregressi di Chaterine, indicando via via le lezioni che da ciascuna vita aveva imparato, o avrebbe dovuti imparare, con ciò implicitamente giustificandone le peculiarità, dall’altra, invece, costruiscono, anche se solo con brevi tratti, la struttura portante di una teoria unitaria del reale ampiamente esaustiva degli ancora irrisolti per-ché esistenziali umani che, guarda caso, corrisponde perfet-tamente con i punti esistenziali del pensiero medianico di miglior livello…

Questo breve excursus nell’ambito del nuovo campo d’indagine, rappresentato dalle esperienze di regressione ipnotica alle vite precedenti, non pretende certo di aver esaudito l’argomento, né questa era la sua intenzione, ma solo di averlo proposto in tutta la sua problematicità. Facendo il pro ed il contro bisogna convenire che allo stato attuale dei fatti non si può, facendovi riferimento, assolutamente parlare di prova certa della reincarnazione, ma soltanto d’indizi, magari sostanziosi, da valutare attentamente oggi e da verificare ancor più attentamente domani. Certamente l’ipno-regressione, per il suo puntare al bersaglio in maniera così diretta, si propone come la strada maestra per arrivare velocemente al dunque.

I problemi da risolvere affinché essa diventi «sicura» sono, però, tanti e notevoli. Giusto per rimanere ai più significativi basti ricordare che l’obiettivo da cogliere (vite passate) sì colloca in una dimensione sulla cui esistenza ancora si discute, gli strumenti da usare (tecniche ipno-regressive) non sono stati ancora affinati abbastanza da essere affidabili al cento per cento, la materia su cui si opera (psiche) è estremamente complessa e per molti aspetti ancora sconosciuta.

L’essere ancora così lontani da ogni certezza, e magari con la possibilità di non riuscire ad averla mai, non deve, tuttavia, indurre ad abbandonare il campo. La scienza ha l’obbligo morale di percorrere tutte le strade, anche le più impervie, che si aprono verso la conoscenza se non vuole rinunziare al suo programma più vasto ed ambizioso che è quello di rendere leggibili tutti gli aspetti, anche quelli più minuti, dell’esistente. L’uomo, a sua volta, ha quello di misurarsi costantemente con l’ignoto, specialmente con quella sua parte che come questa più da vicino lo riguarda, perché, al di là del fatto che l’obiettivo designato venga o no raggiunto, è proprio con lo sforzo che si compie per capire, per andare oltre, che si realizza un’importante esperienza di crescita interiore. Il segreto sta nell’andare avanti e nel cogliere i frutti che s’incontrano via via che maturano.

Elena Bianco

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