Colloquio 9

Colloquio 9

LIBERTÀ DI DIO

«Poiché tutte le qualità di Dio sono ab-aeterno e tutto è stato da Lui già creato, quali scelte creative oggi avrebbe Dio? In pratica, non può darsi che Dio non sia più un Essere libero?

«Si, indubbiamente l’idea di libertà implica una presunzione di scelta fra due o più cose (non diciamo se giuste o ingiuste), fra due o più soluzioni, tra idee dissimili fra loro, e via di seguito.

Ora, certamente Dio non sceglie fra più idee ciò che sia conveniente o non conveniente fare, perché ragionare cosi è un po’ strumentalizzare l’intelligenza a cene scelte, a certi fini, a certe possibilità di errore, scarto di errori possibili, valutazioni probabilistiche e via di seguito: tutto questo non può esserci in Dio perché se Dio dovesse scegliere fra due o più cose, evidentemente egli non sceglierebbe secondo un calcolo di probabilità, ma in base alla sua onniscienza.

In questo ragionamento c’è però un vizio di origine, perché queste idee di diverse possibilità e soluzioni non gli verrebbero dall’esterno come può capitare a voi uomini, ma da sè medesimo. E non è possibile che in un Dio perfetto in assoluto, si badi bene, in assoluto, possano manifestarsi idee delle quali una sia giusta e le altre non giuste. Perché non è ammissibile che da Dio — perfezione assoluta — possano prodursi idee che non siano già giuste.

Quindi Dio non ha scelta. Cioè l’idea che in Lui si costituisce è già assoluta, perfetta. Certo, rimane il grosso problema se veramente Dio abbia idee che sopraggiungono come nuove (come nuove, si badi bene). Perché qui, naturalmente, noi avanziamo sempre per ipotesi, perché nessuno è nella mente di Dio che possa risolvere il quesito. Idee nuove, dal nostro punto di vista, Dio non dovrebbe averne mai. Voi sapete bene che per Dio avere una idea nuova, significa ammettere che questa idea non sia stata prima e cioè ammettere che Dio possa pensare oggi cose che non sia riuscito a pensare precedentemente: il che significherebbe che il Dio di oggi è un essere più potente e più grande di quello di ieri e ciò porrebbe una relatività di Dio. Ma poiché noi abbiamo sempre sostenuto che Dio è assoluto, eterno ed infinito (e questo significa che tutti gli attributi di Dio sono così) egli ha già risolto tutto nell’eternità. Cioè Il termine eterno include anche il fatto che ogni cosa è sempre stata pensata, sicchè le idee di Dio non possono contemplare nulla che già non sia stato da sempre contemplato.: ma ciò porta all’idea di un Dio statico.

Certo, un fatto così grave come quello della staticità e della immu-tabilità di Dio, da una parte è garanzia universale, cioè è garanzia che egli è fonte, motore di tutto il possibile Universo, è là e sarà sempre là. Cioè, noi siamo sicuri che non moriremo mai proprio perché Dio è così, perché se Dio non risultasse essere così, se egli fosse in qualche modo suscettibile di vita e morte all’interno della sua struttura (o anche di cambiamento), cioè se nella sua struttura certe idee potessero avere fine (per esempio per estinzione o per il sopraggiungere di idee nuove che eliminino le vecchie) noi non avremmo alcuna garanzia di vivere in eterno, perché potremmo proprio essere compresi in quelle idee che Dio deve eliminare per superamento, per esaurimento dell’idea stessa o per l’arrivo di una idea nuova.

Tuttavia l’osservazione delle Leggi conferma questa paradossale immobilità, perché non esiste e non è mai esistito alcun principio nell’Universo che sia decaduto o si sia trasformato. Nei fatti attinenti allo spirito, alla vita spirituale, all’evoluzione, alla nascita degli essere spirituali ed ai grandi mutamenti della leggi universali, non è mai accaduta l’estinzione di un principio o di una legge per esaurimento della stessa e sostituzione con una nuova legge.

Noi non abbiamo mai osservato il fenomeno della morte nell’ambito della struttura universale, sia spirituale che fisica. Ma se non è stato mai visto un fenomeno del genere, è stata invece osservata la nuova apertura di leggi e prospettive, ma sempre con la conservazione delle precedenti; ciò significa che in realtà esiste uno stato di perennità di tutte le singole parti della struttura universale. E se è così, poiché è sempre stato così, ciò significa che anche dall’altra parte, cioè dalla parte di Dio, non ci sono mutamenti».

L’infinito, la creazione, la vita sono tali in ogni direzione, per usa-re questo termine, sicché veramente la creazione di Dio non è quella soltanto dello spirito e del nostro Universo, ma è infinita, cioè a dire che egli ha creato e crea un infinito numero di combinazioni di vita, di esseri spirituali e di universi tutti strutturati diversamente fra loro e che noi non conosciamo, evidentemente

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Il concetto di evoluzione si applica solo a noi e non a Dio. Per noi l’universo è in accrescimento eterno e infinito e dunque, a noi, Dio non apparirà mai immobile perché noi, essendo immersi in un processo evolutivo che è infinito, avremo di Dio una immagine in

continuo accrescimento e discoprimento.

Ma crea anche altri essere spirituali intelligenti?

– Non abbiamo risposto di no a questa domanda, veramente. L’ab-biamo lasciata come ipotesi evidentemente, e come ipotesi deve rimanere, perchè nè io, nè altri, mai lo sapremo. perchè la loro condizione è tale da non essere intercambiabile con la nostra e neppure conoscibile.

Ma a livelli elevatissimi la finalità di tutti questi universi è identi-ca proprio perchè il carattere dì Dio c unico nei confronti di qualunque possibilità. Cioè, in pratica, Dio è lo stesso per tutti, non è un Dio diverso. Se è diverso, lo è nel senso delle manifestazioni e delle possibilità di giungere a certi livelli di conoscenza, perché la questione di Dio si pone proprio così; cioè Dio è percorribile, è conoscibile gradatamente, per tappe.

Nessuno di noi arriverà mai al punto in cui Dio «finisce», quindi nessuno raggiunge mai Dio, questo è un fatto assolutamente certo. Noi percorriamo una certa strada e lo conosciamo, lo approfondiamo sempre di più.

Anche ammettendo, come si sta facendo a livello di supposizioni e di ipotesi, che Dio abbia una infinità di manifestazioni, con questo

però non si sfugge al problema di base, cioè che egli ha comunque fatto tutto dall’eternità.

Si ritorna naturalmente al problema iniziale, ma con un’ampiezza maggiore. Ora, una probabilità di uscita da questo ragionamento, (escludendo che Dio possa avere un’attività di pensiero in qualche modo paragonabile a quella nostra) può risiedere nel fatto che l’infinito sia una condizione di percorribilità non esaurita dallo stesso Dio, pure essendo un principio che egli abbraccia e che da lui si muove.

Cioè può darsi che sia questa una possibilità che Dio si sia data per impedirsi di restare totalmente imprigionato dentro se stesso. Si può pensare, insomma, sul piano della logica, che l’infinito — anche se compreso in Dio — non sia da Dio percorribile in maniera totale ed in maniera eterna. Questo carattere di infinito libererebbe Dio dalla schiavitù di se stesso, proprio perché, provenendo dalla sua stessa struttura, l’infinito lascerebbe salva la possibilità di una «vita» autonoma e non completamente condizionata da tutti gli altri attributi.

Indubbiamente Dio vive, cioè è qualcosa che vive. Questa vita di Dio non è soggetta alla fine, sarà eternamente così. Vi rendete conto che implicitamente, ammettere questo in Dio significa sottrargli una possibilità e cioè la possibilità che egli possa percorrersi fino alla fine? Cioè a Dio e vietato giungere alla fine di qualche cosa.

Questa è una ipotesi alquanto nuova. Riflettete su questo punto. A Dio è dunque vietato percorrersi fino alla fine. In un certo senso, direi che gli è vietato vedersi morire per cui egli non giunge mai alla fine di un suo attributo. Questo vuol dire che certe situazioni non sono raggiungibili nemmeno da Dio stesso, nonostante egli le detenga proprio per il fatto che egli, appunto, è Dio.

In realtà egli è Dio proprio perché ha dentro di sè alcune di queste Forze infinite che egli stesso non può percorrere fino alla fine, pena la sua stessa distruzione. Naturalmente questo solleva un altro quesito e cioè: donde è venuto Dio? A questo io credo che non si potrà mai dare una risposta sul piano di una qualunque logica di tipo umano e, direi, anche di tipo spirituale. Invece, i suoi attributi si possono certamente discutere.

Non sono d’accordo sul fatto che Dio non possa percorrersi fino in fondo. Penso che egli crei dei mondi, degli universi, e che poi li lasci liberi di organizzazioni e di perpetuarsi…

Sempre in base a leggi che lui ha date…

Certo. Vedrei in questa eternità Dio che percorre sempre altri li-velli, secondo un processo infinito, rendendo mano mano autonome le strutture che egli ha creato. Non è una ipotesi?...

Si, certamente. Ma questa corrisponde appunto a quella che io pro-ponevo circa gli altri piani, le altre condizioni di universi e di realtà che sono svincolati fra loro, e quindi non intercambiabili.

A questo punto si spiegherebbe l’attività dello spirito, cioè quest’e-manazione di Sé. Lo spirito, in fondo, ha un compito conoscitivo affidatogli da Dio, quindi, in realtà, è come se Dio stesso, attraverso i suoi spiriti, continuasse a vivere in questi universi in sviluppo, in un processo continuo.

No, vedi. È un pò capzioso ritenere che Dio possa vivere attraver-so gli spiriti che si sviluppano e si evolvono, perché, in fondo, l’evoluzione che può compiere uno qualunque di noi Dio la conosce già, l’ha tutta in sè, già è realtà, anche se poi per diventare realizzazione impiegherà un miliardo di secoli. Direi che il problema non si pone.

Allora vorrei che riprendessimo il ragionamento che Dio non può percorrersi, perché in realtà Dio si percorre benissimo, e arriva alle conclusioni, in se stesso.

Le cose che egli fa, che egli manifesta, produce o crea, sono a loro volta infinite, cioè non sono soggette a morte, a fine. Quindi, in realtà, quando Dio stabilisce un principio, anche se potenzialmente questo principio esiste in quanto tale, tuttavia esso è eterno, è infinito, cioè non ha fine e non ha fine neppure Dio. Perché se non ha fine, non ha fine per nessuno, nemmeno per Dio. Cioè è un principio eterno ed infinito che Lui abbraccia naturalmente, perfettamente, perché l’infinito proviene da se stesso.

Dunque, egli nel dare, nel trasferire una sua qualità alle cose che crea, lo fa coscientemente, cioè egli sà che cosa trasferisce. Potrei dire che egli non può fare a meno di trasferire i suoi attributi perché le cose che provengono da Dio sono sempre infinite, eterne ed assolute, perché Egli, dentro di sè, non ha nulla che non sia infinito eterno ed assoluto. Però il punto è proprio questo: l’infinito, non avendo dunque limiti, non ha una fine neppure per Dio.

In fondo, in ultima analisi, Dio e infinito sono la stessa cosa…

Si, appunto, perciò dicevo che ogni realtà che viene emanata da Dio è «naturalmente» infinita. In fondo, essa non è mai staccata da lui, diventa autonoma, ma si stacca soltanto da un punto di vista dialettico, teorico. In fondo, l’infinito e l’eternità non sono garanzie soltanto per noi e per l’Universo, ma lo sono anche per Dio. In realtà, Dio è tale proprio perché ha questi attributi.

Ora, è possibile che egli non abbia la possibilità di esaurire questo infinito, proprio perché l’infinito è un attributo antecedente al suo «farsi» Dio. L’attribuzione di infinito, di assoluto e di eternità sono «antecedenti» a Lui, anche se questo dire «antecedente a lui» sembra creare un bisticcio, cioè sembra lasciar pensare a qualcosa che abbia fatto Dio. No. Io voglio semplicemente dire che l’essere di Dio è tale in quanto esistono alcuni attributi a priori, che devono essere posti a priori per il farsi stesso della realtà di Dio. Per essere Dio, bisogna che i suoi attributi fondamentali gli siano dunque basilari, siano antecedenti alla definizione e al porsi come entità di Dio. Ora come ciò sia avvenuto, è chiaro, non si sa. Però la questione deve essere considerata così perché il principio di infinito e di eternità devono costituire un a-priori finanche rispetto al porsi stesso Dio.

Il che’ significa (non relativizzando l’infinito rispetto a Dio) che l’infinito, ad esempio, è l’infinito anche per Lui?…

L’infinito è una condizione antecendente al suo farsi, al suo porsi, al suo essere vita. Cioè è una realtà del suo essere, sulla quale io direi che probabilmente non può agire e dalla quale egli è assolutamente condizionato. Egli non può modificare, per esempio, uno di questi attributi. Egli non può stabilire ad un certo momento, per esempio, di non essere più eterno. Cioè questa possibilità gli è sottratta; deve essere così. Anche perché se egli sottraesse da sè qualcuno di questi attributi dovrebbe sottrarli in vista di una qualche trasformazione o in confronto a qualcos’altro che non esiste.

Egli potrebbe pensare ad una sua distruzione, ma una sua distru-zione in che cosa? Il discorso, certo, diventa assurdo. Perciò Dio ad un certo punto lo si percorre sempre per ipotesi, e questo anche nel mondo spirituale. Cioè vi sono dei segni abbastanza chiari di Dio che si identificano e sono alcuni segni dei suoi attributi: noi definiamo benissimo Dio eterno e assoluto, possiamo dimostrarlo, perché vi sono molti particolari dell’Universo che ci confermano l’esistenza di Dio con questi attributi. Però tutti questi segni non ci offrono delle spiegazioni. Quando cerchiamo di spiegarci certi collegamenti, di risalire a certe origini, ci troviamo indubbiamente di fronte solo a delle ipotesi, perché nessuno ci dice nulla e soltanto Dio potrebbe darci una risposta. Ma poiché non esiste un colloquio fra noi e Dio, se non per via indiretta, cioè per via appunto delle leggi universali, le risposte restano soltanto delle ipotesi, anche altamente probabili.

Ma il fatto che lo spirito rincorra Dio attraverso la conoscenza, ben sapendo che non arriverà mai, non provoca un continuo stato di insoddisfazione e di frustazione?

Rincorrere» non è proprio un termine esatto. Ciò non ha assoluta-mente importanza, perché non è vero che non ci arrivi. Ogni tappa che egli raggiunge è qualcosa di Dio che ha conosciuto, e corrisponde anche ad uno stato di benessere dello spirito. Così è. Non è dunque una sofferenza, una pena, il non poter mai raggiungere Dio. Lo spirito non si propone di raggiungere Dio, ma di conoscerlo. Questa conoscenza gli viene per gradi e lo spirito è dunque pienamente soddisfatto di tutto questo. Raggiunta pienamente quella esperienza, in quella esperienza e a quel limite lo spirito è completamente soddisfatto.

La soddisfazione la puoi paragonare a quella dell’uomo: il bambi-no di cinque anni è soddisfatto per quel giocattolo, quello di dieci anni per quell’altro tipo di giocattolo, e via di seguito; ciascuno è soddisfatto in base all’età che corrisponde poi alla sua maturità. Il bambino di dieci anni non desidera le cose dell’uomo di quaranta, nè desidera la conoscenza o la felicità dell’uomo dì quaranta, egli è contento se raggiunge quel tipo di felicità media proporzionata a quell’età e, a quel limite, la sua felicità è completa, egli la sente come completa. Ed è la stessa felicità dell’uomo di quaranta, proporzionata alla sua conoscenza ed alla sua età. Le due felicità si equivalgono, sono eguali, tali e quali, non sono diverse, non sono una più grande ed una più piccola»

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