Colloquio 10

Colloquio 10

IN DIO NON SI TORNA

«Qualcuno afferma che lo spirito confluisce in Dio e sì annulla. Ma questo non ha alcun senso cd è inoltre contrario ad ogni principio matematico.

Io non nego che molte speculazioni conducano all’errore di ritenere vero un «riassorbimento» in Dio.

Noi ci troviamo, invece, di fronte a dei fatti semplicissimi. Se noi diciamo che Dio è infinito, eterno, ecc., ne viene di conseguenza che soltanto un altro infinito può sovrapporsi a Dio e, sovrapponendosi, esserne assorbito. Perché? Ma perché due infiniti non esistono, non possono esistere, poiché l’infinito è tale per definizione e comprende ogni possibilità. Non esistono due infiniti, perché se l’uno sarebbe l’altro, avremmo soltanto una finzione matematica.

D’altra parte, Dio, essendo infinito, diventa di per sè irraggiungibile. Perché? Perché Dio per essere Dio è un infinito già espresso, cioè non è potenziale, altrimenti sarebbe come noi. Noi abbiamo una struttura infinita, ma siamo potenziali. Infatti ciascuno di noi ha il suo limite che è quello della sua evoluzione. Dunque, poiché a Dio non possiamo assegnare limiti evolutivi, altrimenti tutto il discorso cadrebbe, ne deriva che l’infinitezza di Dio è espressa, non è nè potenziale, nè relativamente manifesta perché Dio è appunto infinito.

Ora, basta accettare già questo principio, questa definizione di Dio per farlo diventare irraggiungibile. I fautori del ricongiungimento in Dio dovrebbero spiegare come sarebbe possibile raggiungere questo infinito, come sarebbe possibile sovrapporsi e «ripenetrare» in Dio e, naturalmente, anche per quale ragione dovrebbe poi farsi una siffatta operazione. La questione è che lo spirito, nel corso dell’evoluzione si accresce, indubbiainente; cioè la sua struttura diventa più ampia, ma non più ampia quantitativamente, bensì qualitativamente, ha cioè una possibilità «ricettiva» che l’evoluzione amplia gradatamente.

Questa struttura tende all’infinito, cioè tende a quella misura che noi abbiamo dato a Dio. Tende a Dio nel senso che tende ad una risonanza di tipo infinito; questa risonanza teoricamente è accettabile. à accettabile perché quando noi assegnamo alla struttura dello spirito un carattere di infinito, è chiaro che essendo questa struttura limitata — in quanto autonoma essa deve tendere alla massima espansione di risonanza, dunque tendere all’infinito e non c’è dubbio che su determinati livelli evolutivi questa struttura acquista una risonanza così ampia da essere scambiata per infinito.

Ma questo apparente infinito, o infinitezza della struttura dello spirito, è sempre inferiore a quella di Dio, perché lo spirito è una forza creata, cioè una forza distaccatasi da un’altra forza, mentre Dio non è una forza creata. Lo spirito, da un punto di vista della struttura universale, è diventato tale, Dio dal punto di vista di una struttura universale è sempre stato tale.

La differenza ulteriore che si pone è nel limite dell’origine: noi possiamo dire che potenzialmente lo spirito una origine l’ha avuta, tanto è vero che la conferma ci viene dall’evoluzione. L’evoluzione è da considerarsi non solo nel «futuro», ma anche a ritroso, come «passato». Cioè se c’è una dinamica ulteriore dello spirito, vuol dire che c’è stato anche un passato; nel momento dell’attività lo spirito riconosce un divenire, ma anche un passato, non fosse altro perché chi è ad una evoluzione dieci simbolicamente ha dentro di sè dall’uno al dieci, dunque ha un passato almeno fino al nove. Ora questo in Dio non c’è, perché in Dio non c’è un processo di divenire, appunto per questo noi lo definiamo un essere eterno.

Ora, in base a questa considerazioni, l’assorbimento o il ritorno dello spirito in Dio significherebbe la sua distruzione, cioè distruzione di una struttura che dunque non sarebbe eterna. E come fa la struttura spirituale a non essere eterna se lo è dal punto di vista energetico? Perché la struttura è energia, noi non stiamo parlando di una cosa astratta; lo spirito è una struttura energetica, non è una cosa «spirituale», è concretamente una cosa che esiste, e dunque è una struttura di tipo universale, costituita da un tipo di energia che, poiché come abbiamo stabilito proviene da Dio, deve contenere la qualità di Dio, così come un uomo nato da donna contiene la qualità dell’umanità, cioè tutte le cose che la madre gli ha trasferito.

Al suo livello, le stesse cose sono ‘date da Dio, sono cioè trasferite a queste strutture unitarie emanate dalla sua struttura principale di cui conservano i caratteri, primo fra questi il «principio dell’immortalità», che non è un principio puramente romantico, ma è riferito ad una struttura energetica che non soggiace al fenomeno del «deperimento» e della morte e che in ciò riproduce esattamente la struttura universale.

Infatti nell’universo non esiste il fenomeno della morte come principio generale e questo non occorre clic lo dica una rivelazione o che sia solo una supposizione filosofica: la stessa fisica umana è già arrivata a tanto.

L’energia si trasforma in tutto quel che volete, ma non è soggetta a distruzione, non c’è nulla che si distrugga nell’universo. Ora perché mai questo principio di distruzione lo dovrebbe possedere la struttura dello spirito che ha tante altre caratteristiche in più della struttura fisica dell’universo? Spirito che, provenendo da Dio, ha questi attributi che non gli sono dati in quanto spirito, cioè «exempla» dell’universo, ma che gli sono dati inequivocabilmente in quanto struttura energetica del tutto simile a quella universale.

Ora che una struttura possa trasformarsi è fuor di discussione e Io spirito si trasforma, lo sappiamo bene, in virtù di un principio che abbiamo chiamato di evoluzione; dal momento che egli però conserva una unità che è strettamente correlala all’individualità, questo spirito ha per conseguenza un «futuro» (se di «futuro» si può parlare) che è strettamente conseguenziale.

Se ci avessero detto che lo spirito viene creato, vive una sola volta e ritorna subito in Dio, che c’è il fenomeno «vita» e il fenomeno «morte», avremmo potuto parlare di una energia in qualche modo qualificata che si espande e si ritrae come una luce che si accende e si smorza immediatamente. Il tutto dovuto a un particolare incrocio di circostanze, quindi ad una programmazione della creazione e della struttura della creazione finalizzata al nascere ed al morire.

Il discorso in qualche modo avrebbe potuto portarsi sulla precarietà di questa «luminescenza», ce ne saremmo chiesti il perché.

D’altra parte, se ci avessero detto che lo spirito col passare dell’evoluzione fosse stato soggetto a un «decrescimento» sino a un ritorno allo zero, anche in questo caso ce ne saremmo dati una ragione, cioè avremmo potuto chiederci (e avremmo forse trovata la soluzione) perché una forza perde di potenziale, si impoverisce e si destruttura, cioè si scinde sino a ritornare alle origini. Ma questo non si verifica, nè alcuno ha mai affermato e sostenuto una cosa del genere altamente improponibile, inquantoché non soltanto il fenomeno della morte (come abbiamo visto) non esiste come principio, ma non esiste neppure nell’universo inteso come materia, e dunque non esiste in senso assoluto. La struttura dello spirito è invece perfettamente omogenea e costantemente accrescibile e mai deperibile perché il principio dell’evoluzione è un principio di accrescimento, altrimento l’avremmo chiamato di involuzione.

Ora, in base a questa serie dì elementi e a tanti altri che potremmo naturalmente evidenziare, e non la finiremmo più, la morte dello spirito sarebbe un puro «genocidio» di Dio sotto il profilo ontologico dell’universo.

Si tratterebbe di un «genocidio» perché noi riconosciamo allo spirito alcuni attributi chiave, cioè l’essere intelligente, il lavoro nell’evoluzione con lo sforzo, cioè con una volontà di accrescimento, con un desiderio, col bisogno di una più ampia risonanza interiore. C’è un lavoro misurabile in.termini di forze, c’è una forza-lavoro che si sviluppa all’interno della struttura spirituale e che l’essere terminale, cioè la coscienza dello spirito, vigilmente accetta e in essa si auto-riconosce: è a livello di tale coscienza che si sviluppa tutta questa manifestazione cioè della forza di lavoro impegnati, soggettiva, che va a verificarsi nell’impatto con la realtà dell’universo.

Con una tale qualificazione, un essere individuale che ha una struttura di personalità e di evoluzione con fini e compiti precisi dovrebbe essere semplicemente cancellato con un atto che potrebbe avere soltanto una spiegazione: quella di far posto ad altri esseri nell’universo? Ma questo sarebbe completamente privo di senso, non soltanto perché nell’universo c’è posto per l’infinito, ma perchcè non avrebbe senso la ripetizione coatta di una creazione cioè di una «fenomenologia» che si ripete, si annulla, si rinnova, si ripete, si annulla, così, all’infinito, senza tener minimamente. conto che le strutture create (cioè gli spiriti) sono veramente i figli di Dio in senso autenticamente reale.

Siamo veramente suoi figli perché: proveniamo dalla sua struttura, come un figlio proviene dai suoi genitori, cioè ereditariamente noi proveniamo da Dio perché la nostra struttura è simile alla sua,

Dunque non c’è, a mio avviso, alcuna spiegazione che possa reggere e dimostrare che lo spirito si annulla in Dio.

È assurdo che su un principio così importante ci possa essere un disaccordo.

È probabile che in alcuni casi si sia voluto tentare un ragionamento molto alto e profondo, bisognevole di ulteriore chiarimento, e che invece l’ambiente si sia fermato a un certo livello. Per esempio su quel tema si potrebbe dire questo: che la zona interiore, immaginativa dello spirito a un certo punto dell’evoluzione raggiunge una rarefazione tale da confondersi praticamente col Principio generale e vitale dell’universo. Ma «confondersi» non significa fusione, significa raggiungere uno stato di equilibrio con una serie di principi divini o con alcuni aspetti delle divinità per cui avviene una sorta di «compenetrazione». Detto così è perfettamente vero, perfrttamente accettabile. Però una cosa del genere va chiarita in questi termini: gli aspetti di Dio sono infiniti, il che significa che non è solo infinita la struttura di Dio, ma che sono infiniti anche gli aspetti e le manifestazioni di Dio, e che alcuni di questi aspetti lo spirito li può percorrere; questo però non significa niente.

In un certo senso, lo stesso ambito di materialità è percorribile dallo spirito, ed è percorribile al punto tale — in maniera anche completa — per cui si può dire che si è superata una fase universale e che uno degli aspetti di Dio (perché la «materialità» è uno dei suoi aspetti) è stato raggiunto e superato.

Però ciò non significa proprio niente, nè autorizza a niente. Dio resta sempre un’«altra cosa». Ma su di un piano in cui l’aspetto fisico dell’universo non ha più rilevanza (quindi cì troviamo ín una situazione fenomenologica puramente energetica e oltre ancora, spirituale) alcune problematiche, alcune risonanze dello spirito si espandono con una tale ampiezza da sovrapporsi, con lo stesso ritmo, ad altre risonanze che provengono dai principi divini.

Ora accade che se non si è capito bene questo, e io non voglio naturalmente entrare in un giudizio di merito, sia molto facile slittare in un concetto di «fusione», mentre si tratta invece di sovrapposizione di risonanze che lasciano integra la struttura complessiva dello spirito e che, a mio avviso, vanno sempre assunte col carattere della provvisorietà in quanto che, per quanto ampia possa essere questa congiunzione, essa è sempre superabile; ed anche se non è superabile (perché possono stabilirsi dei punti-limite che non vanno superati, perché sono in perfetto equilibrio), contemporaneairiente appaiono altre possi-bilità, sempre in base al Fenomeno della poliedrieità infinita dell’universo e quindi di Dio. E questo il punto più pericoloso da trattare, perché è il punto in cui, visto da una posizione inferiore, sembra veramente che si sia operata una «sparizione» dello spirito…

Facciamo un. ulteriore esempio, ma proprio terra terra. Se voi accendete due lampadine in questa camera, le due luci si confondono al punto tale da apparire una sola luce e non sarete mai in grado di stabilire qual’è la parte della luce che proviene dalla lampada di destra e quale da quella di sinistra: le due luci sono fuse, ma noi sappiamo bene che sono due le lampade accese: allora chi vedesse questa luce senza poter vedere le lampadine direbbe che c’è una sola luce accesa, mentre noi invece sappiamo che ve ne sono due.

Ma c’è anche altro da dire. Questa faccenda dello spirito che insegue Dio è altrettanto paradossale perché, noi siamo sempre in Dio, solo che non ce ne accorgiamo. Siamo sempre in Lui; da quando siamo stati creati non abbiamo mai abbandonato Dio, non ce ne siamo andati, siamo sempre rimasti in Lui.

Insomma, Dio non è un essere che sia da un’altra parte che noi dobbiamo raggiungere o che tentiamo di raggiungere. Noi siamo sempre rimasti in Lui, non ci siamo mai mossi da Dio. Perché, se abbiamo detto che Dio tutto include anche noi, e se ci include vuoi dire che noi siamo sempre in Lui, è una logica conseguenza. Quindi si tratta solo di un «riconoscimento», non di un passaggio da un luogo all’altro.

Se questo avviene, è un percorso clic si svolge sempre all’interno della struttura divina, cd essendo sempre dal «di dentro» ci sarà impossibile vederlo dal «di fuori», e quindi di poterlo definire, e quindi poter capire dove comincia o dove finisce Dio.

Poi devo dire che è un problema tipicamente umano, è un problema che nemmeno lo spirito si pone. Lo spirito non fa una «corsa » per degli obiettivi da raggiungere. La situazione interiore dello spirito è ben diversa da quella della mente umana. Lo spirito cerca un accresci-mento perché esso è in funzione di una illuminazione, diremo che è in funzione di una maggiore ampiezza di possibilità di risonanza, per fruire maggiormente di questo universo nel quale si trova, il quale corrisponde a una maggiore capacità sempre interiore. La struttura dello spirito, Io ripeto ancora una volta, si amplia qualitativamente in base al fatto di essere una struttura potenziale e non una struttura definita».

Abbiamo finito

oppure è appena cominciato

il discorso interiore

che parla di Lui?

Senza Anima Dio è introvabile.

Bisogna cercare a fondo,

scavare, impegnarsi, osservare

e vivere il mondo,

scoprire le radici e il senso della vita.

La mente è importante

ed è, credo,

l’unica che abbia una operatività

perché è in grado di condurci

al posto di frontiera

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