D. – In realtà, se si nasce in modo sessualmente ibrido, quale ripercussione si potrà avere sull’anima? O nel senso più estensivo della vita interiore delle persone? Indubbiamente una cosa è fare esperienza con un corpo maschile e altra è farla con uno femminile. Probabilmente non perché ci siano diversità tra i vari generi, ma proprio perché è la percezione dell’esperienza che può cambiare.
A. – Anzitutto preciserei, anche se appare subito superfluo dirlo, che l’anima e lo spirito non hanno alcuna inclinazione che possa somigliare a una scelta sessuale. Detto questo, l’anima corporalmente intesa, nel senso etico delle umane cose, non è privilegiata nel fare esperienza in un corpo femminile o maschile, omosessuale o intersessuale, qualunque cosa poi significhino questi termini. Tuttavia, prescindendo definitivamente dall’inclinazione sessuale, è altrettanto chiaro che ogni tipologia di corpo produce esperienze specifiche e di genere. Ma questo fatto dipende essenzialmente dalla tipologia delle esperienze più che dall’inclinazione del soggetto. Un maschio ha sensazioni e percezioni che lo porteranno a comportamenti conseguenziali sui quali agiranno gli stessi istinti. Per esempio il maschio, nel senso naturalistico inclinerà al corteggiamento, alla decisione sessuale e finanche all’aggressione sessuale perché è questo che è scritto nella sua sessualità mascolina, mentre la femmina produrrà seduzione, sensualità e disponibilità o rifiuto sia in senso genitale che più socialmente comportamentale. Tuttavia è abbastanza frequente che le persone, siano maschi o femmine, hanno aspetti intersessuali anche quando non giungono all’ibrido anatomico. Intendo dire che, con variazioni e gradualità varie, ciascun sesso ha quasi sempre una parte dei caratteri sessualmente opposti a quelli apparenti. Su questo discorso insiste poi la morale sociale, che definisce la sessualità bianca o nera, dimenticandosi dei colori intermedi, ma finendo col dare un marchio socialmente riprovevole a tutti coloro che, per natura, propendono più accentuatamente sia per una intersessualità che per una sessualità alternativa a quella di nascita.
D. – Per cui, spiritualmente, il problema non esisterebbe, ma resta il fatto che cambiano le esperienze.
A. – Attenzione, non è proprio così. Lo spirito non è sessuato e quindi le esperienze, come le conoscenze, possono essere diverse da sesso a sesso, ma restano sempre esperienze, cioè eventi che maturano la soggettività dello spirito. Per lo spirito il sesso umano può avere una specificità (essere maschile o femminile) solo se si parcellizzano le esperienze in funzione della conoscenza. Del resto la vita sessuale, prescindendo dalla riproduzione e conservazione della specie, dovrebbe sempre essere finalizzata alla conoscenza, di sé e dell’altro. Per cui, poiché anche la conoscenza è asessuata in quanto tende a far crescere conoscitivamente le parti astratte dello spirito, se ne deduce che ad una crescita del genere, pur nella diversità dei contenuti, è indifferente se essa provenga da una sessualità maschile, femminile o intersessuale. Ora, quand’è che una conoscenza, proveniente dall’esperienza sessuale, diventa anche esperienza spirituale?
Lo diventa quando, come già hanno sostenuto i Greci dell’età classica, il rapporto non è volgare ma estetico, cioè implica la ricerca della bellezza. E per bellezza non si deve intendere quella fisica, ma della gentilezza e fascinazione dell’anima, il cui corpo, pur rapito dagli ormoni e dal desiderio, consideri l’Altro e se stesso, come soggetto e nel contempo oggetto d’esperienza sia percettiva che sensoria. E’ evidente che queste nostre considerazioni costituiscono modelli ideali che ogni società integra con le sue culture e abitudini, ma idealmente i principi non variano, perché sono fondamenti del rapporto tra spirito e materia. Indipendentemente dalla sessualità, i gesti e le attività umane dovrebbero sempre rivolgersi a un fine e, nel contempo, propiziare la vita interiore dell’anima attraverso uno scambio tra astrazioni spirituali e concretezza materiale, ma sempre ingentilendo le azioni in modo che rifulga la luce interiore nella quale siano riconoscibili l’altruismo, la volontà, l’autocritica e il senso sincero dell’amicizia e del rispetto, compreso la creatività e il bene dell’altro. In caso contrario la sessualità assomiglia a quelle delle specie inferiori per le quali non esiste estetica o altruismo, ma solo istinto alla riproduzione.
D. – Dunque per lo spirito la vita sessuale delle persone è una delle tante attività esperienziali del vivere e non ha nulla a che fare con l’etica.
A. – Assolutamente nulla. Tutto ciò che riguarda la corporeità è finalizzata, per lo spirito, a conoscenza. Il corpo si presta alla conoscenza dello spirito ed è evidente che non si può ritenere che una qualche sua parte, allorché la si usi, debba caricarsi di negatività e di positività secondo gli organi che usate. La ripartizione dell’uso corporeo in parti negative e altre positive, risponde all’etica solo quando un qualsiasi suo uso è prevaricante, violento, impositivo, quando cioè non è rispettoso dell’altrui libertà. Le regole che avete imposto alla società riguardano le vostre culture e credenze, non la vita dello spirito.
D. – In realtà l’uomo ha dato troppo valore al corpo e pochissimo all’esistenza interiore. La maggior parte delle persone vive senza nulla sapere di queste cose, senza mai interrogarsi sulle azioni che fa e sul loro significato.
A. – Cioè vive senza dare un senso e una direzione alle proprie azioni. E’ un anonimo che occupa impropriamente uno spazio comune e aggiunge a questo stato di cose, finanche l’immoralità di credersi dalla parte della ragione considerando gli altri come corruttori del mondo.