Autoriconoscimento e riappropriazione della propria soggettività

Autoriconoscimento e riappropriazione della propria soggettività

«Io credo che la vita possa acquistare un senso se l’uomo impara a vivere secondo il proprio giudizio, la propria vocazione, la propria qualità, sperimentando se stesso come vita, fino in fondo. È questo il senso dell’incarnazione, è per questo motivo che lo Spirito viene sulla Terra. Invece gli uomini hanno reso lo Spirito spettatore di una vita che non appartiene più all’interiorità, ma che si svolge solo nella forma animale. Avendo perduto il proprio Spirito l’uomo (esclusivamente come beneficiario di un corpo, e con le sue regole) non può più conquistare la pace perché la pace è uno stato dell’interiorità. Essa, infatti, non è data dalle forme esterne, quali la ricchezza, i beni materiali, i poteri, gli onori: questi danno soltanto un piacere mondano, esteriore.

La vera tranquillità, la vera pace nasce dalla intima certezza di avere un impegno con se stesso e dalle scadenze che provengono da se stesso: dunque dalla vita come vocazione, come applicazione di una vocazione. (Racc. Lez. 17-11-1982).

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