AZIONE E FATICA.

13) – AZIONE E FATICA.

D. – Che rapporto esiste tra sofferenza e attitudine a far qualcosa? L’attitudine all’imparare, all’apprendere, umanamente sembra provocare una sorta di sofferenza…

A. – È improprio usare questo abbinamento sofferenza-attitudine. O almeno non si può parlare di sofferenza di tipo gravativo, ma di una sorta di “sofferenza” insita nello sforzo che occorre per svolgere qualsivoglia attività, e che risulta minore, che risulta modesto quando va a inserirsi in una tendenza che già esiste.

Cioè, l’individuo che ha attitudine, per esempio, alle discipline scientifiche, indubbiamente compie uno sforzo minore, quindi ha una “sofferenza” minore di colui che, non avendo tale attitudine, è costretto per varia ragioni a esercitare la stessa attività scientifica. In un certo senso, dunque, l’attitudine smorza la fatica, perché rende l’attività bella, piacevole da farsi. Io, dunque, non intenderei come sofferenza lo sforzo di fare emergere attitudini che già esistono in maniera piuttosto chiara. Sforzo può esserci nella scelta, nella valutazione, nel riconoscimento della propria attitudine; e può esserci anche nei momenti in cui, pur seguendo la propria attitudine, si incontrano resistenze od ostacoli; ma questo è normale per tutte le esperienze. Diciamo che lo sforzo, per colui che ama il proprio lavoro e nel quale, dunque, si presume che vi sia attitudine a quel lavoro, è uno sforzo in fondo piacevole e mai sgradevole. Per esempio, tu ami la filosofia, ami la storia, ami la psicologia, ma nell’approfondire e studiare queste cose compi indubbiamente uno sforzo che è però piacevole, perché è vero che ti sforzi, e quindi hai un certo tipo di “sofferenza”, ma è anche vero che ne ricavi contemporaneamente un piacere, perché insieme alla “sofferenza” nasce la conoscenza.

D – Quando c’è la sola coscienza dell’utilità di un’azione ma una scarsa attitudine, questa col tempo si sviluppa oppure no?

A. – No. Si crea un adattamento, ma l’attitudine come elemento distintivo, come tendenza vera e propria, no. Almenoché non nasca dopo una serie di sforzi un’attitudine che probabilmente preesisteva. Voglio fare un esempio, in genere ciascuno di voi non ha mai una sola attitudine, ma un fascio di attitudini verso attività che nella vita possono talvolta estrinsecarsi secondo varie modalità. Per esempio, avere attitudine alla ricerca scientifica non significa avere attitudine soltanto alla medicina o alla biologia. Può darsi che l’attitudine sia generica, talvolta ne esiste una prevalente e alcune sussidiarie, sempre nell’ambito della ricerca scientifica. La qual cosa significa che, pur essendovene una prevalente per la medicina, se l’individuo non fa il medico e fa invece ricerca biologica, egli può ugualmente riuscire benissimo, perché esiste un’attitudine di fondo alla ricerca scientifica e si è scelto un’attività complementare, secondo un’attitudine complementare. Diverso è il caso se, con un’attitudine scientifica, tu fai della ricerca critico-letteraria, della ricerca storica, almenché (e questo può verificarsi) tu non imposti il problema in maniera scientifica, e quindi riesci a riesumare un’attitudine di fondo convertendola per una ricerca storica. Si crea un accomodamento.

In realtà un individuo del genere non sarebbe mai candidato a diventare un genio letterario, per esempio, né sarebbe candidato a diventare un grande storico. Potrebbe però diventare un mediocre o un buon storico se studiasse veramente la materia a fondo. Io ritengo però che un individuo che sceglie la strada sbagliata non studierà mai fino in fondo, proprio perché non avrà la resistenza adatta, si annoierà, si stancherà, si accontenterà del facile accomodamento, quale potrebbe essere l’insegnamento, il tirare avanti la vita con una mediocre attività: punto e basta. È l’attitudine che fa nascere l’amore per il proprio lavoro, la passione e quindi fa andare avanti e superare il limite normale a cui si fermano tutti gli individui. Aggiungerò poi che, naturalmente, non tutti gli individui hanno attitudini specifiche. In genere, l’attitudine è riconoscibile – salvo casi particolari – nelle attività intellettuali; per le attività non intellettuali non parlerei di attitudine. Questo non significa che l’individuo non nasca con certe tendenze, ma la tendenza è già un po’ diversa, secondo me, dall’attitudine vera e propria. In pratica, un uomo il quale lavora i campi può fare indifferentemente molti mestieri consimili senza che necessariamente si debba parlare di attitudine. Diverso è il caso di colui che lavora i campi ma che ha inoltre addirittura un’inventiva specifica, cioè è talmente appassionato del proprio lavoro che lo studia scientificamente, ma qui siamo di fronte a dei casi particolari. In linea di massima, le attività di pura conservazione o di puro mantenimento non presuppongono un’attitudine.

D. – Da spiriti incarnati si può parlare di “attitudine” a un certo tipo di ricerca a livello spirituale?

A. – No, non parlerei di attitudine. In realtà, allo Spirito disincarnato interessa tutta la verità, senza una particolare selezione o scelta che possa far presupporre un’attitudine.

D. – Pensavo invece che l’attitudine caratterizzasse la personalità dello Spirito. Da che cosa è invece caratterizzata la sua personalità, rispetto a un’altra.

A. – Dalla somma e dalla qualità delle esperienze e delle conoscenze che possiede. Visto dal di fuori ciò può apparire come un’attitudine, in realtà non lo è. Visto dal di fuori, capisco, può sembrare che uno Spirito sia diverso dall’altro per certe capacità e che quindi queste capacità siano delle attitudini, ma io non le chiamerei così, e nessuno di noi le considera attitudini, anche se poi, in fondo in base a quella sommatoria di elementi, lo Spirito avrà un certo tipo di comportamento. Ma è un’attitudine in questo caso conseguenziale, semmai, non è tendenza innata, è solo conseguenziale; cioè quel determinato tipo di esperienze finisce col dare un’etichetta allo Spirito, e questa posizione è un po’ diversa da quella dell’uomo. L’uomo, in base alle proprie attitudini sceglie il tipo di ricerca che lo porterà a un certo risultato. C’è poi da precisare che per lo Spirito si tratta di orientamento spirituale, mentre in Terra noi intendiamo le attitudini di tipo materiale, sociale.

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