Il concetto di pendolo oscillante
L’interiorità dell’essere vivente è inscindibile dal suo alter ego: cioè la realtà in cui è creato. L’Entità «A» ha molto insistito sulla dialettica che esiste tra i due termini. La comprensione dell’uno provoca una proiezione verso l’altro e viceversa. «Immaginate — dice — proprio una struttura che abbia un bastone oscillante, che si mantiene in equilibrio e che può andare un pò più a destra e un pò più a sinistra. Se la struttura si mantiene in equilibrio tra l’interiorità e la realtà, può spingere questo pendolo oscillante e proiettarlo di più verso lo Spirito….Allora si verifica che l’essere umano che riesce ad oscillare dentro di sè, quindi a portarsi verso il bordo, cioè dove c’e lo Spirito, riesce a portarsi anche molto dentro la natura, e più si porta dentro la natura, più entra nello Spirito. In un certo senso, diciamo che l’oscillazione (per cui non a caso ho parlato di pendolo) è isocrona come nel pendolo reale e cioè di tanto si sposta a destra, di quanto lo fa a sinistra. Ecco perché il discorso della materialità, la comprensione entro la materia, è contemporaneamente proiezione verso lo Spirito. E non verso lo Spirito come identità che sta lì ad aspettare che qualcuno gli si avvicini, ma perché la conoscenza dentro la natura — come conoscenza, beninteso, e non solo come uso della natura — è contemporaneamente avvicinamento allo Spirito il quale non è altro che soggetto la cui sostanzialità è identica a quella dell’Universo. Dunque, ecco il gioco dell’oscillatore: tanto conoscete la natura (quindi voi stessi), tanto conoscete l’«altro», cioé il vostro stesso Spirito, senza alcun bisogno di localizzazione, perché nel momento in cui siete dentro questa natura, cioè dentro voi stessi, voi effettuate uno scambio di informazioni e di impulsi tra lo Spirito (che è da una parte) ed il limite, il «bordo» della vostra parte psichica più profonda. A quel punto non c’è alcun bisogno di dire «qui finisce l’uomo» e comincia lo Spirito, perché l’identificazione, essendo ad un livello profondo, (non)va più suddivisa secondo le scale umane: qui c’è lo Spirito, qui comincia la psiche, qui finisce e comincia il cervello, qui comincia l’inconscio, poi il preconscio e c’è la coscienza…
Queste suddivisioni, queste topografie fanno parte della cultura e della identificazione umana, ma non fanno parte di quel lavoro di interiorizzazione e di conoscenza della propria autenticità e profondità di lavoro, appunto, tutto interiore. Lo si può schematizzare per capirlo didatticamente e in questo caso noi lo ri(s)copriamo con un po’ di illusione, perché la suddivisione a fini didattici è pur sempre un’illusione. È perciò che ciascuno — dopo l’impostazione teorica — deve continuare a fare da sè questo lavoro, evitando la schematizzazione, ma lasciandosi cadere, immergere, oscillare e penetrare in quel mondo in cui, con l’oscillazione, si perde la realtà e si va nel metafisico. Però dopo, poiché è un’oscillazione, si ritorna nella realtà e…guai se non si tornasse in essa» (CDX 5/1987)