“Siete voi che fate la vostra società, e quindi se vivete meglio o peggio, questo lo provocate esclusivamente voi», dice continuamente Andrea. Ed a proposito del comportamento da tenere di fronte alle esperienze della vita, ci dice: “Dopo un evento negativo, invece di mettervi in pace e dire: “è accaduto, non c’è niente da fare, continuiamo a vivere per noi stessi, per gli altri, è successo e basta», voi continuate a logorarvi per anni ed anni. In questo modo un’esperienza negativa diventa molto più vasta e non tocca solo voi, ma i vostri familiari, la vostra vita, i vostri programmi, la vostra organizzazione, per cui abbandonate i vostri propositi, i vostri programmi. Voi decadete, vi invecchiate, vi indebolite e che cosa avete veramente guadagnato? Niente. Avete semplicemente perduto la vostra pace, il vostro tempo, la vostra salute» (RDX pag. 343) e, soggiunge che “per quanto un certo evento possa apparire doloroso, fastidioso, insuperabile, voi finite sempre col drammatizzarlo. Cioè l’essere umano, in special modo, si carica di una forte suggestione. In base a questa suggestione tutta la vostra attività ideativa psichica, sociale, i vostri stessi movimenti e la vostra maniera di organizzarvi, tendono esclusivamente a quella situazione per modo che essa invade tutta la vostra vita giorno e notte, e voi non riuscite a pensare se non nei termini di quella situazione. Questo è un caso tipico di traumatizzazione di un evento» che è possibile superare o ridurre, «riducendolo agli elementi della vita: sono vivo e questo conta, e questo è importante. Tutto può risolversi appena l’evento ha mutato tempo». Ed anche di fronte a dolori morali come la perdita di una persona cara, indipendentemente dal credere o non credere in una vita oltre la vita, “il fattore temporale vi dice che comunque, esista o non esista l’altra vita, tutto si riduce ad una pura operazione temporale. Chi muore va via prima. Se non ci si incontrerà, non c’è ragione di dolersi di niente: si muore prima e si muore dopo.
Se, invece, ci si incontrerà, l’unica cosa perduta è questo tempo umano vostro, durante il quale si poteva stare insieme» (RDX p. 340), anche benché la vicinanza sia soltanto un soddisfacimento emotivo e sensorio. Le situazioni sfavorevoli possono essere affrontate e risolte in due modi: capovolgendole oppure svuotandole di significato. «Ciò significa diminuire d’importanza l’evento e riconsiderarlo in questa sfumatura inferiore, in maniera tale da renderlo almeno sopportabile». L’operazione di riduzione si attua con un’operazione di «ritorno agli schemi elementari della natura. In questi schemi elementari è possibile ritrovare l’equilibrio, per così dire, delle forze nelle quali in fin dei conti siete immersi anche voi» (RDX p. 340). La sofferenza è tuttavia, estremamente dipendente dai fattori culturali che condizionano lo stesso sistema nervoso. «Un sistema nervoso fragile può essere curato con l’aiuto della medicina, con l’aiuto della volontà, con l’aiuto di un neurologo, di un consigliere, di un confessore, di un amico, di uno qualsiasi. Il dovere di curarsi la mente ed il sistema nervoso è un dovere umano sacrosanto, «perché la vostra vita si svolge attraverso il sistema nervoso; voi comunicate con gli altri attraverso di esso ed il modo come vi comportate in società ed organizzate il vostro modo sociale risulta e rispecchia il vostro sistema nervoso. E invece questa parte del corpo è una delle cose che non curate» (RDX p. 344). L’influenza della cultura invece non possiamo evitarla. Tuttavia una deprimente cultura del dolore può essere esorcizzata riconoscendo anche l’importanza del piacere e della gioia quali elementi altrettanto importanti sia ai fini della crescita umana che evolutiva.
Il concetto fondamentale del Maestro è che la maggior parte delle sofferenze umane sono legate ai limiti, alle regole, ai tabù, insomma al complesso delle «catene umane e sociali» che ci opprimono dalla nascita alla morte. Sono queste catene che ci costringono alle nevrosi, alle sofferenze sociali e affettive, alle malattie psicosomatiche o anche fisiche, alle guerre, alle miserie, alle lotte quotidiane. Soffriamo perché ci obbligano ad essere ciò che spiritualmente non siamo e, in questo modo, ci coinvolgiamo in sofferenze, tensioni e malattie che potremmo evitare se solo dessimo più spazio all’Anima e meno alle sovrastrutture che ci dominano dalla mattina alla sera. Questo è il motivo per cui il Maestro, alludendo al corpo, lo considera una vera, micidiale trappola per lo Spirito tuttavia utile per conoscere una materia (la terra) che, senza questo corpo-trappola sarebbe praticamente inavvicinabile sul piano esperienziale.