Finalizzare al sé anche la vita normale

Finalizzare al sé anche la vita normale

«Le cose possono essere osservate anche quando fate il normale lavoro quotidiano, anche quando seguite le normali procedure giornaliere. Osservare, finalizzare, riportare l’esperienza ad un’altra cosa, quella del progetto interiore. Io tanto tempo fa usai un esempio molto semplice: anche nel farvi male, se osservate il sangue che esce dalla ferita e non vi mettete subito ad urlare come tanti bambini, potete trame una serie di informazioni utilissime.

Se poi avete la freddezza di osservare gli avvenimenti che sono intorno a voi e, poi, da questa freddezza passare ad un processo critico per capire, osservando come reagiscono gli altri fra di loro, o come reagiscono con voi e come voi reagite con loro, queste sono le prime osservazioni per trarne informazioni e conoscenze da riferire ad un quadro generale. Cioè dovete vivere dicendo: «io vivo per conoscere, io vivo per capire e non per sopravvivere o per far passare le giornate inseguendo migliaia di cose più o meno superflue o poco importanti». Allora, dedicandovi all’osservazione dei vostri gesti, al loro perché, e cercando di capire quelli degli altri e i loro perché, questo processo di conoscenza, puro, semplice, elementare non presuntuoso, vi darà molti frutti e renderà utile la vostra vita.

E quali sono questi frutti? Sono quelli di funzionamento della vita stessa.

E in questo modo che, in qualche misura, allontanate la tragicità con cui vedete la vita, perché la riferite ad un fine più alto: «Sì, io sto soffrendo, io sto ricevendo una serie di esperienze anche negative, ma sono tutte finalizzate. Cerco di capirle, di valutarle, di penetrarle, quindi anche di accettarle, perché più si accettano, più si superano».

L’esperienza del dolore si supera e finisce quando si accetta. È una regola reale che voi non usate, che applicate poco, perché ciò implica la strategia della ricerca di cui vi dicevo. Ecco che voi, invece, tentate di cancellare l’esperienza negativa, tentate di superarla nel senso materiale, sociale, umano c biologico, perché non avete capito che, invece, proprio l’accettazione e la trasformazione incondizionata dell’evento in una conoscenza interiore fanno cessare l’esperienza, cioè fanno cessare il motivo esperenziale. D’altra parte, per un logico meccanismo anche psichico, l’esperienza accettata è già superata… Voi attraversate la vita come una tragedia continua, con una paura continua, per cui confondete tutto e vi fate prendere dalla disperazione anche per fatti che non meriterebbero tutta la drammaticità con la quale invece li vivete.

Cercate di imparare alcune cose molto utili nella vita: di rilassarvi imparando a ridere, a sorridere, a diventare anche ironici di voi stessi. Non dovete arrivate alla tragedia interiore per ogni bicchiere che si rompe… Eppure voi, invece, fate diventare un tragico teatro tutto ciò che di più banale può accadere nella vostra esistenza. Naturalmente il bicchiere rotto non è poi un esempio metaforico, spesso è anche reale, e questo significa che allora veramente avete capito ben poco…». (Racc, Lez. 20-5-1987).

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