I “SENTIMENTI” DELLO SPIRITO.
(L’Entità Andrea qui risponde a una domanda circa la differenza tra i sentimenti umani e quelli dello Spirito. È un’integrazione di quanto detto nel “Rapporto dalla Dimensione X”, Ed. Mediterranee, Roma, 1971-80 sotto il titolo “Il “sentimento” di Dio e negli spiriti”. – Nota GdS.).
A. – I sentimenti umani più o meno voi li conoscete; conoscete la vasta gamma di possibilità che offrono tali sentimenti nei quali si manifestano altre qualità dell’individuo, positive o negative che esse siano: le emozioni, le paure ecc.
Soprattutto diciamo che l’essere umano presenta dei sentimenti sotto due aspetti: quelli prodotti dalle sollecitazioni esterne che agiscono specialmente con le emozioni, salvo poi a stabilizzarsi con i rapporti affettivi, e quelli entro i rapporti affettivi veri e propri, cioè quei sentimenti che l’uomo promuove verso le cose, indipendentemente dall’azione delle cose su di esso.
Lo Spirito, naturalmente, sottratto alla sovrastruttura, sottratto al quotidiano, al tempo, agli incontri estemporanei, regolato secondo una norma ben precisa, si muove in ambienti pre-selezionati. “Preselezionati” significa che lo Spirito è in un ambito congeniale, insieme ad altri esseri della sua evoluzione. È vero che questa non è una norma costante e che lo Spirito può entrare in contatto con i suoi simili a lui superiori e inferiori, e che con questi instaura un rapporto più anomalo, perché meno congeniale, ma allo Spirito è sottratto l’istinto, è sottratto il bisogno di soddisfare questo istinto, manca la necessità, l’occasione, l’occasione per manifestare una personalità, perché manca una società con determinate leggi, e quindi egli è sottratto all’occasione di questi incontri nell’ambito di una società organizzata in un certo modo. Naturalmente anche per lo Spirito si può adombrare il concetto di società, lo Spirito vive in un insieme, sicché gli altri che gli sono intorno possono agire su di lui, ma c’è una cosa che distingue lo Spirito dall’uomo, a mio avviso fondamentale, ed è che lo Spirito resta comunque un essere isolato; voglio dire che, pur essendoci attorno a lui un insieme di spiriti, questi hanno rapporti con lui soltanto se è lui a cercarli.
Mentre voi subite la società e subite gli uomini, lo Spirito non subisce gli altri spiriti perché tutto dipende da lui, e non soltanto nel senso di un’attesa. Direi che proprio strutturalmente lo Spirito può restare completamente sordo, muto, isolato nel suo contesto senza comunicare con gli altri, che poi egli lo faccia o non lo faccia è un problema secondario, ma lo Spirito ha questa possibilità.
È strutturato per poter essere solo, senza aver bisogno di nessun altro. Questo, l’uomo non ce l’ha, l’uomo solo è preda della solitudine e della disperazione; lo Spirito no, perché il mondo che possiede interiormente è ricco, di una ricchezza enorme che si accresce con l’evoluzione, e poiché lo svolgimento dello Spirito avviene nel suo interno e può prescindere dall’insieme degli spiriti, perché si muove in modo autonomo, ecco che egli può realizzare se stesso nel suo interno senza ricorrere all’esterno.
Questo lo mette al riparo da una quantità di fatti curiosi e possibili; soprattutto lo rende giusto nel giudizio, sereno nel giudicare le realtà che gli confluiscono via via dentro nel corso del cammino, anche se sembra che comunque egli non possa prescindere dagli incontri con altri.
In realtà egli incontra altri esseri, anche in numero enorme, ma qual è il suo comportamento con essi e, soprattutto, qual è la natura di quello che voi chiamereste “sentimento” nei confronti di altri esseri spirituali?
Vedete, parlare qui di “amore” è perlomeno improprio, dire che uno Spirito possa amare così come voi intendete l’amore è improprio.
Lo Spirito non ama in questo senso.
Per voi l’amore significa tante cose, in una gamma vastissima; in questo vasto amore c’è tutto, c’è la materia, c’è lo Spirito, c’è tutta la serie degli istinti, c’è il rapporto sovrastrutturale di abitudine all’oggetto, alla cosa amata; s’instaurano rapporti tali, per voi, al punto da non sapervi più orientare…
Lo Spirito, ha, sì, un tipo di rapporto con altri esseri spirituali, ma esso è un rapporto che potremmo chiamare di armonia; questo rapporto di armonia varia in relazione all’identità e alla personalità in senso evolutivo, alla possibilità di adesione più o meno totale a un altro essere; voglio dire che quando due strutture spirituali s’incontrano, quanto più hanno punti in comune, tanto più stabiliscono un rapporto di sintonia.
Questo rapporto di sintonia non si lega ad abitudini, ma può legarsi solo all’occasione, al momento in cui necessità assecondare questo rapporto di sintonia, per procedere anche insieme, se occorre. Ed è un rapporto che lo Spirito instaura e può poi ritrovare istantaneamente quando e come vuole perché sussistano le condizioni che abbiamo detto.
Lo Spirito non ama nel senso compiuto del termine, però non possiamo affermare che lo Spirito sia privo di qualcosa che possa equivalere a un sentimento.
Ma poiché dei sentimenti voi avete un’idea sbagliata, ecco che vi è difficile poter capire questo tipo di sintonia, questo tipo d’armonia che promana dallo Spirito. Egli, per natura, per sua struttura spirituale, ha una serie di pulsioni – se così possiamo dire – che qui potremmo definire “istintive” se non si corresse il rischio di equivocare. Diciamo che lo Spirito ha queste pulsioni (chiamiamoli “istinti spirituali” per intenderci), cioè la struttura è naturalmente portata a svolgere una serie di operazioni: per esempio, a cooperare, a collaborare con qualunque altra forma simile che necessiti d’aiuto in un particolare momento.
Lo Spirito può aver bisogno d’aiuto in qualche circostanza, di fronte a una esperienza da scegliere, da valutare; di fronte a dubbi di natura universale o di natura personale; bene, lo Spirito ha la tendenza a collaborare con altri esseri spirituali sui quali può esercitare in qualche maniera il suo controllo o una sua supervisione: questa è una delle caratteristiche dello Spirito che equivale in qualche modo a una sorta di sentimento universale cioè a una “qualità spirituale” che tende a quello che voi chiamereste “altruismo” o addirittura “amore per il prossimo”. Il fatto che io sia qui, per esempio, risponde a questo principio, indubbiamente, ed è un principio che lo Spirito può alimentare dentro di sé e orientare in una maniera sempre più precisa, rendendo selettivo questo istinto globale della struttura dello Spirito, che corrisponde alla struttura divina.
Il fatto che tutti quanti noi esistiamo e che la Realtà esiste, dipende dal fatto che Dio ha dovuto avvertire questo bisogno di trasferire fuori da sé “qualcosa”, e questo noi l’abbiamo assimilato, e lo portiamo dentro, indubbiamente, ma le forme in cui ciò si manifesta nello Spirito non sono le forme a voi note: non esiste il mutuo soccorso, l’aiuto estemporaneo, il salvare per i capelli, l’intervenire per degnazione o pietà, questo non esiste. Esiste una naturale disposizione dello Spirito all’incontro con altri spiriti e a dare la propria collaborazione, la propria esperienza, la propria maturità, la propria evoluzione, ma a darla come un essere che dà a un altro essere senza che ciò rappresenti un coinvolgimento d’amore. Non accade che uno Spirito operando in siffatto modo con un altro Spirito, tanto per dire, ami o s’innamori di quest’altro Spirito, non esiste niente di simile e, cessato l’intervento, egli si ritrae ed è finita lì, basta. Non esiste neppure quello che voi chiamereste l’obbligo della riconoscenza; cioè chi riceve non è tenuto a contraccambiare. (Trasposta sul piano umano questa realtà d’essere dello Spirito potrebbe essere ravvisata nel concetto di “azione per l’azione”, non egotica, disinteressata, non a caso vista come una delle massime espressioni spirituali e religiose. – Nota del curatore.)
Il rapporto dunque è naturale e logico, e anche nel fare e non fare c’è una libera scelta dello Spirito che non è obbligato ad attuare questa sorta di rapporto. Voglio dire che c’è una libera scelta. D’altra parte aggiungerò che la presenza dello Spirito-guida è un po’ la riprova di questo principio di ordine generale.
Ora, come tramutare tutto questo in qualcosa di più definito e definibile?
Abbiamo visto che lo Spirito ha questa tendenza, che però, contemporaneamente, esso è una struttura che in un certo senso può fare a meno degli altri inquantoché può vivere in modo autonomo.
D’altra parte, la scelta di questo tipo di operazione – chiamiamola di soccorso o spirito di fratellanza – configura in qualche modo una sorta di “sentimento”; però il sentimento per gli uomini è un rapporto a due, generalmente, nello Spirito è un rapporto a uno, non porta conseguenze, ma resta un’azione, punto e basta.
Ora, tutto questo lo Spirito lo avverte come amore? No, non lo avverte come amore, e questo vi spiega il perché di un rapporto generalmente più freddo dello Spirito nei confronti degli altri spiriti, quando non c’è di mezzo la materia. Si capisce che noi stiamo parlando di spiriti senza una struttura animica, perché uno Spirito che abbia ancora l’anima, che vive nell’ambito del terrestre, può continuare ad avvertire verso di voi un tipo di amore che può essere simile al vostro o che può essere addirittura un amore passionale, coinvolgente, inquantoché egli è ancora strutturato in un certo modo. Parliamo invece di spiriti che abbiano lasciato completamente l’abito terreno e che si trovano quindi molto lontani da voi.
In questo senso l’amore non si può definire come tale, tuttavia sono propenso a riconoscere che quello che io dico in sostanza può ugualmente configurarsi come un tipo di amore, ma è un tipo di amore in ogni caso totalmente diverso dal vostro. Può anche convenire di usare ancora questo termine, e, certo, lo Spirito per esempio nei confronti di Dio, quale rapporto stabilisce? Oppure ci si potrebbe chiedere: – E il rapporto di riconoscenza? Chi è stato aiutato da un altro essere spirituale avverte questa riconoscenza? –
Sì, devo dire, naturalmente, l’avverte.
La riconoscenza però assume un duplice aspetto: quella verso l’essere che ha dato quell’aiuto, ma anche quello della comprensione che quell’aiuto è nell’ordine universale e che la riconoscenza va estesa a tutto il sistema universale, alla legge in se stessa e a Dio in particolare che consente questa sorta di aiuto, invisibile o visibile che sia.
D’altra parte, non bisogna dimenticare che l’intervento diretto su uno Spirito è sempre eccezionale rispetto alle norme e che l’eccezione deve rispondere a dei canoni precisissimi, perché è da tener presente un altro principio: che la legge di Dio è perfetta al punto tale che qualsiasi Spirito può trovare sempre nell’ambito della legge stessa quegli aiuti che gli sono necessari, è tutto predisposto, soltanto che nell’ambito di questa legge alcune applicazioni possono essere demandate ad altri spiriti, i quali in effetti applicano sempre quella legge. In altri termini, non esiste l’aiuto gratuito, il capriccio; diciamo che lo Spirito ha la tendenza a dare quest’aiuto e nel manifestare questa tendenza applica la legge.
D’altra parte c’è anche da chiarire questo: quando noi parliamo di legge di Dio che cosa intendiamo esattamente?
La legge di Dio è anche quella che si manifesta attraverso di noi, la legge di Dio non è un protocollo fissato e inchiodato su qualche nuvola del cielo, la legge di Dio si manifesta attraverso tutti noi: sicché quando io do un aiuto, supponiamo a voi, in fondo questo aiuto lo ricevete dalla legge di Dio di cui io sono tramite in questo momento.
In effetti, la legge di Dio non si manifesta con un tocco di bacchetta magica, ma essa si serve di noi che ne siamo l’espressione, tutti quanti, nessuno escluso. Ecco che dunque io intendevo dire questo: che uno Spirito può trovare in se stesso l’aiuto, ma che talvolta può essere anche necessario l’intervento di un’altra struttura che operi su di lui.
Quindi, nel senso detto prima, la legge di Dio è una legge perfetta che consente a tutti di trovare il giusto ritmo dentro di sé; ma accade pure che in particolari circostanze questo”dentro di sé” non sia ancora sufficientemente chiaro e allora ecco che scatta questa sorta di aiuto, rappresentato da un incontro con un altro Spirito il cui rapporto non è definibile nel senso stretto di amore, inquantoché il principio di amore – se vogliamo parlare in questi termini – è un principio universale, perché esiste tra gli spiriti da sempre; cioè veramente noi siamo un insieme, siamo una famiglia i cui rapporti sono costanti e dipendenti dalla singola posizione evolutiva che ciascuno occupa in quest’insieme.
D. – Vorrei chiarire che io, parlando di sentimento, non volevo solamente riferirmi all’amore, ma anche ai sentimenti in generale, cioè al “sentire”, a quello che si potrebbe definire il sentire anche nella struttura spirituale; per esempio come differenza di reazione per un fatto piacevole e uno spiacevole, altrimenti, se noi non ammettessimo neanche questo tipo di reazione, non potremmo neanche ammettere la spinta ad andare avanti.
Evidentemente c’è un impulso nel profondo della struttura spirituale e a esso deve corrispondere un certo tipo di sentire, nel senso di soddisfazione. Senza parlare di rapporto con gli altri, in se stesso lo Spirito ha questo diverso sentire?
A. – Questo accade soprattutto quando si amplia l’evoluzione.
Ogni volta che elementi nuovi si aggiungono alla struttura e si equilibrano, lo Spirito avverte quel senso di pace di cui ho parlato altre volte.
Vi dissi cioè, che è come una sorta di interiore godimento, una sorta di piacevolezza non trasferibile, non comunicabile, e soprattutto difficile a descrivere.
Sì, questo si verifica, naturalmente, così come si verifica il contrario, quando si creano contrasti, inceppamenti, quando l’equilibrio non è preciso, non è perfetto, ed è quello che poi accade quando lasciate il corpo.
Quando lasciate il corpo si parla di felicità, di sofferenza, di tutte queste cose che sono più o meno in questi termini, perché lì c’è ancora la sovrastruttura che agisce; comunque, anche a livello dello Spirito c’è questa sorta di “disagio interiore” oppure di equilibrio che viene percepito, avvertito dallo Spirito, come una pace.
Per poter capire bene tutte queste cose è chiaro che bisogna effettuare uno sforzo, cioè cercare di porsi in una situazione mentale più libera, più distesa, per poter afferrare questa situazione fenomenica che si viene a determinare in ciascun essere.
Direi che qualche volta anche nell’uomo si verificano cose del genere.
Vi sono dei piaceri di tipo umano che qualche volta sfiorano una percezione di tipo spirituale, degli attimi, dei momenti in cui si crea una sorta di rapimento che genera uno stato di sospensione, di galleggiamento, di pura estasi, di puro piacere; si tratta di frammenti, attimi, pure anche nell’uomo qualche volta accadono queste cose; soprattutto quando perdete la nozione del tempo e dello spazio, quando vi sembra di galleggiare, di essere sospesi in una situazione interiore che non ha limiti, definizione che non ha neppure oggetti di corrispondenza che è soltanto un puro librarsi, dentro, di qualcosa di indefinito e di indefinibile.
Questa situazione è più o meno permanente nello Spirito.
Sicché voi capite come uno Spirito vivendo con una tale attuazione interiore finisca col diventare proprio qualcos’altro rispetto all’uomo, diventi veramente un “puro essere”, come dicono i filosofi, cioè un essere il quale non pensa più come pensate voi, non ama più come amate voi, anche se di queste cose egli non è completamente privo, perché esistono anche in lui, ma in un modo rarefatto che non è dispersione, ma, anzi, concentrazione.
La questione è che voi tutte le cose le potete percepire attraverso i sensi, mentre molte delle stesse cose si possono percepire senza i sensi. Quindi diciamo che il tutto perde i suoi contorni, almeno dal vostro punto di vista, e non riuscite più a seguirmi e a rendervi conto di come si possa verificare una tale situazione per uno Spirito.
D. – Sì, perché è anche questione di unità della coscienza, per cui sembrerebbe che questa unità, questa compattezza, sempre dal nostro punto di vista umano, dovesse corrispondere a qualcosa di ben preciso, quindi in un rapporto ben definito sia verso sé stessi, che verso gli altri, o verso una qualunque azione da compiere.
A. – Devi considerare che queste cose sono talmente congeniali allo Spirito che esso non le considera come qualcosa da analizzare e valutare.
Sono il comportamento logico e naturale dello Spirito, così come il vostro comportamento lo è per voi. Esistono cioè nello Spirito alcuni “istinti”, diciamo così, alcune tendenze che voi definireste in un altro modo; voi le definireste qualità, virtù, capacità, bontà, altruismo, per lo Spirito sono invece una naturale manifestazione della sua natura.
Come voi non vi meravigliate affatto che una persona respiri, mangi, cammini, dorma e riuscite bene a identificare le sue qualità: è un uomo buono, cattivo, è studioso, è colto, è ignorante ecc., così qui si capovolge la situazione. Per lo Spirito avere questo tipo di “bontà”, questo tipo di “altruismo” o questo tipo di interiorità allo stato diffuso, ma pure come concentrato, appartiene alla sua natura spirituale per cui in questo momento è come se noi facessimo un discorso banale su alcune delle vostre qualità naturali, come quella di digerire, di respirare, di avere una temperatura corporea ecc…
Certo, se noi ci mettessimo a parlare di queste cose voi le trovereste alquanto oziose. Può essere logico parlarne se si fa un discorso di fisiologia, altrimenti non ha senso. Voi mi direste: – ma di che cosa stiamo parlando? –
Ora la stessa cosa si verifica parlando dello Spirito, cioè si tratta di naturali manifestazioni di una struttura spirituale, e tutto questo è talmente naturale, congeniale e legato – direi – alla personalità dello Spirito, indipendentemente da qualsiasi evoluzione, che il parlarne assume una proporzione alquanto insolita dal nostro punto di vista.
Ora, che spiriti di diversa evoluzione siano diversi anche in questo tipo di manifestazioni, è chiaro, ma soltanto nel senso che uno Spirito più “maturo” per usare questo termine – sfrutta una più vasta gamma di possibilità interiori.
È una diversa capacità di sfruttamento di qualità che ciascuno Spirito possiede comunque allo stato “naturale”.
Pag. 88 FASCICOLO CDX 4/1981 – ANNO 5