INCARNAZIONE E REINCARNAZIONE: UN PUNTO DI VISTA ESISTENZIALE

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PATRIZIA ZENGA

INCARNAZIONE E REINCARNAZIONE: UN PUNTO DI VISTA ESISTENZIALE

Questo intervento presenta un punto di vista esistenziale, uno dei tanti possibili in merito all’argomento che oggi discutiamo, in modo che, accanto ad autorevoli contributi di carattere speculativo, possa esprimersi in qualche modo anche la vita vissuta, perché è proprio, nella materialità del quotidiano che germogliano, a ben guardare, le grandi domande dell’esistenza, sia pur in modo spicciolo e informale. Il mio discorso ha perciò un carattere particolarmente soggettivo; io rappresento soltanto una della svariate voci che, anche a miglior titolo, potrebbero farsi sentire sull’argomento.

Parlare di incarnazione per me significa partire dal presupposto che dentro questo corpo c’è qualcosa che sta oltre il cervello, i processi mentali e le leggi della fisica. Non so dire se questa “cosa”, che ho sempre chiamato anima, esistesse prima della mia nascita o se invece sia nata con me, impastata, per così dire, nella mia stessa carne, anche se certi incontri ed eventi nella mia vita sembrano essersi preparati da molto lontano, più di quanto la psicologia o altre scienze umane possono spiegare. Tutto quello che so dire è che dentro di me percepisco una presenza, come un silenzioso inquilino affacciato alla finestra dei miei occhi. Su questa presenza, sul suo possibile significato, su una effettiva consistenza mi sono interrogata spesso. In passato la parola “incarnazione’ evocava in me il senso di una corporeità a cui sobbarcarsi come ad un peso. Non so quanto fosse retaggio di un’educazione inconsapevole, più che sbagliata, o quanto il frutto delle mie decisioni esistenziali, di cui il segreto avrei scoperto nel tempo, fatto sta che per anni mi sono coltivata il senso di una contrastata separazione tra anima e corpo, nella quale mi pareva di dovermi per forza dividere, senza trovare un equilibrio: da una parte un’anima estranea alla vita del corpo, dall’altra un corpo ribelle alla vita dell’anima. Per lungo tempo ho diffidato della sana materialità della vita, senza saperne cogliere il nutrimento e il dono per la mia anima; mi pareva di percepire il lamento di un prigioniero segregato in me e non capivo che non desidera tanto spiccare il volo verso il cielo, quanto tuffarsi nell’universo, in questa dimensione dello spazio — tempo, dico nella quale ogni più piccolo palpito può parlare allo spirito con un linguaggio che sfugge alla ragione, ma che da ogni aspetto dell’esperienza arriva ad imprimersi profondamente in me. In questa prospettiva anche l’esperienza del dolore assume per me un significato nuovo, perché non è più una qualità inevitabilmente connaturata alla condizione umana, rispetto alla quale potersi soltanto rassegnare o ribellare, ma diventare una specie di “muta presenza” pronta a dischiudermi il suo significato, se accetto di prestare attenzione al messaggio che contiene per me. Oggi “incarnazione” significa per me vivere l’esperienza della materialità come opportunità di evoluzione interiore. Assaggio la vita in ogni sfumatura del suo sapore e me ne accorgo e ne sento una gioia piena e consapevole, come se in un attimo mi fosse chiaro tutto, dove mi porta e perché, anche se poi tutto torna, almeno in apparenza, come prima. Reincarnazione significa per me che c’è la possibilità di tornare a vivere questa esperienza della materialità in una prospettiva di crescita interiore. Se guardo la mia vita alla luce di questa idea, sotto una serie di fatti apparentemente casuali, dalla mia nascita al trovarmi proprio qui, adesso, a parlare, vedo prendere forma un disegno preciso, potrei dire intelligente, intorno al quale si coagula il senso di questa mia esi-stenza con le sue domande, i suoi tentativi, i suoi errori, le sue conquiste

A volte penso che faccio questo cammino di vita, che non ha niente di speciale, ma è il mio, perché ne ho fatti altri prima, che mi hanno portato per gradi fino qui, ad essere questo punto di incontro di precise coordinate storiche, sociali, culturali. E mi trovo a ripercorrere questi sentieri di mortalità non come un semplice ricominciare da capo, ma con un desiderio di capire, con una sensibilità e una disponibilità ad amare nuove che, sempre in via di sviluppo, percepisco come il frutto del mio passato, anche se di questo non ho memoria. Il ciclo delle rinascite per me, più che una ruota è una spirale che si apre all’infinito, nella quale il punto di arrivo è anche quello di una nuova partenza. E allora mi sembra che la reincarnazione sia il dono fatto all’uomo da un Dio misericordioso e giusto, che gli concede un’altra possibilità, non solo e non tanto di scontare il male che ha commesso, quanto sopratutto di comprenderlo e maturare così quel cambiamento radicale di vita che le religioni chiamano conversione. Mi rendo conto che tutto questo, data anche la soggettività del mio discorso, non dimostra la verità della reincarnazione; tuttavia penso che ci sono segnali che, restando muti per gli altri, passano soltanto dentro di noi, lasciandoci un’impronta di certezza che ci appartiene e che germina in profondità, senza bisogno di essere accreditata da nessuna dimostrazione oggettiva. Così è per me, per esempio, per quei piccoli e rari segnali che io prendo come tracce di vite passate: che siano oggettivamente veri, a pensarci, poco importa, perché comunque mi hanno aiutato a crescere e a scegliere con la maggiore consapevolezza e autenticità possibili quale direzione dare alla mia vita, assumendomene la responsabilità. Così alla fine torno al punto di partenza, che da questo versante dell’esistenza mi pare sempre lo stesso, sia per l’incarnazione che per la reincarnazione, cioè la coscienza di qualcosa, di qualcuno, che abita la carne umana e che vive questa incarnazione come profonda soddisfazione ad un bisogno profondo di realizzazione di sé. Anche se quello che si vede è questo io esteriore, solido e rumoroso, agitato e distratto, sento che facciamo parte uno dell’altro nel formare questa individualità temporanea che porta il mio nome e i miei connotati, ma che custodisce dentro di sé una scintilla di eternità.

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