LA CREAZIONE DELLO SPIRITO.DUALISMO SPIRITO – MATERIA.

LA CREAZIONE DELLO SPIRITO.

DUALISMO SPIRITO – MATERIA.

D. – Quando si parla di esperienza di materialità è come se si volesse alludere a qualcosa che è completamente diverso dalla sostanza spirituale, il che può far venire il sospetto che si riproponga implicitamente un dualismo di tipo universale che, come sappiamo, non può esistere. Quindi penso che un chiarimento maggiore di questo punto sia utile per tutto.

A. – Lo Spirito effettivamente sembra in netto antagonismo con la materia, però è una cosa che va chiarita, perché non sono molto d’accordo con questa affermazione. Anche se – intendiamoci bene – io stesso affermi che lo Spirito lotta nella materia per vincerla, come si suol dire poeticamente, per poter realizzare un modello spirituale che sia conforme al disegno divino. In tutto ciò sembra allora ravvisarsi l’esistenza di una forza estranea allo Spirito, da dominare. Questo avviene, ma perché? In effetti la materia assolve il suo compito con lineare puntualità. Intanto, in realtà, lo Spirito non lotta con la materia, ma con il corpo, cioè lotta contro una certa modalità di organizzazione della materia. E lotta prevalentemente contro la finalità di questo corpo, così come oggi risulta in base a un processo storico, inquantoché questo corpo si è andato talmente modificando durante i secoli, si è talmente trasformato, da diventare qualcos’altro rispetto l’intenzione originaria. Anche ammettendo la lungimiranza dello Spirito, in ogni caso il corpo è diventato la sede di superstizioni, di luoghi comuni, di tare, che vanno sotto il nome di personalità unitaria, psichica, organica, risultante di un’evoluzione cui è andato soggetto il corpo (Ricordiamo che per corpo l’Entità Andrea intende anche la psiche dell’uomo ecc. – Nota GdS.).

Se prendiamo il corpo dei primitivi di oggi, cioè di uomini che ancora vivono in certe tribù dell’Australia e dell’Africa, osserviamo che vi è una netta differenza tra l’individuo cosiddetto civile e l’individuo strettamente biologico, apparentemente animale, ma sostanzialmente istintivo. Ora, mentre lì, nel corpo del primitivo, c’è una materia che lo Spirito manipola e trova quasi vergine, altrove trova invece un corpo organizzato o disorganizzato fisicamente e psicologicamente, ma compiuto secondo un’evoluzione storica e pieno dunque di tutte le resistenze, pieno di tutte le rimozioni che si sono sviluppate in lui nel tempo. Lo Spirito dunque lotta contro un corpo che è una sovrastruttura della materia (Si potrebbe anche dire che probabilmente si è creata anche una certa “fissità” o rigidezza della condizione umana. – Nota del curatore . Che poi possa essere giusta o meno l’evoluzione della specie in senso storico, civile, in senso psicologico, questo è un altro discorso che nulla toglie e nulla aggiunge al fatto fondamentale che lo Spirito in realtà si trova chiuso – non dalla materia in senso organico – ma dalla materia in senso più astratto, cioè da tutte le sovrastrutture che si sono aggiunte col passare dei secoli. Questo crea immediatamente una situazione di favore nei confronti dell’unità universale, perché in realtà è proprio questa sovrastruttura della materia che non ha nessun carattere di eternità, nessun carattere d’infinitezza, che non è altro che qualcosa che finisce, legata esclusivamente al processo storico, evolutivo della Terra, della specie umana, intesa proprio come specie evolutiva in senso puramente umano, non come specie vitale, cioè come specie biologica la quale in sé non offrirebbe grandi resistenze allo Spirito se non possedesse questa sovrastruttura. Naturalmente la sovrastruttura fa anche gioco dal punto di vista spirituale, in definitiva anch’essa serve allo Spirito, egli si adatta o si crea così altri tipi d’esperienze, probabilmente però non necessarie, non assolutamente indispensabili stante il fine primordiale dello Spirito: quello di venire in Terra per penetrare la materialità. È chiaro che per far questo lo Spirito avrebbe bisogno esclusivamente del bios, cioè della parte fisica, materiale;ma poiché questa fase fisica non sarebbe utilizzabile se non possedesse certe caratteristiche (per esempio il cervello) risulta inevitabile che la parte biologica, inquantoché ha un cervello, finisce col subire un’evoluzione e col diventare un prodotto storico tipico, cioè l’uomo così come voi lo conoscete.

La legge avrebbe anche potuto evitarci tutto questo senza produrre un grave danno alla stessa evoluzione della specie, tanto più che lo Spirito è venuto in Terra soltanto nel momento in cui un certo essere animale (la scimmia) è stato in condizione di poter manifestare un’intelligenza indipendente, cioè di affrancarsi dalla schiavitù prettamente animale, entrando in possesso di un cervello qualificato. Quindi, considerando la sovrastruttura e considerando la struttura di base veramente tipica, universale, è chiaro che tra la struttura di base e lo Spirito non esiste in realtà antagonismo, almenoché – e questo non esiste – non si debba considerare in antagonismo tutto l’Universo, per lo Spirito. Perché è chiaro che certe resistenze lo Spirito non le incontra soltanto in Terra, ma le incontra anche fuori, in condizioni diverse. In realtà la materia in se stessa offre sempre una resistenza per lo Spirito che la deve penetrare, ma non è il tipo di resistenza “in più” che si è andata poi formando con l’avvento delle sovrastrutture mentali.

D. – Se prendiamo un “selvaggio” dell’Amazzonia, quindi un uomo vergine, non corrotto dalla cosiddetta civiltà, egli sarà indubbiamente egoista come sono egoisti gli animali. Ora questo, in fondo, è un’interferenza per lo Spirito, e in un certo senso crea un dualismo.

A. – Innanzitutto non è perfettamente sicuro che il “selvaggio” dell’Amazzonia sia egoista, e anche supponendolo non lo è più di quanto non lo siate voi. Questo discorso sarebbe valido se la storia e la civiltà avessero abolito l’egoismo, invece no, non si è abolito affatto, proprio perché non si può abolire ciò che è connaturato alla specie, all’animalità, alla materia.

D. – E ciò non forma in un certo senso un dualismo, come elemento che non appartiene allo Spirito?

A. – Sì, non gli appartiene così come voi intendete l’egoismo. Allo Spirito appartiene però qualcos’altro che gli corrisponde, ed è, come dire, il carattere personale, individuale dello Spirito che, per il solo fatto di arricchirsi durante l’evoluzione, lo porta inevitabilmente a essere egoista, almeno nel senso che l’arricchimento è personale, individuale, proprio. Naturalmente non è egoismo nel senso cattivo, brutale, non nel senso che danneggia gli altri.

D’altra parte, alla specie umana questo non si poteva evitare; in fondo, l’egoismo è una delle valvole di sicurezza per la sopravvivenza. Se gli uomini non avessero un minimo di egoismo non potrebbero sopravvivere, né gli uomini né gli animali. Naturalmente è chiaro che anche il “selvaggio” dell’Amazzonia in fondo non è più egoista di voi, così come gli stessi animali non sono più egoisti di voi, in realtà, obiettivamente, pur non possedendo uno Spirito qualificato.

D. – Comunque penso che il discorso si sia un po’ spostato. Non parlo di dualismo proprio come antagonismo tra Spirito e materia (cioè diversa energia) come campo d’esperienza, ma come distinzione; e lo stesso fatto che lo Spirito s’incarni per fare fondamentalmente l’esperienza della materialità, dimostra che a un certo punto egli vuole “distinguersi” da qualche altra cosa…

A. – D’accordo, e in realtà nell’Universo questi due aspetti esistono: il mondo dello Spirito individuale e il mondo anonimo della realtà esterna. Che poi questi due aspetti si ricongiungano nel principio superiore e si ricompongano nell’unità, è una questione che non interessa molto lo Spirito. Poiché in realtà, l’apparente dualismo comincia proprio nel momento in cui viene “creato” lo Spirito ed egli si trova immediatamente di fronte alla situazione d’una realtà che gli è estranea, nel senso che è fuori di lui e che in essa egli non si identifica.

D. – Per questo volevo cercare di capire come potessero esistere in Dio questi due principi così completamente distinti l’uno dall’altro sul piano obiettivo dell’emanazione, dell’estrinsecazione manifesta.

A. – Dal punto di vista del principio esso è unico. Dio determina la realtà e in essa trasferisce tutti i Suoi attributi, riteniamo cioè che Egli deve averli così trasferiti, ma che cosa si è venuto a determinare? Egli ha proiettato anche l’intelligenza, o perlomeno ha reso intelligente l’emanazione (Per emanazione nella dottrina del Maestro Andrea s’intende ciò che convenzionalmente in senso religioso è definita “la creazione”. Ora, poiché nulla può esistere “fuori di Dio”, o tratto “dal nulla”, l’emanazione avviene sempre “entro Dio”, nel Suo Essere, come parte inscindibile della Sua Realtà. – Nota del curatore.) dunque la realtà, che è quindi una realtà intelligente nel senso che è ”regolata intelligentemente”, perché Dio al momento dell’emanazione conferisce anche l”organizzazione”, cioè la disposizione secondo cui la realtà si deve articolare. Questa disposizione la chiamiamo “legge”. E avviene che, laddove Dio trasferisce, come dire, la funzione intelligente, cioè trasferisce il carattere individuale intelligente, esso, nell’ambito della stessa realtà, diventa lo “Spirito”, mentre l’intelligenza semplicemente proiettata in misura anonima, solo come qualificazione della realtà, rimane un’intelligenza non qualificante, non soggettivata, non individuale, e cioè sparsa nell’ambito della realtà e congelata nelle “disposizioni di legge” che Dio ha stabilito.

In altri termini, riprendendo lo stesso discorso con altre parole per tentarne una semplificazione, nella proiezione di Dio sono state immesse diverse qualità, cioè tutte le qualità che Dio ha: quindi l’intelligenza, la volontà, l’eternità, l’infinitezza ecc., tutto quello che possiamo mettere, mettiamocelo dentro. Dio ha proiettato questa forza e la realtà è nata “fuori” di Lui (Qui per “fuori” s’intende ciò che non è nel “nucleo” essenziale della Divinità, paragonabile alla figura del Padre nella concezione religiosa. – Nota del curatore.), indipendentemente da Lui, anche se a Lui legata in quanto Egli, centro principio motore, con la Sua libertà l’ha così voluta. Tutte queste qualità si sono diffuse nell’Universo, ma l’intelligenza che Egli ha trasferito non sarebbe stata niente, così anonima, se Dio non avesse stabilito anche la maniera di utilizzare questa intelligenza, se cioè Dio non avesse suggerito il modo, le norme di manifestazione di questa realtà, dunque le leggi (In questo ambito il Maestro Andrea pone le “leggi” come elementi “strutturali”, ma mancano elementi primari e fondamentali come i Principi, cioè i capisaldi, la “logica” complessiva dell’emanazione, da cui discendono le leggi. In altre comunicazioni i “Principi” sono presenti sempre come elementi “a monte”, e dai quali si sono derivate e strutturate di conseguenza le leggi. – Nota del curatore.). E fin qui – è chiaro – lo Spirito non c’è ancora. Ma cos’altro Dio doveva trasferire da sé perché l’emanazione diventasse completa? Non soltanto l’intelligenza, ma un carattere dell’intelligenza che soltanto Lui possedeva, quello individuale, particolare, tipico, utilizzabile, come dire, circoscrivibile, soggettivato. Questo carattere una volta emanato da Dio non poteva che dare degli esseri intelligenti.

Dato l’aspetto infinito della creazione (Qui in senso di ciò che è Realtà manifestata. – Nota del curatore.), Dio ha emanato contemporaneamente sia i caratteri individuali (e quindi gli spiriti) sia i caratteri anonimi dell’intelligenza stessa e quindi le leggi e la realtà non legate a personalità. Questa è una costruzione teorica, se vogliamo, una maniera di spiegarsi che cosa può essere accaduto. Naturalmente, a questo punto ogni altra possibilità di accertamento ci sfugge, però appare chiaro che quasi certamente è accaduto così, sia studiando le manifestazioni della materia, dell’Universo, della realtà, sia studiando il carattere dello Spirito e notando le affinità.

Vedete, il carattere unitario nasce da tante e tante particolarità, dalla struttura stessa della realtà che è tanto simile alla nostra di spiriti e che dunque ci fa pensare all’unità, alla stessa origine, assieme a tante altre minute osservazioni che ci portano a questo: l’unica cosa che ci distingue dalla realtà, dall’Universo, è l’aspetto della nostra individualità. Io sono quello che sono, non sono te e tu non sei me. Non soltanto questo, ma nell’Universo non ne esistono altri esempi, nessun’altra cosa che non sia uno Spirito ha caratteri individuali e personali, nessun’altra cosa, pure essendo in sostanza identici: io e l’Universo, e la materia, o la sostanza universale, come vogliamo chiamarla, siamo fatti tali e quali.

Che cosa dunque ci distingue? Che posso pensare? Io sono e sarò, e vivo una mia vita individuale e continuerò a viverla, e so che sarà così. Se dunque è così, che cosa ho io in più? A questo punto non è questione di tirar fuori soltanto parole: io ho il mio carattere individuale, ho la mia personalità. Cosa è dunque tutto questo? Ho dunque un marchio a fuoco che bisogna pure che si mostri da qualche parte; e questo marchio a fuoco, poiché si perde, come si suol dire, nella notte dei tempi, e poiché per analogia, attraverso le nostre ricerche, molti caratteri li ritroviamo in Dio, appare dunque chiaro che questo trapasso di personalità, questo marchio d’individualità non può che essere stato dato da Dio. E allora non può che essere accaduto proprio questo, e cioè che Dio trasferendo l’intelligenza non ha potuto fare a meno di trasferire anche un carattere precipuo dell’intelligenza, cioè il carattere individuale, di personalità, di “infinitezza finita”. Ecco quindi queste distillazioni goccia a goccia, e non soltanto questo oceano, questo mare d’acqua, direi per allegoria, quale può essere l’Universo.

Queste precisazioni ci fanno concludere che l’unità esiste, ma che tra noi e l’Universo esiste anche questa differenza, e così noi ci possiamo proclamare veramente gli unici figli di Dio, perché figli in senso autentico, perché veramente siamo fatti a Sua immagine e somiglianza, come dirà la Bibbia (Il concetto di “immagine e somiglianza” è – sul piano religioso – attribuito all’uomo. Qui in seduta sarebbe stato palesemente necessario un maggior approfondimento concettuale. – Nota del curatore). Qui veramente il testo biblico si adatta, non certo in senso materiale, ma nel senso che abbiamo i caratteri migliori di Dio: la forza, la possibilità, la legge in base alla quale a ciascuno di noi è stato dato ciò che era anche del Padre. Questo potrebbe essere chiamato un atto d’amore di Dio verso colui che Egli ha creato. In realtà non so se sia stato un atto d’amore; forse sì, ma questo rientra in quell’altro discorso: Dio poteva fare a meno di crearci? Perché tutto questo è accaduto? Doveva accadere? Dio era obbligato? Naturalmente questi sono termini che non gli si adattano. Chi obbliga Dio? Egli non è obbligato da nessuno. Dio è sovrano supremo, solo giudice di Se Stesso.

D. – Dopo che Dio ha trasferito allo Spirito i Suoi caratteri, gli ha trasferito anche quello dell’autonomia, dell’indipendenza, e in un certo senso questo principio di autonomia contiene implicitamente la possibilità di essere anche al di fuori della legge di Dio.

A. – Sì, in fondo è anche così, e lo Spirito infatti ha la libertà di stare dentro o fuori della legge di Dio, sebbene si tratti di eufemismi, perché ci sta sempre dentro, in effetti.

D. – E allora, l’autonomia dello Spirito?

A. – Sta nell’accettare o meno. Si può stare nella legge senza accettarla, in fondo. Perciò non esiste nulla che sia fuori di Dio.

D. – Quindi Dio non ha completamente trasferito allo Spirito l’attributo dell’autonomia?

A. – Vedi Dio resta Dio nei confronti del figlio (Notare che il Maestro Andrea definisce “figlio” la creazione, l’emanazione divina, cioè la seconda persona della Trinità, con ciò dando una diversa precisazione alla stessa, distaccandola da quella di tipo religioso del cattolicesimo che la pone in Cristo . – Nota del curatore), della creazione, cioè resta il Creatore. È questo carattere che non è stato trasferito, quello della creazione. Perché, infatti, vedi, l’unica cosa che è impossibile all’Universo e allo Spirito è quella di creare, nessuno di noi ha questa facoltà. Ora io non so perché questo non sia accaduto. Si possono soltanto fare delle supposizioni; la realtà è che soltanto Dio crea e nessun altro. Nemmeno lo Spirito più evoluto, più elevato. Sì, gli spiriti molto elevati hanno la facoltà di disporre della legge, possono attuarla e interpretarla e anche operare certe rettifiche provvisorie, ma non creare. La creazione, no. Lo Spirito, per esempio, non può essere creato da un altro Spirito, mai. Si possono creare dei simulacri, ma la realtà è che solo Dio crea.

Perché Dio che ha trasferito tutto, non ha trasferito anche questo? Io penso che questo Egli non poteva farlo. Prima di tutto perché la creazione non è tanto un attributo di Dio ma è soltanto un’idea. Vedete, è difficile trasferire questo concetto in termini umani. Pur avendolo ben presente mi è difficile trovare le parole giuste per rendere questo concetto. L’idea in sé in Dio, è intrasferibile, ciò che si trasferisce è l’elaborazione dell’idea. Diciamo pure che la creazione, in Dio, in quanto idea, era – come dire – un’ispirazione unica, irripetibile. L’idea creativa è unica, non ha molteplici facce, molteplici aspetti. Essendo unica come forza, pure essendo infinita, si è esaurita in un unico “Fiat”; portata oltre il concetto temporale questa espressione non nega che la creazione sia eterna, ma ammette soltanto che sia unica; essendo tale, le cose create non potevano ricevere questa idea, questa capacità di Dio, proprio perché la capacità si era esaurita nel momento in cui venne realizzata. Questo termine “esaurita” ancora una volta non significa che fosse “temporalmente finita”, perché è riferito a una capacità ideale; come luogo ideale, essa creazione non era più ripetibile, era una cosa che essendo eterna non aveva altri addentellati, altre proiezioni. Un atto puro, cioè. Naturalmente io capisco come questo possa suonare piuttosto strano, so d’altra parte che è una cosa molto difficile a capirsi.

D. – Dio potrebbe distruggere la realtà, nelle sue manifestazioni materiali e spirituali?

A. – Io non lo posso negare. Teoricamente questo potere ce l’ha, anche se il suo uso sarebbe ingiustificato. Perché sarebbe ingiustificato l’annullamento della creazione, perlomeno io non saprei trovare delle giustificazioni, anche se teoricamente non posso negare che Egli abbia questa possibilità.

D. – Dio dovrebbe ammettere di aver sbagliato, il che non si può ritenere possibile.

D. – Non è detto che annullare una propria opera sia l’ammissione di un errore.

A. – Sì, ma potrebbe rientrare in una strategia da noi ignorata.

D. – Direi che proprio per quello che hai detto poco fa, circa la creazione, negherebbe una possibilità del genere. Implicitamente, nell’idea di creazione irripetibile, di atto puro, c’é l’impossibilità di principio di eliminarla.

A. – Sì, naturalmente questo è quello che riteniamo. Così, per esempio, io dubiterei moltissimo della facoltà di Dio di distruggere noi spiriti. Cioè io sarei pronto a sottoscrivere la possibilità di un annullamento della realtà, ma non sarei altrettanto pronto ad ammettere la possibilità di Dio di distruggere noi spiriti, proprio per il fatto che Egli ci ha dato certe qualità, qualità Sue in definitiva, quindi eterne. Sarebbe molto difficile giustificare un’operazione del

D. – Tu hai una conoscenza di questa impossibilità molto grande e precisa, mentre è strano che anche alti spiriti incarnatisi sulla Terra abbiano a un certo punto immaginato una possibilità del genere. Appare veramente strano come abbiano potuto pensare all’annullamento dello Spirito.

A. – Non hanno ragionato abbastanza.

D. – Mi sembra che dopo quello che hai detto non ci sia molto altro da dire, cioè Dio non può rinnegare ciò che ha fatto.

A. – Questo è però un discorso un po’ sentimentale, con molte pezze di appoggio poi, perché in realtà Egli può agire in base a un disegno assolutamente sconosciuto e inimmaginabile da parte vostra. Poi, vedete, bisogna perdere la visione che Dio ragioni un po’ come noi, noi e voi, perché siamo tutti spiriti, in fondo. A parte – volendo tornare sull’argomento – la qualità che abbiamo di essere eterni, infiniti, e il fatto che la nostra presenza nell’Universo corrisponde a una precisa situazione nella mente di Dio, il che fa pensare che la nostra eventuale distruzione dovrebbe segnare almeno la distruzione parziale di alcune strutture divine. Vedete, forse arriviamo così alla conclusione di tale impossibilità da parte di Dio.

Immaginate questo Dio infinito, per poterlo immaginare facciamo un esempio banale: immaginiamo un punto su un foglio di carta e che da esso partano un numero enorme di rette in maniera da formare una raggiera, talmente fitta da occupare tutta la superficie, in maniera che non ci sia più nessun punto bianco. Vedete, almenché Dio non si crei un vuoto, cioè un punto bianco, una linea da detrarre, in qualunque modo noi saremo sempre una di queste linee. Ma Dio non può distruggere ciò che ha fatto perché è una delle linee della Sua raggiera, quindi del Suo atto creativo, della Sua potenza, cancellando parte di questa creazione si determina in Lui un vuoto, una mancanza, e Dio con qualcosa di meno non è più Dio. Perché Egli, essendo tutto, non è concepibile che sia un tutto meno qualcosa; dev’essere un tutto “completo”.

Questo, poi, in base a tutto un altro ordine di ragionamenti, diversi da quelli che abbiamo fatto stasera. Il tutto comprende ogni soluzione possibile e noi siamo una delle infinite soluzioni possibili della creazione, noi spiriti. Cancellando una di queste soluzioni, Dio viene a mancare di qualcosa, viene a essere diminuito. Un turbamento, dunque, una manchevolezza che renderebbe Dio non più Dio. Insomma Dio si regge proprio per il fatto che è il Tutto; tutto è dentro di Lui e nulla è fuori di Lui, se qualcuno di questi aspetti cede, Dio finisce con lo sgretolarsi, perdendo la Sua unità.

D. – A parte il fatto che volendo liquidare la realtà, Dio annullerebbe tutte le linee contemporaneamente e non solo una linea, io direi piuttosto questo: se noi paragoniamo la non creazione a una lampadina spenta all’origine, cioè Dio senza realtà, con la creazione essa si accende ed emana infiniti raggi di luce. A un tratto, Dio può spegnere la lampadina e tutto ritorna allo stato originario. In questo modo, si può ipotizzare che Dio finirebbe con lo sgretolare Se Stesso, ma che automaticamente Egli tornerebbe anche alla Sua compattezza originaria.

A. – Si, però, vedi, Dio per quello che noi ne sappiamo è tale proprio perché in Lui sono “reali” tutti gli aspetti possibili, quindi sia la lampada accesa che quella spenta. Dio è e deve essere contemporaneamente tutte e due le cose.

D. – Ma non sappiamo perché Dio abbia sentito il bisogno di proiettare Se Stesso nella “realtà”.

A. – Ma vedi, esiste un problema: il tempo. La questione che per noi non c’è mai stato un momento in cui non c’era la realtà e dobbiamo ammettere che essa ci sia sempre stata.

D. – Ma è lo stesso che dire che la realtà è Dio, e quindi accettare una certa forma di panteismo.

A. – Panteismo no, non direi.

D. – Un panteismo diverso, cioè che Dio è la realtà e che quindi è un tutto armonico che si realizza.

A. – Sì, però per noi Dio è sempre anche “al di fuori”. Cioè noi non accettiamo un panteismo spinoziano, per esempio. Ho capito quello che tu vuoi dire, perché in fondo Dio è anche la realtà, siamo d’accordo, ma per noi Egli è contemporaneamente anche “fuori” di essa (Dio non può essere, in un certo senso “limitato” al concetto di “Tutto” o di ”Realtà” oppure di “natura” in senso spinoziano; Egli deve comunque trascendere ogni concetto che cerchi di limitarlo o di fissarlo, in altre parole Dio deve sempre essere considerato trascendente in quanto Infinito. – Nota del curatore.). Questo è il punto. È chiaro che qui si tratta di discussioni al limite del possibile e molte idee non possono, non riescono a filtrare compiutamente.

D. – Mi è sorto un altro interrogativo contingente. È come se anche tu cercassi – questa è stata almeno la nostra impressione – di arrivare a una soluzione di tipo dialettico, di tipo conoscitivo.

D. – Secondo me cercavi invece il modo per farci capire.

A. – Sì, credo che così debba essere inteso. Voglio però dire che alcune idee indubbiamente vengono precisate ulteriormente da parte mia nel corso della conversazione con voi, vengono ripuntualizzate, vorrei dire “ripensate” più che pensate in forma originaria, e vengono ripensate per la difficoltà di trasferimento a voi. Poi avviene anche che alcuni problemi, pur essendo già ben precisati dentro di me, vengono ripensati sotto nuove angolazioni e si ripresentano in maniera originale anche a me, proprio perché adoperando io un linguaggio di tipo umano posso ripensare il problema da un altro punto di vista.

D. – Ma penso che voi, quando arrivate a capire, a conoscere certe cose, ne dimenticate poi i procedimenti dialettici.

A. – La forma di ragionamento dialettico si lascia. Quindi, ecco che quando parliamo con voi bisogna riprendere il discorso in forma dialettica e quindi rielaborarlo, solamente che bisogna già sapere dove si deve arrivare.

D. – I problemi che avete da risolvere nella vostra dimensione sono di questo tipo o di un tipo che noi non riusciamo neanche a immaginare?

A. – Sono di un altro tipo, magari si trattasse soltanto di questo! Essi sono assolutamente intrasferibili. Come avete visto, io non riuscivo neppure a spiegarvi bene alcuni di questi aspetti, perché il linguaggio umano è totalmente insufficiente. Molti dei temi riguardano naturalmente Dio, le leggi o alcuni loro meccanismi, ma sono completamente diversi.

D. – Mi è difficile pensare che all’interno della realtà di Dio, nella quale siamo anche noi, sempre spiriti, ci possano essere dei problemi talmente diversi da non poter essere espressi, sia pure in forma approssimativa, con concetti umani.

A. – Lo so che sembra difficile, ma è così. D’altra parte, se si trattasse soltanto di questi problemi li avremmo risolti da un pezzo e, come dire, staremmo senza pensare più a nulla. Ogni cosa a suo tempo. Dovete anche un po’ accontentarvi dell’essere uomini, tanto più che ciò non intacca né la possibile fede, né la possibile ricerca, e le nostre discussioni, qui, sono ricerche teoriche che non hanno nulla a che vedere…

D. – Più esattamente è che forse non ci puoi dire certe cose per ragioni spirituali.

A. – Sì, in parte c’è anche questo. Ma esiste proprio una difficoltà pratica di linguaggio, anche perché non ci potete arrivare ancora, altrimenti forse ci potremmo intendere su vie più intuitive. D’altra parte, poi, tanto per parlarci chiaramente, molte delle cose che abbiamo dette questa sera non erano state dette in precedenza e nessuno di voi immaginava (parlo per i più anziani) di poter arrivare a questo tipo di ragionamento o di poter pensare cose che poi sono state dette successivamente. Cioè, nel corso delle nostre sedute, a distanza di anni vi accorgete che abbiamo approfondito problemi che non immaginavate neppure; il che significa che se io ve ne avessi parlato dieci anni fa, due anni fa o tre mesi fa, forse voi, o non avreste capito niente o non vi sareste proprio interessati al problema. Di alcune di queste cose “inimmaginabili” finiremo poi anche col parlarne, qualche volta, e allora non saranno più tanto strane, ma rientreranno anche in un vostro ordine logico di comprensione.

D. – Da parte vostra non può esservi un incentivo?

A. – Ma l’incentivo c’è. Ogni volta che parliamo finite sempre (quando riuscite a capire tutto) col rimeditare o col formare altre domande che mi convincono che siete “entrati” nell’argomento, e ci si allarga ad altri aspetti. In fin dei conti questa sera eravamo partiti semplicemente dall’aspetto duale di Spirito e materia, e siamo finiti a parlare della creazione di Dio.

D. – Forse si presentiva qualcosa di diverso dietro la domanda.

A. – Ecco, presentire, questo è il termine esatto. I problemi si presentano, e quando si accentua questo presentimento vuol dire che vi è abbastanza maturità per poterne parlare.

D. – Qual è la distinzione, o perlomeno la diversità di esperienza, tra spiriti molto evoluti che vanno a incarnarsi in corpi non evoluti come quelli – per esempio – degli aborigeni australiani, o spiriti ugualmente molto evoluti che s’incarnano in corpi evoluti? Uno Spirito evoluto incarnato in un corpo non evoluto fisicamente avverte più nettamente il distacco tra Spirito e materia?…

A. – Ho capito quello che vuoi dire e cercherò di risponderti brevemente, perché la questione dovrebbe essere sviluppata meglio. Nel corpo di un primitivo, un grande Spirito si troverebbe in difficoltà, perché dovrebbe agire attraverso un cervello disarticolato, grezzo, che non gli risponde, mentre il cervello può perfezionarsi in chiave ereditaria, storica, anche senza malformarsi, senza ricevere le sovrastrutture di una civiltà sbagliata che lo peggiorano anziché migliorarlo. In questo senso è impossibile fare questo miglioramento. Io alludo a un cervello sano, a un cervello magari primitivo in senso biologico, ma perfezionato in senso ereditario, cioè che abbia subito le alterazioni positive della civiltà e non quelle negative. Allora, sì, allora arriviamo a un uomo il quale possiede, come specie, un cervello sviluppato bene – come può essere il vostro – ma senza gli indebolimenti e i cedimenti propri delle sovrastrutture storiche, sociali, psicologiche che lo hanno deformato. Allora, in quel caso, sì, uno Spirito evoluto può sfruttare veramente bene, in maniera sana e completa la materia, con un cervello che funziona bene e con un corpo che risponde bene, con tutti gli istinti e con tutte le capacità atte a penetrare quella “materialità” di cui dicevamo. Comunque è chiaro che il discorso deve allargarsi e completarsi, non si può chiudere così.

So che ci sono molte obiezioni che potreste fare, lo so benissimo…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *