La difficoltà della ricerca.

La difficoltà della ricerca.

«Dal momento che lo Spirito quando si incarna espunge da sé ogni memoria e nella vita porta solo la sua presenza a testimonianza di se stesso e non ha, salvo casi eccezionali, altra «memoria», ciò spiega perché da un punto di vista formale e funzionale, tra la vita e la morte c’è una reale separazione. I morti stanno al loro posto e voi al vostro, e non c’è una commistione cosciente tra i due mondi. Questo ha sempre reso difficilissima ogni indagine, ogni ricerca sull’al di là; difficoltà dovuta al fatto evidente di una frattura che, oltre ad essere formale e funzionale è voluta dalla Legge. Dunque, diciamo che la ricerca urta costantemente contro questo principio della non comunione tra i due nondi.

Ecco perché, essendo lo Spirito l’unico testimone di se stesso (perché di lui la vita non può farne a meno) , solo la via interiore conduce a lui. Ed è proprio in base a questo principio (ben intuito dai Maestri che l’umanità ha avuto), che Cristo poteva dire:«la tua fede ti ha salvato», cioè «sei tu stesso che ti salvi». Oppure l’oracolo di Delfo poteva affermare:«Conosci te stesso e conoscerai Dio». Perché la via passa sempre e soltanto attraverso la soggettività dell’uomo.

Oggettivamente voi avete delle frange, minuti segni occasionali, ma non avete mai la continuità, la pienezza di una esistenza che provi se stessa, perché essa oggettivamente trova un ostacolo, prima nella Legge, in secondo luogo in stati fisici completamente diversi, che non si integrano. Tanto è vero che lo Spirito è costretto ad unirsi al corpo attraverso una via interiore che va oltre l’inconscio e che non occupa lo spazio della razionalità.

Da questo punto di vista il cervello esclude la Spirito. Lo Spirito però ha necessità del cervello in quanto esso è il tramite intellettivo di una comunicazione. Il cuore del problema sta li, ma la via possibile di un discorso sulla presenza dello Spirito è sostenibile, ove lo è, soltanto attraverso un discorso di questo tipo. Questo per voi può costituire un ostacolo, ma è così che io vedo il problema, se esso deve essere affrontato… È difficile conoscere se stessi, anche perchè l’uomo tende a presumere di sapere già tutto di se stesso.

Comunque, il discorso che qui vogliamo tentare di portare avanti è anche quello della teorizzazione, cioè quello di cercare delle regole e di propugnarle. La teoria può insegnare a capire, può dare una tecnica, ma il problema è soprattutto quello di verificare quanto importante sia la conoscenza di se stesso e della propria interiorità. Se deve essere portata sulle linee dell’autoconoscenza, perché li l’individuo si riappacifica, cercando in se stesso (e non fuori di se stesso) la propria pace.

Invece gli uomini hanno sempre proceduto in maniera completamente diversa. La pace l’hanno cercata nelle rassicurazioni esterne: le religioni, certe filosofie, la protezione del potere, le gerarchie esteriori, tutte le forme attraverso le quali l’uomo rinuncia ad essere se stesso per appartenere alle dottrine degli altri e rinuncia a pensare ed a decidere con la propria testa per pensare con la testa e secondo le decisione degli altri. Dunque, a questo punto, l’uomo diventa un essere che svuota sè dello Spirito e fa camminare la forma, cioè il corpo e in questo modo si avvicina alla morte ed entra nella zona del terrore, perché nel momento della morte, non sa nulla della propria interiorità, non ha capito e non può trarne la forza ed il coraggio per affrontare il passaggio finale. A quel punto tutto ciò che viene dai fuori non riesce a placare un’ansia o una paura che viene dal di dentro» (Lez. cit.)

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