LA SESSUALITÀ E LO SPIRITO.

LA SESSUALITÀ E LO SPIRITO.

D. – Vorremmo trattare il problema della sessualità posto in chiave psicoanalitica. Ci sono, in psicoanalisi, due correnti principali che trattano il problema della sessualità: la prima fa capo a Freud e dice che ogni nevrosi è frutto di un disturbo sessuale (L’altra corrente fa capo a C. G. Jung che non dà particolare importanza al sesso, ma considera la “libido” come carica unitaria vitale dell’uomo. – Nota GdS.).

Parlando del problema sessuale essa afferma che sin dall’inizio il bambino ha in sé lo stimolo della libido…

A. – Anzitutto pongo una premessa e cioè che la sessualità e il sesso non rientrano nella problematica spirituale. Intendendo dire che i concetti morali concernenti il sesso non possono essere considerati veramente “morali”, e che sesso e moralità sono due cose totalmente diverse, anche se sul sesso si è impostata una visione morale in base alla quale gli uomini hanno vincolato tutta la loro esistenza dai primordi sino ai vostri tempi. Voglio dire che, in ogni caso, allo Spirito non può interessare il problema sessuale, salvo che egli non possa trarre delle esperienze attraverso l’uso della sessualità.

Non c’è alcun dubbio che attraverso l’uso sessuale lo Spirito possa trarre, di solito, notevoli e importanti esperienze per quanto concerne la materialità. E perché? Perché indubbiamente una tale esperienza della materialità risulta enormemente valida se si considera che attraverso l’uso del sesso l’uomo viene a contatto con una serie di emozioni che lo investono in maniera totale.

E intendo proprio dire “totale”, perché è certo che l’esercizio sessuale coinvolge la mente, il corpo, e frange dell’anima, coinvolgendo quindi tutta una serie di emozioni, comprese quelle di origine fisica che partono dal sensorio. L’esperienza della materialità qui si evidenzia specialmente nella fase sia tattile sia cerebrale, completandosi e integrandosi molto intensamente.

Non c’è dubbio che di tutto questo lo Spirito tiene conto nel momento in cui s’incarna. E non c’è alcun dubbio che una limitazione delle esperienze in senso sessuale corrisponde a una limitazione dell’esperienza globale dello Spirito, proprio perché – come abbiamo visto – attraverso la Terra è possibile assumere un’esperienza più o meno completa, ma certamente totale per quanto riguarda un certo tipo d’interpretazione della materialità, che nessun’altra esperienza è in grado di dare. Si capisce che l’uso sessuale può essere esercitato a diversi livelli: voi sapete che ci si può coinvolgere anche con lo Spirito; oppure solamente col cervello, con i sensi, e anche qui attraverso varie gradazioni. È chiaro che io mi riferisco a un’esperienza sessuale più o meno completa.

Ora, posta questa premessa, ne facciamo subito un’altra, e cioè essere l’attività sessuale importante, ma in ogni caso da assimilarsi in qualche modo a tutti gli altri istinti della natura. In altri termini, nella sessualità, non c’è niente di peccaminoso e l’errore che si è compiuto (in parte giustificato, in parte no) è di aver voluto considerare questo istinto naturale come facente parte di una problematica di tipo spirituale o morale mentre in realtà esso non può averla perché in ogni caso ci troviamo proprio di fronte a un tipico istinto materiale, più o meno simile a tutti gli altri istinti naturali dell’essere umano. Bisogna anche aggiungere che l’umanità ha proseguito un tipo di vita che addirittura si è condizionato alla sessualità. In altri termini, la vita dell’uomo si è condizionata al sesso, in un certo modo coinvolgendo altre esperienze importanti e limitandole. Io credo che ancor oggi da voi vi sia il problema sessuale, che in realtà è uno pseudo problema, e che è diventato un problema semplicemente perché lo si è visto come “peccato”. Mentre, per esempio, nessuno considera peccato il bisogno di urinare o quello di mangiare o di bere. Come mai è accaduto tutto questo?

Certo il tutto ha una sua spiegazione che risale ai primordi dell’umanità.

L’uomo primitivo si era già istintivamente abituato a considerarsi proprietario della femmina, un po’ secondo l’egoismo proprio della razza animale; anche se la stessa razza animale in genere segue un altro criterio. In ogni caso questo bisogno di possesso dell’essere umano è diventato intelligente e la violazione di questo possesso non poteva che esplicarsi nella sua forma più appariscente e cioè nell’uso sessuale il quale, se esercitato dagli altri sulla propria femmina, veniva a considerarsi come una violazione di questo possesso.

Perché mai il sesso e non altre cose?

L’uomo come corpo offrirebbe varie altre possibilità. Ed è anche vero, infatti, proprio a controprova di quel che dicevo, che il sintomo gelosia non si esplica soltanto sul sesso, ma viene a esplicarsi anche su altri rapporti, per cui un uomo è geloso della propria donna e la donna del proprio uomo anche senza un uso sessuale del corpo, cioè vi è anche una gelosia di tipo mentale. Tutto nasce da una cattiva educazione in tal senso e cioè dal concetto di proprietà che l’uomo vuol rivendicare su un altro essere vivente, e che è certamente il frutto di una inciviltà, intendiamoci bene, perché il concetto di proprietà è esattamente il contrario del concetto di sentimento. L’uomo così prescinde dal sentimento e riafferma un concetto di proprietà. Naturalmente, essendo l’istinto una dote naturale dell’uomo, è chiaro che per poter soddisfare questo concetto di proprietà l’essere umano comprime se stesso, cioè è costretto a rinunciare alla parte più appariscente della propria libertà, cioè all’uso del proprio corpo, disponendone in base ai sentimenti o agli istinti.

Il concetto ci porterebbe lontano, ma, in ogni caso, la nevrosi iniziale in fondo nasce da qui, nasce non soltanto da una limitazione chiaramente riferibile al sesso, quanto da una limitazione della libertà in genere dell’essere umano.

In realtà l’essere umano non rinuncia soltanto al sesso e all’uso del proprio corpo, ma rinuncia a tante altre cose parallele. Basta vedere un bambino nel corso del suo sviluppo iniziale: al bambino non viene vietato soltanto l’uso del sesso, ma vengono vietate tante altre cose. Può essergli vietato di correre, di mangiare quello che gli pare, di dormire nel momento in cui vuol dormire. Gli viene vietato di non studiare, gli viene vietato, non so, di tenere le mani nell’acqua, e via di seguito. Il bambino viene così costretto giorno per giorno a seguire una serie di direzioni e di precetti per i quali non c’è l’istinto corrispondente, perché semmai l’istinto lo porterebbe da tutt’altra parte, o comunque diversa da quelle che si vorrebbero precostituire per lui. Sicché, una nevrosi di fondo nasce dal conflitto tra la vita degli istinti del bambino e la società, la famiglia ecc., che gli impongono una serie di vie per le quali non ha la vocazione istintuale, perché la vocazione istintuale di un essere vivente sarebbe quella di correre, di arrampicarsi sugli alberi, di cadere e rialzarsi, di mangiare all’ora che vuole, di gettarsi in uno stagno per nuotare, insomma, di far tutte le cose naturali, istintive e logiche per un armonico sviluppo fisico e psichico.

Certo l’obiezione che si può fare è chiara; si può dire: ma questo bambino non può crescere in libertà come un animale, perché non vive in una società organizzata liberamente. Questo tipo di obiezione contiene chiaramente un errore: la società non è allora organizzata per il bene dell’uomo, ma per il suo male, cioè è organizzata per ciò che è contrario all’uomo. La società non è il modello che corrisponde alle esigenze fisiche e mentali dell’uomo, ma è una società che lo blocca sin dalla nascita e lo costringe in un alveo a lui non congeniale.

Questa prima nevrosi è fondamentale: il bambino già cresce con una serie di limitazioni che daranno origine a inibizioni. Perché le inibizioni sono automatiche e istantanee nel momento in cui c’è la costrizione, cioè l’inibizione giunge con qualche ritardo rispetto alla costrizione, ma giunge immancabilmente.

Ora, quando un bambino viene educato sin dal principio a guardarsi dal sesso, essendo il sesso tabù, essendo il sesso “male”, apportatore di un’infinità di guai, si crea un’inibizione immediata e, poiché l’istinto esiste e non è distruttibile (è comprimibile, ma non lo si può elidere), ecco che nasce una nevrosi. Ma dobbiamo chiarirci una cosa: quando gli psicologi che tu hai nominato parlano di libido non intendono esattamente libidine, ma intendono un insieme di forze

 che si potrebbero definire vitali, dinamiche (È la tesi di Jung e W. Reich. – Nota GdS.). La libido è come un gas che sta imbottigliato insieme a un vino vecchio ed è chiaro che basta togliere il tappo perché esploda. Nel caso dell’uomo avviene però una sorta di miscela: quel gas che è la prorompente forza vitale umana, la libido, non ha solo un indirizzo sessuale, ma un indirizzo molteplice.

La libido la possiamo trovare incanalata nell’intelligenza, nella volontà, nell’attività dinamica della mente. Ecco che questa forza compressa nell’uomo trova forzatamente altre vie, ma nel forzare le altre vie provoca dei guasti che sono inevitabili. Dovete tener presente che l’istinto sessuale è un istinto primario del bios, senza il quale non si avrebbe riproduzione e si avrebbe invece la morte sulla Terra. Se non esistesse questo istinto, che è propriamente biologico, la razza umana sarebbe finita da un pezzo. È chiaro che essa sarebbe finita anche se si fosse estinto, per esempio, lo stimolo della fame perché gli uomini non si sarebbero più nutriti e sarebbero morti di consunzione. Questo significa che di fronte a tali istinti non si può imbastire un discorso di tipo morale, ma solo un discorso di tipo biologico e, semmai, di tipo psicologico o sociologico, sempre tenendo presente la realtà di questi istinti.

Ora, indubbiamente, quando un istinto viene compresso esso non sparisce, ma provoca dei guasti e questi sono le nevrosi, ovviamente, che sono più o meno accentuate, o più o meno gravi, a seconda della tensione dell’istinto. Quindi a seconda della forza di compressione di questa sorta di gas.

Le nevrosi che cominciano nell’età infantile hanno una caratteristica si compensano.

La compensazione delle nevrosi significa che si stabilisce una catena per cui una nevrosi ne genera altre. D’altra parte, un istinto ha un aspetto poliedrico: ha varie facce, quindi con varie possibilità di irradiazioni e quella di una serie di micronevrosi, le une legate alle altre.

Come avviene la compensazione?

Intanto essa avviene attraverso i fattori educativi. Il bambino viene obbligato a seguire una certa serie di comportamenti che sembrano apparentemente una valvola di scarico per certi istinti.

Ai bambini si dice di non correre perché – supponiamo – suda, prende il raffreddore, e lo si invita, probabilmente, a stare seduto o a fare un altro gioco: è una compensazione, indubbiamente, ma il danno viene ugualmente fatto. È chiaro che la compensazione finisce col manifestarsi se il gioco del bambino, essendo costruttivo, riapre un’altra valvola cerebrale, cioè lo alimenta in senso intellettuale. E allora, a uno svantaggio fisico può subentrare un vantaggio psichico. È una compensazione, ma vi rendete conto che lo è tra un elemento negativo e uno positivo. Il negativo non si annulla, viene compensato, ma resta. Per cui quel bambino avvertirà per tutta la vita un bisogno occulto, sotterraneo, che può manifestarsi in una tensione aggressiva, per esempio, in una tensione di tipo sessuale, a seconda dunque della costrizione che gli è stata fatta.

Le compensazioni sono indubbiamente una salvezza per l’essere umano, perché altrimenti impazzirebbe.

Le compensazioni talvolta avvengono naturalmente, cioè senza l’intervento pedagogico, ma è chiaro che così facendo l’individuo si sviluppa, direi, asimmetricamente, cioè va avanti con una serie di compensazioni che, via via che egli si sviluppa, significano la creazione sul proprio cammino di un numero incalcolabile di nevrosi, per vostra fortuna, sono avvertite. Non le avvertite tutte, ma avvertite prevalentemente quel gruppo di nevrosi le più ancorate a istinti primari, a istinti base.

Le compensazioni provocano dei danni a livello del corpo. Infatti molte di queste nevrosi hanno la caratteristica di scompaginare alcuni organi più legati al sistema nervoso: primi tra tutti quelli viscerali. Tutti i nevrotici soffrono o soffriranno prima o poi di affezioni viscerali: fegato, colon, utero. Sono tipiche affezioni nevrotiche, quando naturalmente non ci siano fatti organici. E sono quelle malattie di tipo psicosomatico dovute a fissazioni di nevrosi su organi (nevrosi d’organo).

Ora, riallacciandoci alle teorie in questione, diremo che il bambino attraversa delle fasi particolari, così come dice la psicoanalisi. Bisogna vedere se questa successione di fasi, quando venga interrotta o turbata, sia la sola fonte di nevrosi.

Non c’è dubbio, e lo abbiamo detto prima, che esiste una nevrosi di base che è dovuta all’impatto tra la vita singola e quella sociale: è la base primaria sulla quale possiamo collocare tutta la serie di perturbamenti, compresi questi di ordine sessuale che sono fondamentali.

Non direi però che tutte le nevrosi siano di origine sessuale. Che un gran numero di nevrosi abbia origine sessuale è chiaro, ma non tutte. Che colpendo attraverso l’educazione uno degli istinti primari si turbi l’equilibrio, su questo io concordo, ma vi è tutto un corollario, però, di altre possibilità per quanto riguarda altre nevrosi che non sono strettamente legate alla sessualità.

Vedete, noi possiamo avere un tipo di nevrosi che si potrebbe definire di “carattere intellettuale” per quanto riguarda la vocazione di una persona. Un ragazzo a una certa età può aver soddisfatto completamente certe esigenze. Supponiamo cioè che un ragazzo abbia la piena soddisfazione sessuale e che per lui non esista perturbamento. Da un punto di vista sessuale diremo che è integro, senza perturbamenti. Però, a una certa età, può darsi che egli abbia la vocazione di fare il meccanico e che venga invece costretto a esercitare un’altra professione. In questo caso, francamente, io non vedrei come una compressione di vocazione o d’istinto verso un certo tipo d’attività manuale, possa avere un’origine sessuale. Cioè, qui siamo di fronte ad altre ampie possibilità. Così un individuo può ricevere nel corso della vita frustrazioni non legate alla sessualità, ma legate per esempio alla sfera dei sentimenti, alla sfera del lavoro, alla sfera dei rapporti umani dove può non entrare affatto l’elemento sessuale.

Ammenoché non si voglia generalizzare il concetto, ritornando alla definizione di “libido” e prescindendo dalla sessualità stessa, e cioè che essendo la “libido” una forza prorompente di natura vitale, di natura biologica o di natura mentale, qualsiasi ostacolo al libero manifestarsi dell’aggressività umana s’intende come frustrazione della libido. Per “aggressività” non intendo violenza, intendo solo manifestazione dei propri bisogni.

L’aggressività non va intesa se non come impatto con la realtà, cioè a dire tendenza, coscienza di operare in un certo ambito. Questo mi pare si possa dire come premessa generale rispetto alla domanda che mi è stata rivolta. È soltanto una premessa ed è chiaro che su questo tema possiamo parlare molto più a lungo.

D. – Tenuto presente che le maggiori motivazioni delle nevrosi sono quelle provenienti dal campo sessuale…

A. – È il ruolo prevalente, quello della sessualità, perché è il più ostacolato.

D. – … Essa ha portato sempre avanti il dominio della materia e quindi il corpo come tale. Per il resto, si ha una specie di paradosso; la società contro l’uomo, però non contro gli uomini, perché ha attuato certi regolamenti affinché fosse possibile la convivenza. Così è il solito concetto della libertà del singolo che è limitata da quella degli altri.

Ma a livello ereditario, la modificazione che si ha del connettivo psichico che si trasforma di generazione in generazione, non può tendere a ridurre il pericolo della nevrosi, proprio come adattamento a un certo tipo di compressione, o di inibizione?…

A. – In realtà questo non si è verificato. Ma in un certo qual modo quello che dici è giusto: da una parte avremmo un istinto che non si è modificato nell’ereditarietà, per fortuna, perché è un istinto primario di tipo biologico. Dall’altra però, avremmo potuto notare un migliore adattamento dovuto a una trasmissione ereditaria dell’accomodamento, direi del “compromesso”. Questo, modicamente, si è verificato, magari in maniera impercettibile perché, contemporaneamente, l’umanità ha sempre cercato, ha sempre teso all’emancipazione e a una maggiore libertà. Cioè da una parte c’è stata questa tendenza all’adattamento, di tipo ereditario, che è stata però annullata da una maggiore coscienza che impercettibilmente l’umanità ha acquistato nel corso dei secoli. Sicché qui si è operata proprio una “compensazione” e le cose sono rimaste quasi le stesse. Poi, con una maggiore presa di coscienza si è tentato di ribaltare il problema e questo, direi, più ai vostri giorni che nel passato.

D. – Quando dici che per fortuna l’istinto primario è rimasto intatto, ti riferisci alla conservazione della specie?…

A. – Sì, soprattutto a quella.

D. – Hai parlato di esperienze che lo Spirito preordina, anche nei casi di malattia. Vorrei saperne di più…

A. – Ecco, vedi, qui il discorso è più difficile, perché indubbiamente voi dovete considerare che lo Spirito, anzitutto, prima di incarnarsi, sa bene che la Terra gli offrirà delle resistenze. Al punto tale che talvolta può essere addirittura annullata gran parte dell’esperienza, perché voi vivete più col corpo che con lo Spirito: più con un corpo condizionato, bisognerebbe aggiungere. Ed è questo corpo con i suoi condizionamenti che generalmente prende il sopravvento.

Tuttavia, se l’esperienza è precisa, è scelta bene, lo Spirito quando si trova in Terra finisce col seguire la sua strada non preoccupandosi minimamente delle influenze che lo possono colpire.

Però, vedete, facciamo un esempio, quello di una persona, di una donna, che in un clima sociale religioso e storico di condizionamenti e di tabù, sceglie di essere una prostituta. Questo può essere un classico esempio di essere umano che rifiuta completamente l’educazione, le norme sociali, sbagliate o buone che siano, che rifiuta i concetti di famiglia, l’insegnamento della religione, tutto, e che sceglie una via che la società considera di grave peccato. Indubbiamente possiamo considerare questa un’esperienza. Però il discorso sulla libertà qui non mi calza bene perché io non considererei così questo punto, cioè quello di una prostituta, di un essere umano che si è emancipato dalle norme e che ha scelto una vita libera conformemente ai principi dello Spirito. E non la posso considerare così perché ella non ha coscienza di questo. Io potrei considerare l’essere emancipato qualora scegliesse deliberatamente di fare la prostituta – a parte il fatto che certamente fare la prostituta non rappresenta che un’esperienza, ma non certo un’emancipazione di tipo intellettuale o di tipo spirituale, perché probabilmente sarà una scelta condizionata da fattori economici o da altre cose – voglio dire che in altri casi la prostituta potrebbe essere associata al concetto di filosofo qualora della sua professione facesse una bandiera di libertà, ma in senso cosciente, in senso intellettuale, in senso di impegno di vita, ma ciò in realtà non si verifica. Ecco che dunque questa esperienza va classificata in un altro modo, perché, vedi, anche il filosofo il quale rompe le regole o l’ideologo o l’intellettuale o il poeta, che rompono le regole e mettono sotto accusa la società, non sono altro che esseri umani che in quel momento vivono ai margini della legge costituita, non c’è alcun dubbio. Però lo fanno con altra intenzione, con altro impegno, con altra problematica, con altra espansione verso la società. Quindi io direi che tutto si riduce alla questione dell’impegno. Se un uomo impegna la sua vita contro certe regole e con coscienza ne dimostra l’errore e con la sua vita vuole convalidare le sue affermazioni, ciò mi pare giusto; ma se egli sceglie la libertà per una rinuncia soltanto formale alle regole del mondo, senza capirle e senza volerle capire, direi che si può, sì, parlare anche di libertà, ma entro limiti molto più ridotti e angusti, e anche meno nobili, tutto sommato.

Voglio dire che prendersi tutte le libertà può apparire anche una bella cosa, ma il compito dell’uomo non è questo, né è quello dello Spirito. Il compito dello Spirito è l’impegno mentale e spirituale di correggere gli errori, ma in maniera intelligente, perché non si può in qualsiasi momento, semplicemente affermare la propria libertà contro tutti, perché così si finisce col trascinare anche gli altri in una suggestione o in una sorta d’incantesimo che a livello intelligente può anche non essere condiviso. Ogni azione deve essere scelta e svolta con intelligenza e con coscienza. Ma questo ci riporta a un altro discorso, e cioè alla disinformazione che esiste nella società, per cui basta che qualcuno faccia qualcosa di particolare perché gli altri lo seguano ciecamente senza neppure capire quello che fanno.

D. – L’omosessualità ha sempre un’origine psichica oppure intervengono anche dei fattori organici?

A. – Anche organici.

D. – Ci sono dei casi però in cui le caratteristiche psichiche dell’omosessualità (e mi riferisco all’omosessuale con caratteristiche mascoline) sono prettamente femminili, come se ci fosse una specie di errore di natura…

A. – L’omosessualità maschile e femminile è sempre esistita, naturalmente, e dipende da un errore biologico o altrimenti malattia. Si tratta di una disfunzione sovente ormonica che si instaura sin dall’inizio, dalla nascita e che porta dopo una quantità di guai. D’altra parte i caratteri differenziati si manifestano quasi subito dopo il concepimento. L’errore talvolta può manifestarsi addirittura nel gene ereditario, perché è da lì che la prima informazione può arrivare su un terreno sbagliato o essere addirittura sbagliata in partenza. Le omosessualità sono anche spesso di origine psichica e possono essere state causate da traumi infantili di origine psichica.

Vedete, la tendenza all’omosessualità esiste latentemente in tutti gli esseri umani, però – e questo poi sarebbe un vantaggio dei tabù, perché qualche volta il tabù funziona anche positivamente – non si manifesta perché c’è un tabù, d’ordine sessuale che lo vieta e che, dal punto di vista educativo, vieta la semplice idea dell’omosessualità. In questo caso il tabù agisce bene, devo riconoscerlo.

A un bambino maschio gli si dice che sposerà una donna, alla femmina che sposerà un uomo. Non gli si inculca minimamente, neppure lontanamente, che possa sposarsi con un essere dello stesso sesso. Voglio dire che in un certo senso questa preselezione mentale è utile. Diciamo che una maggiore libertà di pensiero porta a riflessioni che potrebbero anzitempo risvegliare curiosità e originare dei guasti psichici, ma d’altra parte io penso che voi abbiate già capito, per tutto quello che ho detto prima, che se io parlo di libertà dell’istinto la intendo ovviamente come libertà vigilata ed educata; soprattutto, non intendo una libertà senza controllo. Una libertà secondo un tipo di educazione che segue passo passo lo sviluppo dell’età: questo ritengo che sia ovvio e logico.

Ora, l’omosessualità indubbiamente di origine psichica è latente in tutti, così come esiste in tutti anche quella di tipo ormonico. Infatti, in un uomo esistono ormoni maschili e ormoni femminili; e viceversa. Quindi non c’è alcun dubbio che basta, direi, entrare un po’ in certe lievissime perturbazioni a sottofondo psichico perché sorga una curiosità, la quale curiosità è già un indice di latenza. Che sia o no pericoloso non è un problema che ci riguarda perché, in definitiva, siamo sempre di fronte alla grande questione: allo Spirito interessa svolgere una serie di esperienze nella materialità e non è certo impedito dall’omosessualità. Questi sono problemi di tipo umano, non sono problemi che possono toccare lo Spirito. Lo Spirito tende ad arricchirsi e in certi casi gli può andare bene anche l’omosessualità.

Le regole generali dell’Universo non tengono presente il sesso. Lo Spirito non ha sesso e l’esperienza, soprattutto, non ha sesso. La conoscenza non ha sesso e la stessa intelligenza non ha sesso.

La bontà non ha sesso, l’amore non ha sesso. Ma soltanto quando entriamo nel gioco della materia compare questo sesso che sembra travolgere tutto, condizionare tutto. Miliardi e miliardi di spiriti hanno condizionato le loro esperienze, la loro vita, a questo problema del sesso. Miliardi e miliardi di donne hanno avuto una vita grama e limitata a causa del sesso. A causa del sesso miliardi di donne hanno perduto la metà della propria vita e metà delle proprie esperienze.

Se pensate soltanto al grave danno provocato da questo problema vi rendete conto come sia un’assurdità continuare a ragionare in termini di tabù per quanto riguarda il sesso. E, d’altra parte, sono convintissimo che oggi, nonostante la vostra evoluzione tecnologica e l’evoluzione dei costumi, così come mi dite, c’è ancora un numero enorme di gente che soffre a causa del sesso. Probabilmente soffrono i figli, probabilmente soffrono i genitori che, educati in un certo modo, soffrono quando i loro figli parlano liberamente di sesso. È stata una grande tragedia, probabilmente la tragedia più grande che possa aver avuto l’umanità, più grande anche delle guerre,perché la vita conta quando si svolge.

Vedete, una guerra può far morire milioni di persone, ma coloro che vivono senza manifestare la propria esistenza, limitandola continuamente, non sono forse un po’già morti? Perché il loro Spirito deve “giocare” attraverso meandri che non riesce a capire, trova ostacoli che non sa definire; le esperienze che potrebbe fare non le fa e non sa capire il perché; non riesce a giustificare queste barriere che gli sorgono davanti continuamente. Ed è così per molte altre libertà. Ma voi dite: – una libertà assoluta non provocherebbe danni gravi? – La libertà provoca danni quando c’è ignoranza.

Certo, l’umanità è molto ignorante, bisogna riconoscerlo, ma per quello che voi sapete sulla Terra, la scienza umana non è così ignorante, cioè essa ha superato una certa fase dell’ignoranza. Sapete molte cose, le sapete in maniera più o meno sbagliata, ma gli elementi li avete. Voglio dire che se insomma gli uomini possedessero un’educazione migliore, la libertà sarebbe usata bene o discretamente bene. Voi dite: – ma l’umanità manca di amore; anche nell’uso della libertà c’è bisogno dell’amore, perché se non c’è gli uomini finiscono con l’usare la libertà in maniera tale da provocare danni agli altri. Ma siamo sempre allo stesso giro di rapporti; se considerate che il sesso possa recar danno agli altri, dovete sempre immaginare che esistono altri ignoranti che possono ricevere un danno magari da altri usi della libertà. Così come siete ora, come umanità, occorre molto tempo perché ci si rieduchi, molte generazioni. La situazione per ora è un po’ chiusa perché manca l’insegnamento spirituale che è molto importante. E finché non ci sarà un insegnamento spirituale i danni vi saranno sempre, per l’uomo. Ma questa è una cosa che non interessa la vostra generazione attuale.

In ogni caso io considero positivi questo periodo e quelli successivi. Voglio dire che, nonostante le confusioni più o meno gravi, è positivo che l’umanità abbia coscienza di doversi scrollare di dosso l’ignoranza. Questo è un segno molto positivo.

D. – (La domanda non appare nel testo forse perché non intelligibile nella registrazione originale della seduta. – Nota del curatore.)

A. – Tu che credi di conoscere tutto di te stesso non hai mai visto la tua schiena. In fondo direi che tutta la parte posteriore di voi stessi voi non la potete vedere. Voi non vi potete veder camminare. Sì, oggi avete gli specchi e potete anche farlo, ma voglio dire che per molto tempo gli uomini non si sono visti camminare, ed essi ne avevano molta curiosità: è un principio di esteriorizzazione. Nessuno immagina come è fatto se stesso visto attraverso gli occhi degli altri. E ciascuno di voi, penso, vorrebbe – stando seduto su una sedia – vedersi passeggiare davanti. Ebbene, l’essere che potrebbe passeggiarvi davanti, vi assicuro, sarebbe quasi uno sconosciuto per voi, perché in fondo, ripeto, voi vi amate globalmente, senza esservi esaminati dentro e fuori. In ogni caso non è che questo possa servire a molto, intendiamoci, serve a molto quando ci si analizza dentro. Ma l’uomo in funzione di questo amore molto strano verso il proprio corpo, finisce col vivere isolatamente. Che una parte di questo amore sia giusto io lo riconosco, intanto questo corpo ce l’avete per ora, poi non l’avrete più; direi che c’è ora una sorta di affetto per l’oggetto materiale che è il vostro corpo. Una sintonia – più che affetto – che si stabilisce dai livelli interiori dello Spirito sino a quelli esteriori, È una sintonia dovuta a ragioni di forza maggiore, per la convivenza con questo corpo. Poi vi è tutta una psicologia degli affetti che gioca un ruolo importante; il corpo è un oggetto e, si capisce, voi amate anche una poltrona di casa vostra, amate un bel quadro, ed è chiaro che dovete amare in fondo anche il vostro corpo, che è l’oggetto che vi porta per il mondo, per le strade, che vi fa svolgere certe esperienze, che mette in moto i vostri istinti i quali, se soddisfatti, vi danno un piacere, una gioia, oppure dispiacere. È un veicolo, insomma, che – se si riflette bene – offre ampie meditazioni. Poi tutto questo porta a un fatto finalisticamente utile, e cioè che voi finite col curarvelo e conservarvelo questo corpo. Indirettamente fate così un servizio allo Spirito, perché il corpo bisogna curarlo finché vive, perché lo Spirito ne ha bisogno per le proprie esperienze.

Dunque, attraverso un meccanismo, direi anche un po’ banale, voi finite col fare una cosa utile. Direi che quasi certamente questi esercizi un po’ banali nascono dall’istinto stesso di sopravvivenza della specie la quale si porta dentro e dietro questa serie di atti un po’ necessari per conservare il corpo fino alla morte. In parte anche gli animali fanno questo.

D. – Anche se hanno, tuttavia, una vita breve…

A. – Una delle ragioni per cui non ci si incarna negli animali è anche questa, che l’animale ha una vita breve che non consentirebbe esperienze complete.

Sì, lo so, ci sono animali che vivono molto a lungo, ma il principio è quello, e l’evoluzione della specie non ha consentito altro.

D. – Anche nell’animale mi sembra ci sia l’istinto del possesso…

A. – Sai che l’animale è geloso della femmina e soprattutto che la femmina è gelosa… ma lasciamo da parte queste piccole discrepanze. Però tutto è rimasto a livello istintivo: voglio dire che a livello istintivo c’è comunque la caratteristica un po’ biologica di voler creare un rapporto di sintonia con l’oggetto con cui si viene in contatto, e questo rapporto di sintonia istintivamente uno tende a non romperlo una volta che si è stabilito. Questa è una delle ragioni per cui si stabilisce un rapporto tra due animali, che essi oscuramente sentono. Esso può interrompersi quando interviene una terza forza che si mette in sintonia e che quindi è suscettibile di frantumare la prima sintonia: cioè la femmina se ne va con un altro maschio o viceversa. Ed ecco che scatta l’aggressività della bestia che attacca il rivale perché istintivamente egli non vuole che si crei un nuova sintonia. La sintonia ha dunque un carattere egoistico. È quello che c’è nell’uomo: solo che nell’uomo tutto questo si è poi inglobato in una ragione. L’uomo se ne è fatta o se ne è voluta fare una ragione, che poi è stata suffragata quando la società si è formata in tribù, in famiglia. All’inizio, veramente, non era proprio come è adesso, c’era promiscuità: non esisteva la famiglia tipica costruita da due elementi. In seguito l’uomo cominciò ad avere molte mogli, considerando che le donne (c’è sempre una ragione, vedete) erano in soprannumero rispetto agli uomini. In tutte le cose c’è una ragione, una ragione qui biologica che poi si è mascherata con i sentimenti. Cioè sono nate prima le necessità obiettive da parte dell’essere umano il quale non se n’è reso conto, probabilmente, e ha voluto interpretare tutto questo dandoci delle definizioni, creandoci sopra delle norme tribali, una teologia, una sociologia, ma in realtà la ragione che io riconosco obiettivamente vista dall’alto, è che esistevano più donne e meno uomini. Ed ecco che l’uomo si è posto al centro di questa corona di donne. Poi si è affermato quel tipo di civiltà dove il nucleo familiare è costituito da due persone: un uomo e una donna. Naturalmente tutto questo ha aggravato maggiormente la situazione, cioè via via che si è avuto uno sviluppo nel senso della civiltà organizzata si sono aggravate le situazioni e i conflitti degli istinti, perché era altrettanto logico che dovendo l’uomo avere una sola donna e la donna un solo uomo, tutte le altre donne in soprannumero risultavano impossibilitate a soddisfare i loro istinti biologici. Poiché la proporzione è circa di uno a quattro, uno a cinque tra uomo e donna sulla Terra, è logico che si supponga in via teorica che questo numero enorme di donne non possa esplicare la sua vita istintiva e non ci sarebbe soluzione per questo problema impostato in chiave così teorica…

Pag. 44 FASCICOLO CDX 2/1981 – ANNO 5

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