TIPO E PERMANENZA DELLE ESPERIENZE NELLO SPIRITO.
D. – Le esperienze che ciascun uomo fa e che si tramutano in una reazione emozionale da parte sua, incidendosi quindi sull’anima e sullo stesso Spirito, in che modo possono essere positive o negative? Cioè, in che modo finiscono col realizzarsi? Tenendo presente che col tempo l’anima abbandona lo Spirito, che cosa ne rimane allo Spirito?
A. – Via via che le esperienze vengono compiute si fissano, e quindi allo Spirito passano esclusivamente quelle che hanno un contenuto spirituale e che siano state provocate oppure influenzate dallo Spirito stesso. Se, cioè, vi è stata una compartecipazione dello Spirito che ha mosso, provocato o sollecitato certe azioni, certe esperienze. L’esperienza di ritorno va allo Spirito soltanto per la qualità eminentemente spirituale, perché lo Spirito non può ovviamente fissare alcuna immagine di carattere umano. Trapassa in esso soltanto l’esperienza che si sia affinata attraverso l’anima e che diventa un’esperienza spirituale. Se l’esperienza non è stata provocata o suggerita dallo Spirito, e se questi non ha potuto agire o non ha voluto agire, l’esperienza non lo tocca anche se è un’esperienza negativa, naturalmente. Insomma, nello Spirito si fissano soltanto le esperienze di carattere spirituale, negative o positive che siano, a cui lo Spirito abbia dato una sua partecipazione. Altrimenti restano solo esperienze di tipo umano.
D. – Praticamente, lo Spirito di un uomo che abbia una vita molto movimentata, ma che non riesca ad avere esperienze che abbiano un profondo senso spirituale, non se ne avvantaggia… Quindi è valido il paragone che veniva fatto da te, che a un uomo che abbia una vita passiva è preferibile addirittura un delinquente, il quale avendo una vita molto movimentata, può avere una maggiore probabilità di avere buone esperienze?
A. – Non era proprio questa la mia intenzione. A una persona che non fa assolutamente niente, è preferibile una persona che sia un delinquente. Perché queste esperienze negative scuotono comunque lo Spirito, lo mettono in condizione di riflettere, di meditare, quando avrà lasciato il corpo, cioè gli forniscono un’esperienza.
D. – Se esso la richiede, perché abbiamo detto che non passano allo Spirito…
A. – Va bene, se la richiede, però è presumibile che un uomo che abbia una vita impegnata vi coinvolga anche lo Spirito.
D. – Penso che l’uomo non possa coinvolgere lo Spirito, ma che sia lo Spirito a coinvolgere l’uomo.
A. – Sì, può accadere l’una e l’altra cosa, naturalmente, può accadere che lo Spirito non abbia sollecitato un’esperienza, mentre il corpo la fa, per sollecitazioni di ordine psichico, ambientale. Non dimentichiamo però che la struttura psichica dell’uomo riceve un’influenza globale dallo Spirito, cioè, qualitativamente o, per meglio dire, spiritualmente ciascuno di voi è qualificato dal proprio Spirito. Se tu hai, per esempio, un valore spirituale umano 3 o 4, vi è una percentuale di questo valore che è del tuo Spirito.
Se tu sei più buono o meno buono, se tu di fronte a una decisione la prendi in una maniera o in un’altra, moralmente o spiritualmente parlando ciò dipende dal tuo valore spirituale, cioè corrisponde al valore che è nel tuo Spirito. Ora, dunque, può darsi che tu alcune azioni le faccia senza un motivo spirituale, semplicemente perché sei mosso a farle, perché ti piace farle, perché sei trascinato a farle, per una qualsiasi ragione; però può darsi che, dopo, in base alla tua struttura mentale tu rifletta su queste esperienze, mediti, fino al punto di pentirti di averle fatte, perché magari hanno portato del male a qualcuno, hanno fatto soffrire una persona. Ti penti di questa esperienza, oppure ti allieti, mediti, rifletti, allora vuol dire che da questa esperienza tu hai tratto un insegnamento. Questo insegnamento è un’esperienza che può passare nel tuo Spirito. Il tuo Spirito pur non avendola sollecitata può essere “migliorato” da questa esperienza, così come, viceversa, può darsi che lo Spirito solleciti un’esperienza che il corpo non esegue per mancanza di circostanze adatte o per mancanza di altri elementi, come per esempio la volontà, e così via di seguito…
D. – Quindi lo Spirito potrebbe addirittura ordinare un’esperienza che il corpo, cioè l’uomo, non è assolutamente in grado di compiere?
A. – Vorrei precisare che lo Spirito non è che “ordini” un’esperienza. Vedete, le cose si svolgono così: lo Spirito viene in Terra e ha la sua evoluzione, ma ha anche un suo programma, cioè egli dice: il mio programma minimo in Terra è di acquisire certe esperienze. Queste esperienze di valore spirituale non sono traducibili sul terreno sociale, però tali esperienze corrispondono a certe attività di ordine sociale, cioè queste esperienze di ordine sociale si traducono in quel tipo di esperienze spirituali. Un esempio, tanto per intenderci, può darsi che lo Spirito decida di venire in Terra e di voler acquisire semplicemente il senso di fraternità, oppure l’esperienza di solidarietà spirituale, quindi una certa esperienza molto vaga, in realtà, che si può acquisire attraverso tante e molteplici vite diverse, con diversi mestieri. Cioè, per esempio, il senso della fraternità non si assume semplicemente facendo quel mestiere, ma si può farlo attraverso tutti i mestieri. Dunque, questo già dimostra che non ha nessun segno distintivo lo svolgere l’una o l’altra attività, ma naturalmente la sollecitazione a questo tipo di esperienza è generica per il corpo e la psiche. La mente vostra, infatti, sente soltanto la presenza molto vaga di questo problema, o la tendenza verso questo tipo o questa maniera di sperimentare, senza che se ne renda conto. Le molte circostanze della Terra consentiranno poi a questa psiche di scegliere istintivamente le esperienze che porteranno alla fraternità o a meditare, o a far passare nello Spirito questo tipo d’esperienza; quindi lo Spirito se ne avvantaggerà o meno attraverso fatti anche apparentemente banali, talvolta.
Le esperienze dello Spirito sono molte, per quella della fraternità siamo già a un livello molto evoluto, lo Spirito in genere persegue degli obiettivi molto più modesti in Terra, tenendo presente che lo Spirito si incarna sulla Terra e vi torna molte volte per una ragione soltanto, principale, fondamentale, per acquisire cioè in maniera globale l’esperienza della materialità, per apprendere, conoscere, lasciarsi pervadere, penetrare, dal senso, dal significato, dal valore della materialità come elemento di contrasto alla sua struttura che è di tipo spirituale. Questo è il senso vero del perché le anime (Per anima qui il Maestro Andrea intende lo Spirito. – Nota del curatore.) create da Dio vengono sulla Terra, oppure su di un altro pianeta, o altrove. Comunque vivono a contatto della materia perché devono capire, penetrare l’altra faccia dell’Universo diversa dalla struttura dello Spirito, e cioè la materia, la materialità per meglio dire, più che la materia, e le leggi che governano la materialità, fino ai principi.
Ecco che dunque attraverso queste varie possibilità di vita lo Spirito raggiunge la conoscenza della materia. Questa conoscenza come l’acquista? Vivendo nella materia, rivestendosi di materia, adopera – ovviamente – l’unico tipo di materia che si presta per questo tipo d’esperienza. Cioè, il tipo di materia organizzato come forma umana, perché permette certi scambi e certi rapporti tra le parti. Questa è la ragione, e dunque cadono di fronte a questa tutte le altre regole di carattere religioso più o meno convenzionali e umane. Lo Spirito viene solo per questo. Ora, naturalmente, siccome i rapporti di questa materia, le leggi che la regolano, sono varie, complesse, apparentemente contraddittorie lo Spirito compie tutta una serie di esperienze, da una vita all’altra, perché l’una più l’altra, più l’altra ancora lo migliorano. Ma lo migliorano come? Lo migliorano in conoscenza e quindi lo migliorano anche spiritualmente, cioè lo migliorano nel senso spirituale, conoscitivo, non nel senso della struttura, perché lo Spirito quello è, immutabile, perché così è fatto da Dio.
D. – A livello originario lo Spirito privo di qualsiasi esperienza cosa ha in sé? Ha un’essenza evidentemente spirituale e basta. Di che cosa è fatta questa essenza? È vero che deve pervadere, permearsi di una esperienza materiale per poter contrapporre la sua natura spirituale a quella della materia, su qualunque pianeta possa essere fatta questa esperienza, ma questo Spirito in qualunque esperienza materiale che cosa è? È più vicino a Dio oppure è all’opposto? E se proviene da Dio, ciò sembra in disaccordo con quanto detto, almeno secondo una logica umana.
A. – Lo Spirito al momento della creazione è “tabula rasa”, cioè non ha niente, non ha conoscenza. Però non è che sia “tabula rasa” in senso assoluto. Egli, alcune qualità le ha: ha l’intelligenza, ha dunque la volontà cioè una spinta dinamica all’evoluzione e ha soprattutto coscienza di sé. Egli sa di essere perché come struttura creata da Dio egli ha un’individualità e una personalità. L’individualità che gli è data dal solo fatto di essere distinto e strutturato a “circuito chiuso”. Ha la personalità che è data dall’intelligenza, dalla volontà, da altre doti spirituali e dalla capacità di autoriconoscersi, e ha qualche idea elementare. Cioè, egli si rende conto di essere nell’Universo, si rende conto che c’è Dio che lo ha creato e, sia pure in maniera confusa, egli sa che deve dirigersi istintivamente verso certe esperienze primarie e fondamentali che lo renderanno conscio in maniera più tangibile di quello che è.
L’essere “tabula rasa” non significa non possedere nulla. Lo Spirito infatti potenzialmente possiede l’Universo infinito e una coscienza infinita, ma la possiede potenzialmente per il solo fatto che la struttura di cui è costituito è struttura divina In base al noto principio dell’interdipendenza e, contemporaneamente, della dipendenza dalla struttura divina, ciascuna parte di Dio è Dio, intendiamoci bene. Invece ciascuna parte del vostro corpo umano non siete voi: le vostre mani, i vostri piedi non sono voi, tant’è vero che ne potete fare a meno e le parti che restano, se vi tagliate una mano, non vi rappresentano affatto. Dunque, al limite voi siete soltanto la vostra mente, punto e basta, tutti gli altri organi sono inutili, servono soltanto per dare vita alla vostra mente. Invece in Dio questo non accade, ciascuna parte di Dio, supposto che Dio abbia una forma (il che poi non è vero, ma intendiamoci sul piano teorico, accordiamoci così) ciascuna parte di Dio è Dio stesso. Perché tutta la struttura di Dio è infinita e l’infinito non ha limiti, né bordi esterni.
Non esiste dunque una personalità all’esterno o all’interno di Dio, ma ciascun elemento costituente la Sua struttura è un elemento dunque infinito, assoluto, ed è Dio stesso. In base a questo principio, il trasferimento, cioè a dire l’emanazione, quindi la creazione di uno Spirito, è trasferimento di sostanza che, potenzialmente, ha l’infinito, e infatti lo Spirito è infinito. È immortale, non muore mai perché è infinito e quindi è implicitamente eterno. La conoscenza è trasferita nella struttura, ma Dio a questo punto ha operato un atto sulla struttura dello Spirito, cioè a dire ha reso potenziale questa struttura e l’ha dotata d’intelligenza autonoma. Autonoma e critica rispetto anche l’elemento primario di Dio.
Si capisce che dal punto di vista qualitativo l’intelligenza è divina, ma non lo è dal punto di vista quantitativo, perché l’intelligenza dello Spirito può essere adoperata anche criticamente. E infatti questo assicura la libertà dello Spirito, la non soggezione diretta a Dio, ma una soggezione di tipo indiretto, e lo Spirito diventa così veramente autonomo.
Infatti, quando lo Spirito acquisisce conoscenza, in fondo, non fa altro che attingerla da sé medesimo. E perché questo? Perché la conoscenza oggettivamente non esiste. Non è che nell’Universo vi siano scritte leggi o regole. È lo Spirito intelligente che, coordinando certi fatti universali, li definisce traendo da se medesimo la qualificazione, gli elementi intellettuali atti a giungere a quella qualificazione e definibilità del problema che gli si presenta, e dunque egli li trae da sé, cioè da quegli elementi che Dio gli ha dato da sempre e che aveva potenziali in sé. Ecco dunque che, in questa maniera, Dio ha dato tutto, a voi e a noi, semplicemente che noi discopriamo certi valori e certe conoscenze via via che usando l’intelligenza, la volontà, lungo il nostro cammino universale, incontriamo gli elementi che ci suggeriscono la conoscenza, cioè incontriamo la vita nelle molteplici manifestazioni universali.
Pag. 50 FASCICOLO CDX 2/1981 – ANNO 5