MOTIVO PER CUI SIAMO SULLA TERRA

MOTIVO PER CUI SIAMO SULLA TERRA

Alla fine cos’è questa esperienza della cosa che è lo Spirito? L’esperienza dello Spirito è passare dalle categorie spazio-temporali del mondo e del corpo ad una astrazione che diventa la vita di una metafora, la vita di un simbolo, che diventa la partecipazione di sé alla propria simbolizzazione, cioè al crescere come interiorità, come soggetto, per accedere alla vera natura che voi possedete in quanto soggetti.

Ed è una operazione di grande difficoltà, ma attenzione, non è di grande difficoltà perché tecnicamente sia difficile, è di grande difficoltà perché voi non siete capaci di abbandonare le categorie umane: per categorie umane si intendono le cose con le quali voi vivete, le vostre abitudini, i vostri ritmi, le vostre consuetudini, i vostri pensieri, la vostra cultura, quindi iI vostro sapere, le vostre nevrosi, le vostre psicosi, la vostra crescita sbagliata, voglio dire voi non siete capaci di abbandonare tutto questo e quindi non sapete arrivare a quella che si diceva anche all’inizio, alla contemplazione pura di sé, avulsa dal suono del mondo.

Quando sarete capaci di fare questo, allora vuol dire che vi sarete incamminati verso una conoscenza di voi.

Attenzione, però, voglio dire subito, non voglio neppure spaventarvi in questo, voglio dire che tutto ciò è importante, ma ricordatevelo che voi non siete venuti qua per questo, questo è il punto, voi non siete venuti qui per fare i meditativi, i filosofi, per fare tutte queste operazioni che abbiamo descritte; certo, alcuni le faranno, e facendole aiutano gli altri a capire, a inquadrare il problema.

Voi siete venuti qui per fare una serie di esperienze che serviranno poi allo Spirito per elaborare questo, cioè alla fine questo è un lavoro che lo fa il vostro Spirito e lo potrà anche fare dopo, quando il corpo sarà finito.

Voi dovete soltanto preoccuparvi di creare condizioni di esperienza affinché sia la vostra anima a fare questo lavoro, voi potete non farlo adesso questo lavoro, perché non ne siete capaci, non avete gli strumenti, non ne avete la voglia, insomma siete organizzati in un altro modo dal punto di vista terrestre e lo farà la vostra anima quando il corpo sarà morto, però almeno questo, risparmiandovi il lavoro di interpretazione profonda, almeno il lavoro di fornire esperienza a voi stessi, cioè di crescere dunque interiormente nel senso di operare una serie di collegamenti, di finalizzare la vostra vita ad uno scopo, di darvelo quindi uno scopo, un fine dell’esistenza.

Questo lo dovete fare, e non soltanto perché serva allo Spirito, ma perché serve anche a voi in quanto corpi umani, perché così facendo vivete anche meglio, oltre tutto, anche se talvolta un po’ scomodamente, ma almeno realizzate una parte della vostra volontà, del vostro desiderio, della vostra curiosità di vita.

Se poi naturalmente aggiungete anche il lavoro che abbiamo detto di interpretazione, voi accelerate i tempi, nel senso che immettete direttamente lo Spirito nell’azione del tempo e dello spazio del mondo, e come coscienza umana fornite ulteriori strumenti a quel tipo di coscienza interiore e superiore che appartiene all’anima.

Tutto ciò poi dipende dalla vostra evoluzione, dai vostri interessi, dalle vostre capacità, ma i limiti che dovete darvi sono almeno questi, una vita che sia costruita in modo funzionale alla vita dello Spirito.

Pur non conoscendo quello che è il vostro progetto ed il vostro programma, voi almeno sapete, e lo dovreste sapere, che se siete sulla Terra ci siete per un motivo, non siete nati a casaccio, perché qualcuno ha tirato a sorte, ci siete per un motivo preciso, un motivo che voi avete scelto, voi potete ignorarlo il motivo, di fatto gli uomini ignorano il motivo e ignorano il proprio programma, ma sicuramente c’è. Questo è un atto di fede dovuto a voi stessi.

Se dunque siete sulla Terra con un motivo, ed allora questo significa che qualcosa dovete fare, e le cose che dovete fare si devono avvicinare sempre più ad un fine e ad uno scopo di conoscenza dello Spirito che invece a tutti i beni ludici della Terra, almeno questo bisognerebbe capirlo, che tutto ciò che riguarda soltanto la Terra, sicuramente non interessa alla

vostra anima, tutto ciò che invece è suscettibile di essere ela-borato e di diventare quindi un atto conoscitivo, questo può interessare all’ anima.

Non sempre riesce bene questo, cioè non sempre voi riuscite a capire, ma qui diventa un problema di quantità oltre che di qualità.

Voi intanto fatele le cose, ancora una volta lasciate che sia la vostra parte spirituale a scegliersi quello che gli è più congeniale. Di solito invece accade il contrario, gli uomini vivono in una maniera talmente insulsa, talmente elementare e direi talmente banale che lo Spirito trae pochissimo dall’esistenza, e quel poco, guarda caso, se lo deve andare a cercare, e come se lo va a cercare? Provocando il corpo.

La provocazione che l’anima può fare è quella di creare esperienze che possano essere suscettibili di valutazione, di criterio, di stima, di elaborazione, e solitamente sono esperienze dolorose, perché non riuscendo a smuovere il corpo, a fargli elaborare coerentemente e coscientemente le esperienze, ecco che lo Spirito se ne provoca alcune violentemente.

Insomma tenete in mente questo: se lo Spirito viene per uno scopo, sa anche che questo scopo può essere raggiunto in un tempo che è relativamente breve, e dunque non è che possa troppo indugiare ed aspettare; aspetta, ma qualche volta, quando il programma non si realizza, quando ciò per cui è venuto non si realizza, deve provocare una scossa al corpo, e allora o sfrutta situazioni e si immette come soggetto anche corporeo e spirituale in una situazione diciamo scioccante, oppure cerca di elaborare attraverso il corpo strategie di riflessione; ma guardate che quando non siete voi uomini a provocarvi le esperienze e le lasciate fare soltanto alla vostra parte spirituale, la vostra parte spirituale non va tanto per il sottile perché alla

vostra parte spirituale il corpo gli interessa fino ad un certo punto.

Qui c’è una scissione, indubbiamente, tra quello che è lo Spirito e quella che è la mente dell’uomo: se la mente dell’uomo, la coscienza umana, la coscienza elementare dell’uomo, quindi la coscienza che è la costruzione di un aspetto neuro-fisiologico che si associa a degli aspetti psichici ambientali, e che dunque fanno parte della coscienza minima, della coscienza quasi animale del soggetto, è al servizio della coscienza superiore, cioè del pensiero dello Spirito, cioè della natura della struttura spirituale, ed allora questa struttura spirituale sta utilizzando la parte più bassa, che se non reagisce secondo lo scopo del progetto generale, viene sollecitata ad agire in una maniera che non è conforme alle aspettative corporee ma che diventa conforme alle aspettative spirituali.

In un certo senso è come se voi andaste a procurarvi dei guai con le vostre mani, perché è l’unica possibilità che ha lo Spirito se vuole utilizzare il corpo.

La vita dunque resta un fenomeno estremamente attivo, e questo a prescindere poi dalle esperienze che ciascuno si è scelto sulla Terra, e che poi vanno ad incrociarsi con il progetto, ma che non rappresentano l’intero progetto, solo una parte parziale di esso.

A volte nel corso della vita accadono cose che sembrano definitive ma poi definitive non lo sono, molte volte vi accadono cose dolorose dalle quali si può ripartire per farne altre e diverse.

Le vite degli uomini non possono avere sempre una continuità, a volte si rinasce più volte, e quello che è doloroso diventa l’occasione per una rinascita.

Qualche volta lo Spirito, e nessuno di voi lo può sapere in anticipo, ha più di un programma, o almeno più momenti di un unico programma, e per poter passare da un momento all’altro occorre una separazione. Questo accade finanche nella morte: a volte la morte interrompe per chi sopravvive una continuità, e diventa, la morte di qualcuno, la chiusura di un ciclo e se ne apre un altro.

Quante persone, quanti viventi io vedo sulla Terra, in cui la morte di un figlio, la morte del marito, del compagno, della compagna, che sembrano segnare in quel momento storico una grande tragedia, si rivelano come l’inizio di una nuova vita, per coloro che sopravvivono. Questo probabilmente lo vedete tutti i momenti intorno a voi, e non perché colui che muore libera in qualche maniera dalla sua presenza e dal suo impegno una vita che forse non è fruttifera, ma proprio perché invece l’essere che si incarna ha prestabilito vari momenti, e le esperienze si incrociano.

Da molte situazioni dolorose nascono dunque altre situazioni diverse. La vita allora diventa più varia, la vita diventa meno monotona, meno stanca, il soggetto si reimpegna in un nuovo programma, molte volte accade questo, quando non ci si lascia andare, però.

Non guardare tutto ciò ne’ come un fallimento ne’ come la chiusura dolorosa della vita, ma soltanto come una esperienza della vita dalla quale può nascere una nuova intenzionalità, una riprogrammazione, nuovi desideri, anche di fare altro, di impegnarsi in altro, esistendo le capacità, esistendo la spiritualità, esistendo la decisione di voler continuare a vivere senza lasciarsi abbattere da qualcosa che poi non è un insuccesso perché non è determinato dalla propria volontà, ma da circostanze sociali estranee ai propri valori spirituali ed estranee alle proprie capacità.

In questa misura io mi sento di poter consigliare di radunare le forze, radunare le intenzionalità, radunare le progettualità, recuperare cose che non sono state fatte e che adesso possono essere fatte, e ritornare un’altra volta in campo, in un altro orizzonte di vita, e poi tenere conto che ciascuno di voi conosce di sé solo la parte attualizzata a questo momento e c’è dell’altro che non è possibile sapere, non è possibile conoscere, ma che si svilupperà, si realizzerà se non si lascerà andare.

Il problema di avere figli o comunque tali che provocano dolore, anche questo fa parte sicuramente del progetto di vita.

Certo i figli suscitano in voi il dolore maggiore rispetto a qualsiasi altra pena, perché rappresentano qualcosa di totalmente diverso da tutti gli altri rapporti, anche quando vi sembra che non sia così invece è così.

Il cosiddetto cordone ombelicale non si taglia mai tra genitori e figli.

In questo caso è una esperienza più particolare che ha presupposto un atto nel quale è affidata una serie di speranze, di desideri ecc., ma i figli appartengono a loro stessi, anzi gli uomini appartengono a loro stessi e dunque non fa alcuna differenza se un figlio nasce dal proprio grembo o dal grembo di un’altra madre, non ha alcuna importanza questo.

Però i figli anche vi danno esperienza, si fanno partecipi, si rendono partecipi delle vostre esperienze.

Quando le cose si affrontano con determinazione, c’è sempre qualcosa o qualcuno che vi dà una mano, per così dire, che vi aiuta. Questo aiuto voi non lo saprete mai se proverrà direttamente dalla vostra forza interiore o dall’incontro con altre esistenzialità. Quando si usa dire, e voi in Terra lo dite

sempre, che qualcuno possa aiutarvi, ricordatevi che il primo aiuto viene sempre da voi stessi, e coloro i quali non riescono a trovare una soluzione ed una via, è sempre perché non si sono mai impegnati con la determinazione che lo Spirito richiede.

Nel vostro mondo poi i giovani sono particolarmente esposti in questo momento storico che state vivendo, particolarmente esposti ai rischi ed ai pericoli. Poi, intendiamoci, è sempre stato così, dai tempi dell’antichità ad oggi sempre la parte più debole è stata quella della gioventù, e sempre i giovani sono stati rivoluzionari, deviati, per così dire, anticonformisti.

Certo, mi rendo conto che c’è anticonformismo e devianza che sono due cose diverse, ma ciascuno poi ha la sua vita, le sue esperienze, talvolta si sbaglia nell’educare, molto spesso si sbaglia nell’educare, molto spesso si spera soltanto o si spera sempre che il proprio figlio sia diverso, che sia migliore degli altri. Non sempre è così, migliore o peggiore dipendono dalle scelte che ciascuno ha fatto, ma certe dipendono anche dalle circostanze sociali, umane, senza alcun dubbio, ed oggi voi tutti vivete esposti in una pericolosità molto più ampia dei tempi antichi, quando i pericoli che esistevano erano di natura diversa, più deboli, meno rischiosi, ma non dimenticate che sempre sono esistiti i pericoli e i giovani sono stati visti come rivoluzionari, e sempre la società ha sbagliato nei confronti dei giovani, perché la società è conservatrice e difende i valori degli adulti che vivono in quel momento anziché difendere i valori dei giovani che devono affrontare il futuro.

Anche per questo milioni e milioni di madri e di padri soffrono nel mondo, spesso soffrono senza prendersi la responsabilità di ciò che sono, e la sofferenza è la logica con-

seguenza della mancanza di capacità di concentrarsi sul problema pedagogico e sulla crescita del giovane.

La storia sarà sempre così da questo punto di vista; è perciò che la Terra è una palestra perché gli Spiriti, perché le anime possano venire e fare il loro addestramento, che è fatto di cadute, è fatto di conquiste, è fatto di vittorie ma più spesso di perdite, perché come in tutte le gare olimpiche uno soltanto vince e gli altri perdono. Anche la vita è questo, alcuni vincono ed altri perdono, ma spesso non si tratta di una vera perdita, perché rincorrere, perché mirare ad un traguardo è già quella una buona cosa.

L’onestà è un rischio perenne per tutti, e i genitori non possono fare più di quello che fanno, a volte, anche se nella società attuale essi hanno grandi responsabilità per ciò che non sanno e dovrebbero sapere, per ciò che non fanno e dovrebbero fare.

Ma come ho sempre detto voi vivete in un momento storico di grande transizione, con un pianeta, quindi con i suoi abitanti i quali ancora non sanno quali sono i valori dell’esistenza, e la spiritualità è sempre più relegata, messa da parte in favore di un modo di vivere ludico, provvisorio, estemporaneo, senza progettualità, senza finalità, e dunque tenete a mente che i vostri figli sono alla fine il risultato di una umanità, ed il ruolo del genitore è quello di essere tutto sommato colui che soffre per sè e soffre anche per l’altro, cioè per i figli, ma che talvolta questo soffrire deve far riflettere ed ogni volta chiedersi tutto quello che si poteva fare e non si è fatto.

( dalla CDA del 2007 – Seduta del 15 novembre 2002 )

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