Colloquio 6
NECESSITÀ DI AMMETTERE L’ESISTENZA DI DIO
«Il problema di Dio è stato affrontato molte volte con tutta una complessità di argomentazioni volte a chiarire anche certe dimostrazioni generali di questa esistenza. Ma la domanda sul perché sia necessario ammettere questa esistenza di Dio, è una domanda parallela alla quale si può rispondere indubbiamente in diverse maniere. Fra queste ne indicherò una che, per alcuni, suonerà alquanto inedita: non è affatto necessario ammettere l’esistenza di Dio.
Perché in terra l’esistenza di Dio non serve ad altro che a soddisfare un certo mondo di esigenze psicologiche in ciascuno di voi e a creargli quella sorta di fede-conforto che può aiutare, appunto, a vincere la gravità della morte: ma dal punto di vista strettamente speculativo Dio serve poco. Infatti, tutto il progresso che c’è stato nel mondo umano, di tipo scientifico, umanistico e tecnologico, è un progresso che prescinde totalmente dall’esistenza di Dio e quindi Egli è rimasto soltanto un problema religioso, un’accettazione per fede e null’altro…
…La domanda era rivolta soprattutto per conoscere un punto di vista spirituale.
Ma anche dal punto di vista universale e spirituale l’idea dell’esi-stenza di Dio fino ad un certo punto è ancora inutile e, da un certo punto in poi, diventa necessaria. Per intenderci: l’esistenza di Dio diventa una realtà dalla quale non sembra potersi prescindere proprio quando, si risale attraverso le leggi ed i principi e si cerca di inquadrarli. È allora, è soltanto allora, quando cioè si deve fare la sintesi teorica e conoscitiva dell’Universo, che non si trova alcun elemento che possa sostenere dialetticamente l’esistenza del tutto, alla pari di Dio stesso, postulando quindi la sua esistenza.
In altri termini a noi necessitano una regola ed una sintesi generale; una risposta che, allorquando il problema diventa unitario, non può che essere data dall’ammissione di un «quid forza» che presiede a questo Universo o, che ne è l’elemento ispiratore, primario, fondamentale.
Tutte le forze hanno una loro origine e una loro causa, anche se causa ed effetto, sembrano coincidere (e anche se coincidono non c’è alcun dubbio che sussiste un ricambio tra causa ed effetto) per cui in un qualsiasi momento statico dell’Universo deve ammettersi una causa. E, naturalmente, quando noi passiamo alla sintesi universale non riusciamo assolutamente a spiegarci questa causa se non la presupponiamo, se non l’ammettiamo.
La più grossa estensione universale che può essere data da una enorme nebulosa che poi diventerà qualcos’altro in un tempo futuro, per quanto immensa sia e per quanto possa possedere miliardi di mondi deve avere ed ha una causa. Sarà una causa universale fisica, una ragione fisica, ma deve possederla. L’universo fisico, insomma, soggiace anch’esso al principio di cau-sa ed effetto e questa causa generale dell’universo deve essere Dio. Ma poiché nell’Universo, non ci troviamo soltanto di fronte a fenomeni fisici ma a momenti che sono organizzati intelligentemente, ecco che noi dobbiamo conferire a questa causa l’intelligenza. La dobbiamo conferire per una questione di logica conseguenziale, perché tutti gli elementi che ritroviamo nell’Universo, inteso quest’Universo come effetto, bisogna ritrovarli nella causa. E poiché qui non stiamo parlando solo in termini spirituali, ma stiamo riducendo Dio a un «quid» che è l’elemento cardine, o l’elemento causale dell’universo, gli stessi attributi dell’Universo dobbiamo riconoscerli in questo Dio. In termini materiali, questo «quid» chiamato Dio funziona, dunque, anche a livello universale come Forza. Ora, fino ad un certo pun-to, noi possiamo fare a meno di ammettere questa forza, perché quando percorriamo l’universo inteso in senso fisico di questa forza — come postulato teorico — possiamo farne a meno perché tutto si spiega meccanicamente. Quando percorriamo, invece, le ragioni dì questa forza, cioè quando dobbiamo spiegarci il perché e la finalità di questa forza e soprattutto quando si coinvolgono esseri spirituali, allora dobbiamo trovare altri attributi e assegnare un altro ruolo a questo «quid» il quale — chiamato come si voglia — resta comunque la forza primaria, e potenziale che conferisce la realtà e dà a questa il suo significante assoluto.
Non c’è altra possibilità. Può darsi che questo sia ancora metafisica perché questa forza non sembra dimostrata. Però, in realtà, quando noi riduciamo tutto ad una serie di cause ed effetti, anche la causa primaria cioè a dire anche la Causa che provoca la catena delle concause mi sembra indirettamente dimostrata anch’essa. Perché non esiste alcuna cosa nell’Universo che non sia l’effetto di un’altra causa e anche se questa causa si identifica nell’effetto vi è una successione. Questa possibilità (che è una realtà dell’Universo) della successione, indica . senza alcun dubbio che le successioni dalle forze prime devono riconoscere il loro antesignano in questo «quid» che possiamo chiamare benissimo Dio. Non credo che si possa dire altro su questo problema».
— Anche per un essere spirituale vale il procedimento induttivo?
«Vale il procedimento induttivo sul piano logico, indubbiamente. Ma deve valere necessariamente, perché Dio non è un essere visibile, non lo si incontra come una qualsiasi anima o una qualsiasi persona. Nessuno ha mai veduto Dio, nè lo vedrà mai perché, oltre tutto, la visibilità è un fenomeno ottico, dimensionale, relativo e finito.
Una realtà infinita non è visibile neppure in senso metaforico, ed allora il procedimento induttivo, che diventa sempre più stringente, più logico e sempre più matematico, ci soddisfa appienó. Per esempio, voi riuscite fisicamente a vedere una successione di cause ed effetti. Cioè, anche in un laboratorio qualsiasi, voi potete osservare una cellula, la potete scomporre a piacimento sino all’estremo limite e vi trovate di fronte a certe molecole ed a certi atomi. Potete anche frantumare l’atomo e troverete degli elementi ancora più piccoli e tutto questo in fondo può soddisfarvi. Quando però voi dovete rispondere alla domanda: «Perché tutto questo?», non sapete farlo e non vi interessa neppure dare una risposta, ovvero essa può interessarvi soltanto se ne deriva una spiegazione o, come dire, un sussidio logico per certe ricerche.
Ma possiamo andare più in là ed e svolgere la ricerca su questo perché, cercando di spiegarci la ragione complessiva della legge che governa questa piccola cellula dell’Universo. Ebbene noi allora siamo già passati su un terreno metafisico, perché cerchiamo una spiegazione all’esistenza della legge e non più all’esistenza dell’effetto. La legge stessa viene a mostrarsi a noi in tutta la sua perfezione e dobbiamo necessariamente risalire attraverso di questa per ritornare a quella causa che fa procedere da sè la realtà, e quindi torniamo un’altra volta a Dio. D’altra parte poi vi è anche un’altra ragione per cui si identifica questo Dio; percorrendo tutte le leggi dell’Universo, «tutte» quelle che sono raggiungibili, esse riconducono tutte quante allo stesso punto.
Qui vorrei soltanto, con poche parole, far capire che non vì è di-spersione. Questo concetto della dispersione è fondamentale a tutte le leggi, anche a quelle che hanno per oggetto o per soggetto realtà apparentemente diverse fra loro perché sono riconducibili ad uno stesso punto teoretico.
Questo punto, o questa condizione, è sempre la medesima cd è quella dove tutte le leggi concorrrono (o sembrano concorrere) per determinare l’esistenza di questa causa prima dei principi.
Se così è, come sembra (e non sembra assolutamente che le cose stiano diversamente) esiste dunque, al di là della struttura visibile delle leggi, questo Principio unico oltre il quale tutto converge e tutto sembra indicare, senza ombra di dubbio, che lì c’è una Forza o una Potenza indubbiamente enorme, quale mai è stata riscontrata in altre strutture universali, una Forza enorme che, ragionevolmente, noi identifichiamo come quella di Dio.
L’analisi di questa Forza è impedita e non è possibile varcare la barriera di questo Principio, se non per via indiretta, ma la convergenza delle forze e la mancanza di dispersione nell’Universo, rappresentano compiutamente questa Unità che sta al dì là del Principio, e che noi chiamiamo Dio o anche in altro modo».