Perché parapsicologia umanistica?
Se così stanno le cose, i fenomeni esterni che finora hanno avuto la preminenza presso tutti gli studiosi di parapsicologia, non possono dimostrare nè l’Anima (e lo Spirito), nè la sopravvivenza perché il fenomeno (phanòmenon = ciò che appare ai sensi) in sè non è rappresentativo del Regno dello Spirito.
E’ nella causa il vero fenomeno, non nell’effetto, il quale è solo un fortuito accadimento; ecco perché la parapsicologia non ha mai potuto dimostrare che un fenomeno extrasensoriale è prodotto dallo Spirito. Non c’è omologazione fra causa ed effetto, perché il vero fenomeno che, appunto, è nella causa, è la soggettività pensata (noumeno = pensare-essere pensato) che non cade (Platone) nel dominio dell’apparenza fisica “visibile e tangibile”: ín ciò è l’incardinamento del principio umanistico in parapsicologia, tutto fondato sulla soggettività paranormale.
Per capire bene questa differenza fra causa ed effetto si provi a pensare ad un masso che cade da una montagna la cui cima è invisibile. La caduta (del masso) è l’effetto (non la causa) di un fenomeno causale (che è sulla cima) e la cui origine è duplice: il masso può essersi staccato per cause naturali o può averlo spinto qualcuno.
Tuttavia questa affermazione — che è solo di metodo — non vuole negare il valore dell’effetto fenomenico e neppure che (in teoria) dall’effetto si possa risalire deduttivamente alla causa, ma solo porsi come atto ipotetico e filosofico. Colmare il passaggio tra il fisico (effetto fenomenico) e lo spirituale (l’Anima) è praticamente impossibile: in parapsicologia umanistica diventa, invece, non solo possibile, ma addirittura logico, in quanto i fenomeni paranormali della soggettività alta (creatività, intuizione, percezione extrasensoriale, ecc.), la realtà dell’Anima e le interazioni cervello-ambiente, si svolgono nella comune area dell’interiorità, vale a dire in una situazione inconscia la quale è sicuramente caricata energeticamente altrimenti non potrebbe mai diventare coscienza.
Nella parapsicologia classica, cioè in quella dei fenomeni, dove si presuppone uno Spirito in azione, noi vediamo l’azione (parola, telecinesi, ecc.) ma non lo Spirito: cioè vediamo ciò che appare, non ciò che è.
Tuttavia bisogna ritenere che vari fenomeni, anche se si mostrano come effetti, possono avere un carattere indiziario di esistenza immateriale o soprannaturale: per esempio il sogno premonitore, i casi di premorte, la regressione ipnotica, le percezioni dei morenti, ecc.
E’ questa la sottile, ma anche profonda differenza da cui nasce, ov-viamente, anche la difficoltà che pervade tutto il campo del paranormale.
In sintesi, qualsiasi fenomeno transita sempre attraverso il corpo, ma non tutti necessariamente partono dal corpo. Tuttavia ciò che vediamo è sempre lo svolgimento di un effetto, perché la causa è al di là dei sensi e della modalità tecnica con cui si produce. Il parapsicologo umanista costruisce il paradigma teorico di un’Anima (struttura energetica autonoma di natura inconscia e sconosciuta) che vive la corporeità conferendo alla mente (che è un epifenomeno del cervello) alcune funzioni che la mente, come effetto immateriale di una causa materiale (rete neuronale) non possiede: ad esempio, la creatività, l’intuitività, la libertà, la sim-bolizzazione, ecc.
In ogni caso lo stato modificato di coscienza sembra essere la con-dizione ottimale per la manifestazione sia dell’Anima personale, sia di fenomeni paranormali legati all’Anima stessa e sia per la creazione di una stazione di transito per la realizzazione dei più vari fenomeni, dal sogno all’ascolto di voci, dalla profezia alla rivelazione, alla creatività, ecc.
Le funzioni interne paranormali sono, dunque, il mar-chio fondamentale che distingue l’Essere dalla Natura.
Ne deriva che la parapsicologia umanistica, poichè non intende negare il valore dei fenomeni esteriori, distingue in sè due ordini di manifestazioni:
a) quelle di natura materiale che devono essere seguite dal model-lo della scienza, essendo epifenomeni del corpo anche se la causa è altrove;
b) quelle di natura interiore che devono essere studiate come epi-fenomeni dell’Anima e con un metodo diverso da quello scientifico.
Codicillo: anche i fenomeni dell’interiorità hanno, comunque, bi-sogno della struttura della mente per poter essere acquisiti dalla totalità della coscienza, cioè nel proprio in-sè di viventi quali noi siamo in questo momento e, quindi, molto spesso ci appaiono in forma promiscua. Purtroppo, il mondo cosiddetto spirituale non può fare altro che “apparire” attraverso il linguaggio (significati o segnali) creandoci problemi a non finire. Ecco perchè l’intento dell’umanista è quello di spostarsi in zone sempre meno sospette e sempre più immateriali per avvicinarsi a segnali ancora più rarefatti, anche se presentano il rischio di apparire evanescenti o, più spesso, irriconoscibili.
Non si è sempre detto che dobbiamo imparare il linguaggio dell’Anima e utilizzare un metodo diverso da quello scientifico perché l’interno non si fa misurare come la materia? Tuttavia anche il metodo delle scienze deve essere sempre a portata di mano per evitare, finchè è possibile, l’inganno dei sensi, la commistione sensoriale con il fenomeno in atto (come avviene anche in fisica), la suggestione e il fascino del mistero.
Nel parlare del paradigma dell’Anima noi avanziamo anche 1’i- potesi che colui che chiama (vale a dire la nostra voce interro-gante) sia già colui che è chiamato. Il porre «altrove» l’Anima nostra, doverla chiamare come straniera non è, forse, una falsa chiamata?
Il nodo è qui. Ed è questo il nostro modo di intendere la paranor-malità della vita; ma da questa modalità è forse possibile partire per avventure anche più ardimentose, quali l’esistere oltre la morte.
Non si tratta di credere o non, ma di sfondare con armi completamente diverse il muro dell’omertà che costringe la scienza e gli scienziati a negarsi a qualsiasi parapsicologia che si fonda sui fenomeni, perché quei fenomeni sono culturalmente e storicamente obsoleti, nè riescono ad entrare in una epistemologia. Ma se di colpo cambiassero i referenti e i soggetti del discorso, co-sa potrebbe accadere? Sono domande che aspettano risposte!
Ma non possiamo sottacere che i prodomi non sono affatto iniqui. Platone parla con Dioniso, Socrate ha il suo daimon, Jung il suo Filemone, Cristo la sua voce nel deserto; e poi quelle che appaiono nel silenzio della ragione, nell’epoché di Husserl e di Heidegger e dei filosofi che ricercano la fondazione del discorso, l’epistéme. Chi è che parla oltre le frontiere della ragione? Chi le dà autorità?
La parapsicologia umanistica riconosce e studia i seguenti prin-cipali segnali (o denotatori) che direttamente denotano la pre-senza dell’Anima:
La creatività in tutte le sue forme
— L’intuizione e l’illuminazione
— La pulsione alla libertà
— Le pulsioni etiche pure e nori indotte
— La telepatia e la chiaroveggenza
— La simbolizzazione
— La metaforizzazione del discorso
— L’immaginario
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Gli stati modificati di coscienza specifici che comprendono l’estasi, la rivelazione, la trance, lo sciarnanesimo, le percezioni e i vissuti di pre-morte o dei morenti, certi effetti droga, la regressione ipnotica, alcuni sogni (specie premonitori), alcuni fenomeni presumibilmente reincarnativi.
Il motivo per cui queste qualità dell’uomo vengono considerate di ambito parapsicologico e non psicologico nasce dalla consta-tazione:
1) che la scienza non può dimostrare che queste qualità sono pro-dotte esclusivamente dall’interazione cervello-ambiente o da reazioni chimiche. Naturalmente nessuno di noi può dimostrare esaustivamente il contrario: l’importante è, però, avere una mentalità aperta. La gran parte degli scienziati si ferma, invece, alla mente, ultima frontiera del possibile secondo il limite che la scienza si è auto-imposta.
2) che sicuramente, nel formarsi delle funzioni intellettive alte, en-trano in gioco complesse reazioni neurofisiologiche ma, a causa di imput estranei, sottostanti o retrostanti la coscienza, questa creatività alta sembra isolarsi dal proprio cervello e diventa innovativa, trasformativa del mondo e delle idee, trascende la natura e le conoscenze acquisite col solo studio ed osservazione; 3) che tali qualità si conservano costanti nello spazio e nel tempo, sia riferite alla persona singola che al genere umano;
4) che lasciano una percezione sacrale di ineffabile ogni volta che si manifestano;
5) che si producono non solo indipendentemente dagli stimoli cau-sali, cioè fuori della volontà del soggetto, ma prediligono la “messa a tacere” della razionalità;
6) che le grandi filosofie e i fondatori di religioni hanno sempre at-tinto, da queste speciali condizioni, i motivi ispiratori delle proprie dottrine che, poi, hanno culturalmente guidato l’intero genere umano;
7) che anche le arti e, dunque, tutta l’evoluzione e civilizzazione è stata possibile non a causa delle funzioni cerebrali legate al principio deterministico di causa-effetto, ma per la creatività e la soggettività di uomini che hanno rivoluzionariamente superato la tradizione e la cultura del proprio tempo utilizzando l’esperienza e l’intuizione interiore.
Da questo ventaglio di studi non viene escluso il fenomeno come reperto nell’apparire, ma esso è in sub-ordine, è marginale: è la caduta del masso da una cima che, apparentemente, non si vede ma che per l’umanista è il solo luogo che conta.
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È la soggettività che ha trasformato il mondo, compreso l’atto scientifico costretto al metodo.
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