PERCHÉ TENERE IN PIEDI IL DISCORSO SU DIO

discorsosudio

Massimario

La Ragione umana È (di per se stessa) cieca NEI CONFRONTI DELLA VERITÀ DI DIO

(Karl Barth)

Molti ancora oggi pensano che si possa vivere senza credere in niente. Anch’essi poi in qualcosa credono. Credono che si possa vivere senza credere.

(Gaspare Barbiellini Amidei)

L’Idea di Dio, un essere onnisciente, onnipotente, e che inoltre ci ama, è una delle più azzardate creazioni della letteratura fantastica.

(J. L. Borger)

PERCHÉ TENERE IN PIEDI IL DISCORSO SU DIO

    Dal latino deus (radice indoeuropea div=celeste, luminoso) il Dio ha sempre indicato, pur con significati diversi, un Essere o Entità di potenza sovrumana.

     Nella tradizione ebraico-cristiana la parola assume la valenza di “signore” cui, nell’indicare il Signore Iddio, si includono molti significati di cui eccone alcuni: santo, giudice, legislatore, eterno, creatore del mondo, infinitamente perfetto, assoluto, auto-esistente, ultramondano, personale, autonomo, dipendente solo da sé, essere supremo, architetto universale. E inoltre: infinitamente buono, misericordioso, altruista, pietoso, amorevole, giusto, paterno ecc.

    La storia comparata moderna delle religioni ritiene che la personificazione di Dio sia l’evoluzione successiva alla fase collettiva, magica e impersonale; secondo altri, invece questo passaggio al Dio individuale dovrebbe essere considerato in senso antropomorfico (cioè umano) che sarebbe in conflitto con gli attributi di assolutezza, eternità e infinitezza impliciti nel significato di Dio al quale non sì dovrebbero applicare i limiti e le qualità di persona.

    Ma si tratta di posizioni teoriche tutte ambigue e incerte. Nella patristica, per esempio, esistono due posizioni: quella teologica negativa (cioè della non conoscenza di Dio) e quella affermativa. Da questo punto di vista la mente non può accedere a Dio perchè la sua natura è ineffabile in quanto Dio è un Deus absconditus. Secondo la teologia affermativa, invece, si può discutere degli attributi di Dio (e quindi conoscerlo sulla base di analogie con la realtà che la mente può comprendere: è questa la linea della teologia scolastica che ha avuto il suo maestro in Tommaso d’Aquino (sec. XIII). Utilizzando la definizione di persona data da Boezio (sec. VI) e cioè che «persona è sostanza individua della natura razionale» (cioè il senso individuale e cosciente di ogni uomo vivente), Tommaso ha ritenuto che questo significato si possa benissimo conferire anche a Dio e, quindi, anche Dio può essere considerato Persona. Tuttavia Tommaso comprende che c’è anche ben altro perchè Dio è personalità assoluta molto diversa da quella relativa e finita (la nostra) e quindi il mistero di Dio comprende ed evidenzia proprio ciò che i concetti di Assoluto e di Persona sembrano separare ponendoli agli opposti.

    La concezione di Tommaso crea percorrimenti accidentali anche se funzionali per l’uomo, perchè Dio può essere avvicinato come Persona e allontanato come Assoluto: quindi Egli si avvicina e si allontana secondo la posizione dell’osservatore.

   Infatti una eccessiva spiritualizzazione concettuale rischia di arretrare Dio in concezioni non percorribili oggettivamente, ma non è da meno una caduta di Dio nella struttura del fenomeno. Più si accentua la partecipazione di Dio agli eventi e ai fenomeni del mondo, più si cade nel panteismo. Oh, intendiamoci, non è che il panteismo sia il demone! C’è però, di fatto, un rischio che costituisce un altro aspetto di ciò che è designato come morte di Dio. Infatti, il naturalismo e la scienza, dichiarando l’autonomia della natura e delle sue leggi causazionistiche, renderebbero superflua la necessità di Dio per spiegare il mondo. Spiritualismo e Panteismo sono due tigri di senso opposto pronte all’agguato e presenti in quasi tutte le religioni (il giudaismo, per es., accentua la trascendenza, l’induismo l’immanenza): prevale, tuttavia, un atteggiamento che riconosce una verità di Dio nelle antitesi tra l’essere assoluto e l’essere Persona, nell’unicità e nella totalità, nella lontananza e nella vicinanza: in definitiva, nella problematizzazione concettuale.

    Da questo insieme di contraddizioni, funzionali al Mistero, all’idea di Dio si riconnettono molte prescrizioni cosiddette morali presenti un po’ dovunque. Quindi Dio è Creatore, Giudice, Fondamento, Legge, Salvezza, il tutto connesso con moralità, bene, perdono, misericordia ecc. Le religioni cristiane, dovendo poi anche gestire e controllare i propri fedeli, attribuiscono a Dio la salvezza; e la prescrizione di liberarsi dal peccato diventa norma di controllo sulle azioni degli uomini, nonchè consolidamento del legame a partire dal battesimo che, secondo i cattolici, redime dal peccato originale. Il Dio dei filosofi e soprattutto quello della teologia, appare sempre più manovrato antropomorficamente per renderlo giustiziere e vendicatore nei confronti di una salvezza il cui destino decisionale viene mediato dalle classi sacerdotali, sicchè la storia delle religioni è anche la storia di violenze e di oscurantismo ogni volta che si sono fatti prevalere gli uni o gli altri aspetti con cui Dio veniva definito nel suo rapporto con gli uomini e nella necessità di assicurarsi, con la forza di manovra occulta esercitata sulle masse, il controllo politico ed economico della società.

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    Le scuole di etnologia religiosa (W. Schimdt) hanno individuato segni di fede monoteistica in tutte le civiltà anche primitive, leggendo in tal modo una prova dell’esistenza di Dìo nel fatto che l’uomo ha espresso una tal fede in modo istintivo e naturale. Ciò è stato contestato dai materialisti (L. Feuerbach, K. Marx), ma anche da psicologi (Freud), etnologi (E. Durkheim, L. Levy-Bruhel) o antropologi come Lèvy-Strauss. Varie correnti e studi hanno di volta in volta sottolineato contraddizioni e necessità, bisogni e passività umane di voler ricorrere all’idea di Dio per capire la vita. Qualunque siano stati gli attacchi e le difese, la polemica ha almeno rafforzato un principio innegabile: e cioè che il cosmo è retto da una legge e che Dio, se esiste, non può essere nè arbitrio, nè irrazionalità.

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    Ma quali prove avanzano i filosofi per sostenere l’ipotesi di una esistenza reale di un Dio e la necessità di tener in piedi questo discorso?

    Nella generalità, i pensatori sostengono che la razionalità della realtà e l’esperienza stessa della vita risulterebbero contraddittorie se non si ammettesse l’esistenza di un principio trascendente.

    Le linee culturali si appoggiano all’argomento ontologico che sostiene l’esistenza di Dio tout court (Anselmo, Cartesio), all’argomento cosmologico secondo il quale il mondo, senza Dio, non si spiega (Aristotele, Tommaso d’Aquino), a quello teleologico secondo il quale l’ordine, il finalismo e l’intelligenza dell’universo non si possono immaginare senza un Dio ordinatore (Tommaso e la Scolastica), all’argomento morale per cui, nella coscienza, il rimorso e la spinta morale sarebbero la voce di Dio (Agostino).

    Tutte queste argomentazioni, a partire da Kant, sono, naturalmente, contestate dai rispettivi avversari.

    Fondamentalmente l’ateismo contemporaneo nega alla radice l’esistenza di Dio, ponendo non una critica di principio ma quella sull’oggettività delle stesse dimostrazioni intorno ai problema di Dio. Di conseguenza, sulla posizione che pone limiti alla dimostrazione di Dio, sono sorti vari atteggiamenti culturali di grande interesse anche in ambito religioso.

    I tradizionalisti, per esempio, continuano a credere nella possibilità che,partendo dal mondo (in conformità alle proposte dogmatiche del Concilio Vaticano I), si possa egualmente giungere ad una dimostrazione razionale; altri (Mòhlcr, Newman, Guardini, Adam) sostengono che la presenza di Dio si può percepire nella propria interiorità (sulla scia di Agostino e Pascal); altri (l’esistenzialismo, Heidegger) propongono di rinunciare al Dio filosofico per passare al Dio divino.

   Oggi affiora un’ulteriore posizione estremamente radicale che sostiene la morte di Dio, definitivamente ucciso dalla concezione scientifica dell’universo.

Massimario

È SEMPRE PIU’ VICINO A DIO CHI CREDE DI ESSERNE LONTANO E NON SA’ COSA DIRE DI LUI ANZICHÉ CHI PARLA INCESSANTEMENTE DI LUI CREDENDO DI SAPERE CIO’ CHE STA DICENDO.

                                                                                                                                                                      C. PIANCASTELLI

CONOSCERE L’ESSENZA DIVINA SIGNIFICA CAPIRE LA SUA INCOMPRENSIBILITA

                                                                                                                                                       (San Basilio)

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