PRESENTAZIONE.
Concludiamo la serie 1980 con un fascicolo dedicato a due argomenti: il primo di carattere metafisico (anche se tratta di questioni umane, ma la metafisica sta nelle motivazioni immanenti e trascendenti); il secondo di carattere più contingente, pur avendo in definitiva attinenza con fini spirituali.
Il primo è importante anche perché – oltre a riaffermare lucidamente la razionalità delle leggi e dei comportamenti sovra-umani – chiarisce in linea di principio generale (a un altissimo livello) la realtà e la motivazione di ciò che, considerato negativo (“male”) in senso umanamente distorto, molto spesso viene attribuito a misteriosi influssi che governerebbero le azioni umane, mettendo apparentemente in crisi il nostro libero arbitrio (la “quota parte” di cui disponiamo in Terra).
Il discorso, su di una trama filosofica, è tessuto con argomentazioni di estremo rigore logico che riportano la stessa personalità umana e spirituale al centro del dibattito, chiarendo indirettamente anche molti punti oscuri della vicenda umana nella sua media esistenziale.
È un discorso forse “difficile”, ma comunque utile; da rileggere per meglio assimilarlo come tassello primario da inserire nella globalità degli interventi dell’Entità Andrea”.
Il secondo argomento tocca invece aspetti tecnici e ideologici connessi alla medianità e alla conseguente estrinsecazione di “messaggi” calati in ambiti umani, diversi per cultura, sensibilità specifica e capacità di assimilazione di “grani” della verità non tutti agevolmente intuibili da parte della media degli individui.
Anche qui risulta l’estremo equilibrio interiore ed espressivo dell’entità, una specie di razionale e saggia equidistanza da estremismi egualmente pericolosi per le nostre limitate possibilità di inquadramento dei fatti e di efficace assorbimento di certe conoscenze di confine. Oltre tutto, l’estrema utilità di un tale discorso risiede nel fatto che esso può costantemente essere tenuto presente quando ci si trova, per avventura, di fronte a manifestazioni medianiche autentiche (il fatto è già molto difficile) i cui “contenuti” concettuali sono da vagliare criticamente, pur tenendo conto del diverso punto di vista dal quale vanno osservati, data la loro provenienza extra-umana.
GdS
22) – AZIONE E REAZIONE A LIVELLO UMANO.
(L’argomento ha preso il via da un quesito posto a proposito di apparenti reazioni “negative” che l’individuo umano subisce in rapporto a certe sue azioni, seguendo una legge di compensazione umana tra “bene” e “male”. – Nota GdS.).
A. – Parliamo di azioni-reazioni legate all’individuo, non di un’azione di un individuo e di una reazione di un altro individuo, perché questo è un altro discorso. Quindi attenti a non confondere. Con questo tipo di ragionamento si può dire che sulla Terra esiste il bene ed esiste anche il male, o perlomeno quello che si usa chiamare “male”.
D. – Però questo viene considerato di solito come fatto esistente, ma non disciplinato; che non risponde a una legge precisa, ma a una certa successione logica che avviene nel campo fisico, per cui accidentalmente essa può incrociarsi con l’attività umana e via di seguito. A parte poi tutto il resto: i condizionamenti di tipo biologico, patologico ecc.
A questo punto si cambia di livello, come se scattasse una specie di sottolegge per cui, a ogni azione positiva che si tenta di iniziare in una certa direzione, corrisponde un’azione negativa, non necessariamente determinante in senso assoluto, quasi a voler temprare questa certa volontà di bene. D’altra parte questa è una delle osservazioni che sono venute da queste conversazioni, e direi che questo può anche richiamarsi al famoso principio di azione-reazione diffuso in natura…
A. – Io non sono per niente d’accordo su questa conclusione, francamente, e quindi non ci richiamiamo proprio a niente. Perlomeno non sono d’accordo sull’impostazione di questo discorso, vediamo perché.
Dunque, voi dite (dico voi in quanto mi portate la domanda, si capisce) che a un’azione corrisponde una reazione, e questo è vero, cioè l’accettiamo come base del discorso, ma che a un’azione – per esempio “buona” – corrisponda un’azione inversa, su questo non sono d’accordo. Noi possiamo essere d’accordo sul fatto che a una determinata azione positiva corrispondano degli ostacoli, ma allora il discorso è diverso, così come a delle azioni accettate e qualificate come “negative” corrispondono altrettante azioni contrarie positive, su questo siamo d’accordo. Ma è una cosa diversa. Cioè, non è il cosiddetto bene a provocare di per sé, come conseguenza al suo interno, una reazione contraria, così come non è il negativo a provocare nel suo interno una reazione positiva.
Ora la questione che, effettivamente, nel mondo o nell’Universo si assista a una serie di contrari, deriva unicamente dal fatto che la disposizione dei valori è disarmonica, nel senso che, se esistono qualificazioni positive, esistono nel contempo qualificazioni di grado inferiore a “quel” positivo, in una gamma che va all’infinito, sopra e sotto; sicché, la compenetrazione di tutti questi piani crea un apparente contrasto, al punto tale da far supporre a qualcuno che ogni evento derivi o abbia la sua genesi nel suo opposto, appunto, il che non è.
Noi abbiamo visto una volta che il principio degli opposti non esiste nell’Universo perché in esso esiste l’unità. È un’unità che può apparire frammentaria, ricca e piena di contrasti, ma, come abbiamo detto, perché vi sono sempre infiniti piani compenetrantisi, mentre in realtà si tratta pur sempre di unità.
Intanto mi meraviglia assai che abbiate dimenticato una cosa non insignificante, e cioè che non esiste il negativo rispetto al positivo, mentre abbiamo visto che il cosiddetto negativo nel senso di valore, altro non è che un positivo in via di sviluppo, in via di evoluzione, e che il cosiddetto “male” (che appare come un contrasto del bene) altro non è se non il bene non ancora qualificatosi, il bene in via di assestamento, di riconoscimento. Sicché, non può esserci un reale male in confronto a un bene, e quindi un negativo in confronto a un positivo, dovendosi far derivare il negativo dal positivo stesso.
Noi usiamo parlare di contrasti perché nella dialettica il porre a confronto termini diversi è una necessità di ordine pratico e risponde cioè a una tecnica d’impostazione del linguaggio, ma in effetti noi non riconosciamo l’esistenza in sé di un elemento contrastante.
Possiamo parlare di circostanze le quali sono sempre costituite da quei valori-informazione che ostacolano determinati valori che hanno già raggiunto una loro maturazione o una loro evoluzione. Dunque, l’azione e reazione nel senso dell’apparenza fenomenica, sì, ma nel senso reale, per quanto riguarda la costituzione del valore spirituale e l’evoluzione della struttura spirituale, no, questo non esiste. Dunque, spianato il campo con questa premessa di ordine generale, puoi continuare.
D. – Naturalmente non ponevo questo come assoluto, quindi non dato un assoluto al segno positivo o al segno negativo, ma un segno contingente, transitorio, come una resistenza da superare a livello transitorio…
A. – Naturalmente il discorso è diverso se lo poniamo su basi psicologiche. Su basi psicologiche noi vediamo che c’è una certa resistenza da parte di determinati gruppi sociali, umani, allorquando si presentano possibilità di riqualificare, per esempio, i campi della morale, della società, o dell’economia. Ma questa è soltanto un’opposizione logica, inquantoché determinati individui rifiutano determinate situazioni semplicemente perché non le comprendono.
D. – Così abbiamo sgombrato un po’ il campo dai malintesi. Io mi riferivo essenzialmente a questo; infatti ho parlato di reazione a livello psichico, soprattutto, che intendevo però estendere anche a livello animico, al “basso astrale”, tanto per intenderci con una parola; cioè come se ci fosse una specie d’inerzia da parte di certi strati psichici che si oppone a qualunque tentativo di superamento, di miglioramento anche spirituale.
A. – Si tratta sempre di un’opposizione di individui rispetto ad altri individui…
D. – Perciò parlavo di “personalizzazione” di queste resistenze, di queste opposizioni…
A. – Quindi non si tratta in realtà di un’azione-reazione, non mi sembra pertinente questa definizione…
D. – Quindi non è un fatto determinato da una legge…
A. – Non soltanto non è un fatto di legge, ma diciamo che questa reazione nasce apparentemente da un’azione: posso convenire sull’apparenza, ma in realtà si tratta di due cose diverse. Vedi, l’azione-reazione noi la possiamo concepire e ammettere quando essa si sviluppa all’interno della struttura unitaria, allora, in questo caso, noi parliamo di azione e reazione.
Quando si tratta invece di una reazione “esterna”, in un quadro generale di apparenze, sembra effettivamente che le due forze siano contrastanti, ma, vedi, la reazione è per principio uguale all’azione, il suo potenziale è uguale a quello dell’azione. Nel caso di azioni-reazioni nel comportamento, nella morale, nella società, in realtà vi trovate di fronte a un valore che si afferma o che tenta di affermarsi come azione e di un pseudo-valore che cerca di opporsi come reazione. Si tratta, dunque, di un potenziale quasi sempre nettamente inferiore. Sicché la reazione non può ascriversi a un prodotto dell’azione, come si può verificare un plus-valore. In realtà, quando si tratta di campi in evoluzione, le opposizioni nascono sempre o dai mini-valori o dagli pseudo-valori.
Entriamo nel piano del concreto. Se, per esempio, si tenta di riformare un determinato principio morale perché la ragione, l’indagine, la scienza, la conoscenza hanno dimostrato che si trattava di un autentico valore, oppure che esso non è più utile, non è più pratico ai fini dell’uomo perseverare o tenere in piedi un determinato principio morale, oppure perché esso, principio morale, decade da solo dall’uso perché nel frattempo si sono evolute altre strutture dell’individuo, bene, di fronte a un principio evolutivo in atto, voi troverete sempre un’opposizione da parte di coloro i quali, essendo rimasti indietro, non intendono perdere quei punti e quei riferimenti certi nei quali avevano creduto. Ma poiché essi avevano creduto in qualcosa di fondamentalmente inesatto o sbagliato, siamo di fronte a uno pseudo-valore. Vedete, noi distinguiamo i valori assoluti dagli pseudo-valori, e in realtà non esistono valori intermedi, essi sono solo convenzioni dell’uomo. I valori assoluti corrispondono alle realtà assolute, cioè a esistenze autentiche dell’Universo, realtà che costituiscono la struttura dell’Universo; tutte le altre cose inventate per il funzionamento dell’uomo, o per creare rapporti tra un uomo relativo e i principi assoluti, non sono valori, sono pseudo-valori e non hanno alcun riconoscimento sul piano universale, cioè non valgono niente.
Ora voi assistete quasi sempre a scontri tra pseudo-valori, ma anche a scontri tra pseudo-valori e valori autentici che nel corso della storia l’umanità riesce a estrapolare da sé, e riesce pian piano a portare in superficie, a concretizzare con degli atti culturali. Ora, di fronte a queste situazioni, si muove in realtà tutta la serie degli pseudo-valori, perché essi quasi sempre riconoscono il compromesso di vita, l’adattamento, la mutazione psichica della specie rispetto agli istinti, non dimenticando che l’uomo è il prodotto di una grossa manipolazione, più o meno artificiosa, imposta dalle sovrastrutture sociali, dai fatti culturali, economici, e storici. Sicché, quando emergono alcune linee fondamentali, alcune linee diritte, è proprio la sovrastruttura che tenta immediatamente di soffocarle. Perché la linea diritta è sempre rivoluzionaria rispetto agli pseudo-valori. È la sua autenticità che è rivoluzionaria rispetto agli pseudo-valori i quali hanno il potere di creare la stasi, per così dire, la stasi culturale. Quello che infatti ha dimostrato la vostra storia umana, non è stato altro che una lentissima evoluzione il cui rallentamento è stato determinato proprio dal freno inibitorio della cultura scientifica, umanistica e religiosa in particolare, la quale è stata la vera opposizione a queste linee fondamentali che l’umanità ha tentato a volte di far emergere fino alla coscienza. Dunque, queste reazioni non costituiscono dei valori, degli ostacoli reali rispetto alle autentiche linee primarie dell’evoluzione, quindi non si può parlare di reazione a un’azione, ma si deve parlare di reazioni intendendola linguisticamente soltanto come opposizione, ma non scientificamente come reazione, questo è il punto sul quale insisto. Si tratta di un’opposizione di tipo dialettico culturale, non di una reazione in senso biologico-istintuale, per esempio.
D. – Da tutto questo mi pare che emerga un concetto fondamentale, che per inciso mi sembra trovi conferma negli studi più recenti di tipo antropologico, etnologico, e cioè che in effetti non esiste per l’umanità un’evoluzione di valori, ma esiste solo la possibilità da parte dell’uomo di percepire più o meno profondamente certi valori universali…
A. – … e di riconoscerli. Diciamo che l’evoluzione è un termine che deve essere usato con molta prudenza. In realtà i valori autentici non si evolvono, diciamo che si riconoscono; però, dal punto di vista dell’uomo io capisco che questo possa apparire anche come un’evoluzione, ma in sostanza il valore non si evolve. È l’evoluzione dell’uomo che riconosce dei valori sempre più ampi; in questo senso, sì.
D. – Dicevo che, per inciso, questo richiama certe posizioni avanzate di tipo etnologico, antropologico, perché in effetti oggi si respinge a livello scientifico la primitività attribuita a certe popolazioni del passato e anche attuali, affermando invece che ogni civiltà, ogni ceppo umano, ha i suoi valori, percepisce certi valori e li ha percepiti fin dall’origine.
A. – Ecco, riconosce determinati valori e non ne riconosce altri perché gli uomini di quella specie, in quel momento storico, sono strutturati in maniera tale da riconoscere “quei” valori e non altri.
D. – Direi non tanto quelli della morale utilitaristica, quanto dei valori spirituali un po’ degradati, cioè riferiti alla solita retorica del magico, degli aiuti celesti, e via dicendo, che verrebbero appunto dall’”invisibile”. Volevo anche sapere se è vero che a livello delle masse animiche dei disincarnati c’è una certa inerzia, quindi una resistenza passiva a questo processo di migliore percezione da parte degli uomini, come di opposizione…
A. – Non è opposizione, in realtà, e perché inerzia? Lo Spirito, sapete bene, svolge la sua attività sulla Terra in quanto essa gli è conveniente, fatta in un certo modo per offrirgli certe possibilità di esperienza e di conoscenza. Lo Spirito non si oppone all’evoluzione della specie umana…
D. – Infatti non parlavo di spiriti, ma dei complessi animici.
A. – Il complesso animico quando è disincarnato, e salvo nei casi in cui ha ancora contatti con la Terra, ma è ancora legato allo Spirito, ha un arco di possibilità che è diverso da quello che aveva in Terra, quindi diciamo che se ne disinteressa, da questo punto di vista. L’unica perplessità concerne proprio certe strutture che ancora rivolgono l’attenzione verso la Terra.
L’unica osservazione che si può fare è questa: queste strutture hanno difficoltà a reinserirsi in un ambito umano che, nel frattempo, ha subito delle evoluzioni, proprio perché la struttura animica non si evolve e trova allora delle resistenze, queste resistenze però le vengono dalla Terra. È un po’ l’inverso, è la Terra che le resiste e le offre un’opposizione. Non è la struttura che fa opposizione, ma la Terra, perché è mutata, nel frattempo, e la stessa struttura animica media è mutata ed essendo mutata avverte difficoltà a riprendere il contatto.
Vedete, una persona cara, morta per esempio, cinquant’anni fa, ritornando a parlare con voi, vi trova diversi, e non come evoluzione spirituale (perché il riconoscimento dello Spirito è anche indipendente dall’evoluzione, a parte certi contrasti), ma vi trova differenti come struttura animica perché essa tende a maggiorarsi, tende a modificarsi, ed ecco che allora può addirittura non essere più riconosciuta da parte di chi ha lasciato la Terra cinquant’anni prima. Questo naturalmente significa che la resistenza viene dalla Terra, non dalla sovrastruttura animica, anche se tuttavia qualche eccezione esiste.
D’altra parte, il rapporto tra queste anime e voi è un rapporto anch’esso transitorio, voglio dire che esso non soggiace a una legge universale, ma a una serie di leggi che regolano proprio il rapporto tra l’uomo e l’altro mondo. Infatti, un rapporto tra la struttura animica e la Terra, in queste condizioni e nella fattispecie, interessa soltanto la Terra.
D. – Hai detto che a un certo punto c’è una maggiorazione della nostra struttura animica: vorrei che chiarissi meglio questo concetto.
A. – Ma è chiaro, via via che vivete vi accrescete…
D. – Una trasformazione la capisco, ma una maggiorazione non capisco in che senso…
A. – Perché, forse che non vi accrescete durante la vita? Durante la vita voi portate nella vostra struttura animica tutto ciò che acquisite e, poiché lo fate continuamente, ecco che questa struttura si arricchisce.
D. – Si arricchisce come qualità…
A. – Si arricchisce come qualità… Vedete, termini come qualità e quantità sono termini impropri, intendiamoci bene, e io a questo punto potrei usare anche il termine quantità, e potrei usarlo anche a proposito. Cioè, voglio dire con un linguaggio pedestre, che se tu hai un’esperienza nuova, se, insomma, affronti una situazione pratica e teorica nuova, questa situazione va ad aggiungersi come esperienza, come conoscenza, come struttura a quelle preesistenti e quindi in realtà c’è un accrescimento anche quantitativo. Però, ripeto, non lasciatevi ingannare da questi termini, quantità e qualità ci allontanano talvolta dalla verità.
D. – Diciamo che qui essi coincidono… Talvolta ho notato che il numero delle esperienze indebolisce la struttura psichica e non la rafforza. la indebolisce, anche se qualitativamente la migliora…
A. – Questa sera mi sorprendete con le vostre osservazioni! In realtà tutto quello che fate accresce la vostra forza, anche se apparentemente o momentaneamente la indebolisce. Certo, per esempio, un dolore in quel momento vi abbatte. Si tratta di un fatto perfettamente spiegabile, ma non c’è dubbio che, superato quel momento, c’è un accrescimento di resistenza, di forza, e in un certo senso è vero che una qualsiasi malattia vi può debilitare, ma nel contempo vi rafforza indubbiamente. Le esperienze fanno sempre bene, vedi, anche se per voi, (poiché siete sempre in attesa di esperienze cosiddette belle e piacevoli) sembra che queste vi apportino forza e che le altre invece la diminuiscano. In realtà non è questione di esperienza positiva o negativa. Intanto riaffermerò sempre che, fino alla vostra nausea, che non esistono esperienze negative ed esperienze positive, ma che esistono fatti, cose, esperienze dunque che sono sempre un elemento positivo per voi, anche se queste esperienze momentaneamente creano uno scompenso.
D’altra parte, però, devo anche convenire che possono esserci esperienze molto traumatiche per un individuo eccessivamente debole; in questo caso l’esperienza lo sovrasta. Più che l’esperienza, direi che i fatti sono insopportabili per quelle scarse capacità di resistenza, allora l’individuo può crollare. L’individuo in genere, crolla, perché non è preparato alle esperienze. Infatti voi non fate niente. Le esperienze vi cadono sulla testa e voi le prendete così come sono, buone o cattive. Spesso non c’è nessuna programmazione, voi non scegliete le esperienze, semplicemente le subite e questo è un po’ il vostro torto. D’altra parte vi sono esperienze che non potete prevedere, sebbene io sia dell’avviso che gran parte dei fatti sia sempre prevedibile.
Perché, ecco, questa volta può andar bene la questione dell’azione-reazione, cioè voi, in genere, passate metà della vita (o parte della vita) a seminare le azioni: la vostra educazione, la vostra comprensione del mondo, i vostri studi, le vostre cose; e per il resto della vita finite col subire ciò che avete seminato. In questo senso, sì, finite col subire. Ora, se avete seminato male, raccoglierete male e se bene, bene. In realtà voi seminate senza neppure sapere di che qualità è il seme che mettere, mettete i semi alla rinfusa; anzi per meglio dire, gli altri seminano nella vostra terra, perché voi non seminate proprio niente nel corso dell’infanzia, subite semplicemente il mondo così com’è. Dunque, in conseguenza voi finite col subire un cosiddetto destino per cose che tutto sommato non avete organizzato voi. È in questo senso che scatta l’azione-reazione.
È chiaro, se siete preparati in un certo modo, non potete aspettarvi nulla di diverso. Qualcosa di diverso ugualmente si manifesterà, ma alcune linee fondamentali finite col subirle, in parte perché le avete scelte prima di venire sulla Terra e in gran parte (specialmente le sovrastrutture) perché ve le danno e le trovate già confezionate. Solo in questo senso dunque si può accettare un discorso di azione-reazione.
D. – Comunque la Tua meraviglia è giustificata, ma dipende dal fatto che non abbiamo avuto tempo di preparare delle domande più rifinite.
A. – No, io non mi sorprendo per questo! Voglio dire che noi possiamo dialogare e contrastare finché volete, naturalmente, solo che qualche volta io posso aspettarmi che voi pensiate alle soluzioni da soli.
Vedete le linee fondamentali sono quelle e noi, riferendoci a quelle linee fondamentali, troviamo che le soluzioni diventano poi tutte facili. Qualche volta accade invece che vi lasciate suggestionare dai discorsi altrui. Spesso i discorsi degli uomini sono discorsi apparentemente ben fatti, culturalmente ben portati, ricchi di espressioni di apparente logica, pieni di buon senso, per cui voi potete restare lì per lì un po’ distrattamente scioccati e vi sembra che il discorso fili. Ma, vedete, c’è un metodo infallibile per riconoscere un discorso sbagliato: riportarsi sempre alle strutture primarie della logica, è una verifica matematica, non si può sbagliare quando si ritorna alle strutture primarie della logica, allora si possono giudicare subito i discorsi della gente. C’è gente abituata a parlare molto, a parlare troppo e così sembra che abbia ragione, perché vi sono individui molto abili nell’impostare i discorsi e in quel momento il loro discorso vi sovrasta e voi perdete il senso della logica.
Molti errori, anche dei filosofi (che pure era gente preparata al discorso), consistono nel fatto di iniziare una conversazione senza le debite premesse. Vedete, quando le persone cominciano a discutere senza le premesse, ciascuno se ne va per conto suo e non si riesce più a fermarlo. Quando si dialoga, l’abilità consiste nel partire dalle premesse e nel procedere premessa su premessa, con una serie di conseguenzialità. Questo è appunto il gioco della logica e non può fallire se la premessa è valida.
D. – In questo caso le ragioni sono anche più semplici. A volte è anche la flessione dell’attenzione mentale che porta a certi vuoti…
A. – Certo, certo, io lo so bene, so bene quello che accade all’uomo!
D. – L’effetto distraente può anche venire da un desiderio altrui, violento, che talvolta, momentaneamente, può stordire; e qualche volta noi, involontariamente, ne restiamo affascinati…
A. – Vedete, i pensatori sono sempre sovrastati dagli imbonitori, io così li definisco; da coloro cioè che sembra sappiano parlare bene. Parlano per citazioni, parlano per conoscenza anche scolastica, sicché sembrano veramente sovrastare; ma. ripeto, l’unica maniera per metterli in crisi è tirar fuori le premesse. Tirando fuori le premesse l’avversario si zittisce, anzitutto perché quello non è il suo piano di discorso e perché la premessa razionale, autentica, logica con la “L” maiuscola, non può avere oppositori, appunto perché è una premessa razionale.
Di fronte alla premessa razionale, tutti coloro che sono abituati a parlare molto zittiscono improvvisamente: si tratta di un altro piano di discorso al quale non sono abituati. A voi è mancato l’esercizio dialettico, nei vostri studi, nelle vostre conferenze, nei vostri convegni, nelle vostra scuola; come dire, nella vostra preparazione, è mancata la scuola della dialettica, sicché voi volete dire, sentite di dover dire, ma non sapete da che parte incominciare, specialmente quando il vostro conversatore, o avversario o amico sembra saper tutto e parla citando a memoria. Contro la citazione a memoria c’è solo la logica, la logica fredda, razionale, cinica, quella che mette in ginocchio, che sgomenta. Per fare questo bisogna anche abituarsi a questo sistema di logica. Vedete, la logica è tanto precisa che, a mio avviso, sta al pari con la matematica, con le scienze esatte. (Nel senso in cui noi le concepiamo dal nostro piano umano, in quanto sull’esattezza delle scienze umane il Maestro Andrea in altre comunicazioni esprime delle contestazioni di fondo. – Nota del curatore.). Perciò, logica e matematica camminano affiancate; in realtà una filosofia che non sia solo un’arte nell’impostare il discorso, ma anche un’arte nell’impostare i principi della realtà, è matematica e risulta logica proprio perché è l’applicazione di un metodo matematico. E per far questo, vedete, non c’è neppure bisogno di molta cultura, c’è bisogno soltanto di una enorme vigilanza, di una grande attenzione, naturalmente, e di aver assimilato bene le radici della realtà.
D. – Questo ci pone ora un po’ in crisi…
A. – Ora non dovete sgomentarvi, temendo di dirne qualche altra di grossa. Direi che quando si conversa e si discute, anche le deviazioni o le ipotesi errate sono utili, perché spesso proprio dal contrasto nasce anche una migliore assimilazione del metodo, della logica, delle cose che dicevamo. Non si possono sempre dire delle cose esatte e delle cose giuste, perlomeno a voi uomini non è dato questo potere. Subite troppo la cultura, subite dunque troppo la conoscenza umana, la quale contiene molti, moltissimi errori. Pare dunque evidente che talvolta voi possiate essere momentaneamente travolti, presi un po’ dal disorientamento, e vi sembra di non poter raddrizzare le vostre idee. Questo è logico. A noi non succede semplicemente perché non abbiamo la vostra sovrastruttura. Questo sia a vostra effettiva giustificazione e non a nostro merito, in quanto ci troviamo in un’altra situazione. Se io avessi il vostro tipo di sovrastruttura, naturalmente avrei anch’io i disorientamenti che avete voi. Essi sono perfettamente giustificati e anch’io ne ho avuti tanti quando ero in Terra. Però, appunto, per mettervi al riparo, tenete sempre a mente che dovete riportarvi ai principi-base, sempre, e se vi sembra in quel momento di non saper rispondere, prendete tempo. Riportatevi sempre a quei principi e poi risalite verso il problema, e vedrete che così sarà sempre possibile risolverlo; dirò anzi che non esisterà più problema che non possa risolversi. Naturalmente ci vuole la massima attenzione, perché le premesse possono essere sbagliate e se si parte da una premessa sbagliata si va a finire chissà dove. Allora è poi facile smantellare tutto, pezzo a pezzo, facilissimo.