D.: Maestro, scusa, tornando allo Spirito guida, quando uno si trova nella vita ad un punto fermo e non sa la direzione da prendere, è lo Spirito guida che si è assopito o è l’individuo che deve vivere quei momenti?
A.: È l’individuo che deve vivere quel momento e prendersi la responsabilità della decisione successiva. È sempre lo Spirito. Poi può ricevere aiuto, ma per ricevere aiuto deve anche mettersi nella condizione giusta per poterlo ricevere, non basta chiedere. Lo Spirito guida è tenuto ad intervenire quando il soggetto ha effettuato una vera analisi, una vera meditazione, quando sta per elaborare delle scelte che siano conformi al suo programma, e guardate che voi non lo sapete se si tratta di un programma di felicità o di sofferenza, perché lo Spirito, anzi il soggetto, può benissimo scegliere una vita che invece sia di sofferenza. Quindi non crediate che lo Spirito guida serva soltanto a eliminarvi la sofferenza e farvi scegliere al meglio: al meglio rispetto al progetto, al progetto e all’evoluzione, non rispetto a ciò che intendete per felicità umana. Questa è un po’ la vostra tragedia di uomini: di credere, quando si invoca Dio, o si invoca lo Spirito guida o chi altro volete evocare, voi pensate che dall’altra parte la risposta sia conforme a un piano di buona scelta di felicità, ecc. Dall’altra parte se un aiuto dovesse venire, ma non si verifica questo, perché ciascuno ha già iscritto il suo programma, sarebbe quello di far sì che le vostre vite siano conformi ai progetti spirituali, non ai progetti umani.
E come potete pensare che uno Spirito vi elimini la sofferenza quando la sofferenza fa parte del progetto conoscitivo, per esempio. Non vi renderebbe un buon servigio, vi farebbe del male non del bene. Le sofferenze possono far parte delle scelte: le dovete accettare come tali e trasformarle in conoscenza, ma se pensate che Dio stia lì, semplicemente per salvarvi dai vostri guai umani e dai vostri imbrogli terreni, avete capito male quella che potrebbe essere la Divinità, anche se intendessimo la Divinità nel senso teologico del termine, cioè del Dio che sta lì con i suoi santi pronto a rispondere a tutte le vostre preghiere. Anche in quel caso la risposta sarebbe la stessa, perché Dio e i santi starebbero lì per farvi eseguire il vostro progetto di vita non per sollevarvi dalle vostre pene umane.
E perché dovrebbero farlo? Per quale motivo al mondo lo dovrebbero fare se siete venuti proprio per questo progetto? Quindi voi dovete stabilire una logica e una coerenza nel vostro discorso mentale: o credere in determinati principi, in quello che è il progetto e il fine della vita, oppure vivere a casaccio, aggrappandovi al primo venuto e sperando che vi dia un bastone per sollevarvi da Terra, e quindi invocate i santi e Dio anche per le vostre cose più banali, finanche se dovessero, che so io, farvi male i piedi, vorreste che Dio vi aiutasse a camminare meglio. No! La vita non può essere ridicola fino a questo punto.
Quindi qualunque sia la concezione che potete avere di un’esistenza, il principio resta lo stesso: voi siete qui per le vostre esperienze e vi assicuro che nelle vostre esperienze
voi non avete scelto di stare bene o di stare male, voi avete deciso un programma di vita. Poi è nel corso della vita che potete fare in modo che le cose si svolgano in un modo o nell’altro, che siate più felici o meno felici, più sofferenti o meno sofferenti, incontrate gli accidenti della Terra: le malattie, il vostro sistema nervoso, il vostro tipo di famiglia, le vostre nevrosi. Sono cose che fanno parte della vita e credere di affrancarvi da esse soltanto perché sapete pregare meglio di un altro, ahimè significa ridurre Dio a vostro servo pronto a farvi miracoli per accontentarvi.