TESTIMONIANZE

Anna Di Pietro, Luca Di Meola, Sergio Paderni, Corrado Piancastelli, Giulia Ragozzino, Enzo Spatuzzi ,Sergio Consegnati, Guido Taricco, Amalia Di Martino, Alessandra Craighero Guzmàn, Paola Marzoli, Giuseppe Maria Tregua, varie.

Testimonianza

ANNA DI PIETRO

«Io sono stata insegnante per più di quarant’anni e per me il problema più assillante è sempre quello dei giovani.

I messaggi così altamente pregnanti e tutte le cose dette in questi cinquant’anni di dialogo con un’Entità così grande, tramite appunto il nostro Corrado, debbono essere trasmesse ai giovani, specialmente in un momento così difficile per la società e per ciascuno di noi.

Io ho 74 anni, quindi di esperienze, di sofferenza, di dolori, ne ho vissuti molti. Logicamente ho acquistato una certa saggezza. La saggezza si acquista attraverso la sofferenza e attraverso l’autoanalisi e l’autocritica, come ci sta insegnando Andrea.

Faccio parte del gruppo di Roma da due anni e ringrazio “A.” perché mi ha dato una maggiore possibilità di scandagliare più in profondità alcune sensazioni che nel corso della vita avevo già provato, avevo già sentito, ma non erano state messe bene a fuoco da me stessa, quantunque mi sia sempre dedicata a studi di letteratura, di filosofia, di sociologia, di pedagogia. La mia ultima è una laurea in antropologia culturale perché cercavo di trovare le strade che mi chiarissero un iter spirituale che potesse soddisfarmi non solo intellettivamente ma anche spiritualmente. Quindi io ringrazio Andrea che mi ha veramente chiarito molti punti oscuri. Ma insisto: io sento in maniera fortissima, dentro di me, l’esortazione a che la nostra azione sia rivolta ai giovani.

Io penso che solo se puntiamo su di loro, in un momento di svolta così difficile, come quello che tutti noi stiamo vivendo, solo se affidiamo a loro il messaggio con parole appassionate e sentite ed anche con un vissuto sperimentato e, quindi, con una consapevolezza profonda, ( che noi attingiamo da “A” ), solo così faremo un effettiva opera di cambiamento.

Testimonianza

LUCA DI MEOLA

Io invece, ne ho solo trenta però posso dire questo: Andrea l’ho conosciuto 7 anni fa. Venivo da due letture: una è «Cielo e Inferno di Gesù» di Ederbach, e l’altra «La Grande Sintesi» di Pietro Ubaldi, lettura che mi è rimasta e rimarrà sempre nel cuore, perché la considero una pietra miliare della mia vita. In seguito, per un insieme di cose, arrivai al «Rapporto dalla dimensione X», che divorai, però ero giovane e, quindi, non coglievo totalmente la struttura di pensiero di Andrea, soprattutto per quanto concerneva l’impostazione che veniva data al concetto di morale e al concetto del male. Erano infatti esposti pensieri che sconvolgevano, stravolgevano l’idea comune, la morale comune. E arrivai al punto di pensare addirittura che questa voce venisse sí dall’oltre, ma dalla parte sbagliata, quella che la Chiesa ha sempre additato come la parte demoniaca. Questo lo dico senza rimpianti. In quel momento mi allontanai da Andrea perché non ero pronto a capire il suo pensiero rivoluzionario. Feci altre letture, gli anni passavano, fino a quando, per un insieme di circostanze, arrivai al gruppo di ascolto di Roma e qui cominciò il mio lavoro di comprensione, di riavvicinamento ad Andrea. Piano piano mi accorgevo che si creava in me una sorta di sottrazione, nel senso che seguendo Andrea vedevo che, praticamente, lui spazzava tutto al suolo; era come un bombardiere, ed io ero sotto ad un continuo bombardamento, per cui, quando riaprivo gli occhi dopo il fragore delle esplosioni, non trovavo più niente intorno a me, ed i concetti usuali di morale e tutto quello che noi ci costruiamo nell’arco di una vita, tutto era spianato e raso al suolo. Arrivai ad un punto di grande crisi interiore perché non avevo più appigli intorno a me, dal momento che perfino l’ultimo che mi sembrava fosse rimasto in piedi, cioè il rito, la ritualità, veniva meno anch’esso.

Vissi una grande crisi fino a quando una “lucetta” mi indicò la strada. Riuscii a comprendere che, effettivamente, il lavoro di “A” con me era stato molto intelligente, ma, credo, anche con tutti gli altri. Andrea operava un aggiramento, lui si avvicinava gradualmente ai concetti fino ad arrivare al punto centrale. Tutto questo mi ha portato ad una introflessione nella mia interiorità. Nel mondo in cui credevo non c’era più niente, allora ho capito che l’unico modo per risorgere, per operare una trasformazione, era proprio quello di entrare dentro di me e lì trovare il mio centro di forza.

Testimonianza

SERGIO PADERNI – GRUPPO DI ROMA.

Spesso mi sono chiesto se l’insegnamento di “A” è qualcosa di chiuso, di intoccabile che noi dobbiamo solo interiorizzare e trasferire esclusivamente nei nostri incontri di gruppo, o non debba essere vissuto anche all’esterno. Mille e mille volte lo stesso “A.” ci ha esortato a proiettarci verso 1′ esterno per aprire un dibattito col mondo della scienza, per farci conoscere, per fare cultura, per sfidare questo mondo contemporaneo e costringerlo a rimettere in discussione argomenti di cui si è appropriato e che poi sono stati messi da parte, interdetti, e su cui sembra essere calata una impenetrabile cortina di silenzio.

Allora io credo che il lavoro individuale e l’insieme del lavoro dei gruppi non debbono trascurare questo aspetto, il fatto cioè che siamo un movimento di cultura. Del resto, lo stesso Andrea ci dice che non è solo il proselitismo porta a porta che dobbiamo fare, ma riaprire il dialogo, riaprire un confronto, misurarci con le parole che usa quest’altro mondo, cioè quello della scienza e noi dobbiamo inventare i modi di questo nuovo approccio.

Corrado ha un disegno bellissimo, quella di una Rivista prestigiosa. È un progetto importante, perché è un fatto di cultura che sfida la cultura moderna proprio su questi temi. Io vedo la realizzazione della rivista come una risposta ai miei dubbi.

Intervento

CORRADO PIANCASTELLI. PRESIDENTE DEL CIP

Vorrei dire poche cose. Io mi trovo d’accordo con ciò che ha detto poco fa Sergio Paderni.

Con sincerità voglio dirvi che non mi interessa soltanto il CIP, ma l’avvenire della parapsicologia umanistica come movimento. Il CIP è solo un’associazione che possiamo sciogliere domani mattina e crearne un’altra, mentre il movimento e la continuità, stanno nelle idee, nel pensiero e non nelle sigle. Colgo l’occasione per fare chiarezza sul termine “umanistico” dal momento che l’ho sentito citare, ma non sempre a proposito.

Io ho l’impressione che nessuno abbia capito realmente cosa significa “parapsicologia umanistica”.

Per lo più sento discorsi che riguardano l’umano, la persona; per costoro umanistico è una cosa “buona” perché concerne la persona umana; e quindi molti intendono il termine umanistico nel senso di “umanità”. Invece le cose non stanno così.

La parapsicologia umanistica è la parapsicologia della soggettività, in quanto per noi trattare un problema in senso umanistico, significa non trattarlo esclusivamente col metodo scientifico: umanistico, dunque, è contrapposto all’oggettività delle scienze in senso lato, poiché la scienza è comunque figlia della soggettività della coscienza.

La scienza è oggettiva perché deve essere oggettiva, altrimenti non avremmo la tecnologia o i farmaci; per arrivare ad un farmaco bisogna testarlo e provarlo su migliaia di ammalati. La scienza, quindi, deve essere ripetitiva e quanto più è ossessivamente ripetitiva e precisa, tanto più il farmaco risulterà valido e certo. Quindi il metodo scientifico è un metodo che non possiamo assolutamente rigettare perché si occupa della natura fisica del mondo: esso, per sua definizione si occupa soltanto dell’oggettività, e, quindi, di ciò che è visibile, sperimentabile, ripetibile, che cioè cade sotto agli strumenti di controllo. Dal momento che la soggettività, invece, non ha questi requisiti, la scienza non se ne può occupare. Questo è tutto il problema. La scienza nella sua istituzione, non è contro la soggettività, ma semplicemente non se ne occupa, anche se poi lo scienziato — come individuo — sa benissimo che, per studiare oggettivamente un fenomeno lo deve analizzare con la propria soggettività. Lo sa benissimo, ma semplicemente non può permettersi di utilizzare la propria soggettività libera se non al di fuori del contesto scientifico, altrimenti la comunità scientifica lo ripudierà poiché ha stabilito un metodo e fuori di quel metodo lo scienziato non può e non deve andare. Devo anche dire che ciò, per noi, è una garanzia. In questa luce lo scienziato è vittima della trappola che costituisce il “metodo”: ma il “metodo”, pur fondamentale per il progresso della conoscenza riferita, però, alla sola natura, rappresenta nel contempo il limite della scienza poiché l’uomo, finanche agli occhi dello stesso materialismo non è solo una espressione fisiologica.

Possiamo quindi concludere che soggettività e oggettività sono due facce complementari di una stessa medaglia. Siamo cioè esseri oggettivi perché abbiamo bisogno di tutta l’oggettività quotidiana, in quanto dobbiamo mangiare, bere, dormire, vivere nel mondo cioè; ed essere soggettivi perché abbiamo il nostro volto interiore. La parapsicologia umanistica è, quindi, la scienza dell’interiorità ed il CIP è soprattutto un’organizzazione culturale a tendenza dichiaratamente umanistica.

Ciò non significa che noi siamo contro la scienza ed il suo metodo; siamo soltanto quelli che si occupano del nostro interno utilizzando il metodo della scienza fin dove è possibile e proseguendo, con altri metodi, laddove abbandoniamo il corpo per entrare nell’interno.

Io penso che in tutto ciò non ci sia un reale conflitto ed il CIP, nel presente e nel futuro, dovrà sempre alternarsi tra queste due facce: passare tra oggettività e soggettività e per così dire appianare i contrasti. Noi abbiamo il coraggio di dichiarare, a chiare lettere, che crediamo nell’esistenza di un’Anima, ma come andremo a dimostrarla?

Analizzeremo il problema utilizzando i metodi propri della psicologia, della psicoanalisi, dell’antropologia, ma soprattutto applicando, nella ricerca, il metodo della fenomenologia e cioè facendo parlare le cose e l’interiorità, fermando i momenti espressivi e comunicativi dell’interno, traducendo in “segno” (proprio in senso semiologico) quanto emerge nell’atto del porger-si, cioè del comunicarsi nel mondo. Heidegger insegna, cioè ci mostra come il metafisico si annida proprio nel cuore dell’espressività, dell’esserci nel mondo con la libertà del viverci l’esistenza. Questo è un discorso nuovo per la parapsicologia, la quale diventa la scienza che vuole sorprendere il paranormale nelle differenze, negli scarti cioè tra la natura e l’interiorità, fra il corpo e il suo riconoscersi, tra il riconoscersi e l’attribuirsi una identità come anima separata dal proprio corpo. La fenomenologia diventa, quindi, un metodo per distanziarsi ma contemporaneamente riconoscersi nel corpo. Dal nostro punto di vista riconoscersi nel corpo vuol dire ammettere che c’è un Io che osserva il suo corpo e contemporaneamente che quest’Io lo vive. Un distanziamento e un’unità che riflettono un dualismo che però si riassorbe nell’unica coscienza che può fare questa distinzione: l’uomo è l’unico essere che può fare questa operazione ed è grazie a ciò che possiamo avere una teoria della scienza ed una teoria della spirito. Il nostro problema è ora quello di ritornare su questo problema per sviluppare compiutamente la nostra teoria.

Testimonianza

GIULIA RAGOZZINO – GRUPPO DI ROMA –

Non è facile, nella vita, trovarsi insieme con persone che hanno lo stesso interesse. Questa è una delle cose belle che Andrea ci ha procurato. Le nostre storie convergono, si somigliano. La mia è una storia simile alle altre e trovo che le sensazioni che ci riguardano sono molto simili tra loro. Per quanto mi riguarda, quello che mi ha stimolato verso questo tipo di ricerca è stata la scoperta che la fede non era un’asserzione, ma una cognizione, per cui mi sono sentita spinta a studiare la verità dovunque potesse trovarsi. Da quel momento mi sono sentita impegnata a dividere con gli altri le ricerche e gli studi. Così, come sarà capitato anche agli altri, ho investigato nella mia interiorità ed anche all’esterno, scoprendo che in me c’erano dei poteri latenti che probabilmente dovevano e potevano venir fuori in qualche modo anche se non sapevo come. Allora mi ritenevo ignorante ma cercavo di esserlo di meno ed ecco che, attraverso un cammino che non vi sto a raccontare, sono arrivata ad Andrea che mi ha insegnato a riconoscere che c’è lo spirito in una mente ed in un corpo, ed è esso che ne costituisce l’essenza.

Testimonianza

ENZO SPATUZZI:

IL MIO INCONTRO CON ANDREA

Il mio incontro con Andrea avvenne verso la fine degli anni ’60. Erano gli anni della contestazione giovanile, ed anche il contesto sociale e culturale in cui vivevo era abbastanza agitato.

Tra miei amici e compagni di studio di allora, primeggiavano in affinità ed affettività, Laura Gervasio, Carlo Adriani e Gino Renzi, con i quali, poi, andammo a formare il nucleo giovanile dei seguaci di Andrea.

Per intanto ciò che ci occupava era la ricerca di un tracciato di vita che ci portasse a superare quello che allora era definita la trappola tecnologica e cioè una società industriale avanzata che sembrava opprimere, con le sue regole, qualsiasi anelito liberatorio, costringendo l’uomo lungo un percorso obbligato, totalmente asservito alla logica capitalistica.

Il nostro modello di crescita era rappresentato da quel tipo di cultura di sinistra di cui quasi tutti i giovani erano pervasi.

I nostri testi politici• di riferimento erano il Manifesto del Partito Comunista ed il Capitale di Marx, gli scritti di Mao; in filosofia l’astro nascente da noi amato era Marcuse con il suo “Uomo ad una dimensione”.

Le spinte emotive raggiungevano l’acme durante i corsi sul marxismo tenuti dalla prof.sa Vera Lombardi all’Istituto della storia del risorgimento d’Italia.

D’Annunzio, Prevert, Lorca e Neruda erano i nostri preferiti.

Oltre a questo coltivavamo un forte interesse per la poesia: i versi della “pioggia nel pineto” o di “corpo di donna”, risuonavano all’improvviso nell’aria notturna, non appena il cervello minacciava di fondere per le mille e mille elucubrazioni: ci aprivamo al mondo delle immagini e l’animo ritornava sereno. Così eravamo; così vivevamo, quando ci “colse” ANDREA.

Una tempesta non poteva fare un effetto più risonante sul nostro essere.

Giovani sognanti e materialisti presi dal vortice dello spiritualismo.

L’altra faccia della materialità, quella nascosta, ovvero la sua finalizzazione. Sul fenomeno della vita avevamo molte conoscenze: varie teorie filosofiche e articolate concezioni scientifiche.

Discutevamo sulle diverse scuole di psicoanalisi, talvolta intorno ad un tavolaccio di finto marmo in qualche vecchia pizzeria.

Tutto qui.

Con Andrea il livello della nostra consapevolezza si andava profondamente modificando.

Cosa ricordo di quegli anni, e soprattutto cosa rimase dentro di me?

Il principio di materialità, soprattutto, la cui funzione era di assicurare allo Spirito la conoscenza del piano universale esterno. La grande riconciliazione tra spirito e materia, eternamente in opposizione nelle religioni. Ci veniva offerta la possibilità di vivercela tutta questa nostra materialità, senza i sensi di colpa che derivano da sovrastrutture rigide e poco permissive.

Tutta la costruzione dell’uomo era finalizzata allo Spirito, dunque la sua cultura, il suo linguaggio, i modelli mentali erano tutti degli strumenti e non dei fini.

Le sovrastrutture come codici su cui strutturarsi per relazionare con il mondo materiale.

Le sovrastrutture al servizio della propria e più autentica essenza e non confuse come un fine da raggiungere poiché le ragioni dell’esistenza non risiedono nel diventare più buoni, o più educati, o più qualcos’altro, o meno qualcos’altro, bensì quello di “disvelare” la nostra vera natura divina attraverso un percorso esperienziale conscio ed inconscio.

L‘esperienza come mezzo centrale del nostro programma esistenziale.

Ancora risuonano nell’animo le parole del nostro Maestro:

“Tutte le esperienze sono positive. Questo principio è assoluto e non ammette deroghe.

Quasi sempre le esperienze che voi ritenete negative sono anche più forti di quelle positive.

Non c’è un’esperienza che sia migliore di un’altra. Ogni esperienza si lega indissolubilmente al soggetto che promuove l’azione. E’ lui che modella l’esperienza dentro di sé e le dà un senso, un significato, un obiettivo.”

Ricordo le discussioni infinite, portate avanti per ore ed ore, per tutta la notte. Le strade che collegavano le nostre case erano diventate spettatrici di un continuo andirivieni. La voglia di parlarci era tanta ed inesauribile.

I nostri incontri settimanali si tenevano nella vecchia sede del CIP in Viale Calascione. I convenuti arrivavano alla spicciolata.

C’era una tensione nell’aria che raggiungeva l’apice nel momento in cui entrava Corrado. Non c’era scambio di parole tra noi e lui; appena arrivato ci metteva in contatto con Andrea, dopo la seduta sgattaiolava via come un fulmine.

Era lontana da noi l’idea che il piccolo uomo dai baffetti neri sarebbe diventato, poi, il nostro grande uomo dai baffetti bianchi. Il nostro lavoro era individuale, nessun contatto esterno alla seduta esisteva con gli altri intervenuti.

Questa la caratteristica di quell’epoca.

Poi ci furono gli anni della lontananza, e furono tanti.

Lontananza da Andrea e dai miei amici.

Ma ormai il messaggio era stato ricevuto e la voglia di viverlo come progetto era tanta.

La mia vuole essere una testimonianza che, con Andrea nella mente, si può vivere una vita qualitativamente buona. Non c’è stata alcuna azione o decisione importante nella mia vita che non sia passata al vaglio di quella traccia che ormai era in me definitivamente.

Le mie relazioni con il mondo esterno, e soprattutto con me stesso, sono risultate sempre abbastanza equilibrate e proficue.

Le idee di Andrea erano ormai le mie e non facevo nessuna fatica a farmele accettare dagli altri. Tacendo la fonte, ovviamente.

Il pensiero di Andrea, se correttamente inteso, può far crescere velocemente, riconciliando il nostro essere biologico con quello spirituale.

Da questi rapporti equilibrati può nascere la saggezza. Dopo un bel pezzo di vita, agli inizi degli anni ’90, la ricongiunzione con Andrea, con i miei vecchi amici e con un ritrovato e smagliante Corrado.

Quale splendida occasione per confrontare le nostre reciproche esperienze alla luce dell’insegnamento del Maestro.

Ora il nostro lavoro non è più solo individuale, ma anche di gruppo.

Amici di Andrea, diversi per cultura, sesso ed età, tutti insieme, incontrandosi, comunicano tra di loro senza barriere.

Il miracolo è avvenuto.

Uomini di generazioni diverse parlano tra di loro.

Il linguaggio traduce la voglia di esserci in questa vita ed in questo modo.

L’obiettivo è quello di allargare il campo della coscienza sotto la guida del nostro comune Maestro.

Testimonianza

SERGIO CONSEGNATI

Il Maestro nel suo saluto ci ha ricordato il tema dominante del suo insegnamento «diventare soggetti che si autoriconoscono», cioè compiere quel viaggio interiore, alla conquista della propria libertà, attraverso la ricerca individuale, per diventare ciascuno «il soggetto che pensa e decide in sé, per sé e con sé».

E’ un richiamo alla responsabilità personale, alla ricerca solitaria, allo sforzo individuale; tutti constatiamo che è fatica e quindi sarà necessario compiere qualche sforzo.

Il Maestro ribadisce che il suo insegnamento «non ha nulla di facile, nulla di semplice».

Mi sembra che bisogna partire da questa consapevolezza per cercare di far funzionare meglio i nostri Gruppi.

Il Gruppo, con i suoi programmi, le sue discussioni e iniziative può stimolare la conoscenza dell’insegnamento, approfondire i suoi principi basilari, incoraggiare i tentativi per «vivere la teoria», ma decisivo è l’impegno individuale, elemento fondamentale anche per la stessa funzionalità del gruppo.

E poiché l’impegno individuale è l’elemento principale, anche il funzionamento, la pratica del Gruppo è bene che venga organizzata per determinare, stimolare e accrescere l’impegno dei singoli, allargare il più possibile la partecipazione, riporre fiducia in tutti i suoi componenti.

Anche questa non è una strada facile, ma è la più produttiva, ci costringe a misurarci con la nostra capacità di comprensione e di tolleranza verso gli altri, ci induce a «superare gli schemi culturali» in base ai quali siamo soliti giudicare gli altri, ci sospinge ad aprirci per comunicare in modo schietto e sincero con gli altri.

Vogliamo sperimentare la difficile arte della collegialità.

In un vivere sociale dominato dalla tecnologia, dove tutto è imposto dall’esterno, aspiriamo ad essere creativi per realizzare l’utopia che ci viene indicata dal nostro Maestro di «suscitare una rivoluzione all’interno delle coscienze».

Essere creativi vuol dire sperimentare anche forme nuove di organizzazione, consoni con l’insegnamento spirituale che vogliamo praticare. «Suscitare una rivoluzione all’interno delle coscienze» richiede che ciascuno di noi partecipi a questa impresa di riuscire a coinvolgere, un po’ alla volta, nuove individualità perché ciascuno prenda la situazione nelle proprie mani, e sia protagonista di questa rivoluzione.

Dalle piccole cose nascono le grandi, soprattutto se si agisce con spirito innovativo.

Sappiamo di essere pochi, ma possiamo svolgere una importante testimonianza di cui vi è tanto bisogno.

Basta porgere attenzione al dibattito culturale in atto oggi, di fronte all’impero tecnologico. Vi è chi si chiede: «è ancora possibile una morale nella nostra epoca che tutti riconoscono contrassegnata dall’egemonia della tecnica?»; altri, a proposito della percezione del mondo, constatano: «abitare l’età della tecnica significa educarsi e abituarsi a percepire il mondo come una ininterrotta catena di utilità» e ancora: «nell’orizzonte dispiegato della tecnica sono improponibili domande relative al senso dell’esistenza».

Questo ci dimostra quanto sia di attualità il discorso di “Andrea” su scienza e umanesimo e quanto sarebbe importante trovare le forze per trasferire a livello culturale tale discorso. Purtroppo oggi abbiamo soltanto il nostro Corrado Piancastelli impegnato in questo importante ma difficile campo.

Testimonianza

GUIDO TARICCO

Sono stato stimolato a prendere la parola dall’intervento di Corrado.

Mi sono avvicinato al CIP perché cercavo qualcosa di pratico, cioè cercavo un posto dove potermi interessare dì ipnosi. Mi furono dati alcuni numeri della Rivista “Informazioni di Parapsicologia”, dove venivano pubblicate come inserto, alcune Lezioni dell’Entità “A”.

Presi queste lezioni e mi rifugiai sul terrazzo della casa in cui abitavo, proprio alle falde del Vesuvio; ero completamente solo: io, il cielo e queste riviste. Iniziai dalla prima. Cominciai a leggere ed immediatamente mi posi una domanda che scaturiva da quanto leggevo, giravo la pagina e trovavo la risposta; questa risposta, a sua volta, provocava un’altra domanda, giravo la pagina e trovavo un’altra risposta. Questo fatto mi emozionò talmente che mi misi a piangere. Piansi per un giorno intero, ma lì per lì non sapevo il perché. Penso di averlo capito dopo, quando ho compreso che quanto diceva Andrea era qualcosa che era dentro di me, che è dentro tutti noi. Lui, infatti, oltre a portarci il suo Messaggio, risveglia anche quello che abbiamo dentro. Ha risvegliato questo Spirito, quest’Anima che abbiamo dentro di noi. Questo è il motivo per cui piansi.

Testimonianza

AMALIA DI MARTINO

Sono tre ani che faccio parte del CIP e ci sono arrivata in un momento particolare della mia esistenza in cui avevo capito che questa vita non aveva più molta attrattiva per me. Nello stesso tempo, però, sentivo che c’era qualcosa in me, come c’è in tutti noi, che è prima di noi e continuerà dopo di noi. Mi sentivo portatrice di due vite, una biologica che mi interessava relativamente, ed un’altra, alla quale, però, non sapevo dare una connotazione precisa. Sapevo che esisteva, sapevo che mi era sempre appartenuta, però non sapevo come viverla. Quando ho cominciato a ricercare, ho trovato Andrea abbastanza facilmente, ed allora ho capito che queste due vite che io vedevo separate, in effetti andavano unite insieme e che io potevo vivere la mia vita biologica e nello stesso tempo anche questa mia parte vera, interna, diciamo spirituale. Questa vita biologica era solo un supporto affinché io potessi portare avanti quest’altro discorso, quindi era una cosa che non dovevo eliminare; ma sfruttare per camminare in quest’altra dimensione. Ora che ho raccontato qual è stato il percorso che mi ha condotto al CIP devo aggiungere un’altra cosa. Corrado porta avanti il discorso dei segnali dell’Anima e lui lavora molto in questa direzione perché vuole che tutti possano percepire se non l’Anima, se non lo Spirito, in sé per lo meno alcuni suoi segnali quali l’intuitività, la libertà, la creatività. Queste realtà sono già un fatto paranormale di cui ognuno di noi è portatore, per cui non c’è bisogno di andare a cercare questo paranormale lontano da noi; ognuno ha la possibilità di sperimentarlo dentro di sé. Corrado si batte proprio per questo. A lui non basta avere la certezza dei suoi segnali: vuole che ognuno di noi li possa scoprire e diventare partecipe della propria anima.

Testimonianza

ALESSANDRA CRAIGHERO GUZMAN

Al mio rientro definitivo in Italia, dopo quindici anni nei vari paesi stranieri, ho cominciato a leggere libri di Paramahansa Yogananda, Ramana Maharishi, Maestro Eckhart ed altri. Tutti mi parlavano ma nessuno mi dava le risposte che aspettavo. Mi sono avvicinata alle tecniche orientali nella speranza che mi aiutassero: erano interessanti ma non riempivano i miei vuoti. Mi sono avvicinata alla Nichiren Daishonin giapponese di indirizzo buddista, più per gioco che per convinzione, ma la recita dei “mantra” era per me una cosa seria; ci credevo fermamente e in quel momento sono riuscita a smettere il Tavor che regolarmente prendevo. Ho capito più tardi quando l’ho abbandonata, che non era il “mantra” da solo che concretizzava il desiderio, ma era la mia “fede” nel potere del “mantra” che realmente agiva.

Per un certo periodo non volli saperne più niente, né di libri né di religioni, ma un giorno mi trovai fra le mani due libri: Il Vangelo dell’Ateismo Cristiano e La Morte di Gesù. Mi distrussero anche la figura del Cristo e Dio risultò solo un’invenzione della mente! Un vuoto immenso, un panico senza nome si impadronì di me. Ringrazio mio marito che in quel momento capi me e la mia angoscia profonda. Per ritrovare un po’ di pace, quando mi svegliavo di notte, cercavo di fare il vuoto mentale.

Avevo promesso a me stessa di non leggere più libri “strani”, ma un bel giorno, quasi per “caso”, trovai un dépliant delle Edizioni Mediterranee: un titolo mi colpì, ma poi dissi a me stessa che mai e poi mai lo avrei letto; il libro era Il Rapporto dalla Dimensione X!

Un altro titolo invece mi tentava molto, era il Cristo Vero oltre il Mito dei Vangeli. Sì, sul Cristo volevo finalmente sapere la verità. Lo divorai e ordinai immediatamente Il Rapporto e poi tutti gli altri e le Comunicazioni. Leggevo, leggevo e sentivo che finalmente avevo trovato ciò che da una vita cercavo. Durante le letture mi veniva spontaneo di esclamare: ” Ma certo, ma sì, è così, è vero, come ho potuto dimenticare!” Avevo l’impressione dì risvegliami da un ” corna” e di recuperare, leggendo, la memoria. Sentivo echi antichi, sensazioni dimenticate, ritrovavo ricordi assopiti di altri momenti. Ero entusiasta. Era iniziato un periodo di rivoluzione interiore; gettavo all’aria le mie sicurezze, ì miei convincimenti, le mie antiche regole di condotta. Avevo bisogno di spazio interiore. La vita che avevo condotto fino a quel momento mi sembrava opaca, piatta: vedevo gli altri vivere come avevo fatto io e non riuscivo più a capire come facessero a continuare così. Quando mi trovavo con parenti o amici, quasi automaticamente terminavo sempre per parlare dell’insegnamento del Maestro Andrea. I miei familiari mi credevano impazzita, non mi riconoscevano più, ero cambiata; si chiedevano come mai avessi bisogno di leggere libri simili, perché non mi accontentavo come gli altri e non continuavo a fare la vita di sempre. Credevano che io, convincendo loro dì queste loro teorie avessi bisogno io stessa di autoconvincermi. Ogni qualvolta raccontavo come ero riuscita a superare degli scogli del mio carattere attraverso i suggerimenti del Maestro, mi fraintendevano e credevano che io li condannassi elogiando il mio operato, e invece era solo per dimostrare che, se io che ero piena di problemi ero riuscita a migliorami grazie a quell’insegnamento, lo potevano fare a maggior ragione anche loro.

La forza interiore che avevo sempre sentito, ma che spesso mi aveva abbandonato per lunghi periodi, ora era costante. Sprizzavo gioia, mi sentivo rinata. L’orizzonte interiore si era ampliato a dismisura, vedevo chiaramente, ora, i grossi macigni dei miei comportamenti coatti, ma avevo imparato la tecnica per affrontarli. Coinvolsi anche mio marito e le mie bambine; cercavo di farli partecipi di ciò che leggevo. Spiegare non era sempre facile, ma io che sono come “la goccia che scava la roccia”, ho continuato fino a che anche mio marito, scienziato ed agnostico, si è reso conto che nell’ insegnamento del Maestro è quella Verità che ogni essere inconsciamente ricerca. Pure lui ha iniziato il suo “cammino” interiore e ora sta iniziando a raccoglierne i frutti. Purtroppo, nella mia foga di liberazione ho fatto soffrire sia mio marito che, di riflesso, le mie figlie. Col senno di poi e con l’equilibrio di oggi capisco che allora agivo col proposito di liberarmi da un macigno ma forse non tenendo conto delle eventuali conseguenze.

Dopo sei anni durante i quali ho cercato e cerco (perché ne sento la necessità interiore) di vivere l’insegnamento del Maestro, penso di aver fatto parecchia pulizia in me e di aver aiutato altre persone ad incontrarlo.

Testimonianza

MARIOLI PAOLA

Sono entrata a far parte del Gruppodi studio di Roma circa tre anni fa, in un momento molto complesso della mia esistenza terrena. Avevo 40 anni e mi separavo dopo 19 anni di matrimonio. La mia perdita di identità e la spersonalizzazione era in quel momento imperante e devastante. Non riuscivo a trovare nella mente lo sforzo di riconoscermi e acquisire maggiore libertà di pensiero e azione pur avendo avuto, fin da piccola, bisogni imperanti di comunicare con il mio io più profondo, da cui la realtà esterna mi separava in modo forzato. Ritrovare la matrice autentica della mia individualità e ricollegarmi negli atti della mia vita alla forza incessante e qualificante della mia essenza divina, era un’urgenza che mi spingeva sempre di più, con una grande determinazione. Sentivo fortemente che gli stimoli e le pulsioni mie più vere erano in una trappola feroce in cui i condizionamenti familiari, affettivi, sociali e culturali, non mi lasciavano uno spiraglio di luce. Avevo però un disperato bisogno di ricongiungermi alla mia individualità, che credo sia il vero diritto di nascita per tutti gli uomini.

La mia interiorità, in cui già riponevo un’immensa fiducia, cercava con ogni mezzo di comunicare col mio Io sotterraneo e risvegliava il mio Spirito soffocato da strati di dolore che avevano indebolito e offuscato il mio cervello.

All’improvviso ho sentito che questo contatto si apriva; non opponevo più barriere, mi risvegliavo come ad un tocco lieve… Anche se non era ancora molto chiaro ciò che mi accadeva come corpo, mi sentivo guidata, protetta, amata, non più sola a misurarmi con me stessa.

Certamente è stato un lavoro duro perché ha significato scavare in me stessa e porre in luce le lince essenziali della mia vita, fare emergere le aspirazioni e i desideri più riposti, l’inconscio: le cose che avrei voluto fare e non avevo fatte e quelle che avrei dovuto fare e non avevo fatte.

Un lavoro di partenze, di pause, arresti, riflessioni, ripartenze: un lavoro incessante di cambiamento. Dovevo riconoscere la forza e i bisogni della mia soggettività e riportare tutte le fibre del mio essere, tutte le mie cellule nervose, tutti gli agglomerati della mia essenza divina e spirituale in una tensione massima di cambiamento, eliminando le sovrastrutture, queste barriere forzate ed equivoche, frutto delle idee convenzionali elaborate dalla psiche. Da allora i piccoli miracoli sono avvenuti. Il primo gradino è stato superare tutta la paura dell’ignoto, della non conoscenza di me stessa. E’ stato un lavoro continuo di mettermi alla prova, senza timore, di cercare le esperienze, qualificarle, osare sempre di più e accettarmi. Incominciare a riconoscermi, ritrovare la fiducia in me stessa, lo stupore in ogni momento della vita, qualificare i miei atti e cercare di superarmi sempre di più, perché sentivo che potevo farlo. Ritrovare la forza del mio Spirito smarrito, che si risvegliava, ricollegandolo all’esperienza della mia vita terrena; credo che questo debba essere il compito di tutti coloro che credono di amare il Signore.

E’ quindi imperante per ciascuno di noi portare un messaggio di un nuovo sentire, di un possibile risveglio, per tutti, della propria superiore coscienza spirituale e di una possibilità di riappropriarsi della propria soggettività.

Tutta la vita deve tendere alla creazione di una piattaforma interiore che va alimentata continuamente, accettando la vita in qualunque modo essa si presenti, nella gioia e nel dolore, testimoniando con la fratellanza verso il nostro prossimo l’amore per Dio che, anche se misterioso e lontano, deve diventare il punto luminoso e incessante di un nostro perenne riferimento.

Il nostro vivere deve convergere a riequilibrare questa crescita fra gli uomini, e Andrea ci dà tutti i suggerimenti e i richiami affinché con amore, attraverso la nostra logica e la nostra razionalità, questo nostro corpo, così caduco e incapace, possa vibrare fino a rigenerarsi e rinnovarsi verso il traguardo dell’uomo nuovo.

Testimonianze varie

Tra gli interventi dei parapsicologi si segnala quello del fisico prof. Alfredo Ferraro di Genova, che ha posto in evidenza le grandi capacità medianiche di Corrado Piancastelli. Dopo aver descritto alcune esperienze significative che hanno costellato la sua vita da indagatore del paranormale, ha ritenuto importante sottolineare un aspetto della medianità di Corrado che lo colpì particolarmente. Nella prima seduta a cui partecipò, molti anni fa a Napoli, egli, deliberatamente si propose di non fare alcuna domanda dal momento che non conosceva di persona Corrado e poi perché aveva notato, in altri ambienti, che il farlo poteva influenzare il medium. Non fece alcuna domanda, e ciononostante, il 90% della seduta fu impostata come a rispondere a quanto lui avrebbe chiesto se avesse formulato le domande. Fatto che poi si ripeté per altre due volte. Il suo commento è stato che non può essere un caso fortuito che per tre volte consecutive questo fenomeno si sia ripetuto. In altre sedute, poi, anche senza formulare le domande poté notare che tutto quello che veniva detto aveva stretta attinenza con quello che stava facendo in quel momento.

Questa importante testimonianza va ad avvalorare quanto è stato riscontrato continuamente da parte di tutti quelli- che partecipano assiduamente alle sedute. A questo proposito va aggiunto un fatto ancora più notevole e cioè che la risposta ad un quesito o ad un problema non esposto verbalmente da qualcuno dei presenti, giunge ad un tratto nel corso stesso della trattazione di tutto un altro argomento, ed è così opportunamente inserito dall’Entità “A” nel contesto del discorso, talvolta come un inciso, senza che nessuno che non sia l’interessato possa accorgersi che quella frase, quel concetto, è stata pronunziata apposta per rispondere ad una precisa, pressante richiesta inespressa. Il prof. Alfredo Ferraro è autore di molti libri, nei quali ha messo in luce fenomeni concomitanti veramente eccezionali tra centri diversi.

Si segnala, poi, l’intervento di Cesare Ramotti, esperto in studi su Nostradamus, che si è dichiarato convinto assertore della validità della linea culturale della parapsicologia umanistica, fondata appunto in Italia da Corrado Piancastelli nel 1986.

A sua volta il dott. Felice Masi, direttore della Rivista “Ricerca Psichica” di Roma, dopo aver ricordato che la “ricerca psichica” nacque nel secolo scorso, sotto l’incalzare di un imponente fenomenologia paranormale che si diffuse a macchia d’olio nel mondo occidentale, e che in quel clima, intriso di ideologia positivistica, la scienza fu costretta ad occuparsene, negandola ma anche sostenendola, come fecero diversi scienziati, tra cui diversi premi Nobel, ha poi fatto il punto sulla situazione storica attuale che ha consentito alla parapsicologia di svincolarsi dal dogma positivistico, sicché oggi la parapsicologia, avendo scoperto la sua fonte nell’interiorità, ha finalmente trovato la sua autonomia e la sua più giusta specificazione e collocazione: non è più soltanto una parapsicologia oggettiva, scientifica, ma è una parapsicologia che si avvale di tutte le scienze dell’uomo, andando dall’antropologia culturale alla filosofia, dalla metalinguistica alla psicologia trans-personale e così via. La parapsicologia umanistica di cui parla Piancastelli, incentrata sul soggetto, è profondamente vera e l’averla scoperta oggi è dipeso probabilmente dal fatto che l’uomo finalmente si rivolge alla sua interiorità, segno questo che l’epoca del positivismo sta tramontando. La parapsicologia – ha poi detto – non è più limitata soltanto al binomio spiritismo-inconscio ma è ben più ampia, ben più ricca, ha una ben più grande varietà di esistenti. Tutte le intelligenze, i maestri che vengono a noi, come Ector, Symbol, il maestro Andrea, sono da lui considerate delle vere e proprie intelligenze cosmiche.

Testimonianza

GIUSEPPA MARIA TREGUA

A Catania il mio incarico è quello di annotare gli argomenti che trattiamo nel Gruppo, specie quando si commenta l’ascolto delle sedute. Sarò didascalica.

— Ciò che stupisce, in Andrea, oltre all’emozione di una voce che viene da lontano, è l’acutezza, la profonda conoscenza dell’Essere umano, il punto di vista che è insieme concreto e spirituale;

— gli spunti di riflessioni che suscita il pensiero di “A” costituiscono il lievito per la crescita psico-spirituale di ciascuno di noi;

— l’invito all’auto- identificazione: chi sei dentro? L’invito a considerare lo spazio interno come campo d’azione dello Spirito; — mantenere le distanze dalle cose pur facendosene coinvolgere e fare l’esperienza della materialità con una prospettiva significativa, conoscitiva e spirituale;

— non cadere nella tentazione di voler rimettere ordine nella vita degli altri e di non voler, a tutti i costi, aiutare e orientare gli altri;

— sul concetto di libertà è molto importante considerare il moralismo come perenne costrizione dello Spirito e la libertà stessa come processo creativo;

— prendersi anche la responsabilità della disobbedienza come capacità di rispondere con soluzione e modelli alternativi;

— tuttavia il modello della disobbedienza e delle alternative può essere perseguito solo da una personalità matura e auto-centrata: si richiede, pertanto, una spiccata evoluzione;

— anche per la sessualità, in cui Andrea è chiaro e anticonformista, insieme al concetto di libertà c’è quello di responsabilità;

— saper vedere i propri difetti, teorizzare sulla propria pelle e non su quella degli altri; — essere dinamici, creativi, attivi, non conservativi; le vite passive senza il riconoscimento della propria interiorità tolgono all’uomo il principio dell’umanità e lo trasformano solo in un essere di Natura.

attraverso un soggetto definito medium, quindi mediatore, riesce a collocarsi nel vostro spazio in maniera tale da apparire più come un contributo di idee e di significati che come una sostanza vera e propria, identificabile coi vecchi fantasmi….Io per voi sono “A”, ma è un nome soltanto vostro, io non sono “A” , nel mio mondo non ho più nome e non sono più identificabile per quel che fui, per cui si possa rintracciare il mio passato nell’aspetto formale…;

3 – Nel 1958, l’Entità “A” diceva: «Indagini importanti sull’anima potrebbero essere compiute attraverso l’ipnosi che dà la possibilità di conversare direttamente con quello che è il subcosciente…. Ad esempio, sarebbe estremamente istruttivo per voi porre in stato ipnotico il soggetto medianico e osservare come si manifesterà il suo subcosciente. Senza tema di errare, in caso di ipnosi, il subcosciente del mio medium “dovrei” essere io; io vi invito a fare questo esperimento, sebbene pericoloso per il medium e vi rispondo fin da ora sul suo esito: il subcosciente del nostro medium (si allude a Corrado, ovviamente), non -manifesterà nessuna delle entità che si producono nello stato di • trance… Dimostrato che il subcosciente del medium non è quello di quando avviene la trance – perché voi sapete benissimo che, sia con l’autoipnosi che con l’ipnosi indotta da un altro, il subcosciente è sempre lo stesso – e siccome attraverso l’ipnosi si può risalire anche a delle incarnazioni precedenti, voi avreste la prova sicura di un periodo di vuoto tra un’incarnazione cd un’altra, e così l’esame del medium, per via ipnotica, vi porterebbe almeno ad una conclusione. Infatti, quando viene escluso che si tratti del subcosciente o di vite precedenti del medium e viene escluso che si tratti di una manifestazione truccata, voi dovreste giungere ad una conclusione sola: che senza alcun dubbio si tratta di forze estranee al soggetto».

(Lezione del 9-12-1958)

4- Tra l’Entità “A” e Piancastelli esistono molte confluenze e scambi, del resto confermate sia da Andrea che da Corrado stesso. Questo aspetto è importante per comprendere anche la delicata problematica che si instaura nel corso della vita di un medium. A testimonianza di ciò, Piancastelli si è sempre tormentato per non riuscire a definire il suo vero valore, e l’Entità “A”, interrogata in proposito, già nel lontano 1951 (ma poi vi è ritornato più volte) ebbe a dire: «Questo è quello che principalmente lo affligge nella vita, ossia fino a qual punto arriva la sua personalità e da che punto in poi finisce per essere “preda” mia, se così mi posso esprimere. E’ difficile risolvere questo problema. Perché, in fondo, in ogni sensitivo (anni dopo userà anche il termine “sciamano”) a carattere spirituale molto spiccato cd elevato si ha una quasi fusione delle due personalità in gioco.

Ma questo avviene quando? Quando, anzitutto, medium ed “entità guida” sono strettamente legati – diremo così – dalla medesima progettualità. La missione mia, in fondo, è anche la sua, perché senza di lui io non potrei fare nulla; io sono strettamente legato a lui, non ne posso fare a meno. Lui, invece, potrebbe vivere senza di me.

Di fronte a quesiti difficili che egli risolve con grande facilità intuitiva, talvolta si chiede: “Ma sono io?” oppure è “A” che in questo momento suggerisce?” Talvolta è lui stesso, talvolta sono io, ma bisogna che egli non pensi a ciò, essendo la sua missione anche la mia.

La sua posizione spirituale, e il suo criterio di ragionamento, possono procedere di pari passo col mio. Non mi servo anche io di lui per discutere o confermare taluni argomenti, anche quando è completamente sveglio? E ciò non toglie e non implica niente, perché questa è anche la sua missione: ciascuno diventa di supporto all’altro. Il suo criterio segue esattamente il mio per ciò che riguarda la missione spirituale. Per tutto ciò che riguarda il campo materiale, dipende soltanto da lui. Per questo è un riferimento spirituale, per la missione in se stessa di ammaestramento egli è il mio strumento. Bisogna che egli comprenda anche che si tratta di un rapporto per lui positivo perché il pensiero che si trasmette attraverso di lui lo rende edotto e migliora la sua evoluzione.

(Lezione del 10-11-1951)

5 – «L’uomo ha la possibilità di ricevere un segnale spirituale solo in una forma astratta e informale. Una persona esercitata che medita, che sa analizzarsi, che sa distinguere tra pensiero concreto ed intuizione, può riuscire ad isolare questi messaggi. In tal caso lo Spirito ha la possibilità di comunicare in maniera più facile e si arriva proprio alle cosiddette «voci interiori», cioè al sentirsi «parlare dentro» sapendo distinguere, però, tra comunicazione spirituale e allucinazione patologica.

Ma solo i grandi medium sanno fare questa distinzione se, però, a loro volta hanno esercitato bene l’orecchio interiore in modo da saper distinguere fra il sé uomo e lo Spirito comunicante. Naturalmente, bisogna che la persona – anche se ha una medianità esplicita e spiccata — sia sufficientemente equilibrata per non avere visioni allucinatorie: è questo il pericolo continuo, reale, sul piano funzionale del cervello. Più una persona si interiorizza, più si allontana dalla realtà; ma più si allontana dalla realtà più entra nella zona psicotica; c’è dunque il rischio reale che, ad un certo punto, il soggetto scambi per messaggio ciò che è soltanto un fenomeno allucinatorio o una comunicazione del suo inconscio. Ogni volta che c’è una paranormalità si entra nella zona del rischio perché per l’uomo, l’unica possibilità di vivere nel reale, è quella di avere un continuo referente in ciò che gli è intorno, nell’organizzazione materiale che lo circonda. Quando perde questo referente ed entra nell’interiorità, l’uomo rischia continuamente la spersonalizzazione. E qui veniamo al discorso degli «stati alterati di coscienza». E’ a questo livello che voi potete avere la «fortuna» di trovare un soggetto che non si spersonalizzi, che abbia una struttura cerebrale tale da poter arrivare alla interiorizzazione non allucinatoria senza perdere il contatto con la realtà, e potendo abbracciare contemporaneamente due livelli diversi…

Nella persona che non ha perso il contatto con la realtà, l’inconscio si integra funzionalmente con la coscienza e, quindi, non si ha psicosi. Quando, invece, ciò non avviene, la disgregazione del piano di realtà porta immediatamente a slargare la personalità, a provocare una serie di fenomeni non più controllabili».

6 – «L’impulso o lo stimolo di carattere spirituale entra o prende tutta la zona corticale. Quando parliamo di coscienza od anche di inconscio, non siamo più nel cervello come base organica, ma siamo anche entro tutto lo sfumato reticolo intrapsichico che non è più materia cerebrale». Vedi CDX 4/1987

7 – Per quanto si possa sapere, il segnale spirituale dovrebbe coinvolgere tutta l’area cerebrale e non specificatamente l’emisfero destro o quello sinistro, in quanto il passaggio è in relazione al tipo di Spirito, alla qualità del messaggio, all’abitudine, al campo energetico dell’individuo. Nel caso, invece di Corrado Piancastelli, questi dice di avere avuto conferma che quando riceve il messaggio in stato vigile, «l’input di Andrea arriverebbe all’emisfero destro e precisamente…nel lobo temporale». Negli esseri umani i due emisferi sono collegati dal corpo calloso, ma anche «i lobi temporali hanno una sorta di corpo calloso formato dalle più piccole commissure anteriori, e queste fibre, a carattere trasversale, non solo provengono dal lobo temporale, ma dalla circonvoluzione media del lobo temporale che comprende la cosiddetta area di Wernicke. Questa fascia di fibre poi si comprime in poco meno di tre millimetri di diametro, supera l’amigdala, passa sopra l’ipotalamo e infine entra nell’altro lobo temporale. Attraverso queste fibre, (veri ponti elettrici), il segnale di Andrea, partendo dal punto di raccolta dell’emisfero destra, arriverebbe all’area di Wernicke (area del linguaggio) e qui verrebbe udito da me». (C. Piancastelli “Sorriso di Giano”, ed. Mediterranee – 1991 – p. 127)

8 – «Nello stato di trance parlante, il messaggio giungerebbe già ben coordinato e strutturato all’ emisfero destro (che. poi trasmetterebbe la massa di dati compattati all’ emisfero sinistro attraverso o il corpo calloso o le commissure anteriori) ma come complessità di segni in forma pre-linguistica, dal momento che lo Spirito, verosimilmente, non ha il linguaggio quale noi conosciamo. Perché l’ascolto interiore diventi parlato occorre che vi siano implicate altre vie cerebrali.

Supponendo che, nella circostanza della trance parlante, l’ emisfero sinistro sia continuamente controllato da quello destro, allora, oltre ad essere impegnata l’area di Wernicke che presiede all’elaborazione del linguaggio, dovrebbe essere impegnata anche l’area di Broca che è deputata alla parola e che è situata nell’ emisfero sinistro. Ma si può avanzare anche un’ altra ipotesi e supporre che possa essere direttamente coinvolta quella zona dell’ emisfero destro corrispondente a quella del linguaggio della zona sinistra e che il segnale venga elaborato in questa zona, prima di essere veicolato all’area di Broca.

L’ ipotesi avanzata da Piancastelli è che questa zona dell’ emisfero destro, considerata muta, in certi casi possa diventare zona del linguaggio, come è stato dimostrato, e perciò si tratterebbe di una zona potenzialmente viva benché disattivata. (Op. Cit.).

Questa preziosa testimonianza merita di essere ricordata perché documenta per la prima volta quali vie cerebrali seguirebbe un segnale spirituale, anche se Piancastelli chiarisce che, in verità, il segnale è stato raccolto innanzitutto dalla sua struttura animica e, quindi, anche dal suo inconscio.

Ho citato intenzionalmente questo brano perché, qualora la scienza dimostrasse che queste effettivamente sono le probabili zone cerebrali interessate, si sappia che esse erano state già accuratamente anticipate e descritte nel 1990 — 1991.

9 – Andrea dice inoltre che: «Il cervello, nel suo emisfero destro, ha tutte le possibilità di lasciar comunicare lo Spirito; contiene, cioè, la possibilità che i suoi circuiti lascino passare sistemi e modelli di messaggi, come del resto già avviene, ma che si possono potenziare. In effetti, se voi riusciste a far funzionare attivamente ed in maniera diversa l’emisfero destro, otterreste una serie di segnali fra i quali sicuramente riconoscereste almeno alcuni dei vari modelli che noi vi stiamo proponendo, e cioè la presenza di segnali spirituali non riconducibili alla pura attività delle cellule».

(Lezione del 14-1-1994).

10 – Le civiltà dedite al “magico”, allo sciamanico, sapevano quasi istintivamente che bisognava operare in modo anche suggestivo perché: «in qualche misura bisogna impedire che l’attività razionale si manifesti, facendo salire in misura molto ampia (e quanto più ampia è, meglio è) la suggestività che dà luogo alla creatività, alla fantasia, all’immaginazione, soffocando quanto più è possibile il processo critico: questo procedimento in sé è in grado di provocare anche fenomeni di tipo “magico” extrasensoriale».

(Lezione del 13-3-1985)

11 «Le difficoltà in un medium in cui un’entità si incarna sono dovute normalmente proprio al corpo, al cervello del vivente, alla sua personalità, alla sua costituzione, al fatto che, con meccanismi di difesa abbastanza comprensibili anche da voi, una coscienza rifiuta di mettersi da parte, pone in azione quello che voi chiamereste una sorta di rigetto per quanto concerne lo spirito… Le finalità di una medianità sono sempre al di là di quello che appare, sono più grandi di quello che appaiono; ecco perché i medium, i sensitivi, i profeti, i maestri (sono tutti la stessa cosa, sia pure con apparenze diverse) sono pochi e rari, ma questo risponde all’altro principio e, cioè, che gli uomini devono essere aiutati ma non troppo, e, dunque, le verità devono esservi date ma non tutte, e anche voi col vostro lavoro spirituale potete raggiungere il cuore della verità, ma in modo non molto profondo…»

(Lezione del 16-12-1994)

12 Spesso sentirete questa obiezione: non potrebbe essere lo Spirito del medium a parlare? Domanda un po’ ingenua, per la verità, perché dichiarare questo significherebbe sempre ammettere l’esistenza dello Spirito. Naturalmente, secondo la nostra impostazione, noi non facciamo gran differenza fra Spirito incarnato e Spirito disincarnato. Ma ragionare in questi termini significa già giungere all’accettazione dello Spirito…Bisogna poi anche dire che, se si trattasse di un fenomeno inconscio, dovrebbe presentarsi con i caratteri dell’autenticità. Cioè, essendo un fenomeno autentico, io dovrei affermare che sono lo Spirito del medium, oppure il suo inconscio, dal momento che, trattandosi di un fenomeno comunque genuino, esso presupporrebbe la sincerità. Perché l’inconscio del medium o il suo Spirito dovrebbero dire di essere un disincarnato? E domando: In tutti i casi di doppia personalità o di personalità multiple che la patologia mentale cita, vi sono manifestazioni deliranti o pseudodeliranti, le quali mostrano una compattezza ideologica continuativa? E’ possibile che un delirio, una manifestazione patologica mentale, non abbia dato in tanti anni, nella vita privata del medium nessun segno? Un soggetto portatore di una simile tara mentale l’avrebbe manifestata in maniera evidente e conclamata nel corso della vita; e questo non si è verificato…Il malato mentale riesce a crearsi un mondo artificiale dal quale non riesce più ad uscire. Egli è perfettamente lucido e logico in quella sua anormalità, ma non esce dal suo mondo…Nel corso dei nostri discorsi, e per lunghi anni, noi ci siamo, invece, costantemente agganciati alla vostra realtà…Il riferimento continuo alla vostra vita evita anche questa possibile critica, cioè di essere chiusi in un mondo immaginoso e astratto senza alcuna possibilità di verifica, cioè quello dell’utopia.

Questa è una cosa che non si può dire nei confronti della nostra tematica e del nostro Corrado. Questo oggi va rivelato e detto: il mondo chiuso, patologico, il mondo dell’utopia e dell’assurdo non si può assegnare a questo tipo di rapporto dialettico che tiene conto in ogni momento della vostra realtà continua e cerca sempre (anche sul filo delle vostre domande) di trasferire in reciprocità queste nozioni. Inoltre, c’è sempre la questione non chiusa delle domande, e questo risponde ad una mia precisa intenzione, perché già prevedevo, tanti anni fa, le accuse che, logicamente, si sarebbero potute muovere nei nostri riguardi. Cioè, veramente, noi non veniamo qui con delle intenzioni di discorso, tranne nei brevi periodi in cui avete impostato un certo programma (e voi sapete benissimo che i vostri programmi sono stati scarsi e pochi), in prevalenza si è dato corso alle vostre domande cercando egualmente di dare una continuità fra seduta e seduta. Il fatto che siate voi a porre le domande esclude un automatismo del fenomeno, cioè una sua preparazione a priori, e questo per escludere che si potesse parlare di una possibile frode, mentre il fatto che siamo agganciati alla realtà evita decisamente qualsiasi affermazione psicotica. Potete rigiravi la medianità come volete e non riuscirete, anche a voler fare gli “avvocati del diavolo”, ad arrivare a delle conclusioni diverse da quelle che vi sto esponendo, perché costantemente insorge una caratteristica del medium che vi fa escludere le ipotesi più materialistiche.

Qualcuno potrebbe dire che gli studi di neuropsichiatria non sono tanto avanzati e che questo potrebbe essere un nuovo tipo di malattia di cui non si conosce niente, una malattia senza precedenti come quella dei profeti, cioè di tutti coloro che hanno dato dei segni tangibili di paranormalità. Di fatto non esistono precedenti simili nel campo della patologia mentale».

(Lezione dell’11-7-1973)

13 – «Nel corso della trance il complesso mentale del medium è praticamente messo a riposo. In passato vi dicevamo che esso viene neutralizzato. A rigore, non si dovrebbe parlare esattamente di neutralizzazione; diciamo semplicemente che esso non viene utilizzato. Questo significa che coscienza, subcoscienza e stimoli dell’inconscio sono momentaneamente sospesi. Per poter realizzare tutto ciò è stata indispensabile una premessa di ordine incarnativo. Infatti è vero che fenomeni del genere si producono anche spontaneamente in soggetti che hanno ad esempio delle amnesie, o anche fenomeni paranormali come le infestazioni o le possessioni, ma nel caso specifico, poiché si trattava di un fenomeno che in ogni caso sarebbe durato per tutta la vita del medium, fu necessario incanalarlo in un certo modo.

Data poi l’evoluzione delle entità che si sarebbero manifestate con questo medium, non sarebbe stato possibile riuscirvi con un atto di forza. Insomma, un’ora o due di trance corrispondono ad un altrettanto tempo di vita cosciente, di vita pensata, di vita intellettiva che viene sottratta al medium. Allora vi dirò due cose che probabilmente non sono state dette in precedenza: il fenomeno al quale voi assistete, ormai da molto tempo, è piuttosto raro, perché è raro che un medium presenti una caratteristica così puntuale e precisa, costante e continua per lo spazio di un’intera vita, o quasi, considerando la giovane età in cui il medium iniziò. E, considerando l’età ancora giovane che egli possiede, diciamo che, ancora per molto tempo vi saranno queste manifestazioni. Una cosa del genere andava dunque coordinata prima della sua vita. Devo dire che, dal punto di vista spirituale, si stabilì un certo accordo tra il suo spirito e me, in quanto già dovevo essere io il suo spirito-guida, mentre si sapeva in precedenza che quest’uomo sarebbe stato un medium intellettivo di una notevole potenza, specialmente in senso qualitativo, come pochi erano apparsi sulla Terra. L’accordo fu questo: la sottrazione di tempo (cioè il periodo nel quale probabilmente ci sarebbe stata una sospensione della coscienza), la perdita di vita, soprattutto, sarebbe stata compensata da un’assimilazione del contenuto di queste manifestazioni a livello del preconscio e dello stesso suo spirito.

E’ vero che nel corso della trance tutto il complesso psichico viene a trovarsi in uno stato di neutralità, cioè non ha alcuna possibilità di intervento, ma è altresì vero che esso non è in uno stato sonnambolico, e quindi assimila: anzi io direi più precisamente che esso “assorbe” ciò che viene detto da me. Corrado non può evidentemente accorgersene o ricordarlo, ma nel corso della trance assorbe “qualitativamente” ogni mio intervento culturale e spirituale e di ciò se ne avvantaggia. Dunque direi, che in un soggetto medianico si provoca automaticamente la sospensione della coscienza a causa di un quid determinato all’atto della nascita. Normalmente lo Spirito non ha alcuna possibilità di raggiungere la coscienza, salvo che in rari casi, perché vi sono delle censure che non fanno altro che interrompere i circuiti, per cui lo stimolo dello Spirito arriva alla coscienza modificato da quell’insieme di forze che definiamo Anima.

Se noi prendiamo l’apparato psichico e lo poniamo in condizione di non funzionare, e nel contempo non alteriamo alcune frange coscienti e, soprattutto non alteriamo la dinamica vera e propria del sistema nervoso (per cui vi è la possibilità continua del controllo fisiologico del medium), allora, al punto di attacco fra l’anima e l’inconscio può intervenire un’entità esterna. A quel punto l’entità invia direttamente il suo segnale al cervello del medium saltando tutti i filtri del complesso psichico, anzi sostituendosi a questo. Il segnale giunto al cervello subisce una serie di modificazioni anche di tipo fisiologico.

La medianità, in genere, è strutturata nella stessa maniera sia nei medium, che negli artisti e nei pensatori in genere in quanto, in tutti costoro si verifica esattamente lo stesso fenomeno, soltanto che apparentemente non interviene alcuna entità mentre c’è un contatto intuitivo dello Spirito che, saltando molti passaggi di tipo psichico, trasmette un segnale direttamente alla coscienza: segnale che appare come intuizione artistica e che può nascere da una simbiosi fra l’artista e l’ispiratore il quale può essere benissimo un essere o una visione extrascnsoria.

(Lezione del 10-1-1973)

14 – «In realtà esistono nella terra individui (anche in numero piuttosto elevato che posseggono una coscienza alla quale lo Spirito riesce a dare segnali, ed altri in cui il segnale si ferma a livello dell’inconscio, senza diventare cosciente”.

(Lezione del 10-1-1973).

15 – Una manifestazione medianica dovuta all’inconscio del medium stesso sarebbe dello stesso interesse e valore di quella dovuta ad uno Spirito. Perché in fondo l’inconscio è già «Spirito». La distinzione sta semplicemente nel fatto che si tratta di uno Spirito non ancora staccato dal corpo, mentre nel caso della vera seduta medianica si tratta di uno Spirito che non vive più col corpo. Si tratta però sempre di quella sostanza che viene definita Spirito in contrapposizione al corpo. Ma a parte questa sottigliezza, forse di scarsa rilevanza ai fini dei vostri interessi, dirò che nel nostro medium, (cioè di Corrado N.d.R.)che, ovviamente, conosco molto più di altri, per averlo seguito fin dalla nascita, si sommano qualità interessantissime dal punto di vista medianico e umano.

Attraverso di lui, cioè, è possibile che si produca qualunque tipo evoluto di manifestazione intellettuale, prescindendo dalla mia presenza e dalla mia individualità. Perché si ha questa manifestazione così completa e obiettivamente complessa? Perché, contrariamente ad altri medium o sensitivi, che manifestano attività intellettive durante la trance, qui abbiamo un soggetto che è dotato per suo conto, cioè come uomo, di qualità intellettive molto avanzate e che, contemporaneamente, è venuto ad incrociarsi con una possibilità e disponibilità di entità di tipo intellettivo piuttosto evoluto. Perché non si tratta di inconscio? Questa non è una risposta che io posso dare agevolmente. In fondo non è inconscio perché esiste una buona qualità medianica che lo evita: non c’è altra risposta che io possa dare. Cioè noi abbiamo trovato questo soggetto sensitivo che offriva delle grandi garanzie, soprattutto perché la sua personalità intellettuale e spirituale aveva la possibilità di rendersi autonoma, cioè di non lasciarsi intralciare e di non intralciare un eventuale inserimento di altra personalità autonoma. In altri termini, anche allo stato di veglia il soggetto è capace di pensare con una impostazione culturale autonoma; in altre parole, è un soggetto che riesce abilmente a dominare se stesso, all’interno. Questo naturalmente è un fatto che ci avvantaggia moltissimo perché, nel momento in cui avviene la trance si ha il ritirarsi, direi quasi automatico, della sua personalità; il soggetto è capace di isolarsi completamente o di assentarsi nei confronti della nuova situazione che sta per sorgere, come se si trattasse di una estraneità verso la quale evita la promiscuità. Si capisce, il fenomeno è automatico ed il medium non vi partecipa coscientemente. Il fenomeno avviene a livello inconscio e deriva certamente da una grande ricchezza interiore dal punto di vista della personalità che riesce a creare questo argine nei nostri confronti. Devo anche aggiungere che la profondità di campo della personalità del medium specie all’inizio, ci è stata di grandissimo aiuto; ma ancora lo è oggi, perché molte informazioni di tipo umano noi non riusciremmo a conoscerle se non attingessimo a certe informazioni, per esempio, culturali, che egli possiede. Noi ci inseriamo spesso sul circuito del suo inconscio e della sua coscienza, proprio per attingere informazioni di tipo umano, senza le quali non potremmo, talvolta, discutere di problemi attinenti la vostra sfera sociale, perché non li conosciamo del tutto. D’altra parte si è appunto determinata una tale comunione a livello inconscio, fra me in particolare e lui, che effettivamente potrebbe essere problematico scindere (per alcune cose, si intende) le due personalità, anche se ad un’analisi attentissima esse si differenziano per la diversa visione spirituale della vita e dell’universo. La ragione di ciò è da ricercarsi nel fatto fondamentale che lui è incarnato ed io non lo sono più. Quindi il suo orientamento è chiaramente umano, sociale, mentre il mio è chiaramente spirituale. La sua personalità è eccellente ed avanzatissima per cui avviene anche un continuo contatto tra me e lui con uno scambio di informazioni sia inconscio che consapevole quando, cioè, ci poniamo in contatto lucido nello stato di veglia. Non bisogna dimenticare che durante la trance, cioè nel momento in cui io sto parlando con voi, il medium assimila inconsciamente tutto, cioè il suo Spirito è qui. Il suo Spirito, il suo inconscio, tutta la sua personalità è messa da parte solo nel senso critico, per così dire, ma è comunque presente. Naturalmente, essendo presente, assimila molto meglio di quanto assimilate voi, cioè, con un grado di purezza, senza, cioè, le interferenze della coscienza vigile e critica.

L’orientamento del medium verso la società, come intervento immediato, è indubbiamente un dato molto interessante perché, se egli non avesse avuto una personalità molto forte e profonda, probabilmente avrebbe avuto delle vedute spiritualmente svagate: cioè egli avrebbe risentito, forse in maniera negativa, di questa nostra presenza. Voi ci ascoltate e poi la nostra discussione finisce qui, cioè voi avete una vostra vita che è del tutto indipendente da noi, ma un medium potrebbe essere influenzato al punto tale da diventare succube di ciò che produce».

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