Una svolta decisiva alla parapsicologia classica
La parapsicologia, ufficialmente, è la disciplina che studia e analizza fenomeni o anche funzioni psicologiche escluse dalla ricerca scientifica accademica. Quest’insieme di fenomeni rientrano nella definizione di ES P (Extra-Sensorial-Perception = percezione extra-sensoriale) o di PK (Psyco-Kinesis = psico-cinesi). Si tratta, più brevemente, di fenomeni paranormali, cioè di fenomeni che solita-mente non vengono prodotti dall’attività fisio-mentale ordinaria e che, sia per i contenuti cognitivi, che per la modalità con cui si manifesta-no, non fanno parte delle conoscenze scientifiche attuali.
Rientrano in questi fenomeni: la telepatia, la chiaroveggenza, la precognizione o la retrocoscienza, la xenoglossia, la trance, la telecinesi, i poltergeist, le stigmate, ecc. Un complesso di manifestazioni alle quali viene conferita legittimità solo nei casi in cui sono rilevabili materialmente, anche se solo sensorialmente e purché in ambiente tecnicamente controllato.
Questa parapsicologia di tipo classico si lega, quindi, indissolubil-mente, ai fenomeni oggettivi ed al loro manifestarsi in senso fisico. Con tali fenomeni gli studiosi ad orientamento scientifico intendono dimostrare che essi sono prodotti della natura, cioè legati ad una funzione psico-corporea di tipo sconosciuto (la medianità) mentre quelli ad orientamento spiritualistico intendono dimostrare — sempre con lo stesso ventaglio di fenomeni – l’esistenza di un altro mondo parallelo.
Poiché entrambi gli orientamenti partono esclusivamente da feno-meni fisici, si tratta, per i primi, di un materialismo esplicitamente fondato sul principio di causa-effetto e, per i secondi (cioè gli spiri-tualisti), di un materialismo mascherato, nel senso che, partendo da fenomeni fisici, appare impraticabile l’approdo ad uno spiritualismo puro, superando — al di là di ogni metodo — la dimostrazione del pas-saggio dalla materia allo spirito.
Gli spiritualisti, comunque, ritengono che lo stato di trance, producendo, sia pure in rari casi, un insegnamento o una messaggistica di alto livello, sia di per sè dimostrativo della tesi che parte dai fenomeni.
Il problema, tuttavia, non è così semplice. È vero che lo stato di trance è ormai dimostrabile attraverso rilevamenti scientifici di varia natura (elettroencefalogramma in trance con produzione di onde alfa o teta, elettromiogramma per controllare il rilassamento bio-fisico, analisi spettrografica delle voci, analisi strutturale del linguaggio, uso di tests come il Rorschach e altri, studio delle modificazioni fisio-chimiche della trance, ecc.), ma è anche vero che lo stato di trance, che superi l’insieme di queste prove di laboratorio, è rarissimo ed è, comunque, comune a vari altri stati modificati di coscienza come l’estasi, lo sciamanesimo, la rivelazione, l’intuizione nella creatività dell’arte, i viaggi con le droghe, la meditazione trascendentale, ecc.
Tutto ciò lascia pensare che la ricerca, a partire dalla trance classica, non lasci molto spazio alla possibile dimostrazione di una dimensione altra, perché non si può colmare il vuoto fra lo stato di trance e ciò che nello stato di trance il soggetto dice di sè o per terza persona (il messaggio di maestri, le voci rivelanti, ecc.).
L’analisi scientifica, in pratica, può accertare che la trance è vera e non c’è mistificazione o allucinazione in atto, ma nulla può dimostrare sulla realtà dei contenuti benché si aprano inquietanti interrogativi nel rapporto tra forma e contenuti: cioè un problema epistemologico scarsamente affrontato in parapsicologia. I contenuti e le modalità in cui si manifestano (cioè nello stato modificato di coscienza), rimandano ad altri approcci, umanistici più che tecnici. Ma per poter far questo bisogna che l’esperienza del cercare non sia solo teorica ma, anzi, via agita: occorre, cioè, diventare osservatori all’interno del fenomeno e non limitarsi alla semplice registrazione. Appare quindi necessario, per uno sviluppo futuro della parapsicologia, partire non dalla trance in sè o dai dati oggettivi (benché questi continuino ad avere un valore statistico), ma dall’effettivo svolgersi dei fenomeni che cominciano non dall’effetto, ma nell’atto del porsi, del darsi. Cioè avvicinarsi alla radice, al cuore dell’origine, là dove nasce la domanda di sè, nel luogo in cui la coscienza riconosce di avere coscienza, cioè di esserci.
Questa modalità ci avvicina alla fenomenologia nel senso di Husserl e rende il parapsicologo un soggetto attivo, proprio come viene suggerito dalla filosofia che si è andata sviluppando nel Centro Italiano di Parapsicologia di Napoli specialmente dal 1990 in poi. Si tratta, in realtà, dello sviluppo dell’esperienza interiore, della visione della coscienza alternativa dell’Anima, dell’idealismo realizzato nel concreto movimento della coscienza verso l’Essere e della conseguente riflessione esperenziale. In tal modo l’apparire (del fenomeno interno) e l’Essere finiscono col coincidere, ma non coincidono, invece, con il fenomeno esterno, perché il primo è ineffabile, essenziale, intimo, esistenziale, subliminale, implosivo, mentre il secondo è linguistico, caduco, formale, relativo, finito, meccanico, materiale. Questi fenomeni interni sono molteplici e interconnessi, vanno dall’atteggiamento auto-riflessivo allo stato di estasi, dalla personificazione di una o più voci interiori o esteriorizzate, al colloquio interiore e all’intuizione, dalle visioni all’annullamento del tempo e dello spazio, dall’introspezione analitica all’illuminazione, dalla percezione della sacralità all’effusione dell’ignoto, dalla creatività alla simbolizzazione del discorso, fino all’incontro con l’Altro nelle forme ampie dello scambio esistenziale o nella comunione scarna e sacra del ricongiungimento delle Anime e alla definitiva scoperta del proprio in-sè. Sdoppiando e superando i due fenomeni (quello materiale da quello interiore), rendiamo un grande servigio alla parapsicologia, perché la liberiamo dal gravame di dover dimostrare il passaggio qualitativo fra una causa spirituale e il prodotto fisico. Ma soprattutto liberiamo la parapsicologia, in modo filosoficamente fondato, dall’asservimento alla scienza a cui ci aveva votato la ricerca arroccata sui fenomeni.
E non perché si nega il valore del metodo scientifico se applicato alla corporeità e ai fenomeni (se fisici), ma perché non intendiamo affatto restare intrappolati nel metodo il quale, oltretutto, è una creazione (soggettiva) dell’uomo stesso.
Poiché non dobbiamo nulla a nessuno, in questo modo possiamo ripartire daccapo includendo nella parapsicologa umanistica — come vedremo più avanti — una gamma di fenomeni che consideriamo i denotatori dell’Anima, prestando attenzione sia all’analisi del contenuto e all’incidenza statistica, che alla forma del loro apparire. Naturalmente restano sempre intoccabili la modalità e la precisione del rilevamento, nonché la purezza del dato esistenziale che si analizza, perché non siamo affatto tanto ingenui da credere negli asini che volano.