IL FASCINO DELLA REINCARNAZIONE a cura di Corrado Piancastelli(1930-2014)

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    (Da: Incarnazione e reincarnazione secondo la dottrina dell’entità “A”, Cip, Napoli, Monografia 1992, pagg. 5 -6))

   Fatta eccezione per pochissimi testi, i libri sulla reincarnazione in circolazione sono di una ripetitività sconcertante. Segno evidentissimo che le persone si copiano fra di loro e la sperimentazione è scarsa o nulla su un problema che è fondamentale per la vita dello Spirito. Il tema reincarnativo è banalizzato da un’ancdottica così vaga, spesso indimostrata, che un lettore appena avveduto deve crearsi un armamentario culturale di ben altro livello se vuole veramente approfondire il discorso.
    La monografia che ora avete nelle mani è prima di tutto un tentativo di uscire dalla banalità e poi di proporsi come uno strumento di riflessione «alto» su un tema che per noi del CIP è di grande fascino.

    Naturalmente non sappiamo se siamo riusciti nell’intento. C’è, in apertura, una breve storia della reincarnazione trattata con grande irriverenza nei confronti della tradizione, c’è una nuova teoria del karma che è interamente capovolta rispetto alla tradizione indiana, c’è una trattazione sulla regressione ipnotica, ma soprattutto c’è una potente lezione dell’Entità Andrea registrata alla fine del 1991 e quindi assolutamente inedita (tener conto che questa pubblicazione è del 1992 Ndc).

    In questa lezione il Maestro è semplicemente magistrale! Se si capisce per intero tutta la sua ultima lezione non si può che restare ammirati e affascinati dalla finezza e profondità espositiva, poiché la reincarnazione viene concettualmente superata (nella banalizzazione temporale e spaziale del ritorno che certamente avviene) da una visione cosmologica in cui tutto è un andare e un tornare e l’evento umano rappresenta solo la ripetitività di un gesto universale inserito in una logica dell’eternità.

    Ma è tutta la monografia, comunque, che si muove nella scia dell’insegnamento del Maestro a cui molto dobbiamo (1). Benché il problema reincarnativo sembri atipico, l’argomento non contraddice la linea operativa del CIP, né quello della parapsicologia umanistica di cui il CIP, com’è noto, è il naturale promotore culturale. Infatti è del tutto evidente che se venisse confermata la realtà della reincarnazione, se veramente torniamo più volte nei corpi ad affrontare, nella vita, nuove angolazioni dell’esperienza, allora abbiamo dimostrato, senza bisogno di ulteriori sostegni, che anche lo Spirito esiste al di là di ogni altra prova. Per cui il problema reincarnativo ci appare parallelo a quello della sopravvivenza in generale e dunque non abbiamo alcun “complesso di colpa” nel trattare questo problema al quale ci avviciniamo con istintiva simpatia e con fresca disponibilità culturale. Ma senza retorica. E senza arroganza.

(1) Per coloro che per la prima volta si avvicinano al nostro Centro, ricordiamo che l’Entità A (Andrea) è l’ormai mitica voce che da quasi mezzo secolo trasmette, attraverso un fenomeno studiato da commissioni scientifiche, con Corrado Piancastelli (vedere Il caso dell’Entità A, Napoli, CIP, Monografia speciale 1990) attuale presidente del Centro Italiano di Parapsicologia.
                                                                                                  CorradoPiancastelli

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This article has 2 Comments

  1. Salve
    Ho ascoltato molti video e letto due libri sull entità A e le dottrine del maestro Andrea.
    Ho solo un paio di dubbi, riguardo alla sopravvivenza dello spirito come individualità che dopo la morte continua a riconoscere se stesso ma anche persone attorno
    Mi è capitato di osservare il lento disfacimento mentale di un paio di persone con alzaimer e ho visto che Nn ricordano nemmeno come si chiamano e Nn ricordano i propri cari da vivi. Ecco se non ricordano i cari da vivi e fanno fatica a pensare come possono farlo da morti senza cervello?
    Il maestro A afferma più volte che il pensiero è dello spirito ma vedendo queste xsone con alzaimer e vive Nn riconoscere i cari e se stessi mi domando figuriamoci un morto senza cervello

  2. In realtà, il problema sorge quando si nomina la psiche; questa benedetta psiche che tanto tormenta, non soltanto materialisti e spiritualisti, ma anche organicisti e psichisti, che, come sapete, stanno l’uno contro l’altro per dichiarare che la psiche dipende dal cervello o che essa ne è indipendente.
    Probabilmente, nessuna delle due correnti ha completamente ragione, e nessuna completamente torto. Poniamo ben chiaro un principio: tutto ciò che concerne la natura, la materia, qualsiasi cosa, di qualsivoglia natura (anche extraumana) passa tangibilmente attraverso la natura fisica, nella fattispecie il corpo umano. Dunque non ha molto senso parlare di psiche indipendente dal cervello, se non nella misura in cui si vuol dire che la psiche può avere una sua vita autonoma, oppure che essa può sopravvivere alla morte del cervello. In realtà noi sappiamo che, a parte la struttura animica che ognuno di voi ha e che praticamente si reincarna, in essa ci sono componenti che furono psichiche. La nuova struttura psichica riconferma o rinchiude nuovamente la personalità, sicché si deve a giusta ragione dire che gran parte della psiche, ovvero tutta la psiche funzionale alla vita, nasce sulla Terra. Ovviamente il discorso per cui la psiche nel suo determinarsi può essere influenzata dalla struttura animica, è un discorso che non si può dimostrare “scientificamente” Dunque, lasciamolo perdere per ora .
    In realtà, quando noi parliamo di materia, parliamo di organizzazione omogenea. Dunque, quando parliamo di psiche non siamo molto distanti da un principio energetico. Ora il cervello in se stesso, che è materia, ha un’attività che realizza un tipo di organizzazione psichica. Questa organizzazione (tangibilmente prodotta dalla materia) ha una sua vita autonoma: questo è tutto il discorso del rapporto tra psiche e materia. Questa vita autonoma è però anche assolutamente dipendente dalla vita del cervello, cioè dalla materia propriamente detta, proprio perché ogni perturbamento a livello patologico dà esattamente un perturbamento delle zone psichiche. Così come, viceversa, un perturbamento delle zone psichiche ha una sua corrispondenza nel cervello, e, attraverso di esso, su tutte le vie afferenti i processi di somatizzazione.
    Questo nulla toglie alla presenza dello Spirito che, come ben sappiamo, si avvale di vie fisiche per le proprie esperienze; e nulla toglie al discorso sull’organizzazione animica di cui (quando il cervello muore) la struttura farà parte.
    Sicché noi abbiamo un’esistenza fisica che raccoglie informazioni (come il cervello) e le ritrasmette. Ma qui non sarebbe esatto parlare di “trasmettere”, diciamo che le “travasa” per contatto al complesso psichico, sicché il patrimonio di informazioni del cervello è praticamente quello della psiche, in quanto il modo di essere e di manifestarsi del cervello è psichico, non avendo il cervello alcun’altra modalità di manifestazione se non nello stato di psiche. Quindi noi parliamo di autonomia della psiche solo in riferimento a ciò che accadrà dopo, ma non quando è in vita; perché il modo di essere del cervello è un modo psichico e non c’è un altro modo, per quanto riguarda la sfera delle alte manifestazioni umane, cioè le qualità nobili della materia, dell’espressività, quindi tutta l’attività cognitiva, volitiva e di registrazione delle informazioni che arrivano al cervello, o direttamente attraverso il sensorio o per via psichica, per esempio per via intuitiva, che immediatamente devono sottostare alla registrazione cerebrale.
    Sebbene ciò appaia complicato, in realtà è estremamente semplice. Sto dicendo, in pratica, che si tratta di una medaglia a due facce, l’una non esiste senza l’altra. È assolutamente indispensabile rendersi conto di questo, per non cadere in errori estremi, come ritenere che una psiche possa sussistere senza il cervello; perché questo è assolutamente impossibile. Mentre, invece, è possibile (considerato anche il principio di autonomia di questo modo di essere del cervello) che determinate funzioni psichiche non vengano molto alterate, per esempio, da disturbi cerebrali.
    Tuttavia poiché questo non è tanto ipotetico (e in realtà può avvenire) può essere un’ulteriore conferma di una relativa autonomia psichica, che, tutto sommato, non ci interessa granché, perché è la destinazione che a noi importa, cioè quello che accade dopo. Dopo accade, naturalmente, che la morte del cervello svincoli questa realtà energetica che si è andata consolidando nel corso della vita, e che le conferisca la vera autonomia. Perché l’apparato psichico, essendo strettamente di tipo energetico, ha la possibilità di sopravvivenza in base al principio di sopravvivenza dell’energia. È in base a questo che c’è la sopravvivenza psichica, con tutto ciò che accade dopo, e che ormai sappiamo a menadito (Sopravvivenza o, con espressione della fisica, conservazione dell’energia. ).
    Dunque, quando il problema viene sollevato in questo modo, cadono molte obiezioni, da parte psichista e da parte organicista.

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