II presente titolo di “Incontri” è la diretta continuazione del precedente, del quale sviluppa altre linee fondamentali e strettamente consequenziali, partendo dalle stesse premesse e dalle ultime argomentazioni che sono quelle della conoscenza della Materia da parte dello Spirito.
II ciclo di conoscenza della Materia – della materialità -, da parte dello Spirito non è eterno, ma è una base irrinunciabile. Ben altra sarà la conoscenza della realtà “spirituale” che si svolgerà su piani inimmaginabili della Conoscenza.
Sulla base di queste, e di altre premesse, si può affermare che I’emanazione della Divinità ha contemplato per lo Spirito un vero e proprio Principio della materialità universale. In altri termini tale Principio e stato posto quale funzione fondamentale per assicurare allo Spirito la conoscenza del piano universale esterno ad esso. Su questa premessa si basa, infatti, anche la possibilità dell’incarnazione, la costituzione dell’Anima, e qualunque altro atto che lo Spirito compia per I’acquisizione e comprensione della materialità.
Evidentemente allo Spirito interessano gli elementi fondamentali della materialità e non le sue caratteristiche pratiche. Materialità e materia non sono chiaramente la stessa cosa; materialità, in questo caso, è la parte alternativa della spiritualità, il piano della realtà universale passiva, meccanico, trasformativo ecc., com’è stato emanato dalla Divinità.
Talché l’intelligenza “speculativa” dello Spirito deve operare una sintesi conoscitiva e di comprensione, e non certamente disperdersi nelle innumerevoli e quasi infinite diversità e caratteristiche della materia della realtà universale. Se così fosse lo Spirito non riuscirebbe mai a completare tale esperienza e a staccarsi dal piano incarnativo, o comunque dal contatto con la materia universale, qualunque essa sia. Il ciclo incarnativo, il samsara buddhista, in tal modo diverrebbe veramente senza fine.
Le esperienze nella materia, pertanto, equivalgono in sé ad una serie di “esempi rappresentativi” del processo di conoscenza della materialità, ciò in maniera tale da comprenderne globalmente le basi costitutive, senza doverne necessariamente conoscere e percorrere minutamente tutte le innumerevoli e quasi infinite varianti.
II processo incarnativo è assolutamente a senso unico, in una maniera che si potrebbe definire brutale, ma assolutamente logica e coerente. Lo Spirito “abita” il corpo, e il corpo serve come “mezzo” allo Spirito. Il corpo – in altri termini – viene sfruttato e utilizzato dallo Spirito e quando non serve più viene abbandonato nuovamente alla materia. In questo senso le credenze induiste sono molto vicine e concordanti con questa realtà.
La Bhagavad Gita descrive senza perifrasi questo processo, usando un esempio di una semplicità scarna se non sprezzante: «Come una persona indossa vestiti nuovi e lascia quelli usati, cosi lo Spirito si riveste di nuovi corpi materiali abbandonando quelli vecchi e inutili» (Cap. 2, verso 22).
Che la materia, cioè il corpo umano, nel suo pensiero e coscienza, non riconosca pienamente lo Spirito come tale, dipende allora proprio dalla completa diversità dello Spirito, che per questo si sottrae al riconoscimento umano, e neppure è assoggettabile alla verifica scientifica. In altri termini appare logico che lo Spirito non veda alcuna ragione nello spiegare o coinvolgere il corpo come tale che, in qualunque modo si ponga la questione, è comunque una sua creazione, un suo strumento del tutto provvisorio e limitato nel tempo. Ironicamente sarebbe come coinvolgere una sega la cui lama a un certo punto viene buttata via perché usurata ed inutile.
Lo Spirito procede, si evolve e concepisce non secondo categorie umane relative, bensì universali. Ed è per questo che il piano umano non ha valore; è assolutamente ininfluente sul piano universale. E questo “sottrarsi” al piano umano è una delle grandi questioni, forse tra le più dibattute dall’uomo da sempre. L’essere umano non riesce a ottenere questa prova indubitabile dello Spirito a causa dell’incapacità umana a dimostrarlo. Ma questa è anche una delle condizioni fondamentali dell’incarnazione: l’uomo le sue certezze le deve veramente conquistare con lo sforzo personale meditativo e speculativo; certezze così basilari e fondamentali devono essere frutto di uno sforzo individuale interiore di elaborazione e non gli possono essere regalate né concesse gratuitamente!
II riconoscimento dell’identità spirituale, dell’identità interna, non viene da un comportamento passivo e statico, di attesa e non di azione. Ma di questo fondamentale sforzo di avvicinamento e riconoscimento dello Spirito parleremo in altri Incontri.
Con l’augurio ad ognuno che voglia compiere questo sforzo.
Da non addetto ai lavori(non filosofo né teologo,ne esperto di scienza-sono medico)ho sempre qualche problema con lo spirito.Si ha tendenza a parlare di spirito e spiritualità dando per scontato i concetti.Chi é d’accordo che senza cervello non si può pensare o provare sentimenti e introduce enti come lo spirito per superare indenne il test del rasoio di Occam,dovrebbe spiegarmi in che relazione questo spirito sta con la materia(il cervello):é immateriale? Pensare é un’operazione a costo energetico zero o consuma energia nel senso della fisica(per capirci esprimibile in watt)?
Se si allora e necessariamente dipende da leggi fisiche siamo in un monismo che va dalla posizione fisicalista fino ai tentativi più o meno sofisticati di superarla per cui monismo rimane e il termine immateriale é evidentemente(necessariamente) errato(la materia dovrebbe produrre l’immateriale).
Se non consuma energia fisica allora siamo a ragione difronte a un ente che si può considerare immateriale come potrebbe essere l’anima dei credenti nel contesto di una fede soprannaturale
(quindi una posizione chiara e legittima) e siamo nel dualismo.Le cose si complicano quando si tratta di definire lo spirito(quindi il pensiero,le emozioni)pretendendo che sia un ente immateriale
ma totalmente indipendente dalla materia e qui la faccenda diventa seria e qualcuno deve spiegare come sono possibili le attività della mente(lo spirito)in modo totalmente distaccato dalla attività cerebrale.Siamo anche qui necessariamente in una posizione dualistica e dobbiamo 400 anni dopo Cartesio cercare ancora una volta una ghiandola pineale che permetta di reggere il tutto.Un tentativo disperato e francamente non vedo come se ne possa uscire.In fin dei conti ammesso che senza cervello non si possa pensare,il cosiddetto spirito é un’attività cerebrale e niente più.Lo spirito sembra una costruzione che probabilmente ha la sue radici a partire dal concetto di anima ciò che avvicina l’uomo l’uomo a Dio,l’intelletto considerato(già in Aristotele) l’apice dell’attività umana contrapposto alla materia che ha di conseguenza assunto un’ ingiustificata connotazione negativa che perdura ai nostri giorni.È ora di scrollarsi d’addosso questi pregiudizi e rendere omaggio alla nostra sostanza grigia.
Si afferma in genere che tutto ciò che non riusciamo a mettere sotto un vetrino per osservarlo e studiarlo, per noi, per l’uomo, per la scienza non esiste.Quindi si conclude asserendo che l’interiorità , ovvero l’anima , non esiste. A questo proposito vorrei evidenziare il fatto che la soggettività della vita interiore è invece oggettivabile, che si può osservare anche senza mettere niente sotto il vetrino.Cioè che vi sono aspetti della vita soggettiva, cioè di ciascuno di noi, cioè delle nostre qualità astratte ,che sono oggettivamente rilevabili in tutti e che quindi rientrano in una dimensione statisticamente apprezzabile al pari di qualsiasi misurazione fisica o osservazione appunto al microscopio, e ciò che è statisticamente accertabile diventa automaticamente oggettivo anche per la scienza.. Tutto ciò che è mentale influisce sul corporale. Il desiderio per esempio influisce sugli ormoni, la paura agisce sulle visceri, la felicità ti fa battere il cuore più forte, se sei in ansia dormi male, se ti arrabbi sale la pressione arteriosa. Prendiamo l’amore. L’amore assume varie forme ed è presente dovunque e tutti ne fanno esperienza quotidiana, ma esso è invisibile a qualunque microscopio. Un altro esempio è quello delle malattie psicosomatiche e psicologiche che hanno notoriamente ricadute sul corpo .Quando però si parla della soggettività dell’anima parliamo di aspetti metafisici superiori che ci distinguono dalle emozioni animali, parliamo di aspetti che riguardano le emozioni creative, le intuizioni dell’arte, le scoperte, le invenzioni , la scienza, oppure ci si riferisce ai grandi sentimenti come l’altruismo, la pietà, a quella parte di noi che è capace di sacrificarsi per un ideale di libertà. Quindi la parte immateriale è perfettamente oggettivabile e finanche quantificabile in molti casi. Senza di essa saremmo solo un corpo vivente , che vivrebbe senza coscienza, senza etica e senza idee creative. Può essere tutto questo un prodotto della cellula nervosa o dei neuroni o degli ormoni ?
Spesso , a dimostrazione della esclusiva esistenza del corpo fisico, a dimostrazione del convincimento che nulla esiste di immateriale , cioè che non esite una nostra interiorità alias anima e o spirito , si asserisce che i sentimenti sono la risposta degli ormoni e del sistema nervoso ad una situazione di stimolo, e che la vita affettiva e morale è solo un intruglio chimico, una reazione di neuroni, Questo è vero, la biochimica ha la sua parte. Ma è la biochimica a produrre i sentimenti oppure sono i sentimenti che sviluppano e sollecitano le reazioni chimiche nel corpo, fino a farlo ammalare o farlo guarire, come accade per le malattie esistenziali, tipo l’anoressia, la depressione, la bulimia e le tante nevrosi quotidiane che affliggono il genere umano ? Inoltre la cellula nervosa è sperimentalmente stupida e coscientemente inerte, come fa a produrre il pensiero creativo e i sentimenti soggettivi?