(Nota del curatore: Per una necessità di uniformare i vari testi i caratteri in grassetto di evidenziamento delle parti importanti o essenziali sono stati invece sottolineati, rendendoli così più immediatamente visibili. Le note a piè di pagina sono state in buona parte inserite direttamente nel testo per facilitare la scorrevolezza della lettura.)
2°: STRUTTURA PSICHICA E CENSURA MORALE 12 gennaio 1972
(La comunicazione nel testo originale appare autonoma, non compare cioè una domanda specifica riguardo al tema trattato. – Nota del curatore.)
A. – “…Dal panorama un po’ generale tracciato nella prima parte, dobbiamo ora cercare di scendere in alcuni particolari che chiariranno possibili, ulteriori dubbi.
Io ho detto una volta che l’essere umano è composto per la maggior parte di materia e in questa, naturalmente, includo tutta la parte psichica. Userò talvolta, indifferentemente, per comodità discorsiva, il termine “Spirito” o “anima” (ma voi sapete bene qual è la differenza che si deve fare) per indicare ciò che sollecita la materia a muoversi in un certo modo e attraverso la psiche, secondo quel certo orientamento che possiede lo Spirito. Dico “orientamento” perché, in effetti, come vedremo, lo Spirito non entra nelle decisioni finali, non propone un suo iter – per così dire – ma semplicemente stimola: è come una corrente che trasmette soltanto stimoli a una macchina che si muoverà nella misura in cui è costruita.
Lo Spirito, noi abbiamo visto, può penetrare nella materia solo a condizione di essere circondato da questo inviluppo che abbiamo chiamato “anima”. L’anima è il risultato, sia di frammenti o frange che lo Spirito raccoglie, o ha con sé da vite precedenti o per costituzioni ambientali (cioè per essere entrato nella materia), più tutta la psiche che forma nel corso della vita che sta svolgendo, cioè attraverso tutte le informazioni, gli stimoli, le direzioni che si sono costituite durante la vita.
In questo senso noi diciamo anche che lo Spirito di un bambino ha, per così dire, un’anima “scarsa”, cioè un’anima non ancora strutturata, non ancora integrata: né col corpo né con lo Spirito stesso. È un’anima in formazione, in sviluppo, ma è anche un’anima che ha già una propria individualità, una propria unità; però è un’anima insufficiente, un’anima che diventerà sufficiente solo a un certo punto della vita, punto che non segue parallelamente lo sviluppo del cervello o il risveglio dello Spirito, ma che è molto anticipata. Noi abbiamo generalmente un’anima discretamente strutturata intorno ai dieci anni d’età. E via via abbiamo un’anima che si rafforza sempre più, nel corso dell’intera vita, qualunque ne sia la lunghezza.
In altri termini, l’anima è una struttura in continuo accrescimento: quantitativo e qualitativo. Nel corso stesso della vita l’anima può migliorare o peggiorare, qualitativamente, e questo dipende dal tipo di vita, dai rapporti che ha con il corpo e con lo Spirito, ma dipende soprattutto dall’evoluzione dello Spirito. Cioè, è vero che l’anima si costituisce autonomamente rispetto allo Spirito, in virtù di forze psichiche e di forze ambientali, ma è anche vero che lo Spirito stabilisce in qualche modo la selezione degli elementi, e la stabilisce involontariamente, in base alla propria evoluzione; ma questo non accade subito. Diciamo che nei primi dieci anni di vita l’anima si costituisce autonomamente, indipendentemente dallo Spirito, sia perché lo Spirito è in fase “dormiente” (nella prima parte è diffusamente spiegata questa fase. – Nota GdS.), sia perché esso non può dare alcun suggerimento, alcuna intenzionalità alle scelte. Tuttavia c’è sempre una proiezione involontaria che è data dall’evoluzione specifica dello Spirito. Dopo, cominciando a subentrare la personalità dello Spirito, e cioè la sua coscienza, egli può respingere elementi non pertinenti alla propria evoluzione e può naturalmente, selezionarne altri. Alla fine la struttura dell’anima deve corrispondere mediamente all’evoluzione dello Spirito. Questo “raffinamento” procederà per tutta la vita. Ma la costituzione dell’anima non salvaguarda minimamente lo Spirito.
L’anima, sebbene sia il “filtro” che consente allo Spirito di manifestarsi in Terra, è tuttavia un elemento di cui egli non può disporre, perché per poterne disporre avrebbe bisogno di un controllo sulle zone psichiche. Questo controllo lo Spirito non ce l’ha, e non ce l’ha neppure attraverso l’anima.
L’anima, in qualche modo, è un doppio della psiche, ma ciò non costituisce un ponte di reale contatto. Il contatto, come abbiamo detto altra volta, avviene a un certo livello delle zone psichiche e il punto d’impatto è l’”inconscio” (Come ha più volte affermato l’Entità Andrea definisce l’inconscio non esattamente come viene postulato dalla psicanalisi, ma come l’elemento fondamentale di passaggio tra lo Spirito e tutte le strutture fisiche e psichiche che sono i suoi strumenti terreni. – Nota GdS.).
In altri termini, la psiche, come forza proveniente dal cervello, sovrastante il cervello stesso, e indipendentemente da esso, costituirà, in parte l’anima attraverso una proiezione che inviluppa lo Spirito.
Quindi non è la psiche che circonda lo Spirito e costituisce l’anima, ma una proiezione della psiche rielaborata dallo Spirito.
La psiche, come pura manifestazione cerebrale legata al cervello, è soggetta a morte inesorabile, tranne una parte.
Le cose vanno così chiarite: in pratica, l’essere umano ha diverse zone psichiche che possiamo distinguere tra di loro. Una prima zona la possiamo chiamare “zona psichica bassa” e con essa intenderei tutte le facoltà psichiche attinenti la sfera puramente vegetativa, quella biologica, quella che sovraintende alla necessità della sopravvivenza e della vita organica.
Quando voi avete un ricordo, esso indica che vi è in corrispondenza una forza psichica; ma quando voi ricordate, per esempio, che uscendo da questa stanza andate a casa dove vi aspetta la cena, avviene una manifestazione bassa della psiche, perché la realtà psichica in gioco fa parte dei bisogni corporali, nei quali non c’è ideazione, ma niente altro che la ripetizione di un’idea che è legata a un bisogno fondamentale. Questo significa che vi sono delle idee o dei complessi mentali psichici non soggetti a una chiara ideazione e che sono soltanto il corrispettivo psichico di stimoli, di istinti legati alla pura vita della materia.
Anche il ricordo della cena entra nel giro cerebrale e si fissa come immagine; si fissano così tutte le idee corrispondenti: il pane, l’acqua, il latte, la carne, e via di seguito; oppure con l’atto del sedersi, il ricordo della sedia, del tavolo ecc.
Tutte queste cose che sono presenti nella vostra testa fanno parte della “psiche bassa”, che troviamo anche a livello di animali, perché anche l’animale ha questa memorizzazione, cioè questo ricordo fissato in una zona del cervello. Ma essere fissato in una zona del cervello non è però strettamente indicativo dal punto di vista psichico, perché nel cervello è fissato semplicemente uno stimolo, ma a questo stimolo corrisponde un’idea ricordo con una immaginazione; cioè esiste un fatto propriamente visivo, nell’ambito del cervello, e questo fatto vivo come stimolo bioelettrico noi lo indichiamo come “psiche bassa”.
E tuttavia si ha anche un suo tracciato preciso, perché in particolari zone del cervello si determinano così quei famosi “ponti bioelettrici”, quegli “engrammi” che sono rilevabili in qualunque individuo animale, di qualunque specie.
Ma accanto a questa “psiche bassa” ne esistono altre. Ne possiamo indicare almeno due, per semplificare, e cioè: una psiche di carattere medio e una di carattere elevato. Quest’ultima riguarda l’ideazione propriamente detta, ed è la facoltà più nobile dell’essere umano, rispetto a quello propriamente animale. In questa attività psichica di carattere elevato noi riscontriamo al sommo grado, o al medio e al piccolo, i caratteri dell’intelligenza. L’intelligenza si manifesta cioè a questo livello psichico. Infatti, per evocare il ricordo del pane o della sedia, o della cena, non è affatto necessario essere intelligenti. Una dimostrazione evidente è che un qualsiasi malato mentale che porti in sé una lesione cerebrale (almenché non riguardi proprio la memorizzazione) ha le stesse immagini di un genio per quanto concerne il pane, la sedia ecc. E le stesse immagini che possono avere un cane, un gatto, un topo.
Dunque l’intelligenza si manifesta a questo livello, ma anch’essa proviene dal cervello.
Io vorrei chiarire una volta per tutte un punto fondamentale che spesso ha creato degli equivoci tra voi, e non soltanto tra voi ma anche all’esterno, in molti psicologi, psicanalisti, psichiatri, teologi, sociologi: e cioè quello di ritenere che l’intelligenza che voi manifestate sia una facoltà dello Spirito. Niente affatto! L’intelligenza è una facoltà del cervello umano, e non è una facoltà esclusiva dello Spirito. Lo Spirito possiede un’intelligenza, ma essa è una cosa diversa, e la possiede per conto suo. Infatti, l’intelligenza dello Spirito preesiste alla vita ed esiste anche dopo la morte. È del tutto indipendente, non è legata alla vita umana, e guai se lo fosse! Una prova evidente è data dal fatto che gli animali possiedono ugualmente un’intelligenza, molte volte di tipo elevato, molte volte superiore di certi uomini scarsamente dotati, mentre noi sappiamo, riconosciamo lo Spirito soltanto nell’uomo, e quindi così i conti non tornerebbero, se le cose stessero diversamente da quanto ho detto.
In questo momento, dunque, non stiamo esaminando l’intelligenza dello Spirito ma quella dell’uomo e diciamo che essa proviene dal cervello. È una facoltà cerebrale che, per manifestarsi in misura più o meno elevata, deve necessariamente trovare un terreno fertile nel cervello e, soprattutto nell’organizzazione psichica.
Direi che l’intelligenza dipende soprattutto da un buon rapporto tra psiche e cervello, anche se essa non dipende in particolare dalla qualità biologica delle sfere cerebrali, entro le quali si manifesta senza sostanzialmente modificarle, cioè quasi vivendo una vita autonoma.
Una prova di questo è che è vero che l’intelligenza fa assumere al cervello particolari circonvoluzioni – per cui tra il cervello di un genio e quello di un idiota, la sola differenza è nella forma delle circonvoluzioni -, è pur vero però che non esiste una sostanziale differenza tra i due cervelli, dal punto di vista chimico, a parte certe particolarità di cui è inutile parlare.
Diciamo allora che l’intelligenza dipende soprattutto da un’organizzazione più o meno perfetta delle basi psichiche, in rapporto a un cervello fondamentalmente circonvoluto in un certo modo. Ciò significa anche che l’intelligenza, nel corso della sua organizzazione, si serve della psiche che trova, la quale non deve essere necessariamente ordinata. Vedremo anzi che, per un fatto che apparirebbe strano se non avesse la sua spiegazione, le migliori intelligenze corrispondono sempre a una psiche non organizzata, cioè a una psiche non integrata. Il che vuol dire, in altri termini, che abbiamo un’autonomia della psiche e un’autonomia dell’intelligenza, alle quali sono indispensabili corrette basi cerebrali, ma non troppo.
Fino a questo punto lo Spirito non entra nel gioco. Egli entra in un altro tipo di gioco che è il seguente. Noi abbiamo diviso sommariamente l’attività psichica in tre parti, molto sommarie però. È vero che questa suddivisione orizzontale va a incrociarsi con una suddivisione verticale che è quella della coscienza del preconscio, (che metterei tra parentesi), del subconscio (In questo caso l’interpretazione si avvicina a quella di tipo psicanalitico. – Nota GdS.) e, infine, dell’inconscio. Anche qui abbiamo delle suddivisioni sommarie ma abbastanza pratiche, immaginando una personalità umana (un cervello o una mente) divisa prima orizzontalmente secondo tre grandi facoltà di manifestazione a tre livelli, e quindi per selezione delle varie successioni di tali manifestazioni.
Quando un messaggio raggiunge un uomo, lo raggiunge attraverso le varie vie possibili, che sono quelle del sensorio (vista, udito, tatto, olfatto). Raggiunto il cervello, diventa un messaggio che è cosciente, perché in quel preciso momento esso, entrando nel cervello, mette in moto una serie di “relais”, per così dire, e cioè mette in moto tutta un’apparecchiatura che è composta dall’inconscio, dal subconscio, dal preconscio. Sicché l’immagine, diventando segnale e passando attraverso queste zone, ne raccoglie altri e ritorna alla coscienza e vi ritorna in maniera significativa.
Per esempio: voi vedete una sedia; la sedia di per sé non dice niente e non direbbe niente se questa immagine non si trasformasse in un’immagine cosciente; e l’immagine non diventa cosciente perché raggiunge l’occhio, ma perché attraverso l’occhio raggiunge altre zone per quindi ritornare istantaneamente come immagine cosciente. Per poter riconoscere una sedia, il messaggio deve raggiungere le zone di memorizzazione in cui può essere registrata l’immagine “sedia”, si associa ad altre immagini di rappresentazione, di ricordo e torna ancora alla coscienza come messaggio compiuto. Che cosa accade però quando il messaggio ha un contenuto di tipo morale, o perlomeno, impegna a una risposta? Vediamo cosa succede quando è impegnata una risposta.
Per esempio: “questa sedia devo prenderla e romperla sulla testa di qualcuno”. Qui le cose cambiano molto, perché non si tratta più della registrazione cosciente di un’immagine, ma di una utilizzazione dell’immagine, nella quale vi è la necessità di un giudizio di carattere morale, ed ecco che allora il messaggio (l’immagine) passa attraverso l’occhio, raggiunge il preconscio (senza che ve ne accorgiate), filtra attraverso il subcosciente – siamo ancora in zona psichica! – e passa in zona fisica, raggiunge cioè il cervello vero e proprio, raggiunge le registrazioni cerebrali, e così raccoglie altre informazioni (come i ricordi associati al gesto di rompere la testa a qualcuno, questo qualcuno che viene rievocato in tutto il suo passato e presente, per fornire così le ragioni per cui bisogna rompergli la testa).
Questo messaggio, inglobate migliaia d’informazioni, torna ancora al subconscio e questa volta, invece di passare dal subconscio al preconscio, ha una strana deviazione: si proietta sulla coscienza, però si ferma, non segue cioè a esso una pari attività cerebrale, quella del sistema nervoso che dovrebbe compiere l’atto meccanico (attraverso le sue innervazioni) di prendere la sedia per spaccare la suddetta testa.
Badate che io sto parlando di frazioni di secondo in cui avviene tutto questo. Cioè voi, coscientemente, avete l’impressione che le immagini si susseguano e che le decisioni siano rapide.
In realtà, vi è nell’ambito di tali secondi una sosta, perché il messaggio a questo punto cambia strada, torna ancora nel subcosciente: è avvenuto che tra la coscienza e il subconscio – dove esiste il preconscio – si è eretta una barriera: la barriera è la censura.
Questa censura da che cosa è costituita? Essa è costituita da una proiezione dell’inconscio, ed è rappresentata da alcuni elementi di tipo morale o pseudo-morale. Ma se una parte degli elementi sono pseudo-morali (cioè di carattere storico, etnografico, razziale, contingente, educativo…) e se questi non sono sufficienti ad arginare il passaggio alla coscienza – la sola che potrebbe scatenare il sistema nervoso -, bene, allora entra in gioco questa censura che, poiché è una proiezione dell’inconscio, risente dei suoi peculiari caratteri.
Le alternative sono quindi le seguenti:
Raggiunto da un bombardamento di stimoli provenienti dall’inconscio, il messaggio può dare luogo:
1) al fatto che l’individuo prende la sedia e spacca la testa suddetta.
2) al fatto che, ciò non succede, perché il messaggio passa alla coscienza depurato della prima intenzione. Arriva quindi così un messaggio spento, arriva la rinuncia al gesto violento; quella che, in termini più umani, chiamereste la prudenza, la valutazione di carattere morale ecc., di cui oscuramente potete anche non rendervi conto.
Quante volte nel compiere un gesto violento vi fermate una frazione di tempo prima! E in questo fermarsi non c’è una motivazione, questa ve la date dopo: cioè quando, a distanza di secondi, riflettete e dite: No! Non devo farlo: perché posso andare in carcere, perché mi fa pena, perché in fondo non è del tutto colpa sua, in fondo sono anch’io un po’ colpevole!… Ma questo ragionamento interviene dopo; ciò che interviene prima è il trattenimento del gesto che deriva dalla censura, la quale (se vogliamo eliminare tutta la parte “sovrastrutturale” di ordine storico ed educativo) corrisponde a una intenzione dello Spirito.
Come ha fatto lo Spirito a far giungere questo suo messaggio? In effetti non l’ha fatto giungere il messaggio, e qui è necessaria una disgressione.
Vedete, noi abbiamo detto che lo Spirito ha una certa qualità spirituale: per “qualità spirituale” intendiamo che egli è molto buono, o più o meno buono, che è cattivo (ma non diciamo che è cattivo nel senso umano, diciamo piuttosto che lo Spirito, rispetto a quella che è la “morale” umana di tipo mondiale, può essere più buono, meno buono ecc…), e quindi noi accettiamo ora questo tipo di Spirito in rapporto alla globalità della morale umana.
In definitiva, poi, non siamo noi che l’accettiamo, è lo Spirito stesso che l’ha accettata, nel momento in cui si è incarnato. Poiché lo Spirito ha visto il mondo come è fatto, ha accettato nel suo schema personale questo fatto e si è automaticamente posto in raffronto con il mondo, e allora noi prendiamo questo Spirito a modello e prendiamo a modello il mondo fermato in un certo momento del suo cammino storico, in un certo momento della sua civiltà.
Quindi, uno Spirito di questa epoca in confronto al mondo della stessa epoca. Non possiamo, per esempio, fare un confronto per esprimere un giudizio, tra il mondo attuale e uno Spirito vissuto ventimila anni fa… Ogni Spirito s’incarna infatti nel momento, in cui è spiritualmente tale da poter stare in questo mondo.
D’altra parte direi che ciò è piuttosto un adattamento, perché allo Spirito, in fondo, non gliene importa niente di come è fatto il mondo, perché questo è per lui soltanto un passaggio di esperienze e basta!
Dunque, questo Spirito ha, come dire, una sua “taglia” morale, evolutiva, e sono questi caratteri evolutivi che egli trasmette all’inconscio, automaticamente, sicché l’inconscio è costituito sia dagli stimoli che lo Spirito ha determinato al momento del suo impatto con la materia; cioè il programma minimo stabilito dallo Spirito viene trasferito all’inconscio perché attraverso di esso giungono i messaggi alla coscienza e poi al cervello. Se voi fate nella vita certe cose fondamentali è perché avete degli stimoli profondi che vi spingono a farle, e questi stimoli non sono soltanto quelli dovuti all’impostazione della vostra psiche: questi giocano sì un ruolo fondamentale (e anche eccessivo!), ma mi riferisco agli altri che rispondono al programma di carattere morale: è la qualificazione morale delle azioni che è data dall’inconscio e, per esso, dallo Spirito.
Voi uomini, più o meno, fate tutti le stesse cose: di fronte allo stesso gesto, alla stessa attività, voi vi assomigliate. Vi sono nella vita alcune cose fondamentali che si ripetono da sempre, eppure gli stessi gesti possono essere compiuti con diversa intenzione morale, o con diversa intenzione, anche eliminando la parola “morale”. E da cosa dipende questo? Dipende dalla diversa interpretazione, o valutazione morale, che voi date a certi gesti, a certe azioni, a certi mestieri, a certe cose che fate nel corso della vita; e tutto questo dipende da istanze profonde che sono dentro di voi e che vi spingono – davanti a una certa cosa – a darne una valutazione anziché un’altra. Al limite, anche un’azione che voi chiamate riprovevole, per esempio quella di rubare, può assumere varie colorazioni “morali”.
C’è gente che ruba con cinismo, altra che ruba con minor cinismo, altra che ruba e si pente di rubare, altra ancora che ruba e pensa con dispiacere che sta togliendo qualcosa al prossimo, però ruba lo stesso, perché l’istinto del rubare è più forte. Tutti quindi rubano, ma con una diversa valutazione e intenzione, il che significa che vi sono delle spinte diverse, le quali, in parte, sono giustificate da fattori educativi e ambientali, ma che in parte dipendono da un istinto profondo, da un giudizio di fondo che dipende dalla diversa evoluzione che ciascuno di voi possiede.
Questa diversità di evoluzione si può percepire al livello della coscienza attraverso il meccanismo dell’inconscio che, essendo una organizzazione piuttosto rarefatta di psichismo, è molto più vicina all’anima e allo Spirito, e può così ricevere stimoli, messaggi, intenzioni e influenze, e trasmetterle attraverso quella via che raggiunge, tra il subconscio e la coscienza, il preconscio, ed è qui che si costituisce come barriera di censura o come stimolo promozionale, cioè come stimolo che promuove delle nuove valutazioni o delle nuove programmazioni. In questa maniera il circuito è più o meno saltato.
Quando voi talvolta, nel compiere un’azione, dite che vi pentite, che vorreste non averla fatta, risentite di questa censura.
Ma la censura non agisce sempre, intendiamoci; spesso non agisce affatto: almeno nel cinquanta per cento delle vostre azioni la censura salta!
Però vorrei chiarire un’altra cosa e cioè che è necessario fare una netta distinzione tra censura come sovrastruttura educativa e ambientale, e censura come vera istanza dello Spirito, perché spesso la confusione avviene qui. Molte volte voi ritenete di aver fatto delle cose riprovevoli, mentre non lo sono. Ritenete di fare cose sbagliate che sbagliate non sono, e magari ve ne pentite anche e magari ne soffrite, semplicemente perché vi è stato imposto, attraverso certe educazioni sbagliate, che quelle determinate cose sono errate. Ma in realtà a queste cose lo Spirito non si ribella, e voi avete una censura che è di tipo meccanico, ed è la classica inibizione: quella di cui parlano gli psicanalisti. L’inibizione non riguarda lo Spirito: essa è puramente funzione della psiche e dovuta alla artificiosa immissione di censure stabilite attraverso procedimenti educativi o pseudo-educativi. Sono le censure delle nevrosi, in pratica, che non riguardano lo Spirito.
Ora, un individuo che non ha nevrosi (naturalmente non saprei come indicare un individuo simile; ciò è sommamente difficile, perché le nevrosi le avete un po’ tutti) risente delle autentiche censure. Ma tali nevrosi sono proprio di carattere “storico”, e non c’è niente da fare. La nevrosi storica fondamentale è questa: e cioè che il mondo, anche nelle sue spinte di massima apertura, ha la nevrosi del proprio tempo e voi non potete fare altrimenti. Voi non potete camminare, per esempio, con un perizoma come gli indigeni dell’Africa, eppure avreste molte volte il desiderio di camminare nudi, per esempio. Bene, non lo fate perché vi è una civiltà convenzionale che lo impedisce e per questa ragione voi vi vestite. E ciò dipende da un fenomeno storico al quale non vi potete sottrarre, ma al quale tuttavia corrisponde, in fondo, una nevrosi storica. Vi sono anche organizzazioni di vita che non sfociano nelle nevrosi. Il fatto di mangiare a determinate ore, di dormire di notte, per esempio, anche questo è convenzionale, come il fatto assunto dagli uomini primordiali che di notte si nascondevano per paura del buio. Questo aspetto della nevrosi generale della società è però forse la parte più trascurabile, non è quello che incide sull’uomo…
Dicevo dunque che voi non potete fare tutto quello che volete, e anche con la più ampia libertà vi sono cose che dovete rispettare. Intanto, il rispetto del prossimo appare innaturale, dal punto di vista strettamente biologico, perché dal punto di vista naturale dovreste agire come le bestie. Se un animale sta mangiando e un altro vicino è digiuno, questo cerca di rubare a quello il cibo. Quindi, se foste digiuni, dovreste aggredire chi invece mangia… L’uomo si è dunque costretto nell’ambito di un rispetto umano che è necessario e fondamentale per la società e il progresso, e anche per certe esperienze “ordinate” dello Spirito; ma tuttavia ciò rappresenta sempre una costrizione di fondo, e cioè, a lungo andare, ciò può avere generato una sindrome di adattamento non perfettamente o totalmente assimilata dall’uomo, tuttavia accettata e accettabile.
Vi sono persone le quali non hanno grosse nevrosi di fondo, e che possono riuscire a manifestare certe decisioni che non collimano con le consuetudini del mondo. Esse, in pratica, non hanno censure e fanno una serie di azioni che per gli altri sono riprovevoli, e che per esse non lo sono affatto. Questo vuol dire che, in fondo, occorre chiarire a sé stessi, ogni volta, quali siano le inibizioni di carattere morale autentico, e che sono diverse. Per esempio, “io non rompo la testa a quella persona”: in ciò vi è un carattere morale, almenché, naturalmente, non sia un fatto preordinato: “io minaccio soltanto per spaventare”; in tal caso la censura scatta prima del gesto, oppure non c’è censura, perché – vedete – la censura in realtà scatta soltanto nel momento in cui vengono superati certi ordini naturali.
In pratica, per alcune azioni, la censura diventa permanente, perché infatti vi sono uomini i quali soltanto in un momento d’ira potrebbero commettere un’azione riprovevole, ma che normalmente, anche tirati all’eccesso, non commettono mai azioni riprovevoli, perché vi è una censura di fondo costituita dalla permanenza di certe immagini dello Spirito che, a livello inconscio, hanno condizionato tutta la vita, che l’hanno permeata, per cui certe cose tali uomini le evitano d’istinto. Vi sono però altre occasioni che possono presentarsi estemporaneamente e in questo caso interviene precipitosamente la censura.
Ma, come dicevo prima, per il cinquanta per cento la censura può non essere avvertita, salvo a pentirsi poi delle azioni commesse. E ciò dipende dal fatto che gli uomini non sono abituati a riconoscere questi valori spirituali di fondo, e poiché non sanno riconoscerli, anche quando c’è il campanello d’allarme della censura, ciò costituisce un grave pericolo. Non conoscendo i capisaldi fondamentali dell’autentica spiritualità, quando si presenta la censura che vorrebbe impedire una certa azione, essa non viene riconosciuta. Molte volte accade che essa sia debole – perché la sua forza corrisponde all’evoluzione dello Spirito – e quindi quando la coscienza umana e la psiche sovrastano ogni considerazione di carattere morale, la censura non è affatto avvertita e allora l’uomo agisce soltanto in base a un istinto di calcolo: faccio questo, non faccio questo perché può venirmene un danno (danno cioè contingente, economico ecc.). Ed è questa, naturalmente, una valutazione che prescinde dalla morale autentica.
Abbiamo esaminato quali sono le modificazioni che può subire l’inconscio, ovvero le limitazioni a causa, appunto, di fattori educativi e storici che vanno a inserirsi lì, su quel circuito, e che rappresentano poi le inibizioni di cui dicevamo…
D. – … (La domanda non è riportata nel testo originale. – Nota del curatore.)
A. – “Quale problema sorgerebbe?”
D. – Il problema non di una normalizzazione della coscienza a livello cerebrale, ma, per esempio, della necessaria funzionalità di… vari sistemi reticolari cerebrali che presuppongono questo “fenomeno coscienza”, verso il quale…
A. – “Si, d’accordo, ma io non vedrei il problema, perché è chiaro che le manifestazioni della coscienza sono affidate, direi, alle zone corticali, soprattutto, e questo lo si può vedere anche per differenziazione tra le manifestazioni dell’animale e il cervello dell’uomo. Localizzazioni ve ne sono: tant’è vero che, come ben sapete, che determinate lesioni provocano determinati danni per certe manifestazioni e non per altre…”.
D. – Si appunto. Per questo il problema sorge. Cioè, queste strutture presuppongono la coscienza oppure sono esse strutture cerebrali che danno origine alla coscienza? Questo è importante.
A. – Ho capito il problema, ma io vorrei dire che è uno pseudoproblema, in realtà. È chiaro che è la costituzione del cervello che fa nascere la psiche e non viceversa. Io rispondo così perché non si può pensare diversamente, quindi la coscienza dipende dal cervello, senza il quale non c’è coscienza. Ma siccome noi parliamo sempre di una coscienza di tipo umano, resta sempre salvo lo Spirito. Cioè, in questo schema lo Spirito veramente vien salvato, viene messo fuori discussione. Quindi tutti i pericoli che sorgevano in virtù di certe scoperte scientifiche: per esempio, l’”alterazione della coscienza”, la “modifica del carattere”. Cioè, con un intervento si può modificare il carattere di un uomo: lo si fa diventare addirittura buono.
E allora cosa succede? mi diceva qualcuno. E allora, lo Spirito, che fine fa in questo gioco? Cos’è, un burattino che diventa buono o meno buono? No, lo Spirito non c’entra proprio per niente. Così voi potete avere modificazioni di carattere anche somministrando certe droghe, ma è chiaro che in quel momento in cui il soggetto è in preda alla droga, lo Spirito non c’entra, non è lo Spirito che viene drogato, si capisce. Assolutamente no. Lo Spirito resta fuori dalla discussione del corpo umano.
D. – … (La domanda non è riportata nel testo originale. – Nota del curatore.)
A. – Conviene rimandare, perché, comunque, è un’altra cosa, dirò brevemente, perché noi abbiamo esposto qui quello che è uno schema naturale dello svolgersi della manifestazione; ma poi questi schemi sono più o meno modificati uomo per uomo. Non soltanto, ma è chiaro che in un essere il quale ha una prevalente attività spirituale, per esempio, vi sono spostamenti e passaggi maggiori che non in un altro; e quindi in un uomo che, per esempio, sia molto predisposto spiritualmente (molto o abbastanza predisposto), l’inconscio o, per meglio dire, lo Spirito, attraverso le vie dell’inconscio può raggiungere la coscienza. E come la raggiunge? Con messaggi sempre più precisi, e così, attraverso la coscienza raccoglie altri messaggi di ritorno. Sicché, in definitiva, può partecipare più concretamente, più attivamente alla vita psichica cosciente, come nel caso di alcuni santi o profeti, o nel caso anche di persone molto predisposte spiritualmente.
Cioè lo Spirito si fa una strada propria che viene accettata a livello della coscienza e viene organizzata in questo modo.
D. – … (La domanda non è riportata nel testo originale. – Nota del curatore.)
A. – Quando voi in una seduta medianica siete tutti molto predisposti a un fenomeno spirituale, che cosa si ha? Lo Spirito è richiamato anzitutto dall’attenzione della nostra presenza qui, o della mia, in questo caso, perché il vostro Spirito ha una sua coscienza e una sua intelligenza: non è uno Spirito che sta dormendo o uno Spirito che è completamente stordito. È uno Spirito pienamente cosciente, il quale, intorno, vede e avverte la mia presenza, il mio messaggio, e può avvertire la necessità di coglierlo nelle sue sfumature più materiali e impadronirsi meglio di questa meccanica di trasmissione, raggiungendo la vostra coscienza in una misura più accentuata che non in altre circostanze.
E dunque il discorso è diverso quando io dico: ma in questo momento, voi che mi state ascoltando, voi non siete materia. Infatti, se foste soltanto voi materia, che senso avrebbe il mio discorso? A chi parlerei? A delle mummie che si muovono e che vivono. Cioè, che significato darei a questa mia presenza? Cosa verrei a farci io? A parlare semplicemente a ciascuno di voi costituito da tanti chili di carne e ossa? In realtà voi non mi interessate come uomini, non mi interessate affatto, perché essendo prevalentemente materia non avete alcun significato per me. Se avete un significato è perché, attraverso questa materia, altri nostri fratelli o, diciamo pure, altri nostri amici, nostri e vostri, cioè altri esseri spirituali stanno qui in attesa. E perché stanno qui in attesa? Perché nel momento in cui sono venuti sulla Terra, nel momento in cui siete venuti sulla Terra, voi avete lasciato il nostro mondo e, avendolo lasciato, avete dimenticato com’è fatto questo mondo o se esso è intorno a voi.
Siete limitati, perché vi siete limitati nel momento in cui avete scelto di venire su questa Terra. E io vengo per ricordarvelo questo vostro mondo, per farvi capire che se siete in Terra tutto ciò ha un carattere provvisorio, e se voi lo volete capire, bene, e se non lo volete capire ci rivedremo dopo, quando sarete morti. Questo è il discorso che sto facendo a voi Spiriti, non a voi uomini; e non mi interessa se questo messaggio lo potete ricevere con il sorriso sulle labbra, o con l’accettazione o con la gioia o con ironia o con scherno. Non m’interessa, perché non sto parlando a voi uomini vestiti con giacca e pantaloni, oppure con gonna e scarpe. Io sto parlando a Spiriti ed è un messaggio riservato e personale, direi, e voi questo non lo potete capire, voi uomini, adesso.
Non lo potete capire completamente, perché voi non sapete fare la distinzione tra ciò che siete dentro, a livello di questo famosissimo inconscio, e ciò che siete fuori a livello di questa vostra coscienza, che sembra saper tutto e decidere e valutare e vagliar tutto; e invece non vagliate che ben poco, ma tutto ciò è ugualmente utile. Perché? Perché tanto maggiore è la vostra coscienza di uomini, tanto meglio si troveranno gli Spiriti che vengono in voi uomini e quelli che verranno dopo; e dopo può darsi che ritorneremo anche noi.
Può darsi che io ritorni un giorno e che voi ritorniate un’altra volta, e che quello che stiamo facendo adesso e che fanno gli altri uomini, e i progressi che fanno gli altri serviranno a noi; e, in fondo, potrebbe esserci una finalità anche egoistica in tutto questo, perché per noi, ampliando la conoscenza e dandovene, ci prepariamo la vita che potremo fare tra cento o duecento anni, chissà quando, o forse mai. Ma non ha importanza perché, o noi o altri, ci sarà comunque qui lo Spirito, altri come noi. E questo conta.