L’AREA INTERIORE.

areainteriore

(La comunicazione nel testo originale appare autonoma, non compare cioè una domanda specifica riguardo al tema trattato, ma il testo è evidentemente un richiamo a precedenti comunicazioni. – Nota del curatore.).

A. – Riallacciandomi parzialmente a quanto ho detto altre volte, dovete intendere che la questione del vostro limite, della vostra limitazione, è in parte fondamentale, perché c’è sempre qualcosa che per ciascuno di voi non si dice, che non si può dire perché non l’intendereste.

In un certo senso questa è una vecchia questione filosofica; tuttavia, specialmente nel corso degli approcci a problemi che esulano dal tangibile, si va oltre, sempre più oltre come noi abbiamo tentato di fare, portandovi un po’ alla volta sempre più avanti; e più avanti significa oltre i vostri limiti, per spostarli. Ma c’è sempre qualcosa che non si dice e che poi si dice ogni volta che i vostri limiti si spostano.

Questo è molto chiaro, indubbiamente, e anche molto semplice a capirsi. Però, pur essendo così chiaro e così semplice, pone un grosso problema filosofico, perché è una questione che interessa in genere la vita dello Spirito e non è quindi una peculiarità dell’essere umano. Anche lo Spirito deve necessariamente seguire questo discorso sul suo limite, che poi è stato da me rappresentato in passato come un grande giardino con un muro di cinta, nel quale ciascuno crede di essere libero, mentre non sa quello che c’è oltre il muro di cinta, perché non l’immagina, perché non gli si presenta affatto il problema, perché non è neanche in grado di vedere il muro di cinta…

Lo Spirito (e quando parlo dello Spirito intendo parzialmente anche l’uomo), l’essere intelligente ha molte possibilità per spostare questo limite; la prima è data dalla sua preparazione. Tale preparazione non è strettamente indispensabile, ma certamente, conoscere i termini del problema, conoscere i limiti di sé stessi, anche da un punto di vista proprio di didattica, di funzionamento, secondo le proprie capacità psichiche, è già qualcosa.

Certo, il primo limite è dato dall’ignoranza, intendiamoci. È vero – come abbiamo spesso detto – che non è la cultura che fa l’evoluzione, ma certamente un tipo di cultura aiuta a conoscere una parte di sé stessi e a considerare con migliore disponibilità tutte le altre parti, in maniera da avvicinarsi al proprio limite, alle proprie estreme possibilità del momento. C’è poi la pratica della vita, che è pratica dell’esperienza ed è pratica della cultura assunta teoricamente; poi ci sono i rapporti con gli altri. Sicché, in tutto un molteplice articolarsi di eventi, è possibile innalzarsi al di sopra delle convenzioni.

Perché, vedete, l’ostacolo maggiore dell’espansione dello Spirito è dato dalla limitazione della libertà individuale: intendo la libertà interiore, non quella formale, esteriore della società, ma la possibilità di poter spaziare in se stesso, di poter inciampare nelle remore, nei limiti occasionali, negli pseudo problemi, nelle pseudo morali.

Avere una disponibilità ampia, dentro, significa potersi librare, poter salire, poter raggiungere, anche attraverso l’utopia, un esercizio prima mentale e poi spirituale, capace di far raggiungere i limiti personali.

Il limite non si scavalca, il limite si sposta. Lo scavalcamento non è una cosa comprensibile, tanto più che non si tratta di barriere che si frappongono dall’esterno, perché esse sono tutte all’interno dell’individuo. La legge dell’evoluzione, per esempio, non pone delle barriere; non esistono barriere davanti allo Spirito, non esistono ostacoli da superare, da scavalcare come muri. Tutte queste cose: barriere, ostacoli, muri, sono dentro ciascuno di noi, siamo noi che abbiamo il nostro muro di cinta, cioè abbiamo – direi – l’”orlo” del nostro Spirito invalicabile, l’orlo che è il limite, il perimetro entro il quale c’è il nostro contenuto. Naturalmente la nostra espansione porta a una dilatazione che non è in senso meccanico, cioè in senso geometrico, ma in senso qualitativo.

Ora, poiché tutti i limiti sono dentro allo Spirito e nessuno fuori, è lo Spirito stesso che determina la sua evoluzione, ma non rispetto a qualcosa, perché l’evoluzione non procede per termini di paragone: io sono meno o più evoluto dell’altro. Questo non esiste. Ciò significa che obiettivamente non esiste una scala di valori, ma che essa esiste soltanto quando si pone nel relativo, soggettivamente, un rapporto tra gli esseri. E, questo l‘abbiamo detto, rispetto a Dio il valore può essere assunto come zero, anche se preferisco il numero 1. Dunque, la questione è che essendo tutti gli ostacoli dentro di noi, la nostra evoluzione è legata all’espansione di questa nostra struttura, che per evolversi ha bisogno di questo impatto con l’Universo, il quale impatto crea una serie di interrelazioni che sviluppano l’evoluzione. Ecco dunque la necessità di crearsi un mondo interiore ben definito.

La maggioranza degli esseri umani un mondo definito non ce l’ha dentro. Provate a chiedere a qualcuno: – Ma tu, che sei dentro? Come ti puoi qualificare? Quali sono, dentro, le tue possibilità, i tuoi limiti, i tuoi programmi, i tuoi desideri, quello che tu ragionevolmente dovresti fare in base a ciò che sei dentro? – Nessuno sarà in grado di darvi una risposta.

L’essere umano in particolare (e potrei dire fino a un certo punto anche l’essere spirituale), vive in una sorta di indeterminatezza, di improbabilità, di incertezza, possiamo dire; ma questo può assumere un significato più equivoco. Diciamo allora di indeterminatezza, perché è l’autodefinizione che è importante. Come il poter avere una propria “area interna” quasi franca e libera, una propria “area” nella quale poter spaziare; non intesa come un’isola-ancora di salvataggio, ma intesa come un’area nella quale far confluire tutti i vari elementi, in maniera tale che essa possa rappresentare l’elemento di verifica, la cartina di tornasole, perché nel corso della sua lunga vita l’uomo incontra una serie tale di eventi che non sa come classificarli; egli non è in grado di stabilire niente, anzitutto perché questi eventi gli cadono addosso, gli piombano dentro senza che lui sappia dargli un significato, una qualificazione: mi accade questo, mi accade quest’altro, apprendo quest’altra cosa. Tutto giunge dentro in maniera informe, in maniera caotica, imprecisata, inqualificata. Tutto questo materiale come devo utilizzarlo? Come devo qualificarlo? Qual è la mia cartina di tornasole?

L’area interna deve diventare un’area privilegiata, deve diventare una zona piuttosto ampia, come una sorta di piazza con tante strade che vi giungono, e via via che arrivano dalle tante strade tante carrozze, tanti uomini, tante cose, bisogna saperle incasellarle, metterle una dietro l’altra, bene allineate, numerate da poterle poi utilizzare all’occorrenza secondo una logica che si svilupperà all’interno di questa straordinaria piazza che deve essere dentro di voi.

Cioè, è veramente importante, a un certo punto, capire come tutto possa e debba entrare “dentro”, come debba essere classificato. Indubbiamente questa piazza di cui parlo, questa area libera, dentro deve anche assumere altri significati; avere la possibilità di assorbire tutto quanto il mondo dà, senza gridare, senza piangere, senza ridere e cioè con la imparzialità e la freddezza della coscienza dello Spirito che affronta una sostanza estranea allo scopo di capirla.

In definitiva questo dovrà trasformarsi in un segno di grandezza perché, guardate, noi abbiamo sempre parlato in termini brutali della materia, noi vi abbiamo sempre detto: la materia è niente, usatela, fatene quello che volete, è lo Spirito che conta, ma adesso è bene aggiungere un’altra cosa…

In questa zona franca dentro, che è poi la chiarezza di visione vivida dello Spirito – o almeno prossima allo Spirito – voi amministrate tutto quello che entra, ma lo dovete amministrare con la forza, con la dignità, con la decisione, con la grandezza di sapervi spiriti, non ignorando che questi elementi sono a vostra disposizione, che sono una parte di Universo la quale è disponibile perché inqualificata. Tra noi e l’Universo questa differenza c’è, il che non significa porsi su un piano di superiorità, ma semplicemente conservare la propria grandezza di Spirito, che poi si trasforma all’atto pratico, diciamo, in una sorta di dominio della cosa, anche nella coscienza di essere parte di Dio (Cioè per “conoscere Dio”. – Nota senza riferimento.).

Ora, avere questa libertà interiore significa avere una grandezza interiore; libertà interiore che non deve significare anarchia, ma che deve significare spazio, disponibilità a poter percorrere questo spazio con estrema lucidità, a non lasciarsi coinvolgere, ma a coinvolgere; cioè a non perdersi, perché l’essere che si perde dentro, poi altera ogni cosa: è come se camminasse per il mondo con lenti affumicate. Bisogna conservare una distanza con le cose, utilizzarsi al massimo, ma distaccarsi: è cioè, appunto, quello che diceva il saggio: “Né per i vivi né per i morti i saggi menano cordoglio”. (La citazione dell’Entità Andrea è tratta dal Bhagavad-Gita (Lett. “Canto del Beato” da ciò la forma maschile qui usata per tutte le citazioni. – Nota del curatore)), Cap. 2, verso 11, testo sacro – anche se non canonico – della tradizione Bhakti (devozione) induista, e si riferisce a una frase che il Dio Krishna (Lett. “scuro” poiché tradizionalmente raffigurato in colore blu, il nome è qui reso con una delle grafie meglio conosciute e pronunciabili . – Nota del curatore) rivolge al principe Arjuna in forma di rimprovero per la sua carenza di vera e profonda conoscenza e per la sua mancanza di distacco dalla materia del corpo. In questo senso la citazione è straordinariamente appropriata al tema trattato. – Nota del curatore.).

Avere la lucidità di capire l’importanza dell’esperienza, senza esserne travolti al punto da far cessare l’attività critica che deve svolgersi all’interno di questo spazio, in assoluta disponibilità e libertà. Naturalmente non tutti sono capaci di far questo. Perché? Perché certamente la vita vista così è una vita in un certo senso faticosa.

Vedete, sbagliano coloro i quali ritengono di aver capito che, per esempio, il nostro insegnamento porti a fare i comodi propri. Sbagliano e certamente non hanno capito il senso dei miei precedenti interventi. Significa, sì, poter far tutto ciò che si vuole, ma a una condizione: che ciò che si vuole sia comunque avvertito, sia comunque profondamente desiderato, sia necessitato, sia cioè un’esigenza che provenga da zone profonde o superiori.

Nessuno può imporvi di mangiar carne se non ne avete voglia, e nessuno può imporvi di mangiare se non avete fame, questo sia ben chiaro, che altrimenti si verificherebbe l’opposto e cioè una coercizione della volontà per una libertà che ciascuno sente in una maniera molto elastica, a seconda della sua evoluzione, della sua preparazione, della sua vocazione, e di tante altre cose che è inutile stare a elencare. Cioè ciascuno di voi deve muoversi in base a ciò che è, non in base a ciò che vorrebbe essere e non è, e non ha affatto dentro di sé; ecco l’importanza di capirsi bene: – Io, che cosa sono? Quanto valgo? Se per far questo devo verificarlo, la verifica deve essere fatta con coscienza, con critica autentica, conoscendo le proprie debolezze e anche la propria forza. L’importante è conoscersi.

Come vedete, ritorniamo sempre ad alcune affermazioni-base che abbiamo sempre sostenuto: conoscere sé stessi, non come un fatto formale, ma come un fatto sostanziale…

… Scendere in sé stessi, coinvolgersi con la materia, con lo Spirito, compartecipare; e tutto questo è facile e difficile nel contempo; è facile perché molti hanno già la disposizione naturale, ma per gli altri può essere difficile e allora, prima di affrontare la vita nelle sue forme più complete o più difficili, bisogna analizzarsi, capire, tenendo saldo il principio di non coinvolgere chi non ha la stessa capacità e la stessa preparazione.

Gli uomini sulla Terra, certo, sono molto limitati; talvolta sono costretti a rinunciare a una parte di sé stessi a causa dell’intreccio con altri interessi, con altre persone che si incontrano nel corso della vita. Nel corso della vita voi date luogo a tanti fenomeni: date luogo alla famiglia, alla società, alla nazione, ai rapporti tra nazioni; sicché, in realtà, volendo rispettare tutto e tutti sembra che veramente abbiate uno spazio eccessivamente limitato o nullo.

Certo, mi rendo conto di tutto questo; ma mi rendo conto anche di un’altra cosa, per esperienza diretta, perché conosco gli spiriti che vengono sulla Terra, so cosa sono, cosa valgono, qual è la loro evoluzione, quali sono i loro programmi, cosa vorrebbero fare e non fanno e so quello che possono dirmi dopo, quando lasciano la Terra, nel momento in cui si fa il bilancio della vita. Dunque, so anche che gli esseri umani con il loro Spirito, non sono ciò che sarebbero se avessero quella libertà interiore di cui sto parlando.

Ma la maggioranza degli esseri umani vive una vita fittizia, una vita anomala legata quasi esclusivamente alle strutture, le quali sono, appunto, tutte le leggi, i comportamenti, le maniere, i galatei, i rispetti1, le forme, scritte e orali legiferate o meno. Gli uomini si comportano secondo alcuni stereotipi che non corrispondono alla loro natura interiore, non diciamo spirituale, ma nemmeno biologica. D’altra parte non faremmo questo discorso se non avessimo già avuto, nel corso di lunghi secoli, al nostro fianco il pensiero di alcuni di noi che l’hanno capito fino a dar luogo alle attuali e moderne scienze, per cui effettivamente l’essere umano è un essere compresso che non vive secondo i suoi desideri, ma secondo certe convinzioni e convenzioni.

Ora, dunque, il punto è questo: certamente sulla Terra c’è una buona percentuale di esseri spirituali che possono pensarla come voi, semplicemente perché essi non hanno l’occasione di pensarla diversamente da voi: cioè essi non sanno quello che valgono e quel che potrebbero fare.

Non c’è molto da fare, in realtà, per modificare la situazione e ogni cosa procede secondo il suo tempo storico. Voglio soltanto dire che voi dovete sempre agire in maniera da non guastare l’ordine, sia pure falso, degli altri. Questo non deve però significare rinuncia, perché può darsi che sia più facile di quanto pensiate coinvolgere altri a crearsi quell’isola interiore che corrisponde alla natura dello Spirito.

Io dico questo: il discorso che sto facendo, dal vostro punto di vista lo definirei senz’altro pericoloso. Dal vostro punto di vista un discorso come il mio si presta a molti arbitrii.

Naturalmente io sono sempre perplesso quando parlo di un certo tipo di libertà o della libertà in genere per l’uomo. Voi in genere parlate di libertà con molta facilità, la perseguite da un punto di vista filosofico, da un punto di vista politico ecc. In nome della libertà voi magari fate le rivoluzioni, le guerre, vi fate massacrare, distruggere, però non sapete cosa significa “libertà”. Per voi la libertà è – che so – poter parlare liberamente, poter scrivere liberamente, poter fare gli artisti liberamente, poter insomma fare alcune cose piuttosto esteriori, e tutto sommato alcune volte anche piuttosto banali: per voi questo è la libertà, come poter eleggere – che so – i vostri rappresentanti, e poter fare alcune cose, ma oltre questo elenco, tutto sommato, non riuscite ad andare.

Ora voi potreste dire; – Ma non ti sembrano queste cose veramente importanti?

Io non saprei cosa rispondere, anche se debbo dire che, sì, esse sono certamente anche importanti, ma la libertà non è questo; la libertà è proprio quella cui alludevo: la libertà interiore, quell’area interiore.

La possibilità di pensare non è una libertà, e diciamo che la libertà viene prima; è la capacità di pensare, non la possibilità: la capacità. Perché voi potete essere liberi quanto volete, ma se non sapete cosa farvene di questa libertà, perché la esplichereste soltanto per alcune banalità, apparirà più importante la capacità di usarla dentro con l’ampliamento del vostro pensiero, con la possibilità di spaziare entro le cose e gli altri in maniera di avere un ampio campo di comprensione che poi è un ampio campo di umanità, dentro. Che poi sussista la libertà dell’uso, questo è un problema secondario.

Vedete, questi sono i vostri errori di democrazia, nel concetto sbagliato di libertà. Le vostre grosse parole non servono a niente, perché voi cercate la libertà seconda; della libertà prima, quella autentica, non vi passa neppure per la testa che possa esistere, cioè non ve ne importa niente, perché ritenete di averla già, invece non è così.

Voi ritenete di essere liberi solo perché potete parlare e dire tutte le cose che vi passano per la testa; ma quali cose dite? In prevalenza sciocchezze, in prevalenza cose poco sensate, in prevalenza cose inutili, perché non avendo quella capacità di cui dicevo, non essendo capaci cioè di ampliare il vostro limite, voi che cosa esprimete dalla porzione angusta che avete dentro? Una cosa alquanto banale e limitata.

Certo, io capisco come, per esempio, l’arte in genere possa avere e fruire già di questa capacità, di questo spazio libero. Appunto per questo genialità e arte sono state in genere avversate dalla società, perché esse, possedendo questa famosa “area interiore”, sia pure caotica e comunque indecifrata, hanno tentato di travasarla nelle città, negli stati, quindi negli interessi pianificati degli altri creando appunto determinati dissensi.

Ma la questione di cui abbiamo parlato questa sera è proprio questa: la questione della libertà è una questione di capacità interiore che uno ha o non ha; sicché tutte le altre libertà sono pseudo libertà, corollari di qualcosa che dovrebbe esserci e non c’è; ecco perché insisto tanto sulla questione della “qualità interiore”.

La qualità interiore, naturalmente, mi interessa per la chiara ragione che per me significa maggiore contatto dello Spirito con la materia. Cioè, c’è un piano in quello che sto dicendo, perché lo Spirito indubbiamente deve poter fruire di questa maggiore libertà; è chiaro che possedendo l’area interiore di cui dicevo, esso penetra con più completezza e facilità. Qui risuoneranno stimoli maggiori. I famosi “segnali dello Spirito” possono trovare così non già un inconscio informe, ma un inconscio trasformato in area interiore di confluenza di tutti i segnali, per capire anche il senso del limite interiore, operando certi spostamenti, certe chiusure o aperture, muovendosi “dentro” con libertà.

Queste cose sembrano difficili, eppure sono estremamente semplici, ma forse diventano difficili a realizzarsi.

Io mi rendo conto di come sia facile scambiare questo discorso pratico per un discorso teorico; così come mi rendo conto del come, per molti di voi, tutto questo resterà – se resterà – un discorso valido come un altro, perché voi pensate che soltanto conoscere alcune cose possa essere utile.

Io nego l’utilità della conoscenza quando essa resta un fatto teorico, e la nego anche perché essa è un fatto esclusivamente umano; come tale devo negarle il valore di conoscenza universale. Ora, se le cose che ascoltate vi restano soltanto come fatto teorico e continuate nei vostri comportamenti, io devo dire che tutto questo non ha valore.

Per esempio, voi pensate veramente che le cose che io sto dicendo questa sera serviranno al vostro Spirito quando non ci sarà più il corpo? No, esse servono soltanto adesso; dopo, di queste cose non saprete cosa farvene, perché queste cose (specialmente quello che ho detto questa sera sullo “spazio interno”) servono allo Spirito soltanto quando è incarnato, perché quando è disincarnato esso è tutto spazio interno, cioè lo Spirito è esclusivamente verità. Qualunque sia il suo grado di evoluzione lo Spirito è sempre nella sua verità che, posta in quella dimensione, è completa e assoluta.

Ecco che, dunque, la distinzione che esiste tra una teorica che può riguardare la cosmologia, quando noi affrontiamo delle problematiche dello Spirito viste per lo Spirito puro e, invece, una verità che concerne lo Spirito quando è a contatto con l’Universo (nel vostro caso con la Terra), perché allora il funzionamento è diverso.

È chiaro che io devo dirvi le cose che possono servire al vostro Spirito perché è incarnato, e non posso dirvi delle cose che non vi riguardano direttamente; non posso dirvi cioè cose che non interessano minimamente questa vostra sezione evolutiva. Devo quindi interessarmi dello Spirito a contatto con l’Universo, naturalmente con le precisazioni e gli allargamenti che abbiamo fatto per uno Spirito visto nella sua estemporaneità universale, sempre però tenendo d’occhio la questione che siete degli spiriti incarnati, da cui deriva la necessità di crearsi un rapporto autentico e non di vivere così alla giornata. Cioè, vivere per vivere, vivere tanto per fare una cosa, vivere tanto perché siete nati e non sapere cosa altro fare, vivere così perché, tanto, ormai vi ci trovate… e naturalmente vivere così senza avere la minima idea di quello che succederà dopo, come accade alla quasi totalità degli uomini.

Si capisce anche che di fronte a questa situazione, il mettersi a urlare, a singhiozzare, a piangere, perché una persona muore e non si sa più che fine abbia fatto, tutto questo dolore davanti alla morte non ha importanza, e a noi non fa né caldo né freddo. Perché viste le cose come noi ve le stiamo dicendo, vi rendete conto anche voi di come uno Spirito non possa minimamente titubare davanti alla morte, davanti alla vita, voi capite che si tratta di una catena gigantesca… Cosa volete che sia di fronte a tutto questo una persona che muore, una persona che nasce! È uno Spirito e basta, come tale rispettato al sommo grado, ma come materia non più della materia.

Ecco allora che bisogna dare importanza a certe cose e sminuire l’importanza di altre. Un essere che nasce è uno Spirito il quale deve effettuare le sue scelte e i suoi programmi in base a un piano di conoscenza, un piano di ampliamento della sua struttura spirituale. È cioè un essere che proviene da Dio e come tale amato come un proprio simile, considerato proprio fratello, ma che poi ha bisogno di sviluppare la sua individualità, la sua spiritualità, e apprenda subito l’esercizio interiore della ragione, dell’intuito, in uno “spazio” autonomo, suo.

(Pagina bianca non numerata di fine fascicolo. – Nota del curatore.)

1 La frase va intesa bene e non equivocata. Qui per esempio i “rispetti” si riferiscono a comportamenti formali della socialità e non alle forme “spirituali” che devono invece sempre e necessariamente porsi in atto verso il prossimo, per “rispetto spirituale” s’intende non fare violenza al prossimo, non recargli danno, non ostacolarlo ecc. Cioè si deve sempre riconoscere negli altri la loro condizione di spiriti che ugualmente fanno un’esperienza sulla Terra. – Nota del curatore.