RECUPERO POST–MORTEM DELL’IO INTEGRALE.

io integrale

(Nel testo originale non appare la data della comunicazione. – Nota del curatore.)

D. – Noi abbiamo già fatto altre volte una conversazione su ciò che succede subito dopo la morte alla personalità umana. Tu, in particolare, hai fatto una descrizione del genere anni fa, riferita a Te stesso, però mi sembra che le cose siano generalmente un po’ diverse. Forse hai un po’ calcato la mano parlando di senso di disorientamento, di “buio”, di vortice, trattando il quesito di R. che si riferiva al “tempo” ipotetico che dovrebbe intercorrere tra la morte e la presa di coscienza totale da parte del nostro Spirito, cioè la percezione precisa dei riferimenti alla coscienza dell’io autentico…

A. – È da tener presente che vi saranno per voi molte variazioni e reazioni. Queste variazioni potranno essere piccole o grandi, dipenderà da un mucchio di circostanze: prima tra tutte l’evoluzione di ciascuno di voi, la quale – come si sa – è indipendente dal comportamento attuale in Terra, anche se, in un certo modo, esso dà un orientamento. Perché il comportamento – voi lo sapete – è l’effetto di tutta una serie di fatti e di cause, non tutte, sincere in senso spirituale: sono le sovrastrutture che vi portate per tutta la vita e che mascherano l’individuo vero. Sicché, dunque, vi saranno variazioni. Diciamo che in linea di massima esse non saranno grandi perché esiste un ambito evolutivo entro il quale, bene o male, siete un po’ tutti; qualcuno è una punta avanzata, qualcuno è più indietro, ma è da tener presente ancora il resto della vostra vita, che porterà altre variazioni. Sicché, veramente, un bilancio potrà farsi solo all’atto della morte e mai in vita. Molti buoni comportamenti possono rivelarsi fallaci verso la fine della vita, oppure con una tale serie di errori, per cui non dico che si possa andare indietro – perché non si retrocede mai – ma, insomma, si possono creare delle condizioni per cui si determineranno certe variazioni.

    Ora, la crisi della morte e del periodo immediatamente successivo, è generalmente uguale per tutti, ma le variazioni di cui dicevo possono concorrere ad allungare, ad ampliare, a far assumere a questa crisi dei caratteri che si diversificano da individuo a individuo, secondo, appunto, le circostanze stesse della vita e della morte.

     Ora, volendo assumere una media, dobbiamo dire che si verificherà più o meno questo: a un certo punto avverrà la morte fisica, il vostro corpo sarà più o meno spento in senso vitale e l’anima, con lo Spirito, si troveranno per la prima volta in maniera completa, autonoma, senza più l’organo trasmittente, cioè il corpo. Allora (non subito, diciamo dopo alcune ore) accadrà a quest’anima di essere come risucchiata, allontanata. Questa non è una regola fissa per tutti. Diciamo che ciò generalmente avviene, in modo da creare una distanza dalla Terra, una effettiva separazione spaziale. A quel punto avverrà, soprattutto per lo Spirito, che cadrà sul tutto come una cappa nera. Ciò significa che l’essere spirituale, che sino a quel momento (poniamo 24 ore, 48 ore, tre giorni dopo la morte) avrà avuto coscienza della sua fine, la coscienza confusa di una morte che può non percepire in maniera precisa, avrà la tipica sensazione di un addormentamento profondo che sarà preceduto da una sorta di “risucchio” entro se stesso. Diciamo che il tutto potrebbe anche corrispondere a una sorta di vertigine. Questa “vertigine” non deve essere intesa in senso fisico, diciamo che è uno sbandamento, come quando ci si trova su una barca in mezzo alle onde e si avverte una vertigine con nausea. Le cose non staranno proprio esattamente così, ma diciamo ancora che vì sarà una sorta di malore e che questo addormentamento profondo avverrà piuttosto rapidamente. “Rapidamente”significa, secondo il tempo umano, in uno spazio di pochi minuti. Questo addormentamento durerà, rispetto al vostro tempo, da un mese a tre mesi circa. Potrebbe essere di più, ma dico che, in genere, per quanto riguarda voi, non dovrebbe discostarsi da una media di un paio di mesi.

     Che cosa avviene in questo periodo? L’anima, essendo una sovrastruttura di origine psichica, in realtà non cade nella stessa forma di sonno, cade soltanto in quella che potrei definire una sorta di deliquio, di smarrimento; perde la sua compattezza e si ritrova brancolante, si ritrova ancora secondo una sua logica di tipo animico ma gravemente alterata. È come se le si fosse spenta la vita. Il trauma per l’anima è doppio; l’uno per aver perso il corpo e l’altro per aver perso lo Spirito, sia pure provvisoriamente (È importante qui ricordare la netta distinzione che l’”Entità Andrea” fa tra Spirito e anima – v. Rapporto dalla Dimensione X, Ed. Mediterranee, Roma, 1973 – ndr.). Sicché essa si trova in una situazione che a tratti potremmo definire penosa, sennonché la pena non ha ragione di essere inquantoché il pensiero ha perduto unità e non vi è comunque trasmissione di dolore in nessun posto, non vi è coscienza del dolore, vi è come uno stato di subcoscienza, come in un individuo che sia in una semi-narcosi. Questa condizione stranita dell’anima tuttavia non dura molto, perché voi capite che quando parlo di due o tre mesi di sonno dello Spirito mi riferisco al tempo vostro, ma esso non corrisponde al nostro. In realtà si tratta di una condizione di stasi in cui la nozione del tempo, non esistendo, non rende percepibile e cosciente lo smarrimento ma crea come un’ondulazione di smarrimento che c’è, ma immediatamente scompare. Perché è in questo frattempo – dell’immediatamente – che è passato il tempo cosmico. È passato così il tempo dello Spirito, che non può essere paragonato al vostro: il riferimento ai mesi è puramente indicativo, in realtà lo Spirito che possiede l’io, cioè il senso della propria presenza a un livello spirituale, cade in questa specie di sonno dal quale si risveglia come se esso fosse durato soltanto un attimo. Non c’è una misura temporale di riferimento, per cui io parlerei proprio di una sorta di “ondulazione”. Lo Spirito sprofonda e risale: c’è il frammento di un attimo in cui lo Spirito ha la percezione soggettiva che vi sia un punto neutro, cioè il sonno puro, senza perdere totalmente la coscienza del proprio io, ma soltanto perdendo momentaneamente la “conoscenza” di questo io, ed ecco che all’io esso risale immediatamente per ricostituirsi come personalità.

     Per tentare di capire questo cercate d’immaginare qualcosa del genere che vi può accadere durante la notte. Durante la notte vi sarà certamente capitato di compiere dei gesti e tuttavia di non ricordarli lucidamente al mattino, ma soprattutto vi sarà capitato di compierli in una sorta di sub-sonnolenza e di aver coscienza, nel corso del sonno, di star compiendo quel gesto per poi rientrare subito nel sonno, c’è stato cioè un momento di conoscenza, di identificazione. Ora l’identificazione, cioè restare legati al proprio io, subisce una sorta di violenza, di addormentamento, con una caduta rapida che sfiora il nulla, ma che non lo impatta completamente, sicché nella condizione di sonno profondissimo, nel momento in cui la struttura dell’io sta per perdere il senso di sé, risale immediatamente. In questo intervallo, durante lo svolgersi di questo fenomeno che si produce nello Spirito, accadono moltissime cose di cui lo Spirito non è cosciente. Intendo dire che esse accadono senza la volontà dello Spirito, mentre dipendono dalla sua stessa struttura. Sono molte e alcune si possono anche dire, tutto sommato… Molte le conoscete. Anzitutto, in questo periodo avviene una serie di fenomeni a livello strettamente spirituale. Per esempio, voi sapete che lo Spirito nel momento in cui s’incarna perde la memoria del suo passato. Ora, nel momento in cui si verifica il fenomeno che ho descritto, tale memoria ritorna. Lo Spirito è come se rivangasse in se stesso il proprio io, la propria struttura che era stata tenuta in condizione di sonnolenza, di stasi. Ritorna il passato. Le esperienze che erano passate allo Spirito (alcune isolatamente) vanno a strutturarsi col passato, a saldarsi a esso, inizialmente in maniera incoerente, mentre nel corso della risalita dal punto zero, dal punto neutro, esse si saldano compiutamente, come un autentico miscuglio chimico (Cioè con una amalgamazione perfetta e totale. – Nota del curatore.), per cui la risalita corrisponde alla nascita di uno Spirito nuovo o, se vogliamo di uno Spirito diverso da quello che era al momento in cui si è verificata la morte del corpo. Perché è uno Spirito che rinasce col suo passato, con le sue esperienze antiche, con la sua evoluzione completa e integra quale non si era manifestata nel corso dell’ultima vita, perché nell’ultima vita egli aveva sezionato se stesso in maniera da assumere sulla Terra quel gruppo di esperienze che gli interessava, senza riversarvi la serie delle esperienze passate, ma riproponendosele come fatti nuovi, da riverificare; in cui l’evoluzione agiva sì, ma come spinta, come valore, non in senso quantitativo. In altri termini, nel corso di questa discesa e risalita, lo Spirito ritrova se stesso. Ma si verifica ancora una cosa più importante: lo Spirito riprende la sua dimensione, non solo in sé ma fuori dello spazio e del tempo.

       Nel momento in cui egli risale riprende i contatti con l’anima; nel riprenderli c’è un momento in cui egli ritorna alla sua lucidità, e allora l’anima è quell’ombra che non gli corrisponde nemmeno più. Di quell’anima egli, dunque, comincia a operare uno smembramento, perché nel momento in cui egli riacquista lucidità ritrova il patrimonio di se stesso, la sua intelligenza, comincia cioè immediatamente a riprendere il cammino dell’evoluzione. E lo fa reimpostando l’anima, cioè eliminando dall’anima quello che non gli potrà più servire e conservando ciò che potrà ancora servirgli. Ora, è chiaro che, vi saranno cose che lui non saprà esattamente se saranno utili o meno, ma vi sono certamente cose che non gli potranno comunque servire più.

      Tanto per cominciare – io mi riferisco sempre alla vostra evoluzione da cui ciò dipenderà – potrà non servire più la logica del linguaggio, potrà non servire più la vostra serie di elementi conoscitivi, dipendenti esclusivamente dalla Terra. Ora voi vi accorgerete come a questo punto questo Spirito sia già una cosa molto diversa da quello che era in Terra: cioè veramente lo Spirito è diventato un’altra cosa, è un altro essere: a quel livello in cui la proiezione è esclusivamente fuori della Terra, dove il campo di osservazione è un campo di osservazione non più umano, enorme, vasto, ampio; in questo immenso campo d’energia che è l’Universo c’è la moltiformità di questi esseri spirituali, strutture energetiche personalizzate, autonome, in un campo d’energia che per tanti versi somiglierà alla struttura di questo Spirito. Vi rendete allora conto di come il guardare indietro diventi in atto elementare che può lasciare nella completa indifferenza quello Spirito? C’è anche da dire che, riacquistando il suo stato, il suo passato e le sue qualità di essere autonomo, lo Spirito riprende il possesso delle sue conoscenze di essere spirituale. In quella condizione di tempo/non tempo – come io la chiamo, perché è una condizione di non tempo da un lato, e una condizione “semitemporale” quando egli guarda indietro (cioè quando analizza quello che gli è dietro si riporta in “quella” condizione temporale) – egli può ritrovare i legami affettivi ecc. …, che egli vede però in tutt’altra maniera. Ecco che il dolore dello Spirito non esiste per la propria morte, non può esistere, altrimenti tutti farebbero a gara per ritornare verso i propri cari, creando un guazzabuglio veramente formidabile sulla Terra.

      Allo Spirito manca totalmente la dimensione del dolore, della pena. Il ricordo non viene assunto come tale. Che senso ha il ricordo? Il ricordo è il passato. Per lo Spirito non c’è passato, per lo Spirito c’è l’eternità del presente. Non c’è passato rispetto alla Terra e rispetto alla persona che ha amato, perché le persone che lui ha amato non sono passate, sono realtà che di lì a un attimo saranno come lui. Il concetto della morte com’è dimensionato sulla Terra, temporaneamente, non ha senso per lo Spirito. Egli, se vuole, sa che colui, coloro che ha amato, tra un momento saranno anch’essi, attraverso la morte, nella condizione di ricaduta e di risalita e ritorneranno metaforicamente al suo fianco, si riporteranno su quel livello.

      Vedete, gli esseri che s’incarnano sono come dei sassi allineati su di una corda d’acciaio che si tende in tanti punti creando delle anse. Chi sta sul punto alto vede sparire a destra e a sinistra le persone, gli individui, che poi quando la corda si ritende, saranno nuovamente allineati.

    Veramente, dunque, questa sorta di distacco esiste, questa differenza, cioè a dire queste variazioni che si determinano tra il vivente e il morto. Poi vi sono condizioni di vita inferiore; in esse le cadute e le risalite vi sono lo stesso, ma fino a livelli che sono ancora coinvolti nell’umano.

     Io voglio, in un certo senso, allontanare da voi l’immagine un po’ figurata, un tantino poetica, descrittiva dello Spirito. Troppo abituati a vedere lo Spirito col disegno dei fantasmi, queste immagini vi fanno rimanere terra terra e creano un grosso equivoco, quello di credere che la sopravvivenza avvenga con le forme usuali che voi concepite in Terra. E questo è un tipo d’immaginazione frequentissimo sulla Terra, perché non si riesce a immaginare una persona morta diversamente da come la si è conosciuta in vita, o comunque con una certa forma.

     Lo Spirito non ha forma, è pura energia e questo risolve molti dubbi, risolve molte cose. Il fatto che questa energia sia autonoma non è tanto difficile ad accettarsi. In fondo l’energia esiste e la conoscete più o meno bene. È chiaro, d’altra parte, che le variazioni dipendono proprio dalle strutture delle singole personalità, e poiché noi allo Spirito assegniamo un ruolo sulla Terra, il ruolo di guida, di memoria, di stimolo, vi potranno essere ruoli minimi, indubbiamente, che comunque sono ruoli, restando fermo il concetto che la Terra è finalizzata, è strumentalizzata, e che noi l’usiamo per il nostro comodo, voi e noi. D’altra parte abbiamo piena disponibilità dell’Universo. Come strutture autonome possiamo fare quello che vogliamo e quello che crediamo, naturalmente se ciò è giusto, usando l’Universo così com’è attorno a noi, nella maniera che ci è di volta in volta più congeniale, secondo la nostra intelligenza, secondo la volontà e anche l’utilità che riconosciamo all’Universo, e che riconosciamo in base al fatto che le nostre strutture, essendo autonome, si sentono attratte verso quella interpretazione e utilizzazione dell’Universo. Se poi noi diamo una forma a questo Universo, la diamo nel momento in cui codifichiamo i rapporti tra noi e la realtà e riconosciamo il principio di Dio, e non perché ce l’hanno potuto indicare.

     Anche qui andrebbe fatto un altro discorso, perché quando parliamo di Dio abbiamo sempre l’impressione di parlare di questa specie di gran vecchio che è al di là o al di sopra, o in qualche punto dell’Universo. Vedete, questo è un discorso facile e difficile nel contempo. La maggiore resistenza vostra è che siete abituati – pensando a un essere che vive – a pensare ai suoi comportamenti fisici o anche mentali, alla sua identificazione secondo una serie di rapporti sociali, morali, umani, cioè a qualcuno o qualcosa che agisce tangibilmente in una realtà. E allora che la cosa esiste. E, d’altra parte, per voi questa realtà è quella che avete davanti ai vostri occhi, e non vi passa per la testa che la realtà non è solo questa. D’altra parte basta guardare l’infinito, basta guardare semplicemente il cielo per pensare a una realtà diversa dove esseri diversi potrebbero benissimo vivere. La questione è che la vostra difficoltà nasce dal fatto che essendo in Terra avete legami esclusivamente con essa e quindi, ogni altro legame essendovi impedito, voi lo rifiutate perché quella è tutta la vostra realtà. Ma ditemi, perché piuttosto che continuare preferisco che parliate un po’ voi.

D. – Tempo fa, facesti intervenire in seduta per esperimento un’anima, un “guscio animico” che si comportò in un certo modo apparentemente strano e con una logica ripetitiva, come un disco rotto, e via di seguito. Ora, questa apparente autonomia e intelligenza, questa specie di pseudo coscienza del complesso animico staccato dallo Spirito, può manifestarsi così nel momento in cui lo Spirito scende in se stesso, cioè raggiunge il punto zero?

A. – Al limite, anche.

D. – Approfittando di questa momentanea separazione, il “guscio” si avvale di una certa autonomia?

A. – Sebbene io propenda verso il fatto che si tratti di gusci animici abbandonati dallo Spirito, come in genere si verifica, questa struttura animica può persistere per molto tempo e dare anche delle manifestazioni a livello umano. Una volta abbandonata viene come risucchiata dall’orbita terrena.

D. – Come quelle che danno manifestazioni pseudo spirituali risalenti a millenni, a molti secoli fa?

A. – Sì, sono manifestazioni pseudo spirituali, e comunque sempre fenomeni paranormali.

D. – Quindi, evidentemente, questa struttura, anche se in una forma precaria, può mantenersi per secoli, secondo il nostro tempo?

A. – Vi sono casi in cui essa si può mantenere anche per secoli.

D. – Vi sono casi limite?

A. – Diciamo che sono questi i casi limite, ma bisogna che vi sia il concorso di svariate circostanze. Comunque essa può durare molti e molti anni.

D. – Comunque, avvengono cose che colpiscono l’immaginazione dei profani e anche dei meno profani. “Gusci” che si riferiscono a fatti figurati che riguardano la Terra e la sua storia, a personaggi famosi, che quindi si ripropongono a distanza di secoli, poiché evidentemente è assurdo pensare che uno Spirito possa rimanere “stazionario” per tanto tempo.

A. – Certo. Ma lì abbiamo un altro tipo di fenomeno. Possiamo avere Spiriti di evoluzione minore che possono utilizzare dei “gusci animici” per provocare delle apparizioni, dei fenomeni ambientali. In realtà sfruttano il complesso animico così com’è. Ecco che, allorquando si verificano queste cose, vi dico sempre (anche se si tratta comunque di fenomeni paranormali) di non credere a quel che dicono. In quanto ai fenomeni, essi sono ugualmente interessanti.

D. – Perché tali entità mentono?

A. – Non hanno interesse a tenere una conversazione di livello spirituale, hanno solo interesse a farsi accettare, quindi a vivere un certo tipo di esperienza. E questo soltanto; non hanno una finalità spirituale. Per loro non è importante dire delle verità, ma soltanto eccitare l’immaginazione del vivente, “giocare” col vivente.

D. – Possono arrivare a recitare intere commedie d’epoca, diciamo così, immedesimandosi nel personaggio d’un tempo?

A. – Sì, perché quel personaggio, quella struttura animica può proprio avere la memoria di determinati fatti, di determinate cose. Vedete, dal punto di vista umano è più facile credere in questi fenomeni che accettare lo Spirito autentico. Lo Spirito autentico quando viene da voi è spesso pieno di confusione: non ha più memoria, non ricorda più niente, può trovarsi in uno stato di confusione, cioè veramente può passare lui per falso. L’altro, invece ha tutte le arti e la capacità d’ingannare, un inganno in fondo che non produce gran danno, ma ha questa capacità che non è di tipo spirituale.

D. – A che scopo?

A. – Vedi, uno scopo in sé non c’è. In fondo (dicevamo una volta) sono Spiriti i quali intendono ripetere o avere alcune esperienze umane, come nei casi di possessione, di infestazione. Si sentono semplicemente attratti dall’elemento umano, e così cercano di rendersi accettabili e graditi. Cercano quindi quel “rivestimento psichico” atto a sollecitare l’emozione di chi lo vede, di chi lo ascolta: l’interesse, l’amore ecc…

D. – Ma vi sono i casi in cui essi sono addirittura sgradevoli, malvagi…

A. – Naturalmente sì. Non dovete però credere a tutto ciò che c’è nella letteratura. In fondo si tratta pur sempre di cose non frequenti.

D. – Tutto ciò ha anche prodotto una certa retorica suddivisione: anime elette e anime basse…

A. – È anche un po’ l’idea del demonio tentatore, che si rinnova attraverso certi fenomeni della metapsichica…

D. – Lo Spirito utilizza in qualche modo il tempo che intercorre tra la morte e, diciamo, l’assonnamento?

A. – Poiché esso è ancora in possesso di elementi psichici lo utilizza per una rielaborazione della sua vita: osservazione della sua vita, delle esperienze che ha tratto, con una sorta di valutazione che può fare in quel momento soltanto: dopo non sarebbe più in condizioni di farla, perché gli elementi si disperdono, si mescolano, tutta la situazione cambia.

D. – Quindi è in questo periodo che avviene una prima analisi.

A. – Una prima analisi che lo Spirito fa veramente e onestamente. Egli dà un giudizio di se stesso; questo giudizio di sé, poi, subisce il rimescolamento che abbiamo detto. Ora tu vorresti sapere, per esempio, a che punto potrebbe intervenire la cosiddetta pena. Ma, vedi, in questo periodo lo Spirito valuta in un certo senso il “bene” e il “male”, volendo usare questi termini. Poi avviene quello che avviene. In quel momento egli si accorge delle cose sbagliate e delle cose buone, delle cose giuste e delle cose non giuste. Non le valuta obiettivamente, ma col metro della sua evoluzione. Sai che significa questo? Significa che egli le valuta dal suo punto di vista, che è il solo che conti, intendiamoci bene.

D. – Anche se è sbagliato?

A. – No. Vedi, il concetto è questo: se tu fai una certa cosa dal tuo punto di vista, per le tue esigenze, per le tue necessità, per le tue esperienze, essa è giusta, la dovevi fare, era necessario che tu la facessi. Cioè cadono totalmente le inibizioni. Le remore, per lo Spirito, non possono esserci. Non si può fare in discorso di fare e non fare, di compromessi. Il discorso dei compromessi per lo Spirito non si può fare. Non esiste uno Spirito il quale dica: io questo non lo faccio perché non lo devo fare. No, se esiste la possibilità che una determinata cosa si possa fare, lo Spirito la fa, è autorizzato a farla. Forse possiamo dire che ha sbagliato tempo, tanto per parlare di tempo, cioè che non era ancora il suo momento, ma questo è un discorso fatto dall’esterno nei confronti dello Spirito. Nell’Universo, Dio ha predisposto una serie infinita di possibilità; queste possibilità sono tutte quante giuste, perché Dio – come sappiamo – non può aver creato nulla di ingiusto. Quindi tutto ciò che esiste nell’Universo può essere fatto, come possibilità. Ora può accadere questo: che il comportamento di uno Spirito, nel ciclo della Terra, sia stato giusto solo dal suo punto di vista, come un’esperienza che lui doveva fare (abbiamo stabilito che esperienze negative non ne esistono, che le esperienze sono tutte positive). Però, nell’effettuare quella esperienza egli può aver compiuto una cosa che ha prodotto un danno a un altro essere spirituale. Questo può verificarsi, ed è un rischio che si verifica molto più spesso di quanto possiate immaginare: danno a livello morale, fisico, economico, mentale. Un semplice gesto può essere un danno, se vogliamo. Ora egli si rende conto di questo.

D. – Quindi c’è un’autocritica?

A. – C’è un’autocritica. Egli si rende conto di questo, cioè coscientemente, e si accorge che con la sua azione col suo comportamento ha prodotto un danno, non all’uomo – perché in quel momento dell’uomo non gli importa più niente – ma a uno Spirito, rallentando la sua evoluzione, deviandola, rendendola più pesante, creando delle sofferenze anche sul piano umano, ma a livello psicologico-spirituale, insomma può aver fatto qualcosa e questo capita, ripeto, sempre. Ora egli si rende conto di tutto questo, ma non può farci granché: non perché la cosa ormai è fatta, ma semplicemente perché c’è un altro privilegio da salvare: e cioè che quella esperienza egli doveva pur farla, perché è l’esperienza del contrasto con gli altri che gli ha dato in quel momento la possibilità di valutare se da un contatto con gli altri può derivare loro un eventuale danno. Quindi tutto quello che era apparentemente negativo si trasforma in una conoscenza di tipo positivo. A questo punto la cosa finisce lì, voglio dire.

D. – Essa può trasformarsi in dolore?

A. – Dolore è un termine improprio. Diciamo che egli, da essere spirituale cosciente, avverte che da quell’azione è venuto un danno a un altro essere. Il fatto è che a me non piace parlare con termini come “dispiacere” e “dolore”. Diciamo che si crea uno stato “emotivo” che si trasforma in un’esperienza, in una conoscenza. Poi tutto finisce. Quando lo Spirito si è reso conto di tutto questo, l’esperienza finisce, è assimilata.

D. – Può anche non rendersene conto?

A. – Diciamo che può non rendersene conto subito, ma quando se ne rende conto l’esperienza finisce lì, cessa lo stato emotivo, o di dolore, chiamiamolo così per capirci.

     Intendiamoci, lo Spirito non se lo deve portare dietro come qualcosa che possa punirlo. Esiste un piano di razionalità. Nel momento che tu capisci lo sbaglio, basta, finisce lì. Dio non mette la palla di ferro al piede e manda al carcere.

     Però c’è anche il caso in cui lo Spirito non capisca, oppure, se ha una comprensione superficiale, non si rende veramente conto di tutto. Comunque egli non può evitare di cadere nel “sonno” che abbiamo detto. Al riemergere da questo sonno la personalità ridiventa più ampia. Ora, ridiventando più ampia, poiché possono esserci state esperienze precedenti, l’esperienza avuta nell’ultima vita lo Spirito la sente estranea, ancora incomprensibile, e qui siamo di fronte ai casi di vite da ripetersi, perché se uno Spirito non riesce a capire questo, è segno che è ancora all’inizio del cammino. Egli avverte allora come una presenza di conoscenze strane, di cose non chiare, e continua la sua ricerca, naturalmente. Il fatto particolare di quella esperienza tipica è irrilevante, non ha più importanza, cioè l’individuo che sia stato eventualmente danneggiato sulla Terra non è come una pubblica accusa che si ritorca su di lui. No. Lo Spirito è ancora in una condizione d’impreparazione e quindi continuerà normalmente la sua evoluzione: perché ci saranno ancora tante altre cose da chiarire. Voglio dire che quella esperienza negativa, chiamiamola così, non gli peserà come una cappa. Tutto sommato, se ha fatto uno sbaglio e se neppure dopo la morte egli lo capisce, di che cosa lo volete accusare? Egli non poteva far diversamente e nessuno può accusarlo. È come il bambino che rompe il famoso vaso cinese: nessuno potrà ucciderlo perché ha rotto un vaso, perché è un bambino. Così, in quella situazione, nessuno accusa lo Spirito, di niente, quindi egli non può portarsi addosso una sofferenza che onestamente non gli spetta. Sono state azioni che, per quanto “negative”, sono state compiute senza una motivazione spirituale e quindi non meritano alcuna pena.

D. – Hanno così solo valore di cartina di tornasole.

A. – Appunto. Questo poi rientra nel discorso che abbiamo sempre fatto.

D. – Tornando al “guscio animico” di cui abbiamo parlato, dobbiamo dire che vi erano precisazioni da parte sua che potevano far pensare che vi fosse un rapporto cosciente diretto. per esempio il fatto stesso che esso ci abbia detto che un certo “signore” gli imponeva di andar via. Cioè è un modo di parlare che, in fondo, può dare l’idea di come possa comportarsi uno Spirito non eccessivamente evoluto, il quale si trova in una situazione di disagio, precaria…

A. – Vorrei che parlaste a lungo con una struttura animica priva di Spirito, perché soltanto così voi potreste capire bene cosa manca a una struttura animica.

D. – Ma quando essa dà segno di avere un principio raziocinante…

A. – Vedete, il “principio raziocinante” di una struttura animica è, come posso dirvi, una sorta di guscio d’uovo senza l’uovo dentro. Suona vuoto. Questa falsa risonanza sparisce solo nel momento in cui entra in contatto con uno Spirito che vivifica, tonifica, qualifica il raziocinio residuo di quel guscio. Voi potete non accorgervene subito, ma appena approfondite vi accorgete che c’è il vuoto.

    Voi potete dirmi: anche Spiriti di bassa evoluzione possono apparire così. No. Lo Spirito può essere inevoluto finché volete, può essere confusionario, può dir bugie finché volete, può confondere le idee, ma c’è sempre un’intelligenza vigile, precisa. Non confondete lo Spirito con pseudo Spiriti. Lo Spirito può essere inevoluto ma è sempre intelligente, può essere allora giocherellone ma sarcastico, può avere il senso dell’umorismo o una grande capacità discorsivo-filosofica, ma c’è sempre il contrassegno, il marchio dell’intelligenza. Invece, se voi ci discutete vi accorgerete che questa ragione, in una struttura privata dello Spirito, risuona vuota. Dire che non è creativa è dir poco, anche se non ci si accorge subito di questo…