
LE VALUTAZIONI A LIVELLO SPIRITUALE. CONFLITTO TRA ESIGENZE DELLO SPIRITO ED ESIGENZE DELLA
SOCIETA UMANA.
D. – Questa mia è una domanda che può gettare luce anche su certi sospetti del rapporto tra gli spiriti e che può anche contenere uno spunto polemico. Come fa uno Spirito, tu per esempio, a valutare il livello evolutivo di un altro Spirito sia incarnato che disincarnato? Evidentemente l’evoluzione si commisura non solo sui fatti esteriori che possono essere presi dal loro punto di vista formale o qualitativo, ma sappiamo che essa dipende dalla quantità e dalla qualità della conoscenza che ha uno Spirito, che è un patrimonio molto intimo, molto chiuso. Un patrimonio che a volte lui stesso ignora di possedere, con tutta la sua ricchezza di sfumature.
Quindi mi sembra di poter almeno postulare la possibilità e la necessità di penetrare in questa intimità per poter veramente valutare tutti gli elementi che portano a configurare un certo livello di evoluzione. Come avviene questo? Perché qui si sfiora quasi un fatto quantitativo, cioè un rapporto di tipo formale, di tipo fisico. Oppure dobbiamo all’inverso immaginare da parte vostra un potere d’immedesimazione che richiede ugualmente un chiarimento. Tutto questo ridurrebbe la solitudine dell’individuo spirituale, lo farebbe considerare un sistema (cosa già accennata altre volte) molto più aperto di quanto non si pensasse, per permettere questa osmosi a livello intimo, in questa percezione di conoscenza, direi, e dei pensieri più profondi dello Spirito, delle sue tendenze, delle sue segrete volontà dei suoi orientamenti…
A. – Anzitutto esiste in genere la capacità dello Spirito di poter percepire, di poter comprendere tutto quanto avviene e si svolge nell’ambito della propria evoluzione. A questo punto questo parametro darebbe già una possibilità d’interpretazione tra ciò che sta dentro e ciò che sta oltre il proprio limite evolutivo: ciò che sta oltre è “su” e il resto è “giù”. Questa, per se stesso, è una valutazione che lo Spirito fa usando il suo stesso potere che in qualche modo è la sua “vista”, se vogliamo dire così. Egli può “vedere” fino a un certo limite in base alla propria evoluzione.
Ma c’è anche un altro criterio di valutazione che può fornire in qualche modo una spiegazione. Si parte da una nozione di “tabula rasa” dello Spirito, di tipo conoscitivo, formativo, di esperienza, e da una struttura dello Spirito in qualche modo bloccata, raffrenata, potenziale, ma senza alcuna attività attuale di tali potenziali. Questo vuol dire che lo Spirito si presenta a un altro Spirito come una struttura omogenea energetica misurabile. Oh! Non certo con i criteri strumentali e fisici, ma in base alla capacità dello Spirito di poter penetrare la potenzialità di questa struttura per valutarne le parti sperimentate, le parti in attività. Le differenze, riscontrabili rispetto ai propri parametri evolutivi indubbiamente riescono a far stabilire l’evoluzione di un altro Spirito. Una terza possibilità è data dalla valutazione delle reazioni di comportamento dello Spirito nei confronti dell’attività universale in genere. Le reazioni di comportamento dello Spirito in qualche modo collimano, coincidono con la sua struttura, con la capacità della sua struttura e ciò si può “visualizzare” e captare abbastanza perfettamente.
Questo è in qualche modo il metodo più preciso. Per poter fare questo è però indispensabile aver raggiunto un sufficiente grado di addestramento, un “addestramento” che qui coincide con l’evoluzione, è cioè la capacità di poter esaminare e analizzare ciò che è intorno senza che la propria struttura personale influisca sull’interpretazione, onde avere un risultato preciso senza le interferenze della soggettività. Queste tre maniere (e altre ancora si potrebbero escogitare) di rilevamento dell’evoluzione di uno Spirito, talvolta si integrano sino a far giungere a una precisa diagnosi di una situazione evolutiva data. Il termine “preciso” però va contenuto entro certi limiti di variabilità. Nessuno ha mai un “precisa” evoluzione, l’evoluzione è sempre dinamica, dunque variabile, oscillante.
In realtà una struttura spirituale ha sempre elementi in formazione, elementi potenziali in movimento verso un assetto esteriore della struttura. Cioè lo Spirito è un “meccanismo” che si muove e che vive. In questa vitalità egli ha nel suo interno una certa variabilità e una certa oscillazione; perciò è erroneo parlare di “evoluzione uno” o di “evoluzione due”. Noi l’abbiamo anche detto, ma intendevamo soltanto esemplificare certi gradi evolutivi in successione, secondo certi rapporti. In realtà ciascuno è “più o meno uno”, è “più o meno due”, “più o meno tre”…Questo è il criterio di un’evoluzione.
D. – Vorrei trattare un argomento diverso. Nel Bhagavad Gita si legge un’affermazione, e cioè che l’uomo dovrebbe agire per l’azione in sé, non per le conseguenze che da questa azione derivano. Sembra essere questo un punto limite, forse difficilmente raggiungibile sulla Terra, ma comunque questo è un principio universale?
A. – Si agisce per l’esperienza in sé, perché l’esperienza in sé porta una conoscenza che ha un valore autonomo per colui che l’ha prodotta e la riceve.
Infatti noi vi abbiamo sempre detto che non dovete mai agire in vista di qualcosa che poi vi verrà dato in contraccambio, ma che dovete agire soltanto per penetrare la materia, lo Spirito, l’Universo, dunque per l’esperienza, per un’attività che di per sé porta conoscenza per il solo fatto di essere tale. L’affermazione è quindi giusta.
D. – Al limite questo sembra essere un principio universale. È un po’ come l’affermazione del Cristo: “Ama il prossimo tuo1”.
A. – È un principio universale anche se socialmente è piuttosto anarchico, difficile da attuarsi anche se profondamente autentico.
D. – I Maestri che hanno fatto queste affermazioni le hanno fatte sapendo che sulla Terra sono punti raggiungibili o punti limite a cui l’uomo deve tendere, deve guardare, deve mirare? In questo ci sarebbero da eliminare tante cose, non escluso l’orgoglio.
A: E da farne tante altre soprattutto. Un discorso completo investe tutta la problematica umana e sociale, il vostro comportamento, le cose che fate, ma soprattutto il gran numero delle cose che non fate. D’altra parte le difficoltà di questo discorso (che poi rientra pienamente nel principio di materialità) sono dovute al fatto che sulla Terra siete legati, cementati insieme in una pseudo civiltà che poi non è altro che una società la quale vi fa convivere, che vuole da voi certi doveri, soffocando quasi completamente i vostri diritti. Naturalmente tutto questo noi lo sappiamo bene, rientra nel gioco e nell’interesse dello Spirito; cioè a noi, comunque, ci sta bene lo stesso, però a prezzo di rinunciare – come voi sapete – a una grande quantità di esperienze, e la rinuncia a queste esperienze si traduce in un allungamento dei tempi di reincarnazione, cioè siete costretti, e siamo costretti. a venire più volte per colmare le lacune e le deficienze a causa dell’impossibilità di realizzare pienamente le singole vite. Ma resta pure il fatto che così come siete costituiti, tutta una serie di libere attività dello Spirito creerebbero anche molto panico, molta confusione…
In fondo, vivendo insieme agli altri in una sorta di psicologia e di legami degli affetti, voi producete una somma di dolori e di sofferenze proprio in coloro i quali non conoscono la verità e che, non conoscendola, non assimilano. Cioè, la maggioranza degli uomini vive senza la verità, non sa esattamente perché si trova sulla Terra, cosa deve farne della vita, e allora si è creata una maniera convenzionale di vivere in una sorta di pseudo quiete o anche di quiete effettiva che viene rotta ogni qualvolta vi è una rivolta o un’affermazione di diritti, dunque in una fase per così dire rivoluzionaria; non nel senso politico, ma nel senso umanistico, psicologico, cioè di affermazione delle proprie realtà individuali., allora ecco che il compito di colui che guida, di colui che sa, di colui che può agire, è quello di tentare di far evolvere la situazione, cioè di portare la verità, di agire quindi sui livelli culturali e nel contempo di affermare i diritti dell’uomo, in maniera che possano essere accettati senza troppe pene. Ma, naturalmente io sono perfettamente conscio che questa è utopia, e lo è perché chi ha dentro di sé il germe della vitalità e vuole affermare la propria esistenza, i propri diritti naturali, spirituali, o umani che siano, non bada molto al prossimo, né ai legami affettivi, e in questo si afferma una volontà di autonomia dello Spirito, intendiamoci, perché veramente fuori della Terra lo Spirito vive e agisce per sé, in sé, esclusivamente col Sé, senza minimamente interferire o essere impedito da qualsivoglia legame di civiltà, di storia, di culture o di affetti. Cioè veramente lo Spirito è autenticamente libero. Libertà significa che egli si muove, come e dove crede, quando crede, senza dover, scendere a nessun patteggiamento o compromesso con l’estraneità, cioè con la realtà che gli è fuori, anche se noi sappiamo benissimo che la sua giustizia e la sua realizzazione saranno complete ogni qualvolta la sua azione coinciderà con il ritmo della legge universale.
Ma, intendiamoci bene, lo Spirito non è che abbia la possibilità di capovolgere la Legge, anche perché egli stesso fa parte di essa e non può inventare niente che non sia già previsto nell’ambito della stessa Legge universale.
Sulla Terra le cose non stanno naturalmente così, la Terra è una convenzione, la Terra è una realtà più o meno limitata provvisoriamente nello spazio. in una certa situazione fisica che genera quella specie di larve viventi che sono i corpi umani nei quali lo Spirito più o meno agisce o tenta di agire. Quindi il discorso su questi esseri è del tutto provvisorio, voglio dire che quando la Terra finirà come pianeta con i suoi esseri viventi, di voi non resterà più neanche una traccia di polvere nell’Universo, perché non siete mai esistiti in senso universale, eterno, infinito. Non siete mai esistiti come individualità umane e ritornate nel ritmo dell’Universo. È lo Spirito che resta. Se c’è una cosa da dire a coronamento dell’altro discorso è proprio quella di questa distinzione tra l’individualità dell’essere e la genericità per così dire, dell’Universo.
In ogni caso questo popolo di larve umane, di esseri che nascono e muoiono, ha talmente costruito bene il proprio nido che lo Spirito stesso stenta a forzarlo, stenta a ritrovarsi, a muoversi, stenta a esprimere il tono della sua voce. Perché la legge stessa della Terra è larva, è la legge del nido e della natura; è dunque di per sé una legge autonoma che non ha i contrassegni dello Spirito. Essa si muove come legge in base a una dinamica universale, quella dinamica che non ha uno Spirito individuale, ecco perché si muove secondo regole apparentemente ferree nelle quali la logica del diritto dello Spirito non trova posto, perché la logica del diritto dello Spirito è diversa.
Le affinità fisiche, le attrazioni fisiche, la natura di questa materia che chiamate affetti, ostacola, limita il campo dello Spirito. Lo Spirito non ama alla maniera della larva, lo Spirito non è così pronto a concedersi. È un altro amore quello che lo Spirito possiede, o un’altra maniera di comportarsi che si può chiamare amore. Ed ecco che voi incontrate continuamente ostacoli; l’azione da compiere è l’affermazione del proprio io, ma del proprio io spirituale, di quella realtà spirituale che non riuscite a realizzare perché per farlo dovreste ascoltare le molte voci che sono dentro di voi. L’aspirazione di libertà, di autonomia. Ma già l’affermazione di libertà è un segno di evoluzione, perché in realtà è il contrassegno di una capacità di capire e scegliere, almenché la struttura umana non soverchi al punto da inibire completamente la vocazione dello Spirito. D’altra parte agire soltanto per l’azione in sé porta molta insofferenza intorno, a meno che non si scelga la simulazione e la simulazione è un artificio come un altro per salvare dalle pene coloro che sono intorno; la simulazione può essere un atto di pietà. Non è certamente un atto onesto ma può essere un atto di pietà accettabile, comprensibile. D’altra parte, quando in Terra gli uomini svolgono atti onesti si attirano sempre una quantità di guai. E questo ha la sua logica perché la sincerità non è del vostro mondo. Essa è una cosa enormemente apprezzabile perché è verità. Verità però non significa che la cosa sia vera nella realtà, significa che è vera per colui che la dice in buona fede e la crede vera: quindi è quella verità. Ma la verità non può manifestarsi in un mondo che è strutturato per convenzioni, per regole, le quali sono sempre il contrario dei diritti del singolo.
L’enorme difficoltà di realizzare dei modelli di comportamento in Terra sta proprio in questa continua lotta tra le convenzioni e il mondo dello Spirito che urge dentro di voi. Tant’è vero che siete continuamente in precaria situazione nello scegliere, nel decidere la vostra esistenza, nel comportarvi e nel non comportarvi in un certo modo. Siete già limitati dal vostro linguaggio. Voi avete un linguaggio che parla per convenzioni, anzi avete un linguaggio che “parla da solo”. Il vostro linguaggio potrebbe ormai fare quasi a meno del vostro cervello perché è costruito in modo tale che se ne va per i fatti suoi. Se dovete semplicemente dire una certa cosa a un amico (e parlo di un amico) usate già un determinato linguaggio nel quale la costruzione è tale da poter giungere gradevolmente all’orecchio dell’amico, perché se la costruzione perde di poco il suo equilibrio, la stessa verità o lo stessi messaggio giunge sgradito all’orecchio dell’amico.
Perché tutto questo? Perché in realtà voi funzionate per schemi, per schemi falsi. È vero, nel linguaggio potete immettere la verità, ma se si andasse più in fondo al vostro essere ci si potrebbe accorgere facilmente che spesso costruite pseudo verità e che molte poche volte, invece, manifestate la verità. La verità è dolorosa, dite voi uomini, la verità è cruda: motti e altre sciocchezze del genere si sentono dire tra gli uomini. Sì, la verità naturalmente diventa dura e fastidiosa in un mondo convenzionale, così come lo avete trovato. Certamente è dura, veramente è dolorosa.
D. – E porta alla solitudine.
A. – Per solitudine cosa s’intende? L’uomo che sta solo? Che vede a poco a poco cadere certi rapporti col prossimo? Ma qui subentra una questione di educazione alla verità. È vero, l’uomo che dice la verità, cioè l’uomo il quale agisca e che quindi non si preoccupa minimamente delle conseguenze, certo, è solo. Diciamo che è solo, però può anche darsi di no e vediamone il perché. Le azioni a cui si allude non necessariamente devono intendersi negative: è questo il punto. Le azioni a cui si allude possono essere anche positive. Mi direte che però le azioni, pur essendo positive, appaiono come negative. Alcune però, non tutte. Vi sono azioni che per essere estremamente sincere, cioè autentiche, vere, appaiono sgradevoli per come sono conformati gli uomini che le ricevono. Però, tra queste azioni vi sono anche quelle che appaiono gradevoli, il punto è che l’uomo dovrebbe essere abituato comunque alla verità e alla realtà, ma questo non è quasi più possibile perché ormai il mondo è costruito così.
Voglio dire che è inutile fare dei ragionamenti utopistici su di un mondo che è quello che è e che non potete cambiare. Potranno cambiarlo pian piano e definitivamente gli altri, ma voi, come generazione di questo momento storico potete portare il vostro contributo, ma, certo, non potrete vedere un mondo cambiato. Anche qui il cambiare il mondo è relativo; le sovrastrutture umane ci saranno sempre, soprattutto perché vi è un afflusso continuo di spiriti che non hanno un’evoluzione tale da poter partecipare a un tipo di vita completamente libero. Ma coloro che sanno hanno la possibilità di applicare interamente un concetto di autenticità. Anche qui naturalmente l’azione dello Spirito non può purtroppo prescindere, quando è sulla Terra, dai vincoli del comportamento che, in qualche modo, egli è tenuto a usare per non compromettere l’equilibrio degli altri. Voglio dire che voi dovete comunque avere quella prudenza necessaria affinché dalla vostra azione non scaturisca il tracollo degli altri. La prudenza è un elemento di maturità e di saggezza. Il fatto che voi viviate in un mondo strutturalmente sbagliato spiritualmente, vi salva e vi assolve quasi da tutto, come spiriti.
D’altra parte, da un punto di vista spirituale voi capite bene che non esiste un problema di giudizio. Sarebbe ben strano se ci si mettesse a giudicare gli spiriti in base al loro comportamento da spiriti in un mondo così scombinato qual è il vostro. Sarebbe veramente assurdo. Voglio dire che tutto quello che lo Spirito riesce a trarre a proprio vantaggio è già quasi un miracolo data la vostra situazione, quindi chiunque si guarderà bene dall’attribuirvi una minima colpa, almenché intenzionalmente non si siano realizzati effetti negativi tali – partecipandovi con esperienza – da farvene assumere la responsabilità. Ma voglio dire che non siamo a questi livelli, cioè non siamo al livello di omicidio, di grave perturbamento degli altri; siamo al livello delle cose più o meno note che gli uomini fanno.
Dunque, cosa dirvi ancora mio caro A. (Si tratta di un partecipante alla seduta. – Nota del curatore), su tale questione? Certo, se ne può parlare sempre, tanto e tanto, soprattutto perché ciascuno di voi ha i suoi problemi. Il punto è questo: che andiamo a toccare l’individualità di ciascuno di voi e ognuno di voi ha una quantità di problemi, parlo naturalmente della maggioranza, poi può darsi che ci sia qualche eccezione che semmai porta altri problemi, perché di uomini senza problemi è difficile trovarne e forse sarebbe patologico il fatto di non avere problemi, come problema del perché non si ha un problema!
Dunque, ciascuno di voi ha dei grossi problemi individuali. Sono problemi di autorealizzazione perché, vedete, la vostra deficienza maggiore è quella di non avere coraggio, cioè di non avere il coraggio di, una volta assunte certe teorie, una volta riconosciute certe verità, di applicarle sul terreno pratico. E non averne il coraggio, lo posso capire, può anche significare di temere di rompere l’equilibrio, come dire, il buon accordo sociale raggiunto magari faticosamente, la propria pace. Si sta in pace. Ma la questione è che voi siete anche molto ipocriti; in definitiva fate tutti quanti ugualmente il vostro comodo e chiamate “vostro comodo” quello che io, per esempio, chiamo “libertà individuale”, cioè voi già classificate negativamente l’affermazione della libertà. Ecco perché è una questione di impostazione! Siete talmente male orientati che non potete fare a meno di giudicare le azioni degli altri negativamente, quando voi fate spesso le stesse cose. Voi non riuscite a vivere da soli come fa lo Spirito, e avete bisogno di legarvi agli altri, osservandoli e giudicandoli quasi sempre male, come se gli altri agissero in una maniera completamente difforme, non dico da quello che fate, ma da quello che sareste capaci di fare e che vorreste fare se per un momento la società vi lasciasse la briglia sciolta.
La questione è che, lasciati a briglia sciolta, voi fareste quello che negli altri chiamate il “loro” comodo; e lo fareste magari nella maniera più insolente possibile perché la natura umana è insolente, è irrispettosa, essa vive e non si preoccupa di definire moralmente la propria vita.
Nel vostro giudizio vi isolate; nel comportamento, invece, cercate gli altri. Vi credete esenti da colpe, ma nell’intenzione o nella pratica fate le stesse cose che vedete fare agli altri e li giudicate male per una sorta di invidia, perché vorreste essere al loro posto, ma non ne avete avuto il coraggio.
Da che cosa proviene tutto questo? Da una insoddisfazione dello Spirito che preme alla base della vostra struttura umana per realizzare alcuni dei suoi messaggi, alcuni dei suoi programmi e non può: allora sollecita questa continua “tentazione”. Forse l’affermazione più giusta che si può fare è che ciascuno di voi ha un “diavolo” dentro e che questo “diavolo” è la sua anima! Dal punto di vista dell’uomo è così che stanno le cose: il tentatore è proprio il vostro Spirito. Siamo noi, siete voi in quanto spiriti i tentatori, i vostri stessi demoni accusatori, perché spingete per realizzare quella che è la verità dello Spirito, la quale entra in collisione con l’ordine dell’uomo, con l’ordine della società. Ogni qualvolta voi realizzate qualcosa di autentico, di vivo, di forte potete stare quasi certi che la spinta è partita da lontano. I vostri esperti di psicologia diranno che sono gli istinti. Sì, ma l’istinto realizza anche l’esperienza; un modello di realizzazione che ha un significato, che ha una verità, che ha una sua necessità.
Perché lo Spirito si avvicinò all’uomo come forma biologica? Perché l’uomo poteva trasmettergli i suoi messaggi. Analizziamo meglio questa affermazione. Il corpo umano era adatto alla vita dello Spirito, ma perché? Perché poteva parlare. Parlare a chi? Ad altrettante larve umane. Poteva muoversi, dove? In un mondo pseudo universale destinato a morire. Perché lo Spirito scelse il corpo? Non lo scelse per mangiare, dormire, camminare, ma perché in esso vi erano delle forze che avrebbero consentito allo Spirito di entrare in contatto con la natura, cioè con la materia, cioè era quello l’ultimo anello che si agganciava perfettamente a una struttura universale materializzata. Per questo.
E che cosa è accaduto invece? Che l’uomo è andato a soffocare e distruggere proprio questo anello, rendendo perpetua la crisi tra la struttura profonda dello Spirito e l’io superficiale della psiche: un contrasto continuo ed eterno che ha fatto sì che i filosofi e i poeti affermassero che non c’è felicità sulla Terra. E non potrà esserci mai felicità finché ci sarà questo contrasto enorme tra esigenza dello Spirito e realtà esterna, modo di comportamento di questo anello finale (che poi è l’uomo) che vive in una maniera completamente diacronica rispetto al modello dello Spirito.
Questa è la realtà tecnica, psicologica, autentica della crisi del vostro tempo che è il tempo intero dell’uomo. La “felicità”sulla Terra non esiste soprattutto perché non si vive, ma si segue un rito dalla nascita fino alla morte, una cerimonia continua, creata, preconfezionata, stabilita dagli uomini stessi, e voi tutti la seguite dalla mattina quando vi alzate (e alcuni magari si fanno la croce e gli altri non se la fanno) via via nello svolgersi di tutta la giornata, fino alla sera, prima di addormentarsi. E la mattina dopo daccapo, sicché veramente sembra di vedere una ripetizione esatta di eventi, di movimenti e di comportamenti, cioè una maniera stereotipa di far funzionare la vita secondo modelli inautentici.
Su tutto questo dovrebbe inserirsi lo Spirito, ma appena egli si inserisce veramente ecco che scoppia il putiferio, perché, su questo scenario della Terra, in questa cerimonia si scompaginano le parti e non ci si ritrova più. Gli uomini perdono la battuta come a teatro e non sanno più inventare, non sanno più recitare ed ecco che sono presi da sconforto.
Si semina dolore, si semina pena, sofferenza, crisi morali, traumi, le vostre nevrosi, le vostre malattie e questo scenario così scompaginato, così sconquassato, certo, si può ricostruire riscrivendo il copione e riassegnandosi le parti, ma questo è pur sempre un compromesso, recitato in silenzio o a bassa voce affinché non si turbi la recita agli altri. Questo per lo più gli uomini lo fanno già, non hanno bisogno di insegnamenti, sembra che essi (istintivamente, diranno alcuni) per un’esigenza profonda sentano continuamente il bisogno, senza che nessuno glielo insegni, di agire di nascosto. Sicché gli uomini si muovono su due piani; quello di una vita ufficializzata conforme alla regola del copione e quello di una vita ufficiosa, così, nascostamente, nella quale cercano di realizzare alcune delle cose che spesso realizzano in maniera misera, perché lo fanno senza una buona partecipazione, senza slancio, ma soltanto come evasione, come fuga e sono cose che finiscono col dare più guai che felicità.
La vostra esistenza si muove su questo doppio binario. Scuoterla è un’impresa certo non facile. In ogni caso il discorso vale per la società, l’umanità in genere. Rivolgendomi a voi, qui, esso può diventare più facile, perché quando gli uomini sono pochi è possibile istruirli anche uno per uno dando delle norme più precise. Però neanche voi sfuggite a tutto quello che ho detto prima, né siete assolti da niente. Voglio però aggiungere una cosa: siete pronti ad assumervi piccoli o gravi complessi di colpa per le cose che fate nel corso della vostra vita! Complessi di colpa che generano sofferenza profonda, capisco bene tutto questo. Ma i complessi di colpa esistono perché gli altri non capiscono, perché se gli altri potessero capire la definizione di complesso di colpa non si applicherebbe più a nessuno. Il complesso di colpa scatta soltanto quando un uomo, in base al proprio comportamento, ritiene che sia sopravvenuto negli altri, per propria causa, una sofferenza, e spesso i complessi di colpa riguardano i fatti più banali dell’esistenza, non i fatti sostanziali; per questi abbandonerei questo termine. Certo, se uccido una persona mi viene un reale complesso di colpa, perché ho prodotto un danno irreversibile (considerato così sulla Terra)… Comunque lascio a voi la parola…
D. – Abbiamo detto che l’azione va compiuta per l’azione in sé. Però può anche darsi che se ci si trova nella possibilità di decidere un’azione di danno agli altri, pur essendo un’aspirazione dello Spirito, come esperienza, non la si compia per evitare quella sofferenza. Non è anche questa una questione di evoluzione, cioè il non compiere quella determinata azione?
A. – Devo dire di sì, anche se naturalmente si configura subito un contrasto apparente, perché qui c’è una sostituzione di esperienza; in pratica si può avere che un’esperienza positiva per sé è invece negativa per gli altri. Devo farla o non devo farla? Devo ammettere che è un bel dilemma sul piano evolutivo. Il principio generale – noi lo conosciamo – è di fare qualsiasi tipo di esperienza, ma cercando di evitare in qualsiasi modo che da questa esperienza possa derivare del danno agli altri, tentando almeno di evitarlo. E nel caso limite in cui effettivamente non ci fosse alcun’altra possibilità? Bene, si può rinunciare, perché è la rinuncia all’esperienza che diventa un’esperienza. Voglio dire che questa alternativa c’è, Naturalmente la scelta qui è individuale e compete allo Spirito e all’uomo in base a tutta una serie di valutazioni e in base alle circostanze, perché questo non è un principio che io mi sentirei di generalizzare. Però l’alternativa è possibile e la rinuncia è una scelta perfettamente morale. Però questi sono già casi estremi, perché è anche vero che voi sapete benissimo come spesso sia possibile contemperare le cose e l’azione dell’uomo, è un’azione intelligente che si snoda in maniera da scegliere o non scegliere, accettare o non accettare, e ci si può organizzare in maniera tale da non rinunciare alla propria vita senza arrecare danno dove si passa. In questa abilità c’è anche un segno di saggezza, un uso corretto dell’intelligenza, della valutazione dei fatti e delle circostanze. Ecco perché regole generali in materia morale non ne esistono. Le regole generali esistono sul piano universale, ma sulla Terra questo rigore non si può usare. D’altra parte è possibile applicarlo fuori più o meno integralmente, un principio morale, perché lo Spirito quando vive fuori della Terra lo fa secondo una sua individualità e vive secondo un’esperienza autonoma e autosussistente: non ha bisogno di nessuno. Sono insomma altre circostanze di vita, e allora veramente la scelta può essere fatta tra un sì e un no. In ogni caso è estremamente raro poter configurare un danno ad altri spiriti. La questione è che gli uomini vanno avanti senza un programma, senza un quadro comparativo, senza porre tra sé e la realtà certi parametri. È logico che gli uomini, in questa maniera siano esposti continuamente a ogni sorta di dolori e di persecuzioni della sofferenza, perché tra un sì e un no scattano i complessi di colpa, le censure, i guai familiari, i guai sociali, cioè tutta una serie di fatti che rendono la vita poi estremamente difficile a sopportare.
D. – Ma questo non è insito nella natura umana? Se non ci fosse questo seme nell’uomo, l’uomo fatto così com’è, non ci sarebbe poi tutta questa mole di esperienze, cioè si avrebbe quasi una vita piatta, una vita uniforme su un unico binario; quindi questo non fa parte forse di quel grande disegno che è la legge di Dio? Di questa conoscenza della materialità che lo Spirito dovrebbe fare in Terra?
A. – Ma io ho detto infatti che la Terra così com’è, tutto sommato, può andar bene lo stesso, solo che gli esseri umani, rallentando enormemente le loro esperienze perché vivono vegetando, sono costretti a tornare molte volte di più. Questo è il punto della questione. Il fatto è che dovreste sapere esattamente cosa farne della vita e dovreste soprattutto scoprire dentro di voi tutte le cose che vi sono in potenza e che non sono mai venute fuori. Questo è un discorso estremamente delicato, vedi. Non possiamo avere una persona la quale è tranquilla, è abbastanza integrata, abbastanza felice, cioè che vive bene, che ha sufficiente denaro, che ha un lavoro. Apparentemente questa persona è tranquilla. Intanto mi rendo conto del rischio che alcuni principi come i nostri possono rappresentare per queste “tranquillità” apparenti, cioè la possibilità di sconvolgere questa determinata persona che abbiamo preso per esempio, perché possiamo andarle a dire: “Ma veramente, vivere in questa maniera così ordinata, vegetante, è vivere?”. Se andiamo a scoprire tutte le cose che potenzialmente potrebbe fare: i suoi interessi, i suoi desideri, i bisogni più occulti dello Spirito o del corpo, potremmo seminare apparentemente una quantità di sofferenze, di sconvolgimenti. Però c’è anche l’altro lato della medaglia: è giusto lasciarla vivere così questa persona, sapendo che questa vita è così poco utile al suo Spirito?
Certo, ritorniamo a un problema di fede. Se si crede nell’esistenza dello Spirito e in un certo modo di vita dello Spirito, il dovere sarebbe quello di sconvolgere l’esistenza di quella persona tranquilla, riproponendole il progetto della vita. Naturalmente in ciò vi sarebbe una responsabilità enorme e veramente dovrebbe allora esserci una scuola di addestramento per far emergere dalle persone cosiddette tranquille un po’ per volta, il segno dell’autenticità. Con questo intendo dire che c’è una larga maggioranza di esseri umani che cammina bendata, tranquilla, su di una strada liscia, che non vede niente, che vede solo quello che è all’interno delle bende che coprono gli occhi e niente altro. Spesso questa pseudo felicità o pseudo calma non porta niente allo Spirito. Anche se è ben difficile trovare un’assoluta inerzia, devo dire che la maggioranza degli esseri umani vive proprio così.
1 Il concetto originariamente si trova già nella Bibbia, Levitico 19:18. – Nota del curatore.