LA “MORALE” CONVENZIONALE DELLA SOCIETÀ UMANA E LE ESPERIENZE DELLO SPIRITO (LE REMORE ALLE ESPERIENZE).

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(Nel testo originale non appare la data della comunicazione, – Nota del curatore.)

(La comunicazione nel testo originale appare autonoma, non compare cioè una domanda specifica riguardo al tema trattato. – Nota del curatore.)

A. – Francamente, può chiedere qualcuno, qual è in definitiva la norma di comportamento che può trarsi da tutto quest’insieme di discorsi, di discussioni e di polemiche (L’Entità Andrea qui si riferisce all’insieme delle ricerche e dei dibattiti, dei dialoghi e delle discussioni che si sono avuti in vari anni nell’ambito di eccezionali “sedute” medianiche che hanno rappresentato un illuminante contatto tra due diverse dimensioni esistenziali. – Nota GdS.). Le norme di comportamento per l’uomo sono estremamente semplici, anche se molte di esse, dirò, inattuabili, perché siete fatti in un certo modo mentre la società non è altro che il vostro riflesso, il riflesso dell’uomo, e non esiste come concretezza, ma esiste come espressione della volontà media più o meno comune dell’uomo. Ma voi ormai conoscete i termini della questione e sapete bene come lo Spirito venga sulla Terra per svolgere un programma che in definitiva tende sempre alla conoscenza della materia, alla conoscenza della Terra, per verificare il rapporto tra il sé e l’ambiente umano. Io mi chiedo se sarà possibile affrettare le incarnazioni dello Spirito modificando l’atteggiamento che egli ha sulla Terra stessa. La possibilità in concreto che voi avete di affrettare le esperienze può effettivamente realizzarsi se lo Spirito, ogni volta, riesce a portare a termine il suo programma. Non è questione di svolgere la vita con libertà o senza libertà, non è questione di svolgerla in un certo modo, in una certa misura. Da questo punto di vista, veramente i livelli umani non servono a niente, sono solo i livelli spirituali che contano, ed è proprio perché lo Spirito viene per raggiungere un suo obiettivo, per conoscere le esperienze della materia, la vita della materia, per avere un contatto con la materia, che gli ordini sociali cadono di fronte a questo principio.

Gli esseri umani sono veramente tutti uguali perché tutti con lo stesso programma, sia pure un programma che si attua per scale diverse a seconda dell’evoluzione dello Spirito (Cioè “scale” intese come “proporzioni”. – Nota GdS.) Cioè, veramente il principio della fratellanza diventa operante se si guarda in fondo alla vicenda umana e se si vede che gli uomini, tendendo tutti quanti alla stessa cosa, da questo punto di vista sono uguali. Le sovrastrutture infatti non servono che a mascherare e a rendere più difficile l’attuazione del programma dello Spirito. La semplicità della manifestazione dello Spirito, la libertà che lo Spirito gode in questa sezione di esperienza, cioè utilizzando la Terra come una base di esperimento (e di utilizzarla a questo fine perché ogni altro gli è indifferente), rende veramente gli uomini uguali. Ma sapete anche qual è l’ostacolo sulla Terra, sapete soprattutto che l’ostacolo siete voi a porvelo ogni volta davanti ai vostri passi. Questi ostacoli si chiamano inibizioni, si chiamano regole sociali, si chiamano pseudo principi morali, in base ai quali voi vivete per un ordinamento umano senza tener presente quello spirituale. Che gli uomini siano liberi o non siano liberi non è molto importante, perché in fatto di esperienza – come io la intendo – essa si svolge a contatto con la materia sfruttando qualsiasi tipo di occasione umana per realizzare una conoscenza, per trasformare cioè qualunque cosa in un atto di conoscenza. Ma voi, sin da quando nascete, siete impediti a tutto questo, sicché la vita che realizzate non è quella che vorreste voi, ma quella che vi si impone di realizzare, il soddisfare cioè una norma umana di comportamento che non corrisponde a quella dello Spirito. Ogni volta che avviene una mutazione, ogni volta che lo Spirito sembra incidere in misura maggiore, cioè si detta un programma più circostanziato, l’umanità entra in crisi, perché alla soglia della coscienza pulsano bisogni, necessità, che sembrano provenire da un’anarchia intellettuale e che provengono invece da un più dettagliato e preciso programma dello Spirito. Questo significa che in alcune situazioni o in alcuni momenti, lo Spirito viene sulla Terra con un programma che non muta sostanzialmente rispetto ai programmi passati, soltanto che esso viene ulteriormente precisato e questa ulteriore precisazione, diventando quasi una volontà dello Spirito nella materia, viene ad attuarsi attraverso un’intera crisi della personalità che provoca un’intera crisi nell’assetto sociale. Voi, in definitiva, vittime e nello stesso tempo attori principali della crisi che attraversa l’umanità, non vi rendete conto di tutto questo e vivete ancora, direi, giocando in maniera tale come se doveste difendere un patrimonio antico senza accorgervi che la difesa è inutile e che non c’è niente da difendere. Vedete, da questo punto di vista la nostra dottrina è contro la storia, perché essa non c’interessa, in quanto la storia, portata come esempio, cioè trasformandosi in modello, pretende di assumersi l’etichetta di modello di comportamento come tradizione, la quale ha un peso come esperienza, ma non nel divenire del suo stesso farsi storia, inquantoché il suo farsi storia ha delle remore e, proiettandoci nel futuro, allorquando riprende la tematica del suo passato, va contro il principio di evoluzione dell’umanità. (Cioè, non bisogna assumere i fatti evolutivi della società staticamente come modelli di comportamento validi per il presente e il futuro. – Nota GdS.). D’altra parte, gli Spiriti e gli uomini hanno sempre mal sopportato questo, sempre. Ma la storia è un mito perché in suo nome le generazioni sono state tenute alla frusta. La storia è l’esempio, ma quando conviene che sia esempio e non quando non conviene più.

Il fatto è che, anche osservata così, la storia, indipendentemente dal suo essere e farsi mito, è l’esempio più evidente dell’insofferenza dell’uomo nei confronti del passato e della tradizione data come mito. Gli uomini si sono sempre ribellati, a volte in misura minima, altre volte in misura più tenace. Poi, in certi periodi, l’uomo ha preso il sopravvento sulla storia e ha organizzato se stesso in una maniera che è apparsa cruenta e ingenerosa rispetto ad altri: è la lotta solita tra generazioni che entrano in conflitto.

Ora, tutto questo nei confronti della nostra dottrina non c’interessa minimamente. Dirò di più: non interessa affatto lo Spirito. Ecco, voi dovreste avere la persuasione assoluta che tutto ciò che accade in Terra non ha senso per lo Spirito, non ha importanza, non ha valore, e noi riproponiamo l’argomento essenziale e cioè che la struttura dello Spirito non ha nulla a che spartire con la Terra e che, secondi i casi, gli interessi della Terra essa li condivide soltanto perché la Terra è strumento rispetto ai fini dello Spirito. E si tratta di un’utilità provvisoria che non ha quindi valore universale. Perché la Terra non fa legge, la Terra non è niente, la Terra non esiste sul piano universale, non esiste come principio, non esiste come farsi legge, come farsi storia. Nella dinamica universale non c’è la possibilità di storicizzare la Terra, perché rappresentando essa soltanto una frangia del cammino dello Spirito, di questa frangia lo Spirito perde il contorno e conserva soltanto l’esperienza essenziale, la quale esperienza, nel momento in cui viene conservata, è un fatto spirituale e non più un fatto materiale. Perché il trarre insegnamento dalla storia non è possederla, ma alimentare la propria saggezza interiore, illuminandola di un’apertura che non contiene gli elementi di quella storia ma che è un’illuminazione dal di dentro dello Spirito. Ecco allora che la funzione dello Spirito diventa immediatamente fondamentale nei confronti del corpo, ed ecco perché il corpo deve tendere a uniformarsi al principio dello Spirito. Anche se non lo può completamente, uniformarsi significa anche adeguarsi a quel principio generale che spinge l’essere all’esperienza quotidiana e a trarre da essa motivi per arricchire la propria interiorità.

Ma voi siete schiavi, siete esseri che camminano con una palla di ferro al piede e che la portano per tutta la vita; tutte le generazioni se la portano. Questa palla di ferro al piede è l’insieme delle norme che regolano la vita dell’uomo e alle quali vi uniformate; lo Spirito stesso è costretto a uniformarvisi e a trarre quello che può da questo incatenamento del corpo. Liberarsi da questa schiavitù significa anche riconquistare una parte della più autentica libertà. Ma liberarsi non significa fare un atto rivoluzionario nel senso esplicito della parola, significa liberare sé stessi dagli atteggiamenti che tendono a limitare le esperienze, oppure a trasformarle in qualcos’altro, cioè in esperienze passive. Vedete, le religioni in genere sono sempre state contro questo principio. Infatti esse che cosa hanno sempre insegnato? Non mi riferisco soltanto alla religione cattolica, naturalmente, la quale forse non è migliore né peggiore di altre, da questo punto di vista. Per evitare all’uomo di svolgere questa sua libera interiore vocazione alla libertà, si è coniato il concetto di “colpa” e il concetto di “peccato”. Concetti di colpa e di peccato che qui sono naturalmente storicizzati perché hanno assunto un significato via via notevole nel tempo. Per “colpa” e “peccato” si è inteso tutto ciò che poteva ledere l’interesse della religione e l’interesse dello stato. Stati che hanno avuto interesse a tutelare e a proteggere le religioni, o comunque a tollerarle, per proprio interesse. Indubbiamente, tollerare una religione in fondo è l’atto più logico che si possa fare. La religione non fa che mettere palle di piombo al piede dell’uomo. Il concetto di peccato è naturalmente un concetto tabù in base al quale certe cose sono riprovevoli, e non si capisce bene se sono riprovevoli per lo Spirito o se lo sono per il corpo, perché se si tratta di attività fisiche, materiali, dovrebbero essere riprovevoli per il corpo e non per lo Spirito che non potrebbe essere toccato dalle esperienze materiali. Oppure sono riprovevoli per lo Spirito, supponendo che quella dell’uomo sia un’azione sempre voluta dallo Spirito.

Credo anzitutto che i concetti di colpa e di peccato siano stati quasi completamente rimessi in discussione dalla conoscenza più ampia che avete della psiche umana. Certamente, oggi nessuno, almenché non sia un folle, può fare un discorso del genere e cioè che l’uomo dalla bocca faccia parlare l’anima, perché non è possibile sostenerlo in alcun modo un discorso del genere. Eppure esso, probabilmente, viene ancora fatto dalle religioni, le quali col concetto di peccato intendono proibire all’uomo l’esercizio di tutta quella serie di libertà le quali, se effettuate, metterebbero in crisi l’autorità stessa di colui che decreta il valore e l’attribuzione delle colpe e dei peccati, cioè dell’organo religioso in se stesso. Ora io credo che nessuno di voi abbia mai conosciuto le norme esatte della legge spirituale, intendo dire quelle degli uomini, nessuno di voi uomo, perché la questione di affidarsi esclusivamente alle rivelazioni dei profeti e dei maestri vi è stata conveniente da un punto di vista umano, ma non sempre da un punto di vista spirituale. (Cioè si intende dire “la possibile traduzione in termini comunque adatti all’uomo delle legge spirituale autentica e integrale”, come si comprende anche da ciò che segue. – Nota GdS.). Voglio dire che si è molto equivocato e si è voluto molto equivocare su quello che i profeti e i maestri hanno detto. Essi, venendo a parlare dello Spirito, probabilmente non hanno avuto la sottigliezza e la furbizia di dire che gli uomini avrebbero manipolato i loro discorsi a loro piacere e avrebbero dato dei significati diversi alle loro intenzioni.

Certo è che gli uomini si sono sentiti legati alle religioni che potevano offrire una salvezza di tipo spirituale, abdicando contemporaneamente e completamente alle libertà individuali che miravano – per lo Spirito – alle esperienze. Nel momento in cui lo Spirito accettò la vita sulla Terra, nella decisione certamente fu tenuto conto della libertà del corpo. Cioè, non era soltanto in questione l’uso di un trasmettitore più o meno preciso come il cervello, ma certamente anche l’insieme dell’individuo che, attraverso gli istinti, poteva regolare un tipo d’esperienza che si sarebbe manifestata poi come fatto spirituale. Voglio dire che, certamente, se lo Spirito aveva necessità di trasformare in esperienza un banalissimo fatto materiale, come può essere, diciamo, la captazione del calore, oppure del profumo, del colore oppure del suono, bene, si tenne conto delle possibilità che il corpo aveva di recepire queste cose (Qui si fa riferimento a coloro che – in termini umani – possiamo chiamare semplicemente gli Organizzatori spirituali del piano incarnativo riferito alla Terra come base di conoscenza. – Nota GdS.). Quando, man mano il corpo queste cose non le ha più recepite perché voi non le avete più recepite, lo Spirito si è trovato in difficoltà. Quando dico che non le avete più recepite intendo dire esattamente questo, che voi non sapete più trarre piacere sensorio, perché avete un sensorio modificato, corretto, ricorretto; perché voi manifestate il vostro corpo come si pretende dalla società che esso si manifesti, al punto tale da non riuscire più a trasformare in autentica partecipazione attiva, profonda e cosciente qualsiasi manifestazione che provenga dal sensorio. Questo, naturalmente, non significa che l’uomo debba agire indipendentemente dal contesto sociale, significa semplicemente che queste cose non c’entrano minimamente col contesto sociale, e che se vi siete ridotti a tant’è perché, per una prospettiva particolare, si è voluto far coincidere la morale individuale con il divieto in senso di peccato, e la morale individuale con la morale collettiva nel senso di organizzazione sociale. Cioè, in realtà, mentre era possibile che le due cose procedessero in maniera sincrona, si è verificato invece che il corpo è dipeso interamente dall’altra parte, in maniera che voi oggi non siete più ciò che dovreste essere, ma solo ciò che gli altri vogliono che voi siate.

Col passar del tempo, si capisce, lo Spirito ha creato un adattamento, cioè ha visto che anche a esperienza modificata, ciò poteva essere sfruttato e utilizzato. Cioè, in realtà, anche un corpo limitato rappresentava un’esperienza, quella di un corpo limitato, e che esso diventava fonte di esperienza anche così. Ma voglio semplicemente farvi notare come ci si sia allontanati dall’origine, e come questo abbia comportato, debbo dire, anche una difficoltà operativa dello Spirito, cioè, veramente lo Spirito viene molte volte in più per questo “rallentamento” che si è verificato, è costretto cioè a ritornare e a fare delle esperienze – e qui mi sembra quasi assurdo dirlo – quasi di nascosto. E guardate che questo coincide esattamente con la vostra vita, perché tutti quanti voi fate delle esperienze di nascosto dalla società, dall’ordine costituito. Ognuno di voi cerca, quando può, di fare le sue esperienze di nascosto. Questo è male, credetemi, questo è deprimente, francamente, perché ricade su di voi la responsabilità di tipo sociale di azioni che sembrano contrarie alla norma della società stessa. Io sono naturalmente d’accordo che la società debba essere regolata da leggi, perché no? Bisogna che sia regolata e che la legge tuteli tutti. Certo. La legge consente a ognuno di essere tutelato, ma non gli consente di essere libero. Ora vi sono libertà che devono essere controllate perché sono quelle che possono danneggiare la libertà degli altri, e ve ne sono altre che non interessano la legge, ma che oggi, come siete organizzati, la interessano ugualmente perché la norma morale è diventata una norma collettiva, scambiata per legge, la cui contravvenzione è definita un turbamento d’ordine sociale. Ora, può darsi che in fondo a quello che dico ci sia un tantino di utopia, ma non tanta, perché io mi riferisco all’origine di quella che poteva essere l’impronta generale dell’umanità e della maniera di poter convivere più liberamente e forse più in pace. Voi direte che l’evoluzione degli Spiriti che sono venuti sulla Terra probabilmente non ha consentito poi il realizzarsi di tutto questo. Devo dire però che quando si sono originate le razze umane non c’era un tipo di evoluzione dello Spirito precisamente prestabilito. L’evoluzione dello Spirito è stata la conseguenza della maniera di come si è andata a strutturare via via la razza. Possiamo dire che indubbiamente c’è anche una parte di responsabilità che deve essere data alla razza, in sé stessa, cioè alla specie umana, perché vi sono alcune manifestazioni di carattere istintivo che dipendono esclusivamente da essa. Ma questa è una cosa che non ci preoccupava molto. Vedete, prendiamo un esempio: l’esempio più banale: la gelosia di cui sono affette le bestie. Gli animali, come sapete, sono gelosissimi, cioè il comportamento della bestia lascia pensare chiaramente come questo individuo attacchi qualunque altro essere che tenti di conquistare la propria femmina o il proprio maschio. Sembrerebbe dunque quasi che dovesse esistere solo un uomo per una donna e solo una donna per un uomo. E questo, in fondo, dovrebbe corrispondere a un principio di ordine generale, dal momento che noi stessi abbiamo portato spesso per esempio le bestie, proprio per farvi notare che, tra l’altro, voi non siete neppure come loro.

Ma quando noi abbiamo osservato tutto questo, abbiamo anche supposto un uso di ragione che non era conciliabile con la bestia ma che doveva essere conciliante con l’uomo. Cioè l’uomo in parte si è servito di manifestazioni puramente biologiche e in parte, quando queste manifestazioni potevano essere corrette dalla ragione, ha rinunziato all’uso di essa perché ha ritenuto conveniente l’applicazione di una regola tipicamente animale. In altri termini, la società è venuta avanti con tutta una serie di regole imposte via via per l’occasione, e certamente anche per la sopravvivenza, senza che col passare dei secoli si sia granché modificato l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di tutto questo. Ora, è chiaro, tutto quello che accade in Terra non interessa molto né la legge di Dio né lo Spirito, se non lo Spirito che è ancora nell’ambito dell’esperienza umana. Fuori di esso tutto quello che voi fate non ha valore. Ma sulla Terra abitano Spiriti, esseri come voi e come me, e se un discorso del genere va fatto – e ha naturalmente in sé quella parte di utopia che discorsi del genere spesso hanno – purtuttavia è un discorso che va fatto proprio tenendo presente che siete Spiriti, e io qualche volta parlo a voi parlando ai vostri Spiriti, i quali non sanno, ora che sono incarnati, o sono talvolta frastornati, o non intendono bene, o non sanno più bene che cosa fare; e non lo sanno perché quando sulla Terra si manifesta una libertà individuale, l’uomo è preso da scrupoli, è preso da paure, da fobie, sente di dover fare certe cose ma sa che, facendole, viene a colpire altri che non sanno e si chiede se non sia questo il senso del peccato, della colpa, che le azioni proprie possano cioè coinvolgere quelle degli altri.

Certo, vi sono anche colpe che pagherete dopo. Bisogna però domandarsi, di fronte a una circostanza della vita, se convenga dal punto di vista spirituale portarsi dentro una piccola responsabilità, una piccola colpa, e lasciar maturare lo Spirito, o se convenga portarsi dentro una sorta di purezza e fermare lo Spirito. Sulla Terra le circostanze sono talmente complesse che l’essere umano non sa risolverle. Certo, noi dobbiamo già ammettere un essere umano modello che si ponga questi pensieri, che cioè faccia già un discorso tra sé e il suo Spirito, perché capita il momento in cui si deve fare una scelta, si deve decidere qualcosa e il decidere per sé talvolta coinvolge gli altri – quando li coinvolge – altrimenti il problema non esiste.

Voglio dire che il problema esiste soltanto quando esplicitamente si danneggia qualcuno, altrimenti il problema non esiste. Non esiste un problema morale individuale, esso esiste solo in confronto agli altri. Voglio dire che se lo Spirito fosse uno soltanto, abitante nell’Universo, non vi sarebbe alcun problema morale, è chiaro. Esso esiste solo in rapporto agli altri. Questo sia ben chiaro e preciso: la responsabilità verso sé stessi, la cosiddetta colpa verso sé stessi, il peccato verso sé stessi, la rinuncia per sé stessi, è una cosa che non esiste sul piano della legge universale. E sarà questo il mezzo di giudizio quando morirete, quando sarete Spiriti, in confronto agli altri. Perché voi stessi, tuttalpiù potete rimanere fermi, ma poiché la sosta in assoluto non esiste, potete rallentare il vostro cammino, ma quello del rallentamento è solo un discorso che facciamo nel linguaggio umano, esso non esiste dal punto di vista spirituale. Lo Spirito non cammina, non corre, non ha fretta; lo Spirito semplicemente si evolve. L’evolversi non significa correre o camminare su una strada, significa elaborare la maturità interiore, quindi parlare di concetti di avanzamento, come se si andasse su una scacchiera, è come parlare di concetti di tipo umano, è una metafora, naturalmente valida in quanto metafora, ma sostanzialmente si tratta di un’attività interiore dello Spirito.

Quando invece si coinvolge l’esperienza degli altri – e questo vi capita in tutti i momenti della vita, e certamente vi capiterà – allora non c’è da fare altro che valutare il fatto, caso per caso…

Per esempio, voi col vostro comportamento, esplicitamente, sapete che state colpendo una persona, che state arrecando del danno fisico, morale, economico o quel che sia. Tenete allora conto che anzitutto voi non state colpendo uno Spirito, il quale da ciò che accade può trarre certe esperienze. Ma questo non lo potete sapere e non potete erigervi a giudici. In una circostanza del genere, ciò non vi compete completamente, ma in parte sì, anche perché dovreste abbandonare alcuni pseudo concetti sorpassati dalla stessa logica del nostro insegnamento, come per esempio: “lasciate che il giudizio lo dia Dio: Dio giudicherà”. Sono tutte sciocchezze: i giudizi ve li date voi da disincarnati ispirandovi dalla legge di Dio. Questo è chiaro. Non è Dio che giudica, siete già voi stessi a giudicare nel momento in cui esplicate una vostra libera scelta e una vostra attività. La questione è che voi, come esseri umani, siete limitati, anche in questo giudizio e non potete pienamente darlo, però dovete almeno sapere questo; che quando coinvolgete gli altri nelle vostre esperienze, essi fanno esperienze come voi, e che da questo punto di vista spirituale l’esperienza è sempre positiva. Però, ecco, c’è la sofferenza degli altri. La sofferenza degli altri può essere grande o piccola: le sofferenze grandi sono in genere sofferenze che, se provocate da voi, non potete più eliminare, cioè quello che è fatto è veramente fatto, ma resta l’esperienza positiva, e come tale essa ha il suo valore per quello Spirito.

È chiaro che l’uomo deve tendere a evitare di coinvolgere gli altri nelle proprie esperienze: soprattutto quando gli altri non hanno quel grado di maturità atto a capire, e questa è la maggioranza dei casi. C’è un’altra cosa da dire: ed è che non si deve scambiare la libertà individuale con la licenza: una cosa è la libertà e un’altra è la licenza. Cioè intendo dire che una cosa è costruirsi la libertà per una precisa esigenza, per una programmazione, per uno scopo, un’altra è la libertà non programmata, cioè la libertà assurda di chi deliberatamente vuol fare il proprio comodo, sfida la società e danneggia il prossimo. È chiaro che non è a questo che ci si riferiva, ma alla libertà come maturità e come esperienza. E poiché l’umanità è costituita da Spiriti di diversa evoluzione, ma soprattutto (quello che è importante) con diversissimi punti di vista circa l’uso e la definizione della morale sociale, ecco che voi, poiché la società è quella che è, dovete agire in maniera da non turbare la libertà degli altri. E, badate bene: la libertà degli altri sta anche nelle loro opinioni sbagliate. Purtroppo è così: anche nelle opinioni sbagliate, che voi non potete modificare. Potete tentare di persuadere, ma non potete modificarle, perché la manifestazione di una propria disponibilità è spesso legata a fatti occasionali. Molti di voi ce l’hanno istintivamente, queste libertà, esse sono riuscite a passare attraverso il filtro delle sovrastrutture, ma molti altri non ce l’hanno. Ed è difficile recuperarle.

In nome di queste “morali” gli uomini passano la loro esistenza senza far molto di utile per sé e per gli altri, ma soprattutto per sé, perché voi dovete badare in primo luogo a voi stessi. È chiaro che la vostra evoluzione ne viene di riflesso, cioè voi badate a voi stessi agendo e utilizzando gli altri, ed ecco il rapporto altruistico che tende però, in effetti, a riportare su di voi il valore dell’esperienza. E questo perché? Perché lo Spirito è un essere individuale che vive in una collettività, cioè vive con altri Spiriti, ma con il senso di essere autosufficiente come essere autonomo. In questo senso lo Spirito esprime un egoismo di fondo, se vogliamo. Ma poiché il principio di questo egoismo, come struttura dello Spirito, non apparirà più col procedere dell’evoluzione, esso è un problema che lo Spirito, via via che si evolve, non si pone più, quindi l’arricchimento personale è chiaramente egoistico. Infatti vi dico che dovete pensare alla vostra esperienza, ad arricchire la vostra esperienza, a portarvi dall’”altra parte” delle cose utili, a raccogliere tutto quello che avete seminato: la maturità dello Spirito, la sua evoluzione. Questo è certamente un principio egoistico perché è riferito allo Spirito come individuo. Però vi rendete conto come sia contemporaneamente egoistico e altruistico, perché quella evoluzione individuale voi non l’avrete mai se non agirete in un certo modo nei confronti della legge della collettività spirituale. Cioè, è possibile il raggiungimento del proprio fine con l’aiuto della collettività. In ogni caso non è un principio che viene applicato, suggerito o dettato a un singolo, ma contemporaneamente a tutta la collettività, sicché il principio è altruistico, anche se lo Spirito ne fa un uso personale. Ma egli può farne un uso personale soltanto utilizzando il suo prossimo in un certo modo. Lo Spirito da solo non avrebbe assolutamente bisogno di niente (…in Terra. – Nota GdS.).

D. – Hai detto che in questi ultimi tempi c’è, da parte degli Spiriti che s’incarnano una maggiore precisazione del programma dell’esperienza. Questo certamente si riallaccia a ciò che hai detto circa la varietà attuale dei punti di vista, cioè è un riflesso sul piano umano di questa maggiore precisazione, di questa tendenza all’abolizione dei dogmi, dei tabù, delle remore, delle censure. E quindi un’allusione a quello che sta avvenendo soprattutto a livello delle nuovissime generazioni.

A. – Certamente. Perlomeno questo è l’effetto.

D. – Ma a che cosa è dovuta, in particolare, questa maggiore precisazione del programma incarnativo? A qualcosa di collettivo, di generale, o a delle scelte – cosa più difficile – di tipo individuale?

A. – Vedi, questo naturalmente è stato preordinato, si capisce. Cose del genere non avvengono per iniziativa di un singolo Spirito, ma sono preordinate, soprattutto perché, a parte ogni considerazione spirituale (e qui non interessa tanto questo discorso) si è notato che anche per ragioni proprio strutturali, biologiche, doveva aversi una lieve mutazione della tipologia spirituale. In altri termini, il vostro corpo non andava più bene per Spiriti, diciamo semplicemente, di “stampo antico”. Non andava più bene, era una stagnazione di tipo spirituale sulla Terra, con un grave impedimento di evoluzione per lo Spirito. Quindi, la mutazione che stava avvenendo proprio al livello biologico della specie, consentiva contemporaneamente anche una mutazione di tipo spirituale e la possibilità soprattutto di manifestare una maggiore precisazione nella programmazione. Visto questo, naturalmente, si è proceduto con una certa regolarità a un ricambio, che non è un ricambio in senso qualitativo, ma è un ricambio per sfruttare meglio la specie umana ai fini dello Spirito.

La questione è questa: noi accettiamo la Terra per quella che è, cioè a dire si tratta di un pianeta dove un certo tipo di esercitazione spirituale è conveniente ed è utile, quindi prendiamolo, sia pure in un certo momento, con un po’ di serietà. La maturazione dei tempi è avvenuta già da un certo tempo, poi è letteralmente esplosa, perché si è avuta una rapidità di acquisizione di questa nuova possibilità di manifestazione, perché si è visto che lo Spirito si adattava subito, in potenza. E questo avreste potuto già averlo cinquanta o cento anni fa (Cioè indicativamente verso il 1920-30 oppure già inizialmente verso il 1870-80, tenuto conto del periodo in cui sono avvenute le comunicazioni. – Nota del curatore.), ma si è manifestato nel momento in cui è stato deciso di operare questa forzatura, questa marcatura, e allora le cose sono andate più velocemente. Le coincidenze erano tutte favorevoli in un certo senso.

D. – Anche se tutto ciò diventa un po’ mitico.

A. – Sì, appunto, non dovete mitizzarlo. Vedete, voi state già cominciando a viverlo, e cosa vi aspettate poi in realtà da questo terzo millennio? Voi lo state già vivendo, voi state vivendo la costruzione, la edificazione di una nuova civiltà. Voi siete nel momento più interessante della vita di uno Spirito, perché voi state assistendo proprio a un ricambio della civiltà. E questo deve risvegliare il vostro interesse, cioè deve farvi attenti a sapervi guardare intorno. Le cose che cambiano, cambiano veramente e devono rappresentare un’esperienza per voi.

Quindi dovete abituarvi anche a saper guardare, e non tanto a guardare in superficie le cose apparenti che cambiano, ma a guardare dentro l’uomo. Questo dovete fare. Ora vi dico questo: guardare dentro l’uomo può darsi che voi non sappiate farlo, cioè può darsi che l’uomo preso singolarmente non vi dica granché, allora dovete guardare i fenomeni sociali, i gruppi sociali, perché l’uomo preso in sé non vi dà molto, soprattutto nella media; anche a guardare bene sembra che apparentemente non dica tanto. Invece, guardate i gruppi sociali e cercate da parte vostra di promuovere esperienze personali, cioè vivete attivamente, inseritevi attivamente, non state soltanto a guardare, fate la vostra parte, il vostro ruolo, come credete e come volete, perché non c’è cosa peggiore che vivere senza far niente. Far niente in senso operativo, in senso mentale, perché poi, magari fate tante cose durante la vostra vita, ma non quelle giuste. Quelle giuste dipendono anzitutto dal vostro atteggiamento di saper guardare, di cogliere attraverso il giudizio l’azione degli altri, di farne tesoro, di saper capire e di sapere, di conseguenza, perdonare sempre.