(Non è riportata la data della comunicazione. – Nota del curatore.).
D. – Noi abbiamo in particolare due canali principali di percezione e di acquisizione di una verità: il canale medianico e quello intuitivo (Per le verità trascendenti, s’intende. – Nota GdS.). Esistono altre vie oltre a queste?
A. – Io direi che, anzitutto, alle filosofie in genere bisogna aggiungere le rivelazioni, che tuttavia hanno un’origine un po’ comune con le conoscenze medianiche. In ogni caso distinguiamole almeno storicamente come fenomeno ormai antico, classificato in siffatto modo. Poi le sedute medianiche, certamente, le intuizioni a livello personale, l’ingegno stesso dell’uomo che indubbiamente può giungere, se incanalato opportunamente, a conclusioni valide. Perché intendiamoci, la nostra è una forma di rivelazione, ma nulla osta a che il cervello umano possa giungere ugualmente a perfezionare le teorie che la rivelazione gli offre. Con la partecipazione dello Spirito, si capisce. Altre vie non ne vedrei, a parte, s’intende, quello che può dare l’ipnosi, tenendo conto che nell’ipnosi è possibile isolare il nucleo spirituale, che cioè si può giungere a contatto con lo Spirito dell’individuo (E in prima istanza, con il “complesso animico”. – Nota GdS.).
In siffatto modo si può sfruttare la facoltà e capacità propria dello Spirito liberato dalle sovrastrutture a mezzo della tecnica ipnotica. E lo Spirito si rivelerebbe in questo caso come disincarnato, sia pure proporzionatamente alla sua evoluzione e sia pure, probabilmente, con alcune remore dovute proprio al fatto che la sua è una via un po’ obbligata, essendo a contatto con la Terra, in un certo fascio di esperienze ben precise. Cioè la “spazialità” dello Spirito incarnato non è pari a quella del disincarnato: è certamente ridotta, ma è una via anche interessante per verifiche e conferme da un punto di vista sperimentale. Altre strade tutto sommato non ve ne sono: quelle che hai elencato in realtà comprendono quasi tutti i possibili approcci, salvo tante varianti all’interno di tutto questo. Tutto sommato siamo lì: queste sono le vie della conoscenza.
D. – C’è una tecnica, una metodologia per verificare la veridicità, per esempio, di apporti intuitivi? D’altra parte sappiamo che lo stesso “isolamento” dello Spirito attraverso l’ipnosi presenta dei rischi, cioè non siamo ancora in grado di avere la certezza di poter creare un canale verso lo Spirito.
A. – Rischi veri e propri non mi pare che possano esservi sul piano del rapporto vita-morte. Diciamo che qualche rischio può esserci a livello della personalità, come sua alterazione, e in ogni caso sarebbe da intendersi come miglioramento. Questo è però evitabile con l’uso appropriato della tecnica e della conoscenza del soggetto. La questione è che non si deve mai forzare nessuno dal punto di vista spirituale e mentale, salvo che con quelle lievi pressioni che servono a modificare una personalità alterata, perché sono lecite. Ma in campo spirituale bisogna sempre fare in modo che siano gli altri a scegliere liberamente e mai noi a imporre qualche cosa. Questa è una norma spirituale valida per tutto, compresa la conoscenza.
D. – Io mi riferivo anche ai rischi di tipo ideologico, sulla genuinità di ciò che viene detto, come riferimento alla verità.
A. – Ma questo è un rischio che correte sempre: lo correte con i filosofi, lo correte con i profeti e con i medium. È un rischio che si deve correre.
Ora, come ridurre al minimo il rischio? È difficile stabilirlo. La questione è che si dovrebbe essere persuasi della verità, della bontà, proprio sul piano logico, anzitutto, per quanto possibile, di una certa struttura, di una certa dottrina; e a questa fare riferimento ogni qualvolta sorgono varianti che devono essere riportate a questa struttura fondamentale e primaria. Ora può verificarsi che la stessa struttura generale della verità sia incompleta; tuttavia pensate che la contraddizione è un elemento inesistente sul piano della logica. Ora, la verifica dei termini di contraddizionalità porta già a delle conclusioni: la struttura primaria può essere insufficiente, ma non deve presentare contraddizioni, e tutti i vari addentellati, tutti i vari tasselli che poi costituiscono il mosaico di questa struttura, devono in un certo modo combaciare, se non perfettamente, abbastanza perfettamente, ed essere il tutto omogeneo. A queste condizioni, la probabilità che si cada in errore o che si accetti una tesi erronea, perlomeno si allontana. C’è anche da dire questo: che molti aspetti rivelatori contengono un nucleo di verità e una sovrastruttura falsa. È cioè possibile partire da un nucleo vero e arrivare a conclusioni sbagliate. Questo rischio lo corre anche lo Spirito, perché lo Spirito avverte intuitivamente la verità, ma allorquando se la costruisce dentro, la elabora e vuole ritrasmetterla, può cadere in errore. Perché strumentalizza la conclusione alla sua personalità, l’adatta a se stesso e ritiene che quella sia la conclusione logica semplicemente perché è quella che a lui conviene che sia logica. Questo avviene in assoluta buona fede, si capisce.
D. – E come può fare lo Spirito per evitare una cosa del genere? per esempio nel tuo caso, per non cadere in questo errore d’interpretazione, cioè di traduzione?
A. – Vedi, per quanto riguarda il mio caso io vi ho già avvertiti di una cosa fondamentale, e cioè che esiste una dottrina la quale è quella che è, e che non subisce, tutto sommato, variazioni, ma approfondimenti. Ma ve ne è un’altra che è soggetta a interpretazione ed è quella che in genere si riferisce al mondo del contingente, al mondo provvisorio della vostra umanità, della vostra Terra. Badate bene che questo non è un problema che tocca me soltanto, in quanto converso con voi, è un problema che tocca noi Spiriti quando ci poniamo dall’alto, e giudichiamo, concordiamo o programmiamo una certa cosa per la Terra. La Terra nasce e muore: ha un suo ciclo vitale, quindi morirà un giorno; non sarà più capace di sopportare la vita. È chiaro che di fronte all’eternità la Terra è paragonabile al ciclo vitale di un uomo. E dunque anche tutto ciò che è di ordine morale, è contingente: ed è morale o immorale, giusto o ingiusto, proporzionatamente al tipo di Terra che noi abbiamo voluto per quel tipo di Spiriti che sono venuti sulla Terra in un periodo di alcune migliaia d’anni. Quindi un discorso universale per la Terra non si può fare.
È chiaro dunque che quando si parla di cose riferibili alla Terra i principi non possono essere universali. Ho parlato prima di tasselli che coprono una struttura portante, bene, la Terra è uno dei tasselli. Questo tassello, per quanto possa apparire autonomo, anarchico, guidato cioè da noi in base a un nostro criterio, a una nostra libertà e a un nostro giudizio di valore e di merito, tuttavia non può e non deve discostarsi da una norma generale universale. Le varianti e le variabili comprese nell’ambito di questi tasselli sono dunque ammesse, ma la linea generale non può essere difforme da alcuni principi universali.
Prendiamo il caso del principio dell’applicazione della giustizia, che per ciascun essere spirituale, lasciata la Terra, viene esercitato con la stessa infinita precisione con cui verrà applicato in un punto qualsiasi dell’Universo, dove della Terra non se ne conosce neppure l’esistenza. Cioè c’è un principio, o una serie di principi che sono insiti nella struttura dello Spirito, e la nostra libertà d’opinione, di applicazione o di interpretazione dottrinale teorica e pratica della verità non potrà comunque mai allontanarsi da quella che è, direi, l’ideologia istintiva che lo Spirito si porta dentro quale elemento di carattere universale. Voglio dire che se io Andrea, o un altro Spirito, decidessi per una versione, per una applicazione, per una normativa, della Terra diversa da quelli che sono i principi universali, lo Spirito stesso non potrebbe applicarli. Non è che potrebbe rifiutarsi, non potrebbe semplicemente applicarli. Debbo dire che in base a un principio economico dell’Universo, io non sarei in grado di elaborare alcunché di diverso dalla verità di Dio, e ritorniamo così al Principio Unico. Nessun Spirito è in grado di creare qualsivoglia cosa, neanche un’idea semplice che non sia stata già precedentemente patrimonio di Dio. E dunque io, per quanto possa o voglia rigirare la questione, non potrei mai aggiungere nient’altro che non sia stato già previsto da parte di Dio, perché a noi è inibita la facoltà della creazione. Questo principio d’inibizione è uno dei principi di salvaguardia dell’Universo, degli Spiriti, i quali, altrimenti, potrebbero cadere in balia di qualsiasi altra autorità spirituale senza avere alcuna possibilità di difesa.
Ora nessuno può avere un’azione coercitiva su un altro Spirito a livello, diciamo, di plagio ideologico, dottrinario, proprio perché scatterebbe la salvaguardia interiore alla struttura dello Spirito che lo porterebbe all’impossibilità di adeguarsi a principi difformi. Ora, per quanto riguarda quello che io posso dire a voi, intendiamoci, se ritorniamo al principio (e, in fondo, nel fare questa discussione siamo venuti proprio alla questione della struttura e dei tasselli), vedete, bene o male se ritorniamo ai principi vediamo che devono sempre essere confermati. E quindi siamo ritornati improvvisamente al principio di Dio intorno al quale ruota tutto e in cui deve coincidere parte per parte il mosaico, altrimenti i conti non tornano più. Ora, al limite, poniamo, io potrei dire una cosa inesatta. Badate, potrei costruirla in maniera inesatta, ma gli elementi costituenti non sarebbero mai sbagliati in base a questo principio. Tuttavia si può giungere a delle conclusioni inesatte. Perché? Perché la Terra ha carattere provvisorio, ed essendo provvisoria tutto si svolge in maniera contingente. In questo c’è la possibilità dell’errore. Ora, la possibilità che uno Spirito possa sbagliare allorquando si occupa di fatti umani è una possibilità da tener presente, indubbiamente, perché si tratta di valutare circostanze sulle quali lo Spirito esercita un giudizio, una critica per una soluzione che è vista dal suo punto di vista, che può non coincidere col punto di vista umano. Qui si tratta, naturalmente, di sapienza o meno dello Spirito, ma in ogni caso voglio dir questo, che le due cose possono coincidere.
Gli interessi che io ho sono completamente diversi dai vostri. Cioè, al limite, si può correre il rischio di darvi un consiglio eccessivo, che può essere anche quello apparentemente banale e semplice di non tener conto minimamente del giudizio degli altri nello svolgere le vostre esperienze e le vostre azioni. Badate bene che questo è un principio veramente universale. È cioè quello di vivere la propria esistenza indipendentemente dalla vita degli altri. Però c’è un altro principio universale che apparentemente è contraddittorio, ma che in sostanza non lo è, cioè quello che dice: devi vivere in funzione degli altri considerando il principio di fratellanza universale.
Come si conciliano queste due cose? Sulla Terra esse sono inconciliabili, assolutamente, ma sono conciliabili nel momento in cui gli esseri spirituali superano un certo livello; da quel livello in poi, e indipendentemente dall’evoluzione, ormai tutti coincideranno perché tutti finiranno col vivere la propria esistenza come se essa fosse indipendente da quella degli altri; ma, automaticamente, in base alla loro evoluzione, la svolgeranno anche in maniera tale da non turbare l’evoluzione degli altri, quindi applicando il concetto di fratellanza. C’è anche da dire un’altra cosa: che superando un certo livello spirituale non esiste più l’interpretazione in base all’opinione, né l’interpretazione in base alle sovrastrutture, ma in base alle strutture automatiche profonde, alle istanze profonde.
Vedete, voi perché limitate la vostra libertà? Perché avete tutta una serie di regole umane. Le regole umane sono state stabilite da voi stessi esseri umani: in base a esse vi siete talmente arricchiti di sovrastrutture per cui avete perso la vostra libertà. In base a questo principio ciascuno vive secondo regole e convenienze imposte dalle consuetudini, imposte non so neppure io da che cosa. Sono semplicemente imposte, per cui ciascun essere si chiude nella propria cerchia familiare, e allorquando ne mette il capo fuori egli è biasimato, condannato: ciò è considerato tradimento, è considerato disonestà, immoralità.
Ora, vedete, quello che io cerco sempre di insegnare, e non sempre ci riesco, perché le vostre resistenze sono antiche, sono resistenze che non dipendono da voi, ma sono ormai ereditate da consuetudini di secoli, quello che cerco di dimostrarvi è questo: che, possedendo uno Spirito, voi lo legate al carro di questo corpo in maniera tale da impedirgli la più piccola esperienza. E gliela impedite di fatto imponendovi voi stessi un’esistenza chiusa e grigia per salvaguardare dei principi che non condividete. O se li condividete è per convenienza, per utilitarismo, per bisogno, per necessità, a parte i casi in cui tutto ciò rientra in una norma. Cioè si può anche aver gioia nel sacrificio. Ma quando già si parla di sacrificio, si parla di desiderio di libertà che viene bloccato, perché, evidentemente, ci si sacrifica quando c’è qualcosa da fare e non si fa, non ci si sacrifica quando non c’è niente da fare e non si sa che fare.
Dunque, voglio dire che voi di questo povero Spirito ne avete fatto uno schiavo del corpo. Ora tutto ciò può anche andar bene e, tutto sommato, lo Spirito le esperienze le compie lo stesso. Ma, ahimé, quante volte lo Spirito torna in più sulla Terra, a causa di queste limitazioni! Quante volte esperienze che potrebbero essere fatte in una sola vita, necessitano di due o tre vite! Perché come siete costruiti è impossibile realizzare un’autentica libertà. Ora l’autentica libertà (lo capisco benissimo) può erigersi con l’evoluzione e voi, sulla Terra non avete tutti la stessa evoluzione, ecco perché entrate in contrasto col prossimo. Le evoluzioni sono diverse, le maturità, le conoscenze sono diverse, le persuasioni interne sono diverse; soprattutto sono diversi i bisogni, e anche le necessità evolutive, per cui non entrate neppure in conflitto; semplicemente vi imponete di vivere in un certo modo chiuso, senza preoccuparvi affatto che uno Spirito è in voi: che è lui che conta e che voi siete quello Spirito. Lo Spirito non è una cosa diversa da voi che lo state pensando. Ecco che, dunque, tuttavia, quando noi esprimiamo giudizi in siffatta maniera, il nostro giudizio può anche apparire opinabile, e di fatto lo è entro i limiti dell’evoluzione di ciascuno. Quello che io dico a voi potrei non dirlo a un altro, o potrei dirlo diversamente a un altro, perché ciascuno è colpito nella sua immaginazione in maniera diversa e io, o chi altro per me, devo tener conto della singola evoluzione quando vado a esprimere un giudizio. Ma tutto, comunque, coincide sempre col principio universale, anche se naturalmente questa coincidenza avviene per strade un po’ più impervie e un po’ più opinabili, almeno come punto di partenza.
D. – I giovani d’oggi cercano già di scrollarsi di dosso queste sovrastrutture, anche nei rapporti con i genitori.
A. – Vedete, la questione qui s’impernia sulla fede, intendiamoci. O si ha fede e si crede in un’altra esistenza, nella sopravvivenza, nell’esistenza di Dio; e allora se si crede a queste cose, tutto sta come dico io: la Terra ha un valore provvisorio di una palestra di ginnastica ed è chiaro che non si può, non si deve condizionare tutta la vita a una Terra di cui un giorno non si sentirà più parlare, perché sarà completamente finita come tale. e appare chiaro, evidente, che se la vita continua dopo, non c’è nessun motivo per limitare questa vita, nel senso pieno della parola. Se poi non si crede nell’altra vita e si pensa che tutto finirà con la morte, io dico che allora siete doppiamente sciocchi, naturalmente, perché dovreste allora approfittarne ancor di più di questa vita, dal momento che tutto finirà. Aggiungo che per quanto riguarda la prima ipotesi, cioè che voi continuerete a vivere, tutto sommato la vita che noi vi proponiamo, che vi suggeriamo, perché vada vissuta in un certo modo, è una vita in cui c’è meno dolore, in cui c’è più gioia, c’è più piacere di vivere perché tende a distruggere tutti i vostri pseudo-feticci: l’odio, le gelosie, gli egoismi, le rinunce inutili. Io sento molte volte dire cose raccapriccianti da voi uomini. Ci sono uomini – parlando anche delle donne – i quali rinunciano per loro stessi, cioè non fanno sacrifici per gli altri, ma per sé stessi, perché alcune cose “si devono fare”, e alcune altre “non si devono fare”. Io mi chiedo se questi hanno veramente fede nell’esistenza del proprio Spirito o se pensano che Dio si riduca a un qualsiasi parroco che si metta a far prediche, per le tante cose che voi fate sulla Terra e che a Lui, Dio, non interessano proprio niente.
La questione è che si pensa sempre a questo Dio pieno di barba che sta chino sulla Terra, pronto a prendersi le anime, a ghermirle nel momento della morte e probabilmente a sculacciarle sacrosantemente. Ora questa immagine di un Dio fatto così e di un tale rapporto tra noi e Dio, offende Dio, certamente, e lo riduce veramente a un essere da poco. D’altra parte, le religioni vi hanno insegnato questo. Però io noto come ci sia stata resistenza anche in coloro i quali credono in queste cose e tentano di applicarle o le accettano teoricamente. Voi avete paura di voi stessi, avete paura degli altri, siete afflitti da un complesso di timidezza cronica; mentre io sono sicuro, leggendo dentro le vostre anime, che voi siete ricchi di desiderio di vita piena, completa, feconda, ma non avete il coraggio neppure di muovere un passo. Le persone che si amano non sanno confidarsi, non sanno scambiarsi i bisogni dell’anima. Questa è la verità, perché voi vi amate spesso con le vostre sovrastrutture; non avviene uno scambio delle anime, per cui veramente si può dire l’uno all’altro: – io desidero questo-. Perché ciascuno si crea una corazza, una difesa, e crede così di salvare il proprio amore ignorando che invece l’anima lavora per vie sotterranee e porta sino alla coscienza l’amarezza della rinuncia, la crisi per la vita che passa e non si realizza, per le esperienze e i bisogni che urgono dal profondo dell’esistenza e che non siete capaci di realizzare, perché ci sono limiti oltre i quali non potete andare.
I limiti sono quelli che voi stessi vi siete creati in passato e che ora subite. Io credo che se ciascun essere potesse essere disponibile ad aprirsi completamente, ma veramente ad aprirsi, a squarciarsi l’anima come una ferita, essa direbbe tutta la propria angustia per la vita che passa, che finisce presto e non lascia niente dentro. La vita così come molti di voi la vivono – si tratta di centinaia di milioni di esseri umani – è una vita che, tutto sommato, lo Spirito avrebbe potuto anche semplicemente osservare dal di fuori., senza perder tempo a venire sulla Terra.
Voi mi direte: ma queste cose, caro Andrea, lo Spirito le sa, perché tu le sai. Sì, ma lo Spirito pensa sempre di poter riuscire, e infatti sapete quando riuscite a realizzare la vostra vita? Quando svolgete attività che – direi in maniera un po’ banale – fate di nascosto. Le vostre marachelle di uomini e di bambini sono spesso alcune piccole esperienze che riuscite a fare ma che non avete il coraggio di confessare a voi stessi e agli altri, perché il senso dei tabù sociali ve lo impedisce, perché non siete capaci di far pulsare lo Spirito.
Lo Spirito pensa sempre di poter utilizzare mille canali per raggiungere i suoi obiettivi, i quali sono in definitiva uno soltanto: conoscere la vita della Terra come esperienza, a livello spirituale. Quello che io dico non significa naturalmente vivere materialisticamente. No! Significa trasformare l’esperienza della materia in un’esperienza di tipo mentale e spirituale; significa passare attraverso la materia finalizzandola allo Spirito.
La questione è che voi avete diviso le attività degli uomini in “attività buone” e in “attività cattive”. Le buone sono in genere tutte quelle che servono alla edificazione del potere costituito, e le cattive sono quelle che il potere costituito non vuole che voi facciate. Ora ci sono cose giuste e cose ingiuste in ambedue i settori, ma è certo che l’inibizione a svolgere una vita libera, nel senso di pienezza dell’esperienza (non libera nel senso dell’anarchia), nel senso di fratellanza, è stata determinata inquantoché il potere degli uomini non poteva altrimenti controllare la società. Allora esso ha stabilito alcune regole in base alle quali si è assunto il diritto di considerare morali alcune cose e immorali le altre. Il concetto di moralità è un concetto molto equivoco sulla Terra e sta diventando sempre più incerto, per cui veramente, tra poco, non sarete più in grado di capire che cosa è morale e che cosa è immorale. Anche perché tutte le cose che sembrano immorali stanno diventando normali, e tutte le cose che erano considerate normali stanno diventando quasi immorali.
Ora, la verità è questa: che un giudizio di moralità per la Terra non può assolutamente darsi, perché per definire la moralità bisognerebbe partire da una condizione di parità di tutti gli esseri umani, voglio dire che fintanto vi sarà un essere umano che non avrà la possibilità di lavorare e di guadagnare per dar da mangiare ai suoi figli sarà perfettamente morale che lui “rubi”. Non esistono dubbi al riguardo: dal punto di vista della legge di Dio non c’è alcun dubbio; è come se a un certo punto s’impedisse a uno Spirito di muoversi nello spazio universale. Vi sono cose che prescindono da qualsiasi attribuzioni e giudizio. Chi ha fame deve mangiare, e se non ha da mangiare è perfettamente normale che “rubi”.
Esiste una condizione abnorme sulla Terra in base alla quale non può darsi più un giudizio di moralità. A parte il fatto che tutta la questione non c’interessa minimamente dal punto di vista spirituale, proprio perché lo Spirito è un essere che solo provvisoriamente si trova in Terra. E io nel fare questi discorsi vi penso e vi osservo come Spiriti, non come uomini; cioè voi in questo momento siete Spiriti in un corpo e io, parlando a questi Spiriti, scherzo con loro sulla questione così complicata di questo corpo. E badate che per i vostri Spiriti questo vostro corpo, soggetto alle mille regole della Terra, non è altro che un vestito un po’ vecchio che vi sta indosso; un vestito che non calza neppure bene, un vestito che non è neppure preciso, neppure bello, che è anzi molto imperfetto nel suo genere e magari pieno di acciacchi e di malanni, e che quindi è un vestito che questo Spirito sopporta un po’ sbuffando.
Cioè, dal mio punto di vista le cose stanno veramente così. E i vostri Spiriti, naturalmente, in questo momento concordano perfettamente su tutto questo e guardano al loro corpo come a un indumento un po’ antipatico, ma che pure devono sopportare fino alla fine.
Finito questo rapporto (Quello della seduta medianica. – Nota GdS.) i vostri Spiriti calano un’altra volta nella materia, incontrano le regole della società, incontrano le sovrastrutture della propria mente, ripiombano un’altra volta nell’isolamento, si smarriscono, entrano in crisi, non sanno più cosa decidere. Eppure è semplice decidere, riportarsi allo Spirito, ma non siete più in grado di farlo perché in queste vostre scelte di libertà coinvolgete anche gli altri. E la vostra paura è proprio questo dover coinvolgere gli altri, perché gli altri non sono come voi, non pensano come voi, non hanno la stessa fede, non credono nelle stesse cose.
D. – Il punto cruciale è proprio questo.
A. – Il punto cruciale è il timore di far del male agli altri. È chiaro che io potrei anche dire a questo punto che gli uomini sbagliano nelle proprie scelte, che dovrebbero pensarci parecchie volte prima di farle. Però, naturalmente, capisco benissimo che ci sono scelte che si possono fare oculatamente e altre no. Diciamo pure che gli esseri umani, in genere, effettuano scelte importanti per la loro vita, giusto nell’età in cui non sono ancora maturi e non hanno un’esperienza completa della vita, quindi gli errori rientrano indubbiamente nell’esperienza, cioè finiscono col diventare un’esperienza e, naturalmente, il fatto che si coinvolgano gli altri pone un problema di coscienza a voi tutti. Ma in tutte le cose della vita si pone il problema della coscienza: l’uso della mia libertà può recare sofferenza agli altri. Che cosa decido allora? Rinunzio alla mia esistenza? Bene, io considero questo già come un rapporto anormale, il rapporto tra la propria libertà e quella degli altri. D’altronde, lasciare gli altri nell’inganno e nell’illusione non costituisce poi un’altra colpa di cui quell’anima verrà a conoscenza appena lasciato il corpo? Non costituirà dunque una colpa la menzogna deliberata? Oppure: stabilito che, comunque, la libertà provoca del danno a coloro che non la intendono, conviene forse che tutti e due perdano la libertà o che almeno uno questa libertà se la prenda? Anche questo è un punto di vista. Oppure, se un incontro spirituale tra due esseri non c’è, supponiamo in un rapporto matrimoniale, bene, si può adottare la tecnica dell’inganno o la tecnica della chiarezza: in questo caso almeno una delle parti soffrirà, allora cosa converrà fare? Converrà restituire la libertà, anche con la sofferenza, perché almeno c’è la possibilità che una delle parti ricostituisca una personalità e possa continuare la sua vita.
Vedete, le anime, insieme, con la forza non possono stare. Non c’è niente da fare: è una regola generale. Voi, esseri umani state insieme sulla Terra soprattutto con i corpi e poco con l’anima. Anche le cosiddette unioni spirituali si realizzano attraverso la materia, sempre. L’incontro delle anime, se avviene, non si svolge mai secondo le modalità che voi imponete ai rapporti umani, cioè le anime non hanno la morbosità del legame, non hanno la gelosia dell’unità, perché il rapporto spirituale è una cosa completamente diversa da quella che intendete voi. Voi partite da premesse tanto sbagliate per cui ho quasi imbarazzo a forzare queste vostre credenze, inquantoché voi veramente credete che l’incontro di due anime sia un incontro per cui quei due esseri devono stare insieme nella stessa casa, nello stesso letto, tutta la vita. Ma l’incontro dell’anima non è questo. Io sono legato da fraterno e intenso amore ad alcune anime, più che ad altre. Io, certo, capisco, posso dire con parole umane che amo il mio prossimo. Può darsi che siano parole, non lo so. Voglio dire che la mia attività spirituale mi porta naturalmente a capire, a comprendere, giustificare, aiutare sempre tutti quelli che mi si avvicinano. Tuttavia vi sono anime che io prediligo: le prediligo e, naturalmente, questo verbo va spiegato. Le prediligo perché sono anime con le quali ho rapporti e consuetudini; anime di cui riconosco la grandezza. Diciamo, senza entrare in merito, per semplificare, che io “amo di più” queste anime. Badate che il termine “amore” già non esiste per noi: l’amore non esiste come verbo per noi Spiriti. Io l’uso tanto per farmi capire, ma non esiste questo amore come verbo. In ogni caso è qualcosa di simile, ma diverso, più profondo, direi più completo del vostro. Eppure io non ho affatto bisogno di star dietro agli altri Spiriti che amo, non ho affatto necessità di stare nello stesso “spazio”, di vivere la stessa esistenza come fate voi: di dormire insieme, di mangiare insieme. Ebbene, perché? Perché l’amore, il vero amore è completamente altruista, ed è altruistico nel senso reale del significato, cioè esiste veramente – il vero amore – nell’accettare e nel volere con gioia autentica che l’altra parte amata viva liberamente, senza di noi o con noi, indifferentemente.
L’amore è qualcosa di simile: cioè, veramente esso non lega ma disunisce, e soprattutto non ha mai niente di formale: si manifesta nella piena libertà dell’essere: la gioia dell’altro è gioia propria, l’esperienza dell’altro è gioia propria, la felicità dell’altro diventa felicità propria e quindi esperienza propria. E c’è proprio l’esperienza dell’amore ed essa porta a questo: a concepire cioè un puro altruismo, in cui il legame c’è ma non si condiziona con attività, perché è veramente un rapporto tra strutture le quali convivono bene insieme, sono su di uno stesso piano, supponiamo evolutivo, di conoscenza, di problematica, ma non si intercettano e si elidono l’un l’altra. I vostri amori, invece, corrispondono quasi sempre alla semidistruzione delle due parti: l’una si sacrifica per l’altra, cioè rinuncia a sé stessa per l’altra. E l’umanità, il prossimo, non esistono più, perché gli esseri che si amano – dite voi – non hanno più bisogno dell’umanità. Sicché l’esperienza vera e propria viene a ridursi in una esemplarità di vita quasi sempre arida, che non dà, perché non riceve dall’esterno.
È difficile vivere come dico io, lo so, è molto difficile, ma almeno sappiate che così stanno le cose, e che sta a voi tentare almeno il minimo adattamento possibile, soprattutto, perlomeno, per comprendere, per perdonare l’attività degli altri. Quando sarete da questa parte nessuno vi chiederà conto degli altri, ma risponderete soltanto di voi. E questo, per noi, è già la risposta a quello che dicevo. Tutto quello che voi avete fatto per gli altri conterà, certamente, ma di tutto quello che non avrete fatto, né per voi né per gli altri, non se ne troverà traccia. Quindi veramente saranno cose non fatte, di cui non riporterete che l’amara esperienza del non realizzato.