D. – Riallacciandomi alla “teoria dei coni rovesciati” (È il titolo dato a una comunicazione dell’Entità Andrea degli anni ‘50, riportata a pag. 262 del “Rapporto dalla Dimensione X”. – Nota senza riferimento.), in cui è detto che l’evoluzione dello Spirito procede, per un certo tratto, secondo un andamento che può essere considerato a spirale, quando il passaggio da una condizione all’altra di evoluzione dà un senso di emozione, di euforia, mi sembra che si potrebbe chiarire questo punto più nel dettaglio, anche perché sappiamo che l’acquisizione progressiva di conoscenza, di idee, avviene in modo graduale, costante, lineare. A cosa sarebbe dovuto questa specie di salto? Abbiamo d’altra parte visto recentemente che non esiste in assoluto, geometricamente parlando, una collocazione precisa, dei gradi evolutivi.
A. – In realtà non ci sono scelte particolari; si tratta pur sempre di seguire quella spirale.
D. – Sì, ma a che cosa è dovuta quella “sensazione” particolare, se così si può chiamare, che prova lo Spirito, nel passare da un piano all’altro?
A. – Naturalmente bisogna considerare questi piani figurati. C’è da dire che ogniqualvolta si verifica un reale avanzamento dello Spirito, quando egli ha coscienza che in lui si sono assommate altre esperienze, che si è manifestata una dilatazione della propria area spirituale, quando lo Spirito ha coscienza razionale di tutto questo, egli percepisce questa situazione d’equilibrio in un modo che sembra emozionale.
In realtà si tratta della presa di coscienza del proprio stato, che è sempre riferito a se stesso, intendiamoci. Lo Spirito non pensa mai: – sono migliore di un’altro, sono più avanzato di un altro -. Questa competitività non esiste per lo Spirito, ma c’è un prender nota della propria situazione, il che corrisponde oggettivamente a una migliore disponibilità nei confronti della realtà che gli è d’intorno. Ora, tutto questo – lo capisco bene – potete chiamarlo felicità, gioia, piacere o beatitudine, a seconda dei casi.
Io dico che non è niente di tutto questo pur essendo qualcosa; è sempre una presa di coscienza intelligente e razionale; lo Spirito riconosce in se stesso il segno di Dio, in qualche modo avverte che quell’equilibrio è uno stato di benessere. Si tratta di una serie di conseguenzialità per cui lo Spirito entra in uno stato di quiete, come dissi una volta, e questo stato (che esiste a qualunque livello evolutivo) corrisponde a quello che voi chiamereste felicità.
D. – Si verrebbe cioè a trovare nella condizione nella quale ci troviamo quando ci prefiggiamo una mèta, la raggiungiamo e ci sentiamo soddisfatti, e così via?…
A. – Solo che “contentezza” e “soddisfazione” sono emozioni umane, mentre dovrete trovare qualcos’altro per quanto riguarda lo Spirito. Per intenderci: uno stato di quiete, di equilibrio, uno stato in cui lo Spirito ritrova se stesso. Ed è un momento di sospensione, se così si può chiamare, un momento in cui lo Spirito non agisce, ma contempla, verifica se stesso, il proprio patrimonio conoscitivo.
D. – Si è detto anche che lo Spirito, quando ha fatto male, si autopunisce, prova un grandissimo dolore e viene in questo aiutato da spiriti più evoluti per perfezionarsi.
A. – Naturalmente ora sapete che quando dico “dolore” non intendo il dolore umano, non intendo quindi una reazione psicologica o fisica, ma intendo uno stato di disquilibrio, d’insoddisfazione, la coscienza dell’errore, la valutazione dell’errore. Non si tratta mai di un dolore parossistico, ma soltanto di una reazione a una serie di azioni più o meno sbagliate che il soggetto ha effettuato. È sempre da intendere così. Può darsi che io usi talvolta quelle parole, quei termini, per farmi capire. In passato li ho usati molto perché non avevo altro modo di farmi intendere da chi mi ascoltava.
D. – Poiché in Terra, per l’umanità, il livello evolutivo rimane più o meno stabile, fase per fase si può vedere in questo un ostacolo alla diffusione delle nuove idee, un ostacolo al progresso effettivo. Perché oltretutto quanto ci viene detto deve passare attraverso tutti i filtri che sappiamo e cioè non è mai un discorso fatto direttamente allo Spirito, ma è fatto all’uomo, cioè al cervello, alla psiche ecc. Questi sono gli ordini di difficoltà che darebbero ragione del fatto che in Terra il progresso è estremamente lento.
A. – Certo, le difficoltà sono grandi e gravi. Per questa ragione tutto quanto concerne la vita dopo la morte è rimasto sempre patrimonio delle dottrine mistiche, spirituali, le quali si basano appunto sulla fede; si crede, oppure non si crede. So bene quale difficoltà offra la materia, la resistenza dell’uomo, il limite dell’uomo che è fatto in un certo modo e che, giustamente come tu dici, nel corso di una vita non riesce mai a evolversi al punto tale da comprendere molto al di là dei suoi limiti naturali. D’altra parte c’è da obbiettare che sulla Terra esiste anche una disarmonia spirituale, per cui avete esseri umani spiritualmente mediocri e altri invece più evoluti, indipendentemente dall’uso sociale di questa spiritualità. Cioè vi sono potenzialità disarmonicamente distribuite che potrebbero dare ulteriori frutti. In ogni caso, sia ben chiaro, la separazione tra questa vita e l’altra c’è, indubbiamente.
Il compito dell’uomo non è quindi tanto quello di dimostrare l’esistenza di Dio, dello Spirito, (questo può anche venire, può anche essere utile, può servire), quanto quello di collaborare affinché la Terra possa essere sfruttata sempre meglio dagli spiriti che verranno a incarnarsi.
La dimostrazione o la certezza dell’esistenza di Dio o dello Spirito, non sono fondamentali ai fini della conoscenza. Io ve l’ho ripetuto molte volte e continuerò a dirlo. Voi tutti, crediate o meno, oggi, a Dio o allo Spirito, sarete comunque costretti a credervi dopo la morte; e tutte le teorie, tutte le ipotesi salteranno, non avranno più alcun valore.
Dunque, poiché questa vostra vita è comunque limitata da pochi anni di esistenza sulla Terra, da un punto di vista pratico non conviene molto inseguire, allo stato delle cose, impossibili conquiste, quanto di accontentarsi di provvisorie tappe, perché queste tappe potranno non essere risolutrici, ma saranno enormemente utili agli esseri spirituali che verranno sulla Terra. Noi, cioè, partiamo da un programma né minimo né massimo, ma medio; quello che ci interessa è offrire alla Terra una località sociale che possa essere utilizzata ai fini spirituali.
Perfezionando dunque in qualche modo le strutture umane, è possibile consentire anche allo Spirito di vivere meglio l’esperienza, effettuare ed eseguire certi programmi. Perché poi, vedete, la cosa importante è modificare l’uomo o la società, non è tanto importante alzare le bandiere con motti, perché esse servono soltanto a creare ombra tra il Sole e la Terra, qualunque sia la bandiera e con qualunque motto. Lo Spirito non sa che farsene di queste cose. L’esperienza dello Spirito, voi lo sapete, è un’esperienza che deve svolgersi sulla Terra e con le modalità della materia.
Ora le ideologie, anche di natura religiosa, come potrebbe essere l’assunzione di una verità – Dio esiste ecc… – non hanno senso; ha senso operare, non credere. La credenza è un fatto di fede. Credere per credere, fede per fede, tanto vale tenervi le religioni che avete. La questione è che bisogna incidere e modificare il rapporto tra l’uomo e gli altri uomini e, eventualmente, l’atteggiamento dell’uomo nei confronti dei principi generali dell’Universo per potersi collocare in una dimensione rapportata alla dimensione generale del cosmo, per capire la propria posizione nell’ambito della struttura universale, con i propri difetti e i propri errori, con i malanni ecc…
Questo è il senso dell’intelligenza applicata alla vita. La ricerca teorica può, un po’ alla volta, spostare i termini di definizione dell’uomo, e certamente serve per capire di più; non dico dunque di non tentare anche questo, ma il solo avanzamento ottenuto trascinandosi dietro degli uomini cariatidi non serve a niente, è come portarsi dietro un esercito di morti. L’esercito dei vivi è invece composto da coloro i quali stanno al proprio posto e sanno perché ci stanno. Il tempo della verità assoluta, cioè della conoscenza integrale di come stanno le cose tra la vita e la morte, è un tempo che verrà dopo. I nostri tentativi servono per formularvi alcuni principi dai quali ricavare le norme di comportamento sulla Terra, ma da soli questi principi non varrebbero niente. Anche perché i principi, voi lo sapete, vengono interpretati secondo l’evoluzione dello Spirito.
La verità assoluta non esiste per noi. Ogni frammento che si scopre e si chiarisce certamente è la verità, è una tessera del mosaico di una verità più grande. Questo è il nostro destino di esseri viventi e, come tali, dobbiamo necessariamente soggiacere a quel principio generale che è il principio divino, anche questo variamente interpretabile.
In ogni caso noi acquistiamo la coscienza precisa della nostra collocazione e del nostro essere in questo Universo. Questo non deve gettare ombra o creare perplessità su quella che è la ricerca teorica; dico semplicemente che la ricerca teorica, come ogni buona filosofia, può anche non servire a niente, le mie parole possono restare parole al vento. È quindi importante agire proprio in conformità di questa verità che si schiude a mano a mano davanti a voi, e agire significa modificare il proprio comportamento interiore. Anche questo può rappresentare un atto di fede, lo capisco. Qualcuno potrebbe dire: ma noi potremmo trovarci ad avere un certo comportamento e potrebbe ugualmente non esserci nulla di certo, dato che tale comportamento deriverebbe comunque da certi principi teorici: saltati quelli, salterebbe anche il comportamento -. No! È in questo che vi sbagliate!
Vedete, le cose che avete appreso valgono anche se non esiste l’altra vita, perché alcune loro considerazioni conseguenziali servono a farvi vivere meglio sul piano umano, cioè sono indipendenti da una fede. Perché abbiamo avuto sempre la massima cura nel non separare mai nettamente la natura animale dell’uomo dalla sua natura spirituale. E non potevamo farla tale separazione, altrimenti saremmo caduti nell’utopia più assurda, quella proprio di tipo religioso che vorrebbe eliminare tutto quanto è materiale dall’uomo, come se l’uomo sulla Terra fosse rappresentato dal suo Spirito, mentre la realtà è esattamente il contrario.
È lo Spirito che è rappresentato in gran parte dal corpo finché siete vivi; e la prova l’avete per il fatto che questo vostro Spirito non compare quasi mai nella prassi dell’esistenza e dovete semplicemente dedurne l’esistenza oppure accettarlo per fede, perché così come siete fatti, tutto sommato, potreste anche non averlo lo Spirito. Non siete neppure riusciti a tirar fuori neppure una teoria decente che desse ragione dell’esistenza del vostro Spirito; e questa è la cruda verità, perché di fronte a tali problemi è inutile trincerarsi dietro grosse ipotesi di tipo religioso.
Bisogna convenire senz’altro che le teorie di cui stiamo discutendo tratteggiano un uomo-materia dietro al quale c’è lo Spirito, ma ai fini del suo funzionamento potrebbe anche non esserci. Noi sappiamo che non è così; riusciamo anche a giungere a qualche spiegazione del perché non sia così. Oltre questo punto voi potete anche andarci, ma, per ora, ancora balbettando, quindi continuando la ricerca con maggiore chiarezza. Ma anche raggiunta una maggiore chiarezza, essa non vi servirà che a convertire coloro che credono, ma ai fini del comportamento dell’uomo non cambierà assolutamente niente.
È necessaria la modifica del comportamento, affinché dentro di voi nasca o si sviluppi, secondo i casi, un diverso modo di agire, un nuovo essere che collochi se stesso in una giusta posizione nei confronti dell’Universo e dell’umanità. E questo significa vivere meglio, significa liberarsi di una serie di guai, significa forse raggiungere – secondo alcuni – una dose di maggior freddezza nei confronti delle emozioni.
Voi sapete bene che le emozioni sono la rovina dell’uomo, che gli uomini per mezzo delle emozioni si creano una quantità di dolori. Se riusciste a dominare di più le emozioni, e soprattutto a cancellare quelle che sono assolutamente inutili, veri macigni sulla testa dell’uomo, vivreste più felicemente. Vivere più felicemente significa vivere più intensamente. Naturalmente, si vive intensamente anche soffrendo, sennonché accade che, spesso, chi soffre dimentica la finalità della sofferenza e porta soltanto un peso senza saperlo riconoscere, cioè avvertendo l’oppressione, ma non riuscendo ad alzare gli occhi per vedere cosa c’è al di là di esso, e questo vuol dire portare un peso passivo. La maggioranza degli uomini porta questi pesi passivi ma non li sa riconoscere.
In un certo senso vivere felicemente significa avere coscienza della propria gioia di vivere. Questo non elimina una serie di guai, naturalmente, ma li riduce d’intensità; crea una maggiore superficialità nei confronti degli pseudo problemi. Finisce col diventare anche un padroneggiamento dei problemi e della propria esistenza, significa che si agisce ogni momento deliberatamente e volontariamente, senza subire. Voi non fate altro che subire per tutta la vita. E come reagite a tutto questo? Con le sofferenze, con i dolori; voi non vi proponete mai attivamente nulla, o quando ve lo proponete è semplicemente perché è un programma superficiale. E torniamo al punto focale delle altre volte: voi non programmate la vostra vita, non programmate le vostre esperienze e la soluzione dei vostri problemi.
Non è facile programmare queste cose, naturalmente, lo so bene. Nella condizione in cui siete, una situazione quasi di schiavi, in un certo senso, è molto difficile programmare l’esistenza. Il vostro margine di libertà è talmente piccolo che veramente non so come potreste fare, se non attraverso un atto di pulizia delle vostre sovrastrutture, della vostra interiorità, insomma osservando il mondo con una luce nuova negli occhi.
Questo osservare il mondo con una luce nuova può diventare anche una cosa difficilissima. Non è questione di volontà, è questione di aver chiara la funzione della vita, cioè di sapere che le esperienze sono fatti dai quali ci si può liberare quando si sono accettate le esperienze e si passa oltre. Se le esperienze si subiscono e si portano sulle spalle con l’autopietismo, esse resteranno sempre come macigni. La questione di scrollarsi le esperienze può essere effettuata solo a patto di programmare alcune cose della propria vita, di avere alcuni obiettivi e di tentare di raggiungerli a tutti i costi.
Gli obiettivi non hanno grandezza, sono obiettivi punto e basta! Hanno un valore soggettivo anche se la vita degli altri è sempre in funzione alla vostra. Ricordatevi che sulla Terra siete una collettività, ma che come esseri spirituali siete e sarete eternamente soli. Voglio dire che ciascuno risponde alla legge di Dio, che ciascuno è un essere solo con la propria intelligenza e la propria struttura: questo è il principio d’individualità dello Spirito. Però qui, sulla Terra, siete una collettività, siete legati gli uni agli altri da diritti e doveri, per cui ciascuno muove un passo semplicemente se questo passo è accettato dagli altri.
Qui da noi potete muovere tutti i passi che volete, non c’è nessuno che debba accettarli o rifiutarli. Siete solo voi a valutare l’opportunità di fare un passo, dieci passi, o un passo laterale a sinistra o a destra. Cioè non esiste controllo se non all’interno dell’azione; non potete superare i vostri limiti e questo è implicito. Anche qui sulla Terra in realtà non superate proprio niente: vi muovete sgarbatamente, e ogni volta che lo fate producete una quantità di guai, non soltanto perché non avete le idee nette, ma perché neanche coloro che vi sono intorno, e che dovrebbero giudicare, subire o agire su di voi, hanno le idee chiare.
Avanzate confusamente e così perdete di vista programmi, passato, presente, e vivete letteralmente alla giornata, aspettando che gli altri si muovano per decidere in base ai loro movimenti la vostra contromossa. Questo sistema di tattica, che può andar bene in guerra, va piuttosto male in tempi normali. Le conseguenze sono quelle che voi sapete: non vi amate tra di voi, non vi rispettate, siete pronti a danneggiarvi, siete pronti a derubarvi gli uni con gli altri, cioè ad avanzare buttandovi in avanti come se si trattasse sempre di combattimento.
Questo è il risultato di tutta un’educazione sbagliata nel campo della morale, della famiglia, della società. Vi guardate come se foste dei nemici. Cercate di guardarvi sottecchi per cercare di capire i segreti degli altri. Questo è in un certo senso, il vostro male, questo è quello che veramente frena la libera espansione dello Spirito, che lo riduce schiavo di tutta questa complessa situazione; e naturalmente riduce di colpo il suo programma spirituale, perché con tutte le sue buone intenzioni, appena egli giunge nel corpo, cioè sulla Terra, si trova immerso o letteralmente sommerso da questa situazione che egli stesso poi finisce con l’assimilare usando un cervello costruito coi medesimi materiali della Terra. Dunque egli si riduce schiavo di questo corpo, attraverso il quale stentatamente invia dei segnali, dei messaggi che sono camuffati, se non addirittura distorti, quando arrivano alla coscienza. In questa maniera il mondo, letteralmente boccheggiante, attende un’improbabile salvezza da un evento o da un fato che nessuno sa ben definire e che la religione invoca col nome di Dio, che va escluso perché la salvezza deve venire esclusivamente dalla Terra, essendo vostri i guai che avete combinato.
Ora, ecco che di fronte a tutta questa drammatica situazione, voi pensate a Dio, pensate allo Spirito. Sì, il fine è quello, lo Spirito, certamente, ma perché lo Spirito possa manifestarsi, perché lo Spirito possa anche essere individuato da voi, dovete fare come coloro che avendo un tesoro sepolto devono cominciare a scavare, scostando radici, togliendo alberi, pulendo il terreno, discendendo in profondità, pian piano, per fare spazio e tirare fuori la cassa del tesoro.
Come potete sperare di tirar fuori questo Spirito, se lo avete letteralmente sommerso con tutto ciò che vi ho detto prima? Lo Spirito è talmente estraneo, per sua struttura, a tutto questo marasma della vita umana, della mente umana, a tutta questa situazione abnorme, assolutamente assurda, che si trova infossato, letteralmente sprofondato, letteralmente coperto dai rifiuti della vostra vita. Perché questo vostro modo di comportarvi, di vivere, è come un rifiuto dell’Universo, uno dei più abbietti che possano esserci, perché assolutamente inutile, assolutamente illogico, irrazionale.
Ora, voi vorreste tirar fuori Dio da questi rifiuti? È un’operazione francamente impossibile. Dio e lo Spirito sono in un’altra condizione, a un altro livello; è come se voleste parlare di un artista e di un imbrattatele, di uno che strimpella su una corda e di un musico eccezionale: Non potete parlare di queste cose che sono completamente opposte tra loro. Ecco che, dunque, la tua domanda iniziale, perfettamente lecita, deve entrare in questa comprensione della realtà. Sì, certo, chi ha la mente più chiara continui pure la ricerca, ma le difficoltà sono queste: siete voi la difficoltà.
Vedete, qualche volta mi è stato detto: ma come, tu Andrea, oppure Dio, oppure che so, il Cristo, tanti altri grandi che sono stati sulla Terra, non siete riusciti a darci una certezza, a dimostrare che, per esempio, Dio esiste e tutte queste belle cose. Quasi come se la colpa fosse nostra. In realtà la colpa è soltanto vostra. Oh, io non dico che, liberato l’uomo da tutti questi pesi, si possa poi tranquillamente dimostrare ciò che volete. No. Ma voglio dire che allora si potrà almeno cominciare in una maniera più lucida. Ora dovete andare per tentativi e questi tentativi passano attraverso la materia, anche per una questione tattica. Non è un consiglio giusto, ma è un consiglio saggio semmai: non è giusto consigliare questo, è soltanto saggio.
È utile adoperare queste tecniche: che io definirei di smantellamento. In altri termini, si può demolire una casa fatta di pietre usando le pietre. Diciamo che delle pietre lanciate con violenza contro una casa di pietra, finiscono col demolirla. Questa doppia funzione dell’oggetto diventa un elemento tattico, chiave metodologica per forzare delle cerniere.
In ogni caso la situazione è questa e, ripeto, ha anche degli aspetti ottimistici rispetto a quelle del passato dell’umanità. Cioè siete francamente in una situazione migliore, che precede l’esplosione: questa è già una cosa positiva.
Vorrei dire ancora una cosa. Naturalmente si potrebbe chiedere perché questa situazione così confusa non sia stata eliminata, dato che lo Spirito ne è ostacolato. Vedete, lo Spirito – l’ho detto altre volte – bene o male le sue esperienze le fa lo stesso. Forse le fa più male che bene, perlomeno le fa imprecise, ne fa una parte: sarà costretto a tornare più volte, questo è l’inconveniente; sarà costretto a intensificare quantitativamente le esperienze, ma in una maniera o nell’altra egli le porta ugualmente a termine.
Capisco che si possa obiettare ancora che non è una questione di velocità, che gli spiriti non sono in gara con l’evoluzione. Questo è vero. Devo dire però che lo Spirito ha un’evoluzione che generalmente è costantemente accelerata e che i rallentamenti, operando delle decelerazioni, diventano un elemento perturbatore, interferenze. Noi, da un punto di vista generale, universale, definiamo interferenze il passaggio sulla Terra, dati i difetti che abbiamo indicati; quindi, l’eliminazione dell’interferenza è un fatto che riporta nell’ordine l’evoluzione costantemente accelerata dello Spirito. Naturalmente, l’accelerazione costante si verifica sempre, considerata l’autonomia e la libertà dello Spirito, ma voglio dire che la struttura dello Spirito tende per propria natura a un cammino costantemente accelerato, cioè uniformemente accelerato.
D. – L’importante è allora realizzarsi, qualunque sia la mèta.
A. – Esatto. Infatti noi non consideriamo le esperienze come negative o positive: sono esperienze e basta. Dissi una volta: preferisco colui che diventa un delinquente a colui che non fa assolutamente niente. In un certo senso l’uomo deve tendere all’ordine, naturalmente, al cosiddetto “bene”, chiamiamolo così, ma non conta tanto questo quanto l’intensità, lo sforzo, l’attenzione nel realizzarsi e nel realizzare: questo conta.
L’abulia è la cosa più riprovevole perché ferma, rallenta completamente lo Spirito; essa è antispirituale. Cioè, il vivere un’esistenza puramente vegetativa, senza nulla effettuare, questo è veramente riprovevole. Ma colui che in qualche modo affronta l’esistenza, soffrendo, piangendo, logorandosi; colui che pensa, riflette, medita, ragiona, che magari sbaglia, costui certamente è altamente apprezzabile, qualunque possa poi essere il risultato che raggiungerà. I risultati in fondo non contano, le esperienze non si stratificano secondo i risultati, ma attraverso lo sforzo fatto per raggiungere un risultato. Il risultato una volta raggiunto è un obiettivo che diventa scontato, che non dà più quelle emozioni che invece danno la lotta e il cammino fatto per raggiungere l’obiettivo.
D. – Ma il risultato è comunque positivo a livello individuale?
A. – Sì, però può essere completamente negativo sul piano sociale, sul piano della vita, ma non ha importanza. Il fatto è che voi perseguite i risultati, cioè, raggiunto il risultato non importa con quali mezzi, credete che sia fatto tutto: parlo dei risultati esteriori, mondani, convenzionali. Invece è la lotta, la ricchezza interiore ciò che conta…
D. – È possibile individuare il nostro programma spirituale, il programma dell’incarnazione?
A. – Non potete conoscerlo, dovete trovarlo da voi stessi.
D. – La meditazione può essere utile in questo caso?
A. – La meditazione fine a sé stessa non serve a niente; la meditazione finalizzata sì. Cioè, se con la meditazione tu analizzi te stesso, allora, riconoscendo te stesso, riconosci quello che vali, quello che puoi fare, quello che potresti fare e non fai, quello di cui hai ancora bisogno per poter attuare ciò che hai intenzione di fare. La meditazione serve a riconoscersi, a chiarirsi, ma dev’essere finalizzata a un programma, a un’aspirazione, a una mèta. Se diventa una meditazione puramente del nulla non serve proprio a niente; la meditazione del nulla di tante antiche dottrine, per esempio, per mio conto non valeva niente, non serviva a niente. E ciò vale anche per il discorso dell’estasi: meditare per poi sdoppiarsi e contemplare l’altro mondo non serve a niente, credimi. Per contemplare l’altro mondo avrete tutto il tempo che viene dopo la morte, non c’è ragione di modificare la vita ora. Vorrei richiamarvi proprio sul fatto che la vita non dev’essere alterata. Perché altrimenti sareste venuti sulla Terra? Sareste rimasti spiriti, senza altre necessità…
Voi venite sulla Terra, e volete subito proiettarvi nell’altro mondo. Non c’è senso. La vostra vita è tanto breve che dovete sfruttarla fino in fondo, il resto verrà dopo, la morte è un fatto sicuro. Questo vale per chi crede e per chi non crede, naturalmente, perché è la stessa cosa; chi non crede non troverebbe niente nell’estasi, né nel “dopo”, qualora non esistesse niente. Chi crede troverà tutto dopo, è inutile perdere il tempo della propria vita. Se si parla invece di meditazione finalizzata, il discorso è diverso. Essa diventa un’autoanalisi, un autoriconoscimento e questa è una cosa che dovrebbe essere fatta, ti dirò, per riconoscere i segni della propria vita, le cose che si collegano alle proprie vocazioni, sia spirituali che umane.
D. – Però anche le condizioni ambientali ci condizionano molto…
A. – Infatti nessuno vi dà colpa per tutto questo, nessuno di voi è responsabile, non si può accusare proprio nessuno. Tuttavia, diciamo che data la logica dell’evoluzione, delle strutture sociali nate in un certo modo, sviluppantisi in un certo modo, si sono avute delle conseguenze più o meno fastidiose, se non vogliamo usare il termine “deleterie”, nei confronti dell’evoluzione dello Spirito. Ma nessuno è chiamato a rispondere di questo, salvo in casi particolari di responsabilità individuali nei confronti del genere umano. Ma anche qui sapete bene come si articola la legge di Dio nei confronti di tutto.
Quello che ho detto non può suonare assolutamente come accusa nei confronti dell’umanità. In fin dei conti l’umanità è costituirà da spiriti che vivono dietro un corpo. Quindi, la corresponsabilità, se ci sono, sono ormai a livello spirituale, cioè sono di coloro che sono vissuti sulla Terra e che hanno seminato più o meno male, ma anche questi esseri, a loro volta erano vittime di situazioni precedenti che hanno trovato sulla Terra. Quindi diciamo che per propria natura, avendo finalizzato la Terra per esperienze, per scopi non strettamente biologici, l’avventura della psiche in una materia che ha leggi proprie poteva svolgersi in maniera migliore; ma proprio perché essa è sottoposta strettamente alla legge biologica ecco che si è creata la dicotomia e quindi, in un certo senso, si è confuso il cammino della psiche, in un ordine incerto.
La materia in sé stessa, come vedete, ha continuato ad andare avanti imperterrita per suo conto, così disagi si sono avvertiti soprattutto a livello psichico, dove appunto l’intelligenza non è riuscita a organizzare una materia così vasta, perché essa stessa è stata malamente sfruttata al punto da determinare delle situazioni conflittuali tra gli esseri umani.
D. – A parte il fatto che l’intelligenza stessa, per queste ragioni, non riesce a esprimere tutta sé stessa continuamente.
A. – Diciamo che l’intelligenza stessa ha voluto usare in qualche modo la legge generale della materia, che è una legge in fondo egoistica, mentre la legge generale dell’Universo è invece altruistica. La materia uccide altra materia, per la sopravvivenza a tutti i costi. Vedete quanto stenta a morire un uomo, talvolta. Ora si è verificato che, sfruttando la legge generale dell’istinto di tipo biologico, la psiche umana si è imposta, ed è così che sono nate le leggi, gli uomini che hanno dominato altri uomini e via di seguito, determinando grave scompenso nello sviluppo del comportamento e dell’atteggiamento umano. In ogni caso, ripeto, non si può chiamare nessuno responsabile; diciamo che è la presenza di una forza spirituale intelligente, quale è da una parte lo Spirito e dall’altra la psiche, che si è adattata in maniera imprecisa alla legge naturale di tipo materiale e questo ibrido ha generato la situazione che sappiamo.