LA VIOLENZA POLITICA

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(Si è chiesto un intervento chiarificatore, a proposito dell’attuale crisi di violenza mondiale, soprattutto di carattere politico. – Nota senza riferimento.).

(La domanda è fortemente legata a un particolare momento storico, quello della fine degli anni ‘70, e con ciò potrebbe essere ampiamente superata in momenti posteriori. In questo ambito, avendo sicuramente una visione non legata al contingente politico-storico umano, l’Entità Andrea allarga il senso della risposta a tutta una serie di considerazioni dialettiche e filosofico-pratiche. – Nota del curatore.)

A. – … Violenza è un termine alquanto generico, perché sapete bene che per violenza si possono intendere tante cose. La violenza è, come suol dirsi, dolce o amara. Vi è la violenza cruenta: quella che si fa attraverso i soldati, vi è un tipo di violenza che non è svolto attraverso la forza, ma attraverso semplici leggi che possono tendere a limitare talune attività per una distribuzione di beni in maniera più equa. Questo tipo di violenza voi già la subite, l’avete sempre subita. Uno stato, allorquando pretende per legge il pagamento dei tributi, svolge un ruolo di violenza, perché violenza è qualsiasi volontà la quale escluda la volontà di chi subisce quella legge. Voi non potete ribellarvi, non dovete ribellarvi altrimenti cadete nelle sanzioni. Dunque, questo tipo di violenza esiste già e in un certo senso è legalizzato perché lo stato si autoprotegge, si autogoverna proprio in virtù di un suo esercizio di sovranità e prevede anche l’adozione di norme restrittive per i cittadini. Quindi, nella fattispecie, attraverso leggi con le quali il cittadino può anche non ritrovarsi, ma che è tenuto a obbedire perché lo stato in cambio offre una serie di servizi, per così dire, sociali, economici ecc. Ora può accadere che il complesso delle leggi in base alle quali lo stato costituisce la propria sovranità sia inteso debolmente, in certi momenti storici, producendo per contraccolpo una sorta di anarchia sociale. Può darsi che le leggi siano fatte male, che proteggano alcuni e altri no, in maniera da alimentare l’ingiustizia. Può darsi allora che uno stato stringa il cerchio delle leggi per ottenere quello che può essere necessario per ristabilire un equilibrio. In questo caso, diciamo così, colui che esercita il suo diritto di cittadino non può far altro che obbedire in nome della collettività, cioè per il bene di tutti. Noi presumiamo e presupponiamo che tutto sia fatto in maniera giusta, si capisce; cioè parliamo teoricamente, e svolte così le cose nessuno dovrebbe aver niente da eccepire.

La questione è che in genere si urta contro tutta una serie di concetti che traggono origine da lontano, i privilegi, per esempio. Vi sono uomini che si sentono privilegiati rispetto ad altri uomini. È da questa distinzione di classe che nascono in fondo anche le leggi, o perlomeno le leggi del passato le quali davano sempre ragione ai nobili e ai principi e poi, successivamente, ai ricchi, e sfavorivano naturalmente la plebe alla quale toccava obbedire. Parte di questa mentalità sopravvive ancora ai giorni vostri, per cui è chiaro che l’abbandono di privilegi comporterà sacrifici, ma d’altra parte non è evangelicamente pensabile che questi privilegi siano divini, come si è erroneamente ritenuto. E dunque è chiaro che eliminando la serie dei privilegi, o riducendoli, o eguagliandoli in certo qual senso ai diritti sociali, si vengano a creare turbamenti. Perché? Perché naturalmente chi detiene i privilegi della ricchezza o del potere non intenderà privarsene. È chiaro che qui il discorso si fa estremamente semplice anche se poi diventa complesso. Certo io posso anche dire che dal punto di vista dell’esperienza spirituale si tratta di modalità di esperienze tutte valide. Cioè anche colui – lo Spirito – che si incarna in un corpo che poi avrà il potere, svolgerà il suo ruolo e avrà le sue esperienze. Quindi mentre esiste la situazione contingente della disparità umana, che si può anche assolvere in nome del concetto di evoluzione, tuttavia a monte, cioè a dire prima del concetto di evoluzione ce n’è un altro che è una legge ben precisa di ordine divino e cioè quella dell’uguaglianza degli spiriti di fronte a Dio. E questo è un principio che esiste ovunque nell’Universo. In base a questo principio, che noi vi abbiamo sempre detto, davanti a Dio, l’ultimo Spirito, è pari al primo. Si può applicare questo sulla Terra? Diciamo che il principio divino è quello; la Terra rappresenta una fase contingente, sicché così come vi sono state violenze per l’assunzione legale di leggi che proteggono i meno, così è molto probabile che per opposto vi sia un’altrettanta violenza per eliminare quei privilegi che certo non sono cristiani. Il discorso che un popolo debba essere governato da qualcuno che sa di più, può essere un aspetto della questione. Il fatto è che fatalmente il popolo non viene mai governato da chi sa di più, ma soltanto da chi può di più. E questo perpetua lo squilibrio perché chi può di più, ma non sa di più, non farà mai leggi buone o leggi comunque compiute. Sulla Terra è difficile far leggi buone e compiute: ne convengo pienamente. D’altra parte poiché ci riferivamo a una società disgregata bisognerà in un certo senso pur pensare a un toccasana. Però non illudetevi affatto che i motivi di tutto ciò siano politici o ideologici; i motivi sono sempre stati economici. Tutte le guerre, tutte le rivoluzioni, tutte le invasioni, le ribellioni, le colonizzazioni hanno sempre avuto alla base motivi economici. I motivi economici fanno l’ideologia; le ragioni storiche ed economiche determinano il comportamento della politica, sicché non illudetevi affatto che possa esserci un toccasana ideologico. Esistono soltanto toccasana economici. Perché il governo di un popolo risponde a precisi canoni economici e voi potete girare e rigirare la torta come volete: dal danaro in Terra non si scappa, perché è così che avete costituito la società, attraverso uno scambio di danaro. D’altra parte non è che la moneta in sé sia vile; anche se aveste avuto ancora uno scambio merceologico sarebbe stata perfettamente la stessa cosa. Cioè, è impossibile che un gruppo di uomini di più di tre miliardi quali siete sulla Terra (Ricordiamo che la comunicazione è del 1979. – Nota del curatore.), possa vivere, convivere, muoversi e svilupparsi senza un reciproco scambio; ciò diventa fatalmente uno scambio all’interno delle nazioni e tra le nazioni. Dunque è un problema strettamente economico, per cui tutti i motivi ideologici sono soltanto coperture, coperture valide per i più, cioè valide per quella gran parte dell’umanità che non ha la cultura sufficiente per centrare questo fatto primario di una qualsiasi regola sociale. e allora ecco che, naturalmente, si parla di violenza: la violenza non è soltanto la rivoluzione di piazza, la violenza è tutta una serie di atti che si pretende dal cittadino, o perlomeno di comportamenti. Il fatto è che voi tra concetto di violenza e concetto di libertà fate spesso tutt’uno. La questione è questa: che voi non siete liberi neppure ora; voi credete di essere liberi – e lasciamo da parte se sia possibile o meno una libertà sulla Terra, o se sia possibile altrove, questo lo abbiamo visto altre volte, noi parliamo sempre di una certa utopia del concetto di libertà, nel senso di assolutizzazione di questa libertà, parliamo di libertà entro un certo alveo, entro certi confini, tuttavia diamo per scontato un certo concetto di libertà – ma, certo, la libertà che avete voi è una libertà ben misera. Tutto sommato di questa libertà ne fate poco conto. Voi credete di essere liberi semplicemente perché potete camminare per strada, mangiare quel che volete o, che so, avere e scegliere i vostri amici. In che cosa consiste questa libertà? La vostra libertà è un’utopia, è una falsa libertà. La questione della libertà interiore voi non la sfiorate nemmeno, sicché la violenza voi la subite già nel momento in cui nascete, e nascendo in un certo gruppo sociale, in un certo gruppo familiare, con quella madre e con quel padre dunque voi già vi sottomettete alla loro influenza e quindi già limitate la vostra libertà. Questa è una catena senza fine, si capisce, i genitori sono figli, i figli diventano genitori e via di seguito. La società resta più o meno in un certo modo intorno a voi e voi vi muovete credendo che ci sia questa libertà. Poi c’è la limitazione delle leggi stesse: voi siete legati alle vostre leggi, quindi non siete veramente liberi di far tutto quello che volete, tant’è vero che vi sono leggi che cambiano da paese a paese. Poi vi sono leggi cosiddette pseudomorali che cambiano da regione a regione, e tra città e campagna: mutano così le prospettive, le valutazioni delle leggi, sicché andate avanti ciascuno con un codice morale o pseudomorale più o meno personale. Dunque, quale coscienza di libertà se i canoni fondamentali della libertà voi non riuscite a concepirli? Forse potete concepirla, ma attuarla, no. Oltretutto siete in un corpo e il corpo, lo sappiamo, non offre molta libertà allo Spirito; anzi, dello Spirito è meglio non parlarne affatto, perché poi di questo Spirito nel corpo veramente vi sono momenti in cui ci si può chiedere cosa ci stia a fare, perché non ha proprio contatti con la coscienza e noi prendiamo infatti l’esperienza globale della Terra per quella che è, ma naturalmente per quello che lo Spirito fa avrebbe bisogno soltanto di qualche anno di vita, non di più, il resto è riempitivo.

Dunque, questa violenza che ancora ritorna nel discorso e sembra un po’ spaventare taluni, questa violenza, ripeto, ha un significato ambiguo. In ogni caso se voi non avete la vocazione per diventare dei missionari, se non avete la vocazione per diventare dei geni, dei grandi artisti, dei grandi filosofi, dei grandi pensatori, allora non dovete aver paura perché semmai può darsi che si aggiunga qualche altra libertà, nel senso che può nascere qualche altra prospettiva di libertà. La libertà, in questa maniera voi potete conquistarvela giorno per giorno con l’esperienza umana. Più acquisite, più ampliate voi stessi, più si ampliano i confini della libertà. Meno sapete e più siete chiusi. Chi non pensa, chi non studia, chi non legge, chi non ha un minimo d’ambizione non concepisce neppure che esistono altre cose che si possono fare o pensare.

Dunque è una questione di preparazione individuale. D’altra parte le vostre preoccupazioni quali altre potrebbero essere?

Che vi sia limitato qualcosa? Francamente a me non sembra che voi vi sforziate, tanto da temere che vi si faccia fare meno di quello che fate! Cioè, in realtà voi non vi muovete con un tale ritmo frenetico d’attività da paventare che qualcuno vi impedisca di muovervi. È questo il punto. Questa è una pseudo paura, perché se voi foste come quegli esseri i quali migrano continuamente e sguazzano e costruiscono continuamente e sono letteralmente intrappolati, allora si. Costoro potrebbero temere che qualcosa possa cessare, ma siccome voi il massimo sforzo in genere non lo fate, va bene così. Parlo in genere, e non mi riferisco solo a voi in particolare, salvo eccezioni. Mi pare infatti che ci siano tante cose da fare sulla Terra, veramente tante cose, e voi potreste benissimo fare quelle che comunque non sarebbero mai impedite, come per esempio collaborare con il prossimo, aiutare il prossimo, aiutare la società, preparare gli altri. Voglio dire che le cose da fare essendo tante, veramente non so come possiate preoccuparvi di un loro impedimento. Potreste solo farne una questione di principio, ma le questioni di principio non esistono – non esistono né nella scienza né nella filosofia – esistono solo nella politica e la politica, si sa, non è una scienza. La politica è un accattonaggio di scienza: non ha i caratteri della serietà, ma soltanto il carattere provvisorio della convenienza economica. Questo si sa, è sempre stato così, salvo a farlo diventare un fatto morale quando l’individuo si spoglia di sé e naturalmente assurge ad altre altezze, e cioè impegna veramente il cervello e il cuore per il bene degli altri; allora in questo caso è lecito che egli sbagli pure, purché sia salva l’intenzione e l’onestà di fondo. Il fatto è che voi siete già andati incontro a una modifica dei vecchi schemi morali. E, lo ripeto ancora una volta, tutto ciò non è affatto negativo: le vostre crisi sociali, umane non sono fatti negativi, ma positivi. Intanto voi prendete coscienza della crisi, prendete coscienza dei vostri problemi, delle vostre necessità, e questo è già un ampliamento di libertà rispetto a qualche secolo fa.